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“Avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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PARTE I • ATTI 1:1–6:7
“Avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento”
Dal momento in cui fu versato su di loro lo spirito santo alla Pentecoste del 33 E.V., i discepoli di Gesù si impegnarono nel rendere testimonianza in merito al Regno di Dio. In questa prima parte considereremo l’entusiasmante descrizione della nascita della congregazione cristiana, la vigorosa testimonianza data nella città di Gerusalemme e la coraggiosa presa di posizione degli apostoli di fronte alla crescente opposizione.
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“Si scatenò una grande persecuzione contro la congregazione”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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PARTE II • ATTI 6:8–9:43
“Si scatenò una grande persecuzione contro la congregazione”
I cristiani del I secolo lasciarono forse che la crescente opposizione impedisse loro di dare testimonianza in merito al Regno di Dio? Tutt’altro. In questa seconda parte vedremo che la feroce persecuzione in realtà favorì l’opera di predicazione.
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“Persone delle nazioni avevano accettato la parola di Dio”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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PARTE III • ATTI 10:1–12:25
“Persone delle nazioni avevano accettato la parola di Dio”
I discepoli ebrei di Gesù sarebbero stati disposti a predicare la buona notizia a non ebrei incirconcisi? In questa terza parte vedremo come lo spirito di Geova agì sul cuore dei cristiani permettendo loro di vincere il pregiudizio, cosa che diede grande impulso all’opera di testimonianza in tutte le nazioni.
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“Mandati dallo spirito santo”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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PARTE IV • ATTI 13:1–14:28
“Mandati dallo spirito santo”
In questa quarta parte accompagneremo Paolo nel suo primo viaggio missionario. In una città dopo l’altra l’apostolo fu perseguitato. Eppure, guidato dallo spirito santo, continuò a rendere testimonianza e fondò nuove congregazioni. Questa avvincente narrazione ci stimolerà sicuramente a essere più zelanti nel ministero.
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“Gli apostoli e gli anziani si riunirono”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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PARTE V • ATTI 15:1-35
“Gli apostoli e gli anziani si riunirono”
Una questione delicata minacciava la pace e l’unità delle congregazioni. A chi si rivolsero queste per avere la guida e le istruzioni necessarie per risolvere la questione? In questa quinta parte capiremo meglio il modo in cui era organizzata la congregazione del I secolo, che costituisce un modello per gli odierni servitori di Dio.
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“Torniamo ora a visitare i fratelli”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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PARTE VI • ATTI 15:36–18:22
“Torniamo ora a visitare i fratelli”
Quale importante ruolo svolgono i sorveglianti di circoscrizione nella congregazione cristiana? Quali benedizioni derivano dall’accettare prontamente incarichi teocratici? Come possiamo ragionare con le persone usando le Scritture, e perché dobbiamo essere adattabili? Mentre accompagniamo l’apostolo Paolo nel suo secondo viaggio missionario, troveremo la risposta a queste e ad altre domande.
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‘Insegnare pubblicamente e di casa in casa’Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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PARTE VII • ATTI 18:23–21:17
‘Insegnare pubblicamente e di casa in casa’
Perché dobbiamo essere sia umili che adattabili nell’insegnare? Qual è il metodo principale per predicare la buona notizia? Come possiamo dimostrare che per noi fare la volontà di Dio è più importante che perseguire i nostri obiettivi? L’emozionante resoconto del terzo e ultimo viaggio missionario di Paolo può aiutarci a rispondere a queste domande.
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‘Predicando il Regno di Dio senza alcun impedimento’Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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PARTE VIII • ATTI 21:18–28:31
‘Predicando il Regno di Dio senza alcun impedimento’
In questa ottava parte seguiremo Paolo mentre affronta folle inferocite, viene imprigionato e compare davanti a diversi funzionari romani. Nonostante tutto, l’apostolo continua a rendere testimonianza in merito al Regno di Dio. Nel considerare l’emozionante conclusione del libro degli Atti, chiediamoci: “Come posso imitare questo coraggioso e zelante evangelizzatore?”
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“Mi sarete testimoni”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 2
“Mi sarete testimoni”
Gesù prepara gli apostoli perché siano in prima linea nell’opera di predicazione
Basato su Atti 1:1-26
1-3. In che modo Gesù si accomiata dagli apostoli, e quali domande sorgono?
PER gli apostoli questo è un periodo elettrizzante, e vorrebbero che non finisse mai. Con la risurrezione di Gesù sono passati dalla più profonda disperazione alla gioia più grande. Nel corso di 40 giorni Gesù è apparso più volte ai suoi seguaci, dando loro ulteriori istruzioni e incoraggiamento. Questa, però, è la sua ultima apparizione.
2 Radunati sul Monte degli Ulivi, gli apostoli pendono dalle labbra di Gesù. Quando finisce di parlare, fin troppo presto dal loro punto di vista, Gesù leva in alto le mani e li benedice. Poi inizia a sollevarsi da terra. I discepoli lo seguono con lo sguardo mentre ascende al cielo. Infine una nuvola lo nasconde alla loro vista. Anche quando è ormai scomparso, continuano a fissare il cielo (Luca 24:50; Atti 1:9, 10).
3 Questo evento segna una svolta nella vita degli apostoli. Che cosa faranno ora che Gesù Cristo, il loro Signore, è asceso al cielo? Sicuramente Gesù ha insegnato loro a portare avanti l’opera da lui iniziata. Come li ha preparati per questo importante compito? Qual è stata la loro reazione? E in che modo questo riguarda i cristiani di oggi? Le incoraggianti risposte si trovano nel primo capitolo del libro degli Atti.
“Molte prove convincenti” (Atti 1:1-5)
4. In che modo Luca inizia la narrazione nel libro degli Atti?
4 Luca inizia la narrazione rivolgendosi a Teofilo, la stessa persona a cui aveva indirizzato il suo Vangelo.a Che questo resoconto sia la continuazione del primo è evidente dal fatto che Luca comincia col riassumere gli eventi menzionati alla fine del suo Vangelo, usando espressioni diverse e aggiungendo qualche dettaglio.
5, 6. (a) Cosa permetterà ai seguaci di Gesù di mantenere forte la loro fede? (b) In che senso la fede dei cristiani odierni è basata su “molte prove convincenti”?
5 Cosa permetterà ai seguaci di Gesù di mantenere forte la loro fede? In Atti 1:3 si legge: “[Gesù] si mostrò vivo con molte prove convincenti”. Nella Bibbia solo Luca, “l’amato medico”, usa il termine reso “prove convincenti” (Col. 4:14). Era un termine tecnico usato negli scritti di medicina, e indica prove evidenti, conclusive, attendibili. Gesù fornì prove del genere. Apparve in molte occasioni ai suoi seguaci: qualche volta a uno o due di loro, altre volte a tutti gli apostoli e in una circostanza a più di 500 credenti (1 Cor. 15:3-6). Prove davvero convincenti!
6 Anche oggi la fede dei veri cristiani è basata su “molte prove convincenti”. Esistono prove che Gesù visse sulla terra, morì per i nostri peccati e fu risuscitato? Certamente. Nell’ispirata Parola di Dio ci sono descrizioni fatte da testimoni oculari degni di fiducia che forniscono tutte le prove necessarie. Studiarle devotamente può rafforzare molto la fede. Ricordate che la fede genuina, a differenza della credulità, si basa su prove certe. E ci vuole vera fede per avere la vita eterna (Giov. 3:16).
7. Che esempio diede Gesù ai suoi seguaci nell’insegnare e nel predicare?
7 Gesù inoltre “parlò del Regno di Dio”. Per esempio, spiegò profezie indicanti che il Messia avrebbe dovuto soffrire e morire (Luca 24:13-32, 46, 47). Nel chiarire il suo ruolo messianico, richiamò l’attenzione sul Regno di Dio, di cui era il Re designato. Il Regno fu sempre il tema della predicazione di Gesù e tuttora i suoi seguaci incentrano la loro predicazione su quell’argomento (Matt. 24:14; Luca 4:43).
“Fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:6-12)
8, 9. (a) Quali due idee sbagliate avevano gli apostoli di Gesù? (b) In che modo Gesù aiutò gli apostoli a correggere il loro pensiero, e cosa ci insegnano le sue parole?
8 Fu sul Monte degli Ulivi che gli apostoli si radunarono per l’ultima volta con Gesù sulla terra. Con vivo interesse gli chiesero: “Signore, è questo il tempo in cui ristabilirai il regno per Israele?” (Atti 1:6). In una sola domanda gli apostoli rivelarono di avere due idee sbagliate. Primo, presumevano che il Regno di Dio sarebbe stato ristabilito in relazione all’Israele carnale. Secondo, si aspettavano che il Regno promesso avrebbe iniziato a dominare subito, in quel tempo. In che modo Gesù li aiutò a correggere il loro pensiero?
9 Gesù evidentemente sapeva che la prima idea errata sarebbe stata presto smentita. Di lì a 10 giorni soltanto, infatti, i suoi seguaci avrebbero assistito alla nascita di una nuova nazione, l’Israele spirituale. Lo speciale rapporto tra Dio e l’Israele carnale stava per cessare. In quanto alla seconda idea, Gesù benevolmente ricordò loro: “Non sta a voi conoscere i tempi o i periodi che il Padre ha posto sotto la propria autorità” (Atti 1:7). È Geova che stabilisce i tempi. Prima di morire, Gesù stesso disse che allora neanche il Figlio conosceva ‘il giorno e l’ora’ in cui sarebbe venuta la fine, ma “solo il Padre” (Matt. 24:36). Tuttora il cristiano che è indebitamente ansioso di sapere quando arriverà la fine di questo sistema di cose in effetti si preoccupa di qualcosa che non gli compete.
10. Quale atteggiamento manifestato dagli apostoli dovremmo coltivare, e perché?
10 Comunque dovremmo stare attenti a non giudicare male gli apostoli di Gesù. Erano uomini di grande fede e si lasciarono umilmente correggere. Per di più, anche se nasceva da un’idea sbagliata, la loro domanda rivelava buoni motivi. Gesù aveva ripetutamente esortato i suoi seguaci dicendo: “Vigilate” (Matt. 24:42; 25:13; 26:41). Erano spiritualmente desti, alla continua ricerca di indicazioni che Geova stava per intervenire. Questo è l’atteggiamento che dovremmo coltivare noi che viviamo in questi cruciali “ultimi giorni” (2 Tim. 3:1-5).
11, 12. (a) Quale incarico diede Gesù ai suoi seguaci? (b) Perché Gesù menzionò lo spirito santo in relazione all’incarico di predicare?
11 Gesù ricordò agli apostoli su cosa dovevano concentrarsi. Disse loro: “Riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi, e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:8). La notizia della sua risurrezione sarebbe stata proclamata in primo luogo a Gerusalemme, dove Gesù era stato messo a morte. Da lì il messaggio si sarebbe diffuso in tutta la Giudea, la Samaria e molto oltre.
12 Gesù menzionò l’incarico di predicare solo dopo aver rinnovato la promessa di mandare lo spirito santo ad aiutare i discepoli. Nel libro degli Atti l’espressione “spirito santo” ricorre oltre 40 volte. In molte occasioni questo avvincente libro biblico indica che è impossibile fare la volontà di Geova senza l’aiuto dello spirito santo. Come è importante dunque pregare regolarmente per ricevere questo spirito! (Luca 11:13). Ora ne abbiamo più bisogno che mai.
13. Che portata ha oggi l’incarico di predicare affidato al popolo di Dio, e perché bisogna svolgerlo con zelo?
13 Da allora l’espressione “fino alla più distante parte della terra” ha assunto un significato diverso. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, i Testimoni di Geova hanno accettato di tutto cuore l’incarico di dare testimonianza, sapendo che Dio vuole che ogni tipo di persona oda la buona notizia del suo Regno (1 Tim. 2:3, 4). Ci stiamo impegnando in quest’opera salvifica? Non esiste opera più soddisfacente e gratificante! Geova ci darà la forza necessaria per compierla. Il libro degli Atti ci dice molto sui metodi da usare e sull’atteggiamento da coltivare per essere efficaci.
14, 15. (a) Cosa dissero gli angeli del ritorno di Cristo, e cosa intendevano? (Vedi anche la nota in calce.) (b) In che senso Cristo è tornato “nella stessa maniera” in cui era asceso al cielo?
14 Come menzionato all’inizio di questo capitolo, Gesù cominciò a sollevarsi da terra e scomparve alla vista, ma gli 11 apostoli rimasero lì a fissare il cielo. Infine apparvero due angeli, che benevolmente li rimproverarono dicendo: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato portato in cielo, verrà nella stessa maniera in cui l’avete visto andare in cielo” (Atti 1:11). Gli angeli intendevano forse dire che Gesù sarebbe tornato con lo stesso corpo, come insegnano alcune religioni? No. Come facciamo a dirlo?
15 Gli angeli non dissero che Gesù sarebbe tornato nella stessa forma, ma “nella stessa maniera”.b In che maniera se ne era andato? Era già scomparso quando gli angeli parlarono. Solo quei pochi uomini, gli apostoli, si erano resi conto che Gesù aveva lasciato la terra per ascendere al Padre suo in cielo. Sarebbe tornato in maniera simile. E così è stato. Oggi solo chi ha discernimento spirituale comprende che Gesù, investito del potere regale, è presente (Luca 17:20). È necessario che riconosciamo le prove della sua presenza e che ne parliamo ad altri, affinché anche loro possano capire l’urgenza dei tempi.
“Indica quale [...] hai scelto” (Atti 1:13-26)
16-18. (a) Leggendo Atti 1:13, 14, cosa impariamo riguardo alle riunioni cristiane? (b) Cosa possiamo imparare dall’esempio di Maria, madre di Gesù? (c) Perché oggi le adunanze sono di importanza vitale?
16 È facile capire perché gli apostoli “tornarono a Gerusalemme pieni di gioia” (Luca 24:52). Ma cosa avrebbero fatto per seguire la guida e le istruzioni di Cristo? Nel primo capitolo degli Atti, ai versetti 13 e 14, li troviamo radunati in una “stanza al piano di sopra” e apprendiamo dei particolari interessanti riguardo a quelle riunioni. All’epoca in Palestina le case avevano spesso una stanza al piano superiore, cui si accedeva da una scala esterna. Può darsi che la casa dove si trovava quella “stanza al piano di sopra” fosse la stessa menzionata in Atti 12:12, che apparteneva alla madre di Marco. In ogni caso si trattava probabilmente di un locale semplice e funzionale in cui i seguaci di Cristo potevano radunarsi. Ma chi vi si era radunato, e perché?
17 È da notare che non erano presenti solo gli apostoli, o solo uomini. C’erano anche “alcune donne”, inclusa Maria, madre di Gesù. Questa è l’ultima volta che Maria viene menzionata nella Bibbia. E giustamente ce la immaginiamo non in cerca di preminenza, ma intenta ad adorare umilmente Geova insieme ai suoi fratelli e alle sue sorelle spirituali. Deve essere stato confortante per lei avere ora accanto gli altri quattro figli, che mentre Gesù era in vita non erano credenti (Matt. 13:55; Giov. 7:5). Dopo la sua morte e risurrezione, però, erano totalmente cambiati (1 Cor. 15:7).
18 Notiamo inoltre qual era il motivo per cui i discepoli si erano radunati: “Di comune accordo tutti questi perseveravano nella preghiera” (Atti 1:14). Per i cristiani le adunanze sono sempre state un aspetto essenziale dell’adorazione. Ci raduniamo per incoraggiarci a vicenda, per essere ammaestrati e consigliati, e soprattutto per adorare insieme il nostro Padre celeste Geova. Le preghiere e i cantici di lode che accompagnano queste occasioni sono graditi a lui e importanti per noi. Non dovremmo mai abbandonare queste riunioni sacre e incoraggianti (Ebr. 10:24, 25).
19-21. (a) Cosa impariamo dal fatto che Pietro aveva un ruolo attivo nella congregazione? (b) Perché qualcuno doveva prendere il posto di Giuda, e cosa impariamo dal modo in cui fu gestita la cosa?
19 Quei seguaci di Cristo si trovavano ora di fronte a un problema di natura organizzativa e l’apostolo Pietro prese l’iniziativa per affrontarlo (versetti 15-26). Non è confortante vedere com’era cambiato Pietro nelle poche settimane trascorse da quando aveva rinnegato per tre volte il suo Signore? (Mar. 14:72). Tutti pecchiamo e abbiamo bisogno che ci venga ricordato che Geova è “buono [...] e pronto a perdonare” chi è sinceramente pentito (Sal. 86:5).
20 Pietro si rese conto che qualcuno doveva prendere il posto di Giuda, l’apostolo che aveva tradito Gesù. Ma chi? Il nuovo apostolo doveva essere qualcuno che aveva seguito Gesù durante tutto il suo ministero ed era stato testimone della sua risurrezione (Atti 1:21, 22). Questo era in armonia con la promessa che Gesù stesso aveva fatto: “Voi che mi avete seguito siederete su 12 troni, giudicando le 12 tribù d’Israele” (Matt. 19:28). Evidentemente era volontà di Geova che fossero 12 apostoli che avevano seguito Gesù durante il suo ministero terreno a costituire le future “12 pietre di fondamento” della Nuova Gerusalemme (Riv. 21:2, 14). Perciò Dio permise a Pietro di capire che le parole profetiche “prenda qualcun altro il suo incarico di sorveglianza” si riferivano a Giuda (Sal. 109:8).
21 Come si procedette alla scelta? Tirando a sorte, cosa comune nei tempi biblici (Prov. 16:33). Comunque questa è l’ultima volta in cui la Bibbia menziona un simile uso delle sorti. Evidentemente, con il successivo versamento dello spirito santo, il metodo fu abbandonato. Ma notate perché si gettarono le sorti. Gli apostoli pregarono: “Geova, tu che conosci il cuore di tutti, indica quale di questi due uomini hai scelto” (Atti 1:23, 24). Volevano che fosse Geova a decidere. Fu scelto Mattia, probabilmente uno dei 70 discepoli a cui Gesù aveva dato l’incarico di predicare. Così Mattia divenne uno dei “Dodici” (Atti 6:2).c
22, 23. Perché dovremmo essere ubbidienti e sottomessi a coloro che oggi guidano la congregazione?
22 Questo episodio ci ricorda quanto è importante che il popolo di Dio sia organizzato. Tuttora vengono scelti uomini responsabili perché prestino servizio come sorveglianti nelle congregazioni. Gli anziani prendono attentamente in considerazione i requisiti scritturali che i sorveglianti devono soddisfare e chiedono in preghiera la guida dello spirito santo. Perciò la congregazione considera nominati dallo spirito santo tali sorveglianti. E noi siamo ubbidienti e sottomessi alla loro guida, promuovendo uno spirito di cooperazione all’interno della congregazione (Ebr. 13:17).
Siamo ubbidienti e sottomessi ai sorveglianti nominati
23 Ora che erano stati rafforzati dalle apparizioni di Gesù risorto e da raffinamenti organizzativi, quei discepoli erano pronti per l’importante evento che li attendeva, come vedremo nel prossimo capitolo.
a Nel suo Vangelo, Luca aveva usato l’espressione “illustre Teofilo”, il che ha indotto alcuni a pensare che Teofilo fosse una persona importante e non fosse ancora credente (Luca 1:3). Negli Atti, invece, lo chiama semplicemente “Teofilo”. Alcuni biblisti ipotizzano che Teofilo sia divenuto credente dopo aver letto il Vangelo di Luca; ecco perché, a loro avviso, Luca omette l’appellativo onorifico, rivolgendosi a lui come a un fratello spirituale.
b Qui la Bibbia usa il termine greco tròpos, “maniera”, e non morfè, “forma”.
c In seguito Paolo ricevette l’incarico di “apostolo delle nazioni”, ma non fu mai incluso fra i Dodici (Rom. 11:13; 1 Cor. 15:4-8). Non era qualificato per ricevere quello speciale privilegio perché non aveva seguito Gesù durante il suo ministero terreno.
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“Pieni di spirito santo”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 3
“Pieni di spirito santo”
Gli effetti del versamento dello spirito santo alla Pentecoste
Basato su Atti 2:1-47
1. Descrivete l’atmosfera che caratterizza la Pentecoste.
PER le strade di Gerusalemme c’è grande fermento.a Fumo ascende dall’altare del tempio mentre i leviti intonano i Salmi dell’Hallel (i Salmi da 113 a 118), probabilmente un canto antifonale. Le vie pullulano di forestieri. Sono venuti da luoghi lontani, quali Elam, Mesopotamia, Cappadocia, Ponto, Egitto e Roma.b Perché? Per celebrare la Pentecoste, chiamata anche “il giorno dei primi frutti maturi” (Num. 28:26). Questa festa annuale segna la fine della mietitura dell’orzo e l’inizio di quella del grano. È un’occasione gioiosa.
2. Quali sorprendenti avvenimenti si verificano alla Pentecoste del 33 E.V.?
2 Verso le nove di quella mite mattina di primavera del 33 E.V. succede qualcosa che susciterà meraviglia per i secoli a venire. In una casa si sono radunati circa 120 discepoli di Gesù. Improvvisamente si sente dal cielo “un rumore come quello di una forte raffica di vento”, o “un rombo fortissimo, come una raffica di vento” (Atti 2:2; Garofalo). Tutta la casa rimbomba. Poi accade una cosa sorprendente: appaiono lingue come di fuoco che si posano una su ciascun discepolo.c “Pieni di spirito santo”, i discepoli iniziano a parlare altre lingue. Quando escono dalla casa, lasciano meravigliati gli stranieri a cui si rivolgono per le strade di Gerusalemme. Infatti ognuno li sente “parlare nella propria lingua” (Atti 2:1-6).
3. (a) Perché si può dire che la Pentecoste del 33 E.V. costituisce una pietra miliare nella storia della vera adorazione? (b) Che relazione ha il discorso di Pietro con l’uso delle “chiavi del Regno”?
3 Questo avvincente episodio costituisce una pietra miliare nella storia della vera adorazione: la fondazione della nazione dell’Israele spirituale, cioè dell’unta congregazione cristiana (Gal. 6:16). Ma c’è di più. Quel giorno, nel rivolgersi alla folla, Pietro usò la prima delle tre “chiavi del Regno”, ognuna delle quali avrebbe offerto speciali privilegi a un particolare gruppo (Matt. 16:18, 19). La prima chiave permise a ebrei e proseliti di accettare la buona notizia e di essere unti con lo spirito santo di Dio.d Così sarebbero diventati membri dell’Israele spirituale e come tali avrebbero avuto la speranza di governare quali re e sacerdoti nel Regno messianico (Riv. 5:9, 10). Col tempo quel privilegio sarebbe stato esteso ai samaritani e poi ai non ebrei, o gentili. Cosa possono imparare oggi i cristiani dai memorabili avvenimenti della Pentecoste del 33 E.V.?
“Tutti insieme nello stesso luogo” (Atti 2:1-4)
4. In che senso l’odierna congregazione cristiana è la continuazione della congregazione istituita nel 33 E.V.?
4 La congregazione cristiana ebbe inizio con circa 120 discepoli che erano “tutti insieme nello stesso luogo”, in una stanza al piano superiore di una casa, e che furono unti con lo spirito santo (Atti 2:1). Alla fine di quel giorno i componenti battezzati di quella congregazione erano diventati migliaia. Ed era solo l’inizio della crescita di un’organizzazione che continua a espandersi tuttora. L’odierna congregazione cristiana, una comunità di uomini e donne che temono Dio, è il mezzo mediante cui la “buona notizia del Regno” viene “predicata in tutta la terra abitata, perché sia resa testimonianza a tutte le nazioni”, prima che venga la fine di questo sistema di cose (Matt. 24:14).
5. Quali benefìci avrebbe avuto, sia nel I secolo che oggi, chi si fosse unito alla congregazione cristiana?
5 La congregazione cristiana sarebbe stata anche fonte di forza spirituale per i suoi componenti, sia per gli unti sia in seguito per le “altre pecore” (Giov. 10:16). Scrivendo ai cristiani di Roma, Paolo mostrò di apprezzare il sostegno che i componenti della congregazione si danno l’un l’altro: “Desidero moltissimo vedervi per trasmettervi qualche dono spirituale che vi renda saldi, anzi, affinché possiamo incoraggiarci a vicenda mediante la nostra fede, tanto la vostra quanto la mia” (Rom. 1:11, 12).
6, 7. In che modo oggi la congregazione cristiana assolve l’incarico dato da Gesù di predicare a tutte le nazioni?
6 Oggi la congregazione cristiana ha gli stessi obiettivi che aveva nel I secolo. Gesù affidò ai suoi discepoli un’opera impegnativa ma entusiasmante. Disse loro: “Fate discepoli di persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro a osservare tutte le cose che vi ho comandato” (Matt. 28:19, 20).
7 La congregazione cristiana dei Testimoni di Geova è l’organizzazione mediante cui si compie quest’opera oggi. Sicuramente non è facile predicare a persone di lingue diverse, ma i Testimoni di Geova hanno prodotto pubblicazioni basate sulla Bibbia in più di 1.000 lingue. Se fate attivamente parte della congregazione cristiana e vi impegnate nel predicare il Regno e fare discepoli, avete motivo di essere felici: siete tra i pochi sulla terra che oggi hanno il privilegio di rendere completa testimonianza al nome di Geova.
8. Quale aiuto riceviamo tramite la congregazione cristiana?
8 Per aiutarci a perseverare con gioia in questi tempi difficili, Geova Dio ha provveduto una famiglia mondiale di fratelli. Paolo scrisse ai cristiani ebrei: “Interessiamoci gli uni degli altri per spronarci all’amore e alle opere eccellenti, non trascurando di riunirci insieme, come invece alcuni fanno abitualmente, ma incoraggiandoci a vicenda, tanto più che vedete avvicinarsi il giorno” (Ebr. 10:24, 25). La congregazione cristiana è un dono che Geova ci ha fatto affinché possiamo dare e ricevere incoraggiamento. Teniamoci stretti ai nostri fratelli e alle nostre sorelle spirituali. E non abbandoniamo mai le adunanze.
“Ognuno li sentiva parlare nella propria lingua” (Atti 2:5-13)
“Li sentiamo parlare nelle nostre lingue delle magnifiche cose di Dio” (Atti 2:11)
9, 10. In che modo alcuni si rendono disponibili per predicare a chi parla un’altra lingua?
9 Immaginate il fermento tra la folla di ebrei e proseliti alla Pentecoste del 33 E.V. La maggioranza parlava probabilmente una lingua comprensibile a tanti, forse il greco o l’ebraico. Tuttavia, ora “ognuno [...] sentiva [i discepoli] parlare nella propria lingua” (Atti 2:6). I presenti rimasero sicuramente colpiti udendo la buona notizia nella loro madrelingua. Certo, i cristiani odierni non vengono dotati miracolosamente della capacità di parlare lingue straniere. Molti però si rendono disponibili per portare il messaggio del Regno a persone di ogni nazionalità. Come? Alcuni imparano una nuova lingua per poter servire in una congregazione di quella lingua nelle vicinanze o addirittura per trasferirsi in un’altra nazione. Spesso riscontrano che le persone a cui predicano rimangono colpite dai loro sforzi.
10 Christine, ad esempio, frequentò un corso di gujarati con altri sette Testimoni. Incontrando sul lavoro una ragazza che parlava gujarati, la salutò nella sua lingua. La ragazza si stupì e le chiese come mai studiava una lingua così difficile come il gujarati. Christine riuscì a darle un’ottima testimonianza e la ragazza le disse: “Dovete avere veramente qualcosa di importante da dire”.
11. Cosa possiamo fare per predicare il messaggio del Regno a chi non parla la nostra lingua?
11 Non tutti possiamo imparare un’altra lingua, ma tutti possiamo fare qualcosa per predicare il messaggio del Regno a chi non parla la nostra lingua. Come? Per esempio, possiamo usare l’app JW Language® per imparare un saluto semplice in una lingua parlata da molti nella nostra zona. Possiamo anche imparare qualche frase che possa far nascere interesse nelle persone che parlano quella lingua. Indirizziamole al sito jw.org, e magari mostriamo loro che ci sono diversi video e pubblicazioni disponibili nella loro lingua. Usando questi strumenti nel nostro ministero, possiamo provare la stessa gioia che provarono i nostri fratelli del I secolo quando persone di paesi stranieri si meravigliarono sentendo la buona notizia “ognuno [...] nella propria lingua”.
“Pietro si alzò in piedi” (Atti 2:14-37)
12. (a) In che modo il profeta Gioele aveva predetto l’avvenimento miracoloso che ebbe luogo alla Pentecoste del 33 E.V.? (b) Perché ci si aspettava un adempimento della profezia di Gioele nel I secolo?
12 “Pietro si alzò in piedi” e parlò a una folla multilingue (Atti 2:14). Spiegò ai presenti che la capacità miracolosa di parlare altre lingue era stata concessa da Dio in adempimento della profezia di Gioele: “Verserò il mio spirito su ogni tipo di persona” (Gioe. 2:28). Prima di ascendere al cielo, Gesù aveva detto ai discepoli: “Mi rivolgerò al Padre, il quale vi darà un altro soccorritore”. Gesù lo aveva identificato con “lo spirito” (Giov. 14:16, 17).
13, 14. In che modo Pietro cercò di arrivare al cuore dei presenti, e come possiamo imitarlo?
13 Pietro concluse il suo discorso dicendo chiaramente: “Tutta la casa d’Israele sappia dunque con certezza che Dio lo ha fatto Signore e Cristo, questo Gesù che voi avete messo al palo” (Atti 2:36). Sicuramente la maggior parte di coloro che stavano ascoltando Pietro non erano presenti di persona quando Gesù fu messo a morte su un palo di tortura, ma come nazione condividevano la responsabilità di quell’atto. Notate tuttavia che Pietro si rivolse ai suoi connazionali in modo rispettoso e fece appello al loro cuore. Il suo obiettivo non era quello di condannare coloro che lo ascoltavano, ma di indurli al pentimento. I presenti si offesero alle sue parole? Niente affatto. Anzi, “si sentirono trafiggere il cuore” e chiesero: “Che dobbiamo fare?” Evidentemente l’approccio che Pietro usò gli permise di arrivare al cuore di molti, così che furono spinti a pentirsi (Atti 2:37).
14 Dovremmo imitare il modo in cui Pietro faceva appello al cuore di chi lo ascoltava. Nel dare testimonianza, non c’è bisogno di contestare ogni pensiero non scritturale espresso dal nostro interlocutore. Piuttosto faremmo bene a concentrarci sui punti su cui siamo d’accordo. Se stabiliamo una base comune, possiamo poi ragionare con tatto sulla Parola di Dio. Spesso, quando le verità della Bibbia vengono presentate in modo positivo, è più probabile che chi ha la giusta disposizione di cuore ascolti.
“Ognuno di voi si battezzi” (Atti 2:38-47)
15. (a) Quale esortazione diede Pietro, e come fu accolta? (b) Perché migliaia di persone che udirono la buona notizia alla Pentecoste furono idonee per battezzarsi il giorno stesso?
15 In quell’emozionante giorno di Pentecoste del 33 E.V., Pietro disse agli ebrei e ai proseliti che lo ascoltavano: “Pentitevi, e ognuno di voi si battezzi” (Atti 2:38). E così, circa 3.000 si battezzarono, probabilmente in piscine di Gerusalemme o dintorni.e Fu un’azione dettata dall’impulso del momento? Questo episodio ci insegna forse che coloro che studiano la Bibbia o i figli di genitori cristiani possano battezzarsi affrettatamente, senza essere pronti? Assolutamente no. Ricordate che quegli ebrei e quei proseliti che si battezzarono il giorno di Pentecoste erano già persone che studiavano attentamente la Parola di Dio e facevano parte di una nazione dedicata a Geova. Inoltre avevano già dimostrato il loro zelo, alcuni percorrendo grandi distanze per assistere a quella festa annuale. Dopo aver riconosciuto le verità fondamentali riguardo al ruolo di Gesù Cristo nell’adempimento del proposito divino, erano pronti a continuare a servire Dio, ora però in qualità di battezzati seguaci di Cristo.
16. In che modo i cristiani del I secolo mostrarono uno spirito altruistico?
16 Quel gruppo aveva sicuramente la benedizione di Geova. Leggiamo: “Tutti quelli che diventavano credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e i loro beni e ne distribuivano il ricavato a tutti, secondo i bisogni di ognuno” (Atti 2:44, 45).f Senz’altro tutti i veri cristiani vogliono imitare questo spirito altruistico e amorevole.
17. Quali passi bisogna compiere per essere idonei per il battesimo?
17 Secondo le Scritture, prima di arrivare alla dedicazione e al battesimo cristiano occorre compiere diversi passi. Bisogna conoscere la Parola di Dio (Giov. 17:3). Occorre esercitare fede e pentirsi della propria condotta di un tempo, mostrando sincero rammarico (Atti 3:19). Poi bisogna convertirsi e cominciare a compiere opere giuste in armonia con la volontà di Dio (Rom. 12:2; Efes. 4:23, 24). Questi passi sono seguiti dalla dedicazione a Dio in preghiera e dal battesimo (Matt. 16:24; 1 Piet. 3:21).
18. Che privilegio è offerto ai discepoli di Cristo battezzati?
18 Siete discepoli di Gesù Cristo dedicati e battezzati? In tal caso siate riconoscenti per il privilegio che avete. Come i discepoli del I secolo che ricevettero lo spirito santo, potete essere impiegati da Geova in modo potente per rendere completa testimonianza e fare la sua volontà.
a Vedi il riquadro “Gerusalemme: centro del giudaismo”.
b Vedi i riquadri “Roma: capitale di un impero”, “Gli ebrei in Mesopotamia e in Egitto”, e “Il cristianesimo nel Ponto”.
c Le “lingue” non erano letteralmente di fuoco, ma “come di fuoco”; si trattava evidentemente di una manifestazione, visibile su ogni discepolo, con l’aspetto e il fulgore del fuoco.
d Vedi il riquadro “Chi erano i proseliti?”
e Qualcosa di simile avvenne il 7 agosto 1993 a un congresso internazionale dei Testimoni di Geova tenuto a Kiev, in Ucraina, dove 7.402 persone si battezzarono in sei piscine. Per battezzare tutti ci vollero due ore e quindici minuti.
f Queste misure temporanee soddisfacevano le necessità sorte a motivo degli stranieri che si erano trattenuti a Gerusalemme per ricevere ulteriore luce spirituale. Si trattò di un’azione spontanea, da non confondere con qualche forma di comunismo (Atti 5:1-4).
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“Uomini illetterati e comuni”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 4
“Uomini illetterati e comuni”
Gli apostoli agiscono con coraggio e Geova li benedice
Basato su Atti 3:1–5:11
1, 2. Quale miracolo compiono Pietro e Giovanni presso la porta del tempio?
SOTTO il sole pomeridiano le vie brulicano di gente. Ebrei devoti e discepoli di Cristo stanno affluendo nell’area del tempio. Presto sarà “l’ora della preghiera” (Atti 2:46; 3:1).a Nella calca, Pietro e Giovanni si dirigono verso la porta del tempio chiamata Bella. Sovrastando il rumore delle voci e il calpestio dei piedi, un mendicante di mezza età, zoppo dalla nascita, chiede l’elemosina (Atti 3:2; 4:22).
2 All’avvicinarsi di Pietro e Giovanni, il mendicante ripete la solita frase per chiedere l’elemosina. Gli apostoli si fermano richiamando l’attenzione dell’uomo, che spera di ricevere qualcosa. Pietro dice: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina!” Pensate allo stupore della folla quando lo zoppo viene preso per mano da Pietro e, per la prima volta nella sua vita, riesce a stare in piedi! (Atti 3:6, 7). Provate a immaginare quell’uomo mentre si guarda le gambe guarite e muove i primi passi. Non sorprende che inizi a saltare e a lodare Dio a gran voce.
3. Quale dono impareggiabile viene offerto allo zoppo guarito e alla folla?
3 La folla estasiata accorre presso il portico di Salomone da Pietro e Giovanni. Qui, proprio dove aveva insegnato Gesù, Pietro spiega ai presenti il vero significato di quanto è appena accaduto (Giov. 10:23). Offre alla folla e allo zoppo guarito un dono di maggior valore dell’argento e dell’oro, un dono molto più prezioso della guarigione fisica: l’opportunità di pentirsi, ricevere il perdono dei peccati e diventare seguaci di Gesù Cristo, “colui che conduce alla vita” (Atti 3:15).
4. (a) A quale confronto avrebbe portato la guarigione miracolosa? (b) A quali due domande risponderemo?
4 Che giornata memorabile fu quella! Un uomo era stato guarito fisicamente e ora poteva camminare. E a migliaia di persone era stata data l’opportunità di essere guarite spiritualmente perché potessero camminare in modo degno di Dio (Col. 1:9, 10). Inoltre gli eventi di quel giorno avrebbero portato a un confronto tra i leali seguaci di Gesù Cristo e le autorità, decise a impedire loro di ubbidire al comando di predicare il messaggio del Regno (Atti 1:8). Cosa possiamo imparare dai metodi e dall’atteggiamento che avevano Pietro e Giovanni, “uomini illetterati e comuni”, nel predicare? (Atti 4:13).b E come possiamo imitare il modo in cui loro e gli altri discepoli affrontarono l’opposizione?
Non “grazie a poteri nostri” (Atti 3:11-26)
5. Cosa impariamo dal modo in cui Pietro si rivolse alla folla?
5 Pietro e Giovanni stavano di fronte alla folla. Sapevano che tra i presenti potevano esserci alcuni che poco tempo prima avevano chiesto a gran voce che Gesù fosse messo al palo (Mar. 15:8-15; Atti 3:13-15). Pensate quindi al coraggio che Pietro mostrò dichiarando che lo zoppo era stato guarito nel nome di Gesù. Pietro non annacquò la verità. Condannò senza mezzi termini la complicità della folla nell’uccisione di Cristo. Ma non covava rancore, perché sapeva che quegli uomini avevano “agito per ignoranza” (Atti 3:17). Si rivolse loro chiamandoli “fratelli” e diresse l’attenzione sugli aspetti positivi del messaggio del Regno. Se si fossero pentiti e avessero riposto fede in Cristo, sarebbero venuti per loro “tempi di ristoro” da Geova (Atti 3:19). Anche noi dobbiamo essere coraggiosi e schietti quando dichiariamo il futuro giudizio di Dio. Al tempo stesso non dovremmo mai essere arroganti o sgarbati, né giudicare coloro a cui predichiamo. Dovremmo piuttosto vederli come potenziali fratelli e, come Pietro, richiamare l’attenzione specialmente sugli aspetti positivi del messaggio del Regno.
6. In che modo Pietro e Giovanni dimostrarono umiltà e modestia?
6 Gli apostoli erano uomini modesti. Non si attribuirono il merito del miracolo che avevano compiuto. Pietro disse ai presenti: “Perché ci fissate come se lo avessimo fatto camminare grazie a poteri nostri o alla nostra devozione a Dio?” (Atti 3:12). Lui e gli altri apostoli erano consapevoli che il bene che facevano nel ministero era dovuto al potere di Dio, non al loro. Perciò attribuivano modestamente a Geova e a Gesù il merito di quello che riuscivano a fare.
7, 8. (a) Quale dono possiamo offrire alle persone? (b) Come si adempie oggi la promessa del “ristabilimento di tutte le cose”?
7 Quando ci impegniamo nell’opera di predicazione del Regno, dobbiamo mostrare la stessa modestia. Anche se oggi lo spirito di Dio non dà ai cristiani il potere di compiere guarigioni miracolose, possiamo aiutare altri a riporre fede in Dio e in Cristo e ad accettare lo stesso dono offerto da Pietro: l’opportunità di ricevere il perdono dei peccati e di essere ristorati da Geova. Ogni anno centinaia di migliaia di persone accettano questo dono e si battezzano diventando discepoli di Cristo.
8 Viviamo davvero nel tempo del “ristabilimento di tutte le cose” di cui parlò Pietro. In adempimento delle parole che Dio aveva pronunciato “per bocca dei suoi santi profeti dell’antichità”, il Regno fu istituito in cielo nel 1914 (Atti 3:21; Sal. 110:1-3; Dan. 4:16, 17). Di lì a poco Cristo iniziò a soprintendere a un’opera di ristabilimento spirituale sulla terra. Come risultato, milioni di persone sono state radunate in un paradiso spirituale, diventando sudditi del Regno di Dio. Si sono svestite della personalità vecchia e corrotta e si sono rivestite della “nuova personalità che è stata creata secondo la volontà di Dio” (Efes. 4:22-24). Come nel caso della guarigione del mendicante zoppo, quest’opera straordinaria viene compiuta non tramite sforzi umani, ma grazie allo spirito di Dio. A imitazione di Pietro, nell’insegnare dobbiamo usare la Parola di Dio con coraggio ed efficacia. Qualsiasi risultato possiamo ottenere aiutando altri a diventare discepoli di Cristo è da attribuirsi al potere di Dio, non al nostro.
“Non possiamo smettere di parlare” (Atti 4:1-22)
9-11. (a) Come reagirono le autorità giudaiche al messaggio proclamato da Pietro e Giovanni? (b) Cosa erano determinati a fare gli apostoli?
9 Il discorso di Pietro e l’esultanza dello zoppo guarito destarono un gran clamore. Pertanto il capitano del tempio, responsabile della sicurezza nell’area del tempio, e i capi sacerdoti accorsero per investigare. Si trattava probabilmente di sadducei, un gruppo ricco e politicamente influente che si adoperava per mantenere relazioni pacifiche con i romani, rigettava la legge orale tanto cara ai farisei e derideva l’idea della risurrezione.c Che rabbia devono aver provato trovando Pietro e Giovanni nel tempio a insegnare con coraggio che Gesù era stato risuscitato!
10 Gli oppositori infuriati gettarono Pietro e Giovanni in prigione e il giorno seguente li trascinarono davanti alla suprema corte giudaica. Secondo quei personaggi altezzosi, Pietro e Giovanni erano “uomini illetterati e comuni” che non avevano il diritto di insegnare nel tempio. Non avevano studiato in nessuna delle prestigiose scuole religiose. Eppure la franchezza e la convinzione con cui parlavano meravigliarono la corte. Perché Pietro e Giovanni erano così efficaci? Un motivo è che “erano stati con Gesù” (Atti 4:13). Il loro Signore, a differenza degli scribi, aveva insegnato con vera autorità (Matt. 7:28, 29).
11 La corte ingiunse agli apostoli di smettere di predicare. In quella società gli ordini del Sinedrio avevano un certo peso. Poche settimane prima, quando Gesù era comparso davanti a quella stessa corte, i suoi membri avevano dichiarato: “Merita di morire” (Matt. 26:59-66). Tuttavia Pietro e Giovanni non si lasciarono intimidire. Davanti a quegli uomini ricchi, istruiti e influenti, dissero coraggiosamente ma con rispetto: “Se è giusto davanti a Dio ubbidire a voi anziché a Dio, giudicatelo voi. Quanto a noi, non possiamo smettere di parlare delle cose che abbiamo visto e sentito” (Atti 4:19, 20).
12. Cosa può rafforzare il nostro coraggio e la nostra convinzione?
12 Siete altrettanto coraggiosi? Come vi sentite quando dovete dare testimonianza a persone ricche, istruite o influenti della vostra comunità? E se familiari, compagni di scuola o colleghi deridono quello in cui credete, vi lasciate intimidire? Sentimenti del genere si possono vincere. Quando era sulla terra, Gesù insegnò agli apostoli a difendere le loro credenze con convinzione e rispetto (Matt. 10:11-18). Dopo essere risorto, promise ai discepoli che sarebbe stato con loro “tutti i giorni fino alla conclusione del sistema di cose” (Matt. 28:20). Sotto la guida di Gesù, “lo schiavo fedele e saggio” ci insegna a difendere le nostre convinzioni (Matt. 24:45-47; 1 Piet. 3:15). Lo fa tramite l’istruzione che viene impartita alle adunanze, come Vita cristiana e ministero, e con l’aiuto di pubblicazioni basate sulla Bibbia, come gli articoli della sezione “Bibbia: domande e risposte” sul sito jw.org. Ve ne state avvalendo pienamente? Questo rafforzerà il vostro coraggio e la vostra convinzione. E, come nel caso degli apostoli, nulla vi tratterrà dal parlare delle meravigliose verità spirituali che avete imparato.
Non trattenetevi dal parlare delle meravigliose verità spirituali che avete imparato
“Alzarono [...] le loro voci a Dio” (Atti 4:23-31)
13, 14. Cosa dovremmo fare se incontriamo opposizione, e perché?
13 Subito dopo essere stati rilasciati, Pietro e Giovanni si unirono al resto della congregazione. “Alzarono unitamente le loro voci a Dio” e chiesero in preghiera il coraggio di continuare a predicare (Atti 4:24). Pietro sapeva fin troppo bene quanto è insensato contare sulle proprie forze quando si cerca di fare la volontà di Dio. Solo qualche settimana prima, sicuro di sé, aveva detto a Gesù: “Anche se la fede di tutti gli altri vacillerà a motivo di quello che ti succederà, la mia non vacillerà mai!” Eppure, come predetto da Gesù, Pietro aveva presto ceduto al timore dell’uomo rinnegando il suo amico e maestro. Ma aveva imparato dal suo errore (Matt. 26:33, 34, 69-75).
14 Per adempiere il proprio incarico quali testimoni di Cristo, non basta essere determinati. Quando gli oppositori tentano di indebolire la vostra fede o di impedirvi di predicare, seguite l’esempio di Pietro e Giovanni. Pregate Geova di darvi forza. Chiedete aiuto alla congregazione. Parlate agli anziani e ad altri cristiani maturi delle difficoltà che incontrate. Le preghiere altrui possono essere un aiuto potente (Efes. 6:18; Giac. 5:16).
15. Perché coloro che per qualche tempo hanno smesso di predicare possono farsi coraggio?
15 Se in passato avete ceduto alle pressioni e per qualche tempo avete smesso di predicare, fatevi coraggio. Ricordate che per un po’, dopo la morte di Gesù, tutti gli apostoli smisero di predicare, ma presto ripresero a farlo (Matt. 26:56; 28:10, 16-20). Anziché avvilirvi per gli errori passati, potete imparare una lezione da questa esperienza e avvalervene per incoraggiare altri?
16, 17. Cosa possiamo imparare dalla preghiera pronunciata dai discepoli a Gerusalemme?
16 Per cosa dovremmo pregare quando le autorità ci ostacolano? Notate che i discepoli non chiesero di essere risparmiati dalle prove. Ricordavano bene queste parole di Gesù: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Giov. 15:20). Piuttosto quei leali discepoli, riferendosi agli oppositori, dissero a Geova: “Osserva come ci minacciano” (Atti 4:29). Avevano un quadro completo della situazione e riconoscevano che la persecuzione che stavano affrontando adempiva in realtà le profezie. Sapevano che, indipendentemente da ciò che potevano dire semplici autorità terrene, la volontà di Dio ‘sarebbe stata compiuta sulla terra’, proprio come Gesù aveva insegnato loro a pregare (Matt. 6:9, 10).
17 Per poter fare la volontà di Dio, i discepoli chiesero in preghiera: “Concedi ai tuoi schiavi di continuare ad annunciare la tua parola con grande coraggio”. Quale fu la risposta immediata di Geova? “Il luogo in cui erano radunati tremò, e furono tutti pieni di spirito santo e si misero ad annunciare la parola di Dio con coraggio” (Atti 4:29-31). Nulla può impedire che si compia la volontà di Dio (Isa. 55:11). Per quanto la situazione sia sfavorevole o per quanto potenti siano gli oppositori, se ci rivolgiamo a Dio in preghiera possiamo star certi che egli ci darà la forza di continuare ad annunciare la sua parola con coraggio.
Si deve rendere conto ‘non agli uomini, ma a Dio’ (Atti 4:32–5:11)
18. Come si aiutavano l’un l’altro i componenti della congregazione di Gerusalemme?
18 La neonata congregazione di Gerusalemme arrivò presto a contare 5.000 componenti.d Sebbene fossero di diversa estrazione, i discepoli avevano “un solo cuore e una sola anima”. Erano “uniti nello stesso pensiero e nello stesso modo di ragionare” (Atti 4:32; 1 Cor. 1:10). Non si limitavano a pregare che Geova benedicesse i loro sforzi, ma si sostenevano l’un l’altro spiritualmente e, se necessario, materialmente (1 Giov. 3:16-18). Per esempio Giuseppe, discepolo soprannominato Barnaba dagli apostoli, vendette un terreno di sua proprietà e donò altruisticamente tutto il ricavato per permettere a coloro che venivano da lontano di restare a Gerusalemme più a lungo e continuare a imparare riguardo alla loro nuova fede.
19. Perché Geova punì con la morte Anania e Saffira?
19 Anche Anania e sua moglie Saffira vendettero una proprietà e fecero una donazione. Finsero di donare l’intera somma, ma in realtà “[trattennero] segretamente parte del ricavato” (Atti 5:2). Geova li punì con la morte, non perché non avessero dato abbastanza, ma perché i loro motivi erano sbagliati ed erano ricorsi all’inganno. ‘Non avevano mentito agli uomini, ma a Dio’ (Atti 5:4). Proprio come gli ipocriti condannati da Gesù, Anania e Saffira ci tenevano di più a essere onorati dagli uomini che da Dio (Matt. 6:1-3).
20. Nel dare a Geova, cosa vogliamo tenere presente?
20 Manifestando una generosità simile a quella dei fedeli discepoli della Gerusalemme del I secolo, oggi milioni di Testimoni sostengono l’opera mondiale di predicazione mediante contribuzioni volontarie. Nessuno è costretto a dare il proprio tempo o il proprio denaro a favore di quest’opera. Geova infatti non vuole che lo serviamo di malavoglia o per forza (2 Cor. 9:7). A lui interessa non quanto diamo, ma le ragioni che ci spingono a farlo (Mar. 12:41-44). Non vorremmo mai assomigliare ad Anania e Saffira, rendendo a Dio un servizio motivato da egoismo o ambizione. Vogliamo piuttosto imitare Pietro, Giovanni e Barnaba, rendendo a Geova un servizio che sia sempre mosso da genuino amore per lui e per il prossimo (Matt. 22:37-40).
a Nel tempio venivano pronunciate preghiere in concomitanza con i sacrifici del mattino e della sera. Il sacrificio della sera era presentato alla “nona ora”, cioè verso le tre del pomeriggio.
b Vedi i riquadri “Pietro: da pescatore ad apostolo dinamico”, e “Giovanni: il discepolo a cui Gesù voleva particolarmente bene”.
c Vedi il riquadro “Il sommo sacerdote e i capi sacerdoti”.
d Nella Gerusalemme del 33 E.V. forse c’erano solo 6.000 farisei e ancor meno sadducei, il che contribuirebbe a spiegare perché questi due gruppi si sentivano sempre più minacciati dagli insegnamenti di Gesù.
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“Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 5
“Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante”
La presa di posizione degli apostoli stabilisce un precedente per tutti i veri cristiani
Basato su Atti 5:12–6:7
1-3. (a) Come mai gli apostoli si trovano davanti al Sinedrio, e in poche parole qual è la questione in gioco? (b) Perché la posizione presa dagli apostoli ci interessa molto?
I GIUDICI del Sinedrio sono infuriati. Gli apostoli di Gesù sono davanti a questa alta corte per essere processati. Perché? Giuseppe Caiafa, sommo sacerdote e presidente del Sinedrio, li apostrofa con durezza: “Vi avevamo rigorosamente ordinato di non continuare a insegnare nel nome di quell’uomo”. Caiafa, adirato, non vuole nemmeno pronunciare il nome di Gesù. “Eppure”, continua, “voi avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento, e avete intenzione di far ricadere su di noi il suo sangue” (Atti 5:28). Il messaggio è chiaro: “Smettete di predicare, o saranno guai!”
2 Cosa faranno gli apostoli? È stato Gesù, a cui Dio stesso ha conferito autorità, a dare loro l’incarico di predicare (Matt. 28:18-20). Gli apostoli cederanno al timore e saranno messi a tacere? O avranno il coraggio di resistere e continuare a predicare? In poche parole, ubbidiranno a Dio o agli uomini? Senza alcuna esitazione Pietro parla a nome di tutti gli apostoli. Le sue parole sono chiare e decise.
3 La reazione degli apostoli di fronte alle minacce del Sinedrio ci interessa molto perché, quali veri cristiani, anche noi abbiamo il compito di predicare. E nell’assolvere questo incarico datoci da Dio anche noi potremmo incontrare ostacoli (Matt. 10:22). Gli oppositori potrebbero cercare di limitare o di vietare la nostra opera. Cosa faremo? Ci sarà utile riflettere sulla posizione presa dagli apostoli e sulle circostanze che li portarono a essere processati dal Sinedrio.a
“L’angelo di Geova aprì le porte” (Atti 5:12-21a)
4, 5. Perché Caiafa e i sadducei erano “pieni di invidia”?
4 Ricorderete che, quando per la prima volta era stato ordinato loro di smettere di predicare, Pietro e Giovanni avevano risposto: “Non possiamo smettere di parlare delle cose che abbiamo visto e sentito” (Atti 4:20). Dopo quell’udienza davanti al Sinedrio, Pietro e Giovanni e il resto degli apostoli avevano continuato a predicare nel tempio. Compivano grandi segni, ad esempio guarendo malati ed espellendo demòni. Questo avveniva “sotto il portico di Salomone”, che correva sul lato orientale del tempio, dove molti ebrei si radunavano. Pare che persino l’ombra di Pietro potesse sanare! Molti che venivano guariti fisicamente accettavano il messaggio che poteva guarirli anche spiritualmente. Così, “continuavano ad aggiungersi credenti nel Signore, un gran numero di uomini e donne” (Atti 5:12-15).
5 Caiafa e la setta dei sadducei di cui faceva parte erano “pieni di invidia” e fecero gettare gli apostoli in prigione (Atti 5:17, 18). Perché i sadducei erano indignati? Gli apostoli insegnavano che Gesù era risorto, mentre i sadducei non credevano nella risurrezione. Gli apostoli dicevano che solo riponendo fede in Gesù si poteva essere salvati, mentre i sadducei temevano rappresaglie da parte di Roma se la popolazione avesse visto in Gesù il proprio Capo (Giov. 11:48). Non meraviglia che i sadducei fossero decisi a mettere a tacere gli apostoli.
6. Chi sono oggi i principali istigatori della persecuzione contro i servitori di Geova, e perché la cosa non ci sorprende?
6 Tuttora i principali istigatori della persecuzione contro i servitori di Geova sono esponenti della falsa religione. Costoro spesso cercano di usare la loro influenza sulle autorità e sui mezzi di informazione per farci smettere di predicare. La cosa non ci sorprende. Il nostro messaggio smaschera la falsa religione. Accettando la verità biblica, le persone sincere vengono liberate da credenze e abitudini non scritturali (Giov. 8:32). Perciò non siamo stupiti se il nostro messaggio spesso fa ingelosire o infuriare gli esponenti religiosi.
7, 8. Che effetto avrà avuto sugli apostoli il comando dato dall’angelo, e cosa facciamo bene a chiederci?
7 In attesa di essere processati, gli apostoli in prigione forse si chiedevano se stavano per subire il martirio per mano dei nemici (Matt. 24:9). Ma durante la notte accadde qualcosa di inaspettato: “L’angelo di Geova aprì le porte della prigione” (Atti 5:19).b L’angelo diede loro istruzioni precise: “Presentatevi nel tempio e continuate ad annunciare al popolo l’intero messaggio di vita” (Atti 5:20). Quel comando certamente avrà assicurato agli apostoli che stavano facendo la cosa giusta. Le parole dell’angelo li avranno anche spronati a rimanere saldi qualunque cosa accadesse. Quindi, con grande fede e coraggio, “entrarono nel tempio all’alba e iniziarono a insegnare” (Atti 5:21).
8 Ciascuno di noi fa bene a chiedersi: “Avrei la fede e il coraggio necessari per continuare a predicare in simili circostanze?” Sapere che l’importantissima opera di rendere “completa testimonianza in merito al Regno di Dio” ha il sostegno e la guida angelica può rafforzarci (Atti 28:23; Riv. 14:6, 7).
“Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante anziché agli uomini” (Atti 5:21b-33)
“Così li portarono con loro e li fecero comparire davanti al Sinedrio” (Atti 5:27)
9-11. Quale fu la risposta degli apostoli quando il Sinedrio ingiunse loro di smettere di predicare, e in che modo questo costituisce un precedente per tutti i veri cristiani?
9 Caiafa e gli altri giudici del Sinedrio erano pronti a trattare il caso degli apostoli. Non sapendo quello che era accaduto nel carcere, inviarono delle guardie a prelevare i prigionieri. Immaginate la loro sorpresa quando videro che “la prigione [era] serrata con la massima sicurezza e le guardie [erano] in piedi davanti alle porte”, ma i prigionieri non c’erano più (Atti 5:23). Il capitano del tempio venne presto a sapere che gli apostoli erano di nuovo nel tempio a dare testimonianza riguardo a Gesù Cristo. Stavano facendo proprio quello per cui erano stati messi in prigione! Il capitano e le guardie si precipitarono nel tempio per arrestarli e scortarli fino al Sinedrio.
10 Come descritto all’inizio del capitolo, i capi religiosi, furibondi, ribadirono agli apostoli che dovevano smettere di predicare. Quale fu la loro risposta? A nome di tutti, Pietro con coraggio disse: “Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante anziché agli uomini” (Atti 5:29). Gli apostoli stabilirono così un precedente per i veri cristiani di tutti i tempi. I governanti umani, nel momento in cui vietano ciò che Dio richiede o richiedono ciò che Dio vieta, non hanno più il diritto di esigere ubbidienza. Tuttora, se le “autorità superiori” vietano la nostra opera di predicazione, non possiamo smettere di assolvere l’incarico datoci da Dio di predicare la buona notizia (Rom. 13:1). Cercheremo piuttosto i modi per continuare a dare completa testimonianza in merito al Regno di Dio con prudenza.
11 Com’era prevedibile, la coraggiosa risposta degli apostoli suscitò l’ira violenta dei giudici, che infatti “volevano ucciderli” (Atti 5:33). Per quei coraggiosi e zelanti testimoni sembrava essere venuto il tempo del martirio. Ma stavano per ricevere aiuto in modo del tutto inaspettato.
“Non riuscirete a distruggerli” (Atti 5:34-42)
12, 13. (a) Quale consiglio diede Gamaliele agli altri giudici, e cosa fecero questi? (b) In che modo Geova può intervenire in favore del suo popolo oggi, e di cosa possiamo essere certi anche se dovessimo “soffrire per amore della giustizia”?
12 Gamaliele, “maestro della Legge stimato da tutto il popolo”, prese la parola.c Doveva essere un dottore della Legge molto rispettato dagli altri giudici, visto che prese l’iniziativa e “comandò di far uscire momentaneamente gli apostoli” (Atti 5:34). Citando esempi di insurrezioni passate che, dopo la morte di chi le capeggiava, si erano concluse in un nulla di fatto, Gamaliele invitò la corte alla pazienza e alla tolleranza nei confronti degli apostoli, il cui Capo, Gesù, era morto solo da poco. Il suo ragionamento era convincente: “Non abbiate niente a che fare con questi uomini, lasciateli stare. Infatti, se questo piano o quest’opera viene dagli uomini, sarà distrutta; se invece viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Anzi, potreste trovarvi a combattere contro Dio stesso” (Atti 5:38, 39). I giudici accettarono il suo consiglio, ma fecero comunque fustigare gli apostoli e “ordinarono loro di smettere di parlare nel nome di Gesù” (Atti 5:40).
13 Anche oggi Geova può fare in modo che uomini preminenti come Gamaliele intervengano in favore dei suoi servitori (Prov. 21:1). Geova può servirsi del suo spirito per spingere potenti governanti, giudici o legislatori ad agire in armonia con la sua volontà (Nee. 2:4-8). Ma anche se dovesse permettere che “[soffriamo] per amore della giustizia”, possiamo essere certi di due cose (1 Piet. 3:14). Primo, Geova può darci la forza di perseverare (1 Cor. 10:13). Secondo, gli oppositori ‘non riusciranno a distruggere’ l’opera di Dio (Isa. 54:17).
14, 15. (a) Come reagirono gli apostoli alla fustigazione, e perché? (b) Fate un esempio che dimostri come il popolo di Geova persevera con gioia.
14 La fustigazione fiaccò forse lo spirito e la determinazione degli apostoli? Niente affatto! “Se ne andarono dal Sinedrio, rallegrandosi” (Atti 5:41). “Rallegrandosi”? Sicuramente non per il dolore fisico causato dalle frustate. Si rallegravano perché sapevano di essere stati perseguitati a motivo della loro fedeltà a Geova e del fatto che seguivano le orme del loro Esempio, Gesù (Matt. 5:11, 12).
15 Come i nostri fratelli del I secolo, perseveriamo con gioia quando soffriamo per amore della buona notizia (1 Piet. 4:12-14). Non che ci faccia piacere subire minacce e persecuzione o essere imprigionati, ma proviamo profonda soddisfazione nel mantenerci integri. Prendiamo il caso di Henryk Dornik, il quale sopportò anni di maltrattamenti sotto regimi totalitari. Egli ricorda che nell’agosto 1944 le autorità decisero di mandare lui e suo fratello in un campo di concentramento. Gli oppositori affermarono: “È impossibile persuaderli. Per loro è una gioia diventare dei martiri”. Il fratello Dornik spiega: “Sebbene non desiderassi diventare un martire, per me era una gioia soffrire con coraggio e dignità per rimanere leale a Geova” (Giac. 1:2-4).
Come gli apostoli, predichiamo “di casa in casa”
16. In che modo gli apostoli si dimostrarono decisi a rendere completa testimonianza, e perché si può dire che seguiamo il metodo apostolico nel predicare?
16 Gli apostoli ripresero subito a dare testimonianza. Con coraggio, “ogni giorno, nel tempio e di casa in casa, continuavano [...] a dichiarare la buona notizia intorno al Cristo” (Atti 5:42).d Questi zelanti predicatori erano decisi a rendere completa testimonianza. Notate che portavano il messaggio nelle case della gente, come Gesù Cristo aveva comandato loro (Matt. 10:7, 11-14). Senz’altro è in questo modo che riuscirono a diffondere il loro insegnamento in tutta Gerusalemme. Oggi è risaputo che i Testimoni di Geova seguono lo stesso metodo di predicazione degli apostoli. Non tralasciando nessuna casa del nostro territorio dimostriamo chiaramente che anche noi vogliamo essere scrupolosi e dare a tutti la possibilità di sentir parlare della buona notizia. Geova ha benedetto il nostro ministero di casa in casa? Certo! Milioni di persone hanno accettato il messaggio del Regno in questo tempo della fine, e molti hanno udito per la prima volta la buona notizia quando un Testimone ha bussato alla loro porta.
Uomini qualificati si occupano di una “faccenda necessaria” (Atti 6:1-6)
17-19. Quale problema sorse, e quali direttive diedero gli apostoli per risolverlo?
17 La giovane congregazione si trovò ora di fronte a un pericolo insidioso che la minacciava dall’interno. Quale? Molti dei discepoli che si battezzavano a Gerusalemme erano stranieri e prima di fare ritorno a casa volevano approfondire la loro conoscenza. I discepoli che vivevano a Gerusalemme donarono spontaneamente dei fondi per procurare loro cibo e altri generi di prima necessità (Atti 2:44-46; 4:34-37). A questo punto si creò una situazione delicata. Nella distribuzione quotidiana del cibo le vedove di lingua greca “venivano trascurate” (Atti 6:1). Ma non avveniva la stessa cosa con le vedove di lingua ebraica. A quanto pare, perciò, c’era un problema di discriminazione. Poche cose sono potenzialmente più divisive di questa.
18 Gli apostoli, in qualità di corpo direttivo della congregazione in continua espansione, si resero conto che non era saggio che loro “[lasciassero] la parola di Dio per servire cibo alle tavole” (Atti 6:2) Perciò incaricarono i discepoli di scegliere sette uomini “pieni di spirito e sapienza” perché si occupassero di quella “faccenda necessaria” (Atti 6:3). C’era bisogno di uomini qualificati perché probabilmente non si trattava solo di servire del cibo, ma anche di gestire del denaro, acquistare provviste e tenere registrazioni accurate. Tutti quelli che vennero scelti avevano nomi greci, e questo forse li avrebbe resi più ben accetti alle vedove che erano state trascurate. Dopo aver pregato riguardo alla scelta dei sette uomini, gli apostoli li incaricarono di occuparsi di quella “faccenda necessaria”.e
19 Il fatto che i sette uomini dovessero ora occuparsi della distribuzione del cibo li esentò forse dalla responsabilità di predicare la buona notizia? Assolutamente no! Fra loro c’era Stefano, che si sarebbe rivelato un intrepido e vigoroso testimone (Atti 6:8-10). Filippo, un altro dei sette, è chiamato “l’evangelizzatore” (Atti 21:8). Evidentemente, quindi, quei sette uomini continuarono a essere zelanti predicatori del Regno.
20. In quali modi gli odierni servitori di Dio seguono il modello apostolico?
20 Gli odierni servitori di Geova seguono il modello apostolico. Gli uomini raccomandati per assolvere responsabilità nella congregazione devono manifestare sapienza divina e dimostrare che su di loro opera lo spirito santo. Sotto la guida del Corpo Direttivo, coloro che possiedono i requisiti scritturali vengono nominati anziani o servitori di ministero nelle congregazioni (1 Tim. 3:1-9, 12, 13).f Si può dunque dire che sono stati nominati dallo spirito santo. Questi uomini operosi si occupano di molte ‘faccende necessarie’. Per esempio, gli anziani a volte organizzano assistenza pratica per i fedeli avanti negli anni che sono veramente nel bisogno (Giac. 1:27). Alcuni di loro sono molto impegnati nella costruzione di Sale del Regno, nell’organizzazione di assemblee e congressi o nei Comitati di assistenza sanitaria. I servitori di ministero svolgono molti compiti che non hanno diretta attinenza con l’opera pastorale o l’insegnamento. Tutti questi uomini qualificati devono assolvere le loro responsabilità organizzative e di congregazione senza trascurare l’inderogabile incarico divino di predicare la buona notizia del Regno (1 Cor. 9:16).
“La parola di Dio si diffondeva” (Atti 6:7)
21, 22. Cosa mostra che Geova benediceva la neonata congregazione?
21 Col sostegno di Geova la neonata congregazione sopravvisse a una minaccia esterna, cioè la persecuzione, e a un problema interno potenzialmente divisivo. La benedizione di Geova era evidente. Infatti ci viene detto: “La parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli cresceva moltissimo a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti accettava la fede” (Atti 6:7). Questo è solo uno dei tanti rapporti sui progressi dell’opera che si trovano nel libro degli Atti (Atti 9:31; 12:24; 16:5; 19:20; 28:31). Oggi non è altrettanto incoraggiante ricevere rapporti riguardo ai progressi dell’opera di predicazione del Regno nelle varie parti del mondo?
22 Tornando al I secolo, i furibondi capi religiosi non avevano nessuna intenzione di arrendersi. Si profilava all’orizzonte un’ondata di persecuzione. Di lì a poco Stefano sarebbe stato oggetto di una feroce opposizione, come vedremo nel prossimo capitolo.
a Vedi il riquadro “Il Sinedrio: la corte suprema giudaica”.
b Questo è il primo dei circa 20 espliciti riferimenti agli angeli che troviamo nel libro degli Atti. Già in Atti 1:10 erano stati menzionati indirettamente, come “uomini in vesti bianche”.
c Vedi il riquadro “Gamaliele: un rabbi molto stimato”.
d Vedi il riquadro “La predicazione ‘di casa in casa’”.
e È probabile che quegli uomini avessero sostanzialmente i requisiti per essere anziani, dal momento che quella “faccenda necessaria” non era cosa da poco. Tuttavia le Scritture non indicano esattamente quando si cominciò a nominare anziani o sorveglianti nella congregazione cristiana.
f Nel I secolo uomini qualificati erano autorizzati a fare nomine di anziani (Atti 14:23; 1 Tim. 5:22; Tito 1:5). Oggi il Corpo Direttivo nomina i sorveglianti di circoscrizione, e questi hanno la responsabilità di nominare anziani e servitori di ministero.
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Stefano, “pieno di favore divino e potenza”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 6
Stefano, “pieno di favore divino e potenza”
La coraggiosa testimonianza di Stefano davanti al Sinedrio
Basato su Atti 6:8–8:3
1-3. (a) In quale situazione critica si trova Stefano, e come la affronta? (b) Quali domande prenderemo in considerazione?
STEFANO è davanti al Sinedrio. La corte, composta da 71 uomini, è disposta a semicerchio in una grande sala, probabilmente nei pressi del tempio di Gerusalemme. Oggi si è radunata per giudicare Stefano. I giudici sono uomini autorevoli e potenti, e la maggioranza di loro ha poca simpatia per questo discepolo di Gesù. A convocare la corte è stato il sommo sacerdote Caiafa, il quale presiedeva il Sinedrio anche alcuni mesi or sono, quando Gesù Cristo è stato condannato a morte. Stefano ha forse paura?
2 Ora nell’aspetto di Stefano si nota qualcosa di straordinario. I giudici, che lo stanno fissando, vedono che la sua faccia è “come quella di un angelo” (Atti 6:15). Quali messaggeri di Geova Dio, gli angeli hanno ogni ragione di essere intrepidi, sereni e pacifici. Lo stesso può dirsi di Stefano, e se ne accorgono persino quei giudici pieni di odio. Come fa a essere così calmo?
3 Oggi i cristiani possono imparare molto dalla risposta a questa domanda. Ma perché Stefano si trovava in una situazione tanto critica? Come aveva difeso in passato la sua fede? E in che modo possiamo imitarlo?
“Aizzarono il popolo” (Atti 6:8-15)
4, 5. (a) Perché Stefano era una preziosa risorsa per la congregazione? (b) In che senso era “pieno di favore divino e potenza”?
4 Abbiamo già visto che Stefano era una preziosa risorsa per la neonata congregazione cristiana. Nel capitolo precedente abbiamo appreso che era uno dei sette uomini umili che si diedero subito da fare quando gli apostoli chiesero la loro collaborazione. La sua umiltà è ancora più notevole se si considerano le doti che aveva. In Atti 6:8 leggiamo che, come alcuni apostoli, era in grado di compiere “grandi prodigi e segni”. Ci viene anche detto che era “pieno di favore divino e potenza”. In che senso?
5 Il termine greco tradotto “favore divino” può anche essere reso “grazia”. Stefano evidentemente aveva un modo di fare benevolo, gentile e accattivante. Parlava in maniera tale da persuadere molti dei suoi ascoltatori, convincendoli della sua sincerità e dell’importanza delle verità che insegnava. Era pieno di potenza perché lo spirito di Geova operava in lui, dato che si sottometteva umilmente alla sua guida. Invece di inorgoglirsi per le doti e le capacità che aveva, attribuiva sempre il merito a Geova e si interessava di cuore delle persone a cui si rivolgeva. Non meraviglia dunque che i suoi oppositori lo considerassero un avversario pericoloso.
6-8. (a) Quale duplice accusa venne mossa a Stefano, e perché? (b) Perché l’esempio di Stefano può essere utile ai cristiani odierni?
6 Diversi uomini si fecero avanti per contraddire Stefano, ma “non riuscivano a resistere alla sapienza e allo spirito con cui lui parlava”.a Contrariati, “istigarono di nascosto” alcuni a presentare delle accuse contro quell’innocente seguace di Cristo. Inoltre “aizzarono il popolo, gli anziani e gli scribi”, così che Stefano fu trascinato davanti al Sinedrio (Atti 6:9-12). Gli oppositori gli mossero la duplice accusa di bestemmia contro Dio e contro Mosè. In che modo?
7 I falsi testimoni accusarono Stefano di aver bestemmiato Dio parlando contro quel “luogo santo”, cioè il tempio di Gerusalemme (Atti 6:13). Inoltre, secondo loro, aveva bestemmiato Mosè in quanto aveva parlato contro la Legge sovvertendo usanze che Mosè aveva tramandato. Era un’accusa molto grave perché gli ebrei dell’epoca tenevano in grande considerazione il tempio, i dettagli della Legge mosaica e le numerose tradizioni orali che vi avevano aggiunto. Perciò, stando a quell’accusa, Stefano era un individuo pericoloso, meritevole di morte.
8 Purtroppo non è insolito che persone religiose ricorrano a tattiche simili per mettere in difficoltà i servitori di Dio. Tuttora a volte istigano le autorità a perseguitare i Testimoni di Geova. Come dovremmo reagire davanti ad accuse false o tendenziose? Da Stefano abbiamo molto da imparare.
Coraggiosa testimonianza riguardo all’“Iddio della gloria” (Atti 7:1-53)
9, 10. Quale critica è stata avanzata al discorso di Stefano davanti al Sinedrio, e cosa dobbiamo ricordare?
9 Come menzionato all’inizio, mentre udiva le accuse Stefano aveva un’espressione serena, angelica. Caiafa si rivolse a lui dicendo: “Le cose stanno veramente così?” (Atti 7:1). Ora toccava a Stefano parlare. E parlò!
10 Alcuni hanno criticato il discorso di Stefano dicendo che, per quanto lungo, non risponderebbe alle accuse mosse contro di lui. In realtà Stefano ci ha dato un ottimo esempio su come difendere la buona notizia (1 Piet. 3:15). Ricordate che era stato accusato di bestemmiare Dio disprezzando il tempio e di bestemmiare Mosè parlando contro la Legge. Nella sua replica Stefano sintetizzò tre periodi della storia di Israele, ponendo l’accento su alcuni particolari. Prendiamo in esame uno per uno questi tre periodi.
11, 12. (a) In che modo Stefano si servì efficacemente dell’esempio di Abraamo? (b) Perché il richiamo a Giuseppe era pertinente?
11 L’epoca dei patriarchi (Atti 7:1-16). Stefano cominciò parlando di Abraamo, stimato dagli ebrei per la sua fede. Pur partendo da questa base comune, Stefano sottolineò che fu in Mesopotamia che Geova, “l’Iddio della gloria”, si era rivelato per la prima volta ad Abraamo (Atti 7:2). Inoltre Abraamo risiedette da straniero nella Terra Promessa, e non aveva né il tempio né la Legge mosaica. Come si poteva dunque affermare che la fedeltà a Dio dovesse dipendere sempre e comunque da queste cose?
12 Anche Giuseppe, discendente di Abraamo, era tenuto in grande stima dai presenti, ma Stefano ricordò loro che furono gli stessi fratelli di Giuseppe, capostipiti delle tribù di Israele, a perseguitare quell’uomo giusto e a venderlo come schiavo. Eppure Dio si servì di lui per salvare Israele dalla carestia. Sicuramente Stefano scorgeva chiare analogie tra Giuseppe e Gesù Cristo, ma evitò di fare quel paragone per assicurarsi l’attenzione dell’uditorio il più a lungo possibile.
13. Parlando di Mosè, in che modo Stefano rispose alle accuse, e qual era il filo conduttore del suo discorso?
13 Il tempo di Mosè (Atti 7:17-43). Stefano parlò molto di Mosè, e fu una scelta saggia perché parecchi membri del Sinedrio erano sadducei e di tutte le Scritture accettavano solo i libri di Mosè. Ricordate che Stefano era stato accusato di aver detto cose blasfeme contro Mosè. Perciò le sue parole erano una risposta diretta a quell’accusa, dato che dimostravano il massimo rispetto per Mosè e per la Legge (Atti 7:38). Stefano fece notare che anche Mosè era stato respinto da coloro che cercava di salvare. Questi lo rigettarono quando aveva 40 anni e poi, oltre 40 anni dopo, in più occasioni sfidarono la sua autorità.b Pertanto, ecco il filo conduttore del discorso di Stefano: coloro che appartenevano al popolo di Dio avevano ripetutamente rigettato quelli che Dio aveva nominato per guidarli.
14. Quali punti espose Stefano nel suo discorso rifacendosi all’esempio di Mosè?
14 Come Stefano ricordò ai presenti, Mosè aveva predetto che da Israele sarebbe sorto un profeta come lui. Chi sarebbe stato, e in che modo sarebbe stato accolto? Stefano si riservò di rispondere nella conclusione. Intanto diede risalto a un altro punto: Mosè aveva capito che qualunque luogo poteva essere reso santo, come nel caso del suolo presso il roveto ardente dove Geova gli aveva parlato. È dunque possibile che si debba adorare Geova esclusivamente in un particolare edificio, come il tempio di Gerusalemme? Vediamo.
15, 16. (a) Perché il tabernacolo aveva tanta rilevanza nel ragionamento di Stefano? (b) Perché Stefano menzionò il tempio di Salomone?
15 Il tabernacolo e il tempio (Atti 7:44-50). Stefano ricordò alla corte che, prima che esistesse un tempio a Gerusalemme, Dio aveva comandato a Mosè di costruire un tabernacolo, una struttura mobile per l’adorazione simile a una tenda. Chi avrebbe osato affermare che il tabernacolo era inferiore al tempio, visto che Mosè stesso aveva adorato lì?
16 In seguito, quando costruì il tempio a Gerusalemme, Salomone fu ispirato a includere nella sua preghiera un concetto importante. Come Stefano disse, “l’Altissimo non dimora in case fatte da mani umane” (Atti 7:48; 2 Cron. 6:18). Per realizzare quanto si è proposto, Geova può servirsi di un tempio, ma questo non lo vincola. Perché allora i suoi adoratori dovrebbero pensare che la pura adorazione sia vincolata a un edificio di fattura umana? Stefano concluse il suo ragionamento in modo incisivo citando il libro di Isaia: “Il cielo è il mio trono, e la terra è lo sgabello dei miei piedi. Quale casa potrete mai costruirmi, dice Geova, o dove sarà la mia dimora? Non è forse stata la mia mano a fare tutte queste cose?” (Atti 7:49, 50; Isa. 66:1, 2).
17. In che modo il discorso di Stefano (a) smantellò gli argomenti dei suoi accusatori e (b) rispose alle accuse mosse contro di lui?
17 Dopo aver preso in esame buona parte del discorso di Stefano, non convenite che fu veramente abile nello smantellare gli argomenti dei suoi accusatori? Stefano mostrò che il proposito di Geova è progressivo e dinamico, non statico e ancorato alla tradizione. Chi nutriva una smisurata riverenza per quello splendido edificio di Gerusalemme, nonché per consuetudini e tradizioni sviluppatesi intorno alla Legge mosaica, non aveva afferrato lo scopo autentico della Legge e del tempio. Indirettamente il discorso di Stefano suscitava una domanda importante: il modo migliore per onorare la Legge e il tempio non è forse quello di ubbidire a Geova? Con le sue parole Stefano fece davvero un’eccellente difesa del suo operato, dal momento che aveva fatto tutto il possibile per ubbidire a Geova.
18. In che modo dovremmo cercare di imitare Stefano?
18 Cosa possiamo imparare dal discorso di Stefano? Innanzitutto Stefano aveva grande familiarità con le Scritture. Se vogliamo anche noi “maneggiare correttamente la parola della verità”, dobbiamo studiare con serietà la Parola di Dio (2 Tim. 2:15). Possiamo imparare qualcosa anche dalla gentilezza e dal tatto di Stefano. Non poteva avere un uditorio più ostile, eppure mantenne il più a lungo possibile una base comune soffermandosi su cose che i presenti tenevano in alta stima. Inoltre si rivolse loro con rispetto, chiamando “padri” gli uomini più anziani (Atti 7:2). Anche noi dobbiamo presentare le verità della Parola di Dio “con mitezza e profondo rispetto” (1 Piet. 3:15).
19. In che modo Stefano trasmise al Sinedrio il messaggio di giudizio di Geova?
19 D’altro canto non ci tratteniamo dal parlare delle verità della Parola di Dio per paura di offendere la gente, né attenuiamo i messaggi di giudizio di Geova. Stefano è un esempio significativo. Si rese senz’altro conto che tutte le prove che aveva presentato al Sinedrio non avevano avuto un grande effetto su quei giudici ostinati. Così, mosso dallo spirito santo, concluse il suo discorso dicendo loro coraggiosamente che erano proprio come i loro antenati che avevano rigettato Giuseppe, Mosè e tutti i profeti (Atti 7:51-53). In effetti i giudici del Sinedrio avevano ucciso il Messia, la cui venuta era stata predetta proprio da Mosè e da tutti i profeti. Avevano quindi trasgredito la Legge mosaica nel peggiore dei modi.
“Signore Gesù, ricevi il mio spirito” (Atti 7:54–8:3)
“A quelle parole si infuriarono in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano” (Atti 7:54)
20, 21. Come reagì il Sinedrio alle parole di Stefano, e in che modo Stefano fu rafforzato da Geova?
20 L’innegabile veracità delle parole di Stefano fece andare su tutte le furie quei giudici. Perdendo ogni parvenza di dignità, si misero a digrignare i denti. Quell’uomo fedele sicuramente capì che non avrebbero avuto alcuna misericordia di lui, non più di quanta ne avevano avuta nei confronti del suo Signore Gesù.
21 Stefano aveva bisogno di coraggio per affrontare ciò che lo attendeva, e senza dubbio fu molto rafforzato dalla visione che Geova benignamente gli diede. Stefano vide la gloria di Dio, e Gesù in piedi alla destra del Padre. Quando descrisse la visione, i giudici si coprirono le orecchie. Perché? In precedenza, davanti alla stessa corte Gesù aveva detto di essere il Messia e aveva aggiunto che di lì a poco sarebbe stato alla destra del Padre (Mar. 14:62). La visione di Stefano confermava le parole di Gesù. Il Sinedrio aveva dunque tradito e assassinato il Messia! Di comune accordo si affrettarono a far lapidare Stefano.c
22, 23. In che senso Stefano morì come era morto il suo Signore, e perché oggi i cristiani possono avere la stessa fiducia che aveva lui?
22 Praticamente Stefano morì nello stesso modo in cui era morto il suo Signore, cioè con serenità e piena fiducia in Geova e perdonando i suoi uccisori. Disse: “Signore Gesù, ricevi il mio spirito”, forse perché stava ancora vedendo in visione il Figlio dell’uomo accanto al Padre. Senz’altro Stefano conosceva le incoraggianti parole di Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita” (Giov. 11:25). Infine si rivolse direttamente a Dio pregando ad alta voce: “Geova, non imputare loro questo peccato”. Dopo queste parole si addormentò nella morte (Atti 7:59, 60).
23 A quanto si sa, Stefano divenne il primo martire tra i seguaci di Cristo, ma purtroppo non sarebbe stato l’ultimo. (Vedi il riquadro “‘Martire’ in che senso?”) Da allora diversi fedeli servitori di Geova sono stati messi a morte da fanatici religiosi e politici o da altri feroci oppositori. Tuttavia abbiamo motivo di nutrire la stessa fiducia di Stefano. Gesù ora regna, esercitando lo straordinario potere che il Padre gli ha conferito. Nulla gli impedirà di risuscitare i suoi fedeli seguaci (Giov. 5:28, 29).
24. In che senso Saulo fu complice dell’uccisione di Stefano, e in che modo la morte di quell’uomo fedele lasciò il segno?
24 Tra i presenti c’era un giovane di nome Saulo, il quale approvava l’assassinio di Stefano e custodiva i mantelli di coloro che lo lapidavano. Poco tempo dopo ebbe un ruolo di primo piano nell’ondata di violenta persecuzione che si scatenò. Ma la morte di Stefano avrebbe lasciato il segno: il suo esempio avrebbe incoraggiato altri cristiani a rimanere fedeli e a riportare una vittoria simile. Inoltre Saulo, negli anni seguenti chiamato quasi sempre Paolo, avrebbe ripensato con profondo rammarico al suo ruolo nella morte di Stefano (Atti 22:20). Era stato complice di quell’assassinio, ma poi si sarebbe reso conto di essere stato “un bestemmiatore, un persecutore e un insolente” (1 Tim. 1:13). Evidentemente Paolo non dimenticò mai Stefano e le vigorose parole che aveva pronunciato quel giorno. In effetti alcuni dei discorsi e degli scritti di Paolo sviluppano argomenti menzionati da Stefano (Atti 7:48; 17:24; Ebr. 9:24). Col tempo Paolo imparò a seguire pienamente l’esempio di fede e coraggio lasciato da Stefano, uomo “pieno di favore divino e potenza”. Lo faremo anche noi?
a Alcuni di quegli oppositori appartenevano alla “Sinagoga dei Liberti”. Forse un tempo erano stati presi prigionieri dai romani e poi liberati, oppure erano schiavi affrancati che erano diventati proseliti del giudaismo. Alcuni provenivano dalla Cilicia, la regione di Saulo di Tarso. Non sappiamo però se Saulo era tra quegli abitanti della Cilicia che non furono in grado di tener testa a Stefano.
b Il discorso di Stefano contiene informazioni che non si trovano in nessun’altra parte della Bibbia, come quelle riguardo alla formazione che Mosè ricevette in Egitto, all’età che aveva quando per la prima volta lasciò quel paese e alla durata della sua permanenza in Madian.
c È dubbio se sotto la dominazione romana il Sinedrio avesse l’autorità di infliggere la pena capitale (Giov. 18:31). In ogni caso, la morte di Stefano sembra essere stata più un omicidio commesso da una folla inferocita che l’esecuzione di una sentenza.
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“Dichiarò la buona notizia riguardo a Gesù”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 7
“Dichiarò la buona notizia riguardo a Gesù”
Filippo, un evangelizzatore esemplare
Basato su Atti 8:4-40
1, 2. In che modo nel I secolo i tentativi di soffocare la buona notizia sortiscono l’effetto contrario?
HA INIZIO una violenta persecuzione e Saulo comincia a “devastare” la congregazione, verbo che nella lingua originale indica feroce accanimento (Atti 8:3). I discepoli fuggono, e potrebbe sembrare che Saulo stia per riuscire nel suo intento di sopprimere il cristianesimo. Tuttavia la dispersione dei cristiani ha risultati inattesi. Quali?
2 Quelli che vengono dispersi cominciano ad ‘annunciare la buona notizia della parola’ nei paesi in cui trovano rifugio (Atti 8:4). Pensate, la persecuzione non solo non riesce a soffocare la buona notizia ma addirittura contribuisce a diffonderla! Disperdendo i discepoli, senza volerlo i persecutori fanno in modo che l’opera di predicazione del Regno raggiunga territori lontani. Come vedremo, nei nostri giorni è avvenuto qualcosa di simile.
“Quelli che erano stati dispersi” (Atti 8:4-8)
3. (a) Chi era Filippo? (b) Perché la città di Samaria praticamente non era stata raggiunta dall’opera di predicazione, ma cosa era stato predetto da Gesù riguardo a quella zona?
3 Tra “quelli che erano stati dispersi” c’era Filippo (Atti 8:4; vedi il riquadro “Filippo ‘l’evangelizzatore’”).a Egli si recò a Samaria, città che praticamente non era stata raggiunta dall’opera di predicazione perché Gesù in un primo momento aveva detto agli apostoli: “Non entrate in nessuna città samaritana, ma continuate piuttosto ad andare dalle pecore smarrite della casa d’Israele” (Matt. 10:5, 6). Tuttavia Gesù sapeva che col tempo anche in quella zona sarebbe stata data un’estesa testimonianza, visto che prima di ascendere al cielo disse: “Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:8).
4. Come reagirono i samaritani alla predicazione di Filippo, e a cosa poteva essere dovuta la loro reazione?
4 Filippo vide che Samaria era ‘pronta per la mietitura’ (Giov. 4:35). Il suo messaggio fu una ventata di aria fresca per gli abitanti, il che è comprensibile. Gli ebrei evitavano ogni contatto con i samaritani e molti addirittura li disprezzavano. I samaritani riscontrarono invece che il messaggio della buona notizia era rivolto a tutti indistintamente e quindi si discostava parecchio dalle idee ristrette dei farisei. Dando testimonianza con zelo e imparzialità, Filippo dimostrò di non essere affatto condizionato dai pregiudizi di coloro che guardavano i samaritani con disprezzo. Non sorprende dunque che folle di samaritani ascoltassero Filippo “unanimi” (Atti 8:6).
5-7. In che modo il fatto che i cristiani siano stati costretti a spostarsi ha contribuito alla diffusione della buona notizia? Fate esempi.
5 Oggi come nel I secolo la persecuzione non ha messo a tacere la predicazione del popolo di Dio. Più volte il fatto di costringere i cristiani a trasferirsi da un posto all’altro, in una prigione o in un altro paese, ha solo contribuito a diffondere il messaggio del Regno in nuove località. Per esempio, durante la Seconda guerra mondiale i Testimoni riuscirono a dare un’eccezionale testimonianza nei campi di concentramento nazisti. Un ebreo che in un campo incontrò i Testimoni ricorda: “La forza morale dei prigionieri testimoni di Geova mi convinse che la loro fede era basata sulle Scritture, così che io stesso divenni Testimone”.
6 In qualche caso perfino dei persecutori ricevettero testimonianza e accettarono il messaggio. Ad esempio, quando fu trasferito nel campo di concentramento di Gusen, in Austria, un Testimone di nome Franz Desch riuscì a studiare la Bibbia con un ufficiale delle SS. Immaginate la gioia di quei due uomini quando, anni dopo, si ritrovarono a un’assemblea dei Testimoni di Geova, entrambi proclamatori della buona notizia!
7 Qualcosa di simile è avvenuto nei casi in cui la persecuzione ha costretto dei cristiani a fuggire da un paese all’altro. Negli anni ’70 per esempio i Testimoni del Malawi dovettero rifugiarsi in Mozambico, dove diedero una grande testimonianza. Quando in seguito ci fu opposizione anche in Mozambico, l’opera di predicazione proseguì. “A dir la verità alcuni di noi furono fermati e arrestati diverse volte per l’attività di predicazione”, riferisce Francisco Coana. “Ma quando molti si mostrarono sensibili al messaggio del Regno, ci rendemmo conto che Dio ci stava aiutando, proprio come aveva aiutato i cristiani del I secolo”.
8. In che modo cambiamenti di natura politica ed economica hanno influito sull’opera di predicazione?
8 Naturalmente la persecuzione non è stata l’unica ragione della diffusione del cristianesimo in altre zone. Negli ultimi decenni, cambiamenti di natura politica ed economica hanno permesso al messaggio del Regno di raggiungere persone di molte lingue e nazionalità. Alcuni, originari di paesi piagati dalla guerra o da difficoltà economiche, si sono rifugiati in paesi in cui la situazione è più stabile e lì hanno cominciato a studiare la Bibbia. L’afflusso di profughi e migranti ha favorito la formazione di territori di lingua straniera. Vi state impegnando per dare testimonianza a persone “di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” nel vostro territorio? (Riv. 7:9).
“Date anche a me questa autorità” (Atti 8:9-25)
“Vedendo che mediante l’imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo spirito, Simone offrì loro del denaro” (Atti 8:18)
9. Chi era Simone, e cosa lo colpì di Filippo?
9 Filippo compì molti segni a Samaria. Per esempio, sanò disabili ed espulse spiriti malvagi (Atti 8:6-8). A rimanere particolarmente impressionato dai doni miracolosi di Filippo fu Simone, un uomo che praticava le arti magiche ed era stimato a tal punto che la gente diceva di lui: “Quest’uomo è la Potenza di Dio”. Simone fu testimone oculare della vera potenza di Dio, evidente nei miracoli compiuti da Filippo, e diventò credente (Atti 8:9-13). In seguito, però, la sua sincerità fu messa alla prova. In che modo?
10. (a) Cosa fecero Pietro e Giovanni a Samaria? (b) Vedendo che i nuovi discepoli ricevevano lo spirito santo con l’imposizione delle mani da parte di Pietro e Giovanni, cosa fece Simone?
10 Quando gli apostoli si resero conto dell’aumento che c’era tra i samaritani, mandarono da loro Pietro e Giovanni. (Vedi il riquadro “Pietro usa ‘le chiavi del Regno’”.) Al loro arrivo i due apostoli posero le mani sui nuovi discepoli, i quali ricevettero lo spirito santo.b Simone ne rimase affascinato. “Date anche a me questa autorità”, disse agli apostoli, “affinché chiunque sul quale io ponga le mani riceva lo spirito santo”. Addirittura offrì loro del denaro, sperando di poter comprare quel sacro privilegio (Atti 8:14-19).
11. Quale ammonimento diede Pietro a Simone, e come reagì questi?
11 L’apostolo Pietro rispose a Simone in tono deciso: “Il tuo argento vada distrutto con te, perché hai pensato di poter comprare con il denaro il gratuito dono di Dio. Tu non hai assolutamente alcuna parte in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio”. Poi lo esortò a pentirsi e a chiedere perdono in preghiera. “Supplica Geova che, se possibile, le cattive intenzioni del tuo cuore ti siano perdonate”, gli disse. Evidentemente Simone non era malvagio; voleva fare ciò che era giusto, ma al momento era in errore. Quindi implorò gli apostoli: “Supplicate voi Geova per me, perché non mi accada nessuna delle cose che avete detto” (Atti 8:20-24).
12. Che cos’è la simonia, e come si è rivelata un’insidia per la cristianità?
12 Il rimprovero che Pietro mosse a Simone è un monito per i cristiani odierni. A motivo di questo episodio fu coniato il termine “simonia”, con il quale si intende la compravendita di incarichi o benefìci di carattere religioso. La storia dell’apostata cristianità abbonda di casi di simonia. Infatti nella nona edizione dell’Encyclopædia Britannica (1878) si leggeva: “Lo studio della storia dei conclavi lascia nello studioso la convinzione che non ci sia mai stata un’elezione al soglio pontificio esente da simonia, mentre in un gran numero di casi la simonia praticata nel conclave era della specie più plateale, sfacciata e grossolana”.
13. In che modo i cristiani possono guardarsi dalla simonia?
13 La simonia è un peccato dal quale i cristiani devono guardarsi. Per esempio, non dovrebbero cercare di ingraziarsi con generosi regali e con l’adulazione coloro che sembrano in grado di concedere ulteriori privilegi nella congregazione. D’altro canto chi è ritenuto in condizione di concedere tali privilegi dovrebbe stare attento a non fare favoritismi a vantaggio dei più ricchi. Entrambe le situazioni rientrano nella simonia. Ogni servitore di Dio dovrebbe invece comportarsi “come il minore”, aspettando che a concedere privilegi di servizio sia lo spirito di Geova (Luca 9:48). Nell’organizzazione di Dio non c’è posto per chi ‘cerca la propria gloria’ (Prov. 25:27).
“Capisci veramente quello che stai leggendo?” (Atti 8:26-40)
14, 15. (a) Chi era l’eunuco etiope, e in che modo Filippo lo trovò? (b) Come accolse l’etiope la predicazione di Filippo, e perché il suo battesimo non fu un atto impulsivo? (Vedi la nota in calce.)
14 A questo punto l’angelo di Geova disse a Filippo di percorrere la strada che portava da Gerusalemme a Gaza. Presto Filippo avrebbe capito il perché. Infatti poco dopo incontrò un eunuco etiope che “leggeva ad alta voce il profeta Isaia”. (Vedi il riquadro “‘Eunuco’ in che senso?”) Spinto dallo spirito santo di Geova, Filippo si mise a correre e raggiunse il carro di quell’uomo. “Capisci veramente quello che stai leggendo?”, gli chiese. L’uomo rispose: “E come posso, se qualcuno non mi guida?” (Atti 8:26-31).
15 L’etiope invitò Filippo a salire sul carro. Immaginate che bella conversazione ne seguì! L’identità della “pecora”, o “servitore”, della profezia di Isaia era stata per molto tempo un mistero (Isa. 53:1-12). Ma durante il tragitto Filippo spiegò all’eunuco etiope che quella profezia si era adempiuta in Gesù Cristo. L’etiope, che era già un proselito, capì subito cosa avrebbe dovuto fare, proprio come lo avevano capito coloro che si erano battezzati alla Pentecoste del 33. Disse a Filippo: “Ecco dell’acqua! Che cosa mi impedisce di essere battezzato?” Prontamente Filippo lo battezzò.c (Vedi il riquadro “Battesimo in ‘uno specchio d’acqua’”.) In seguito Filippo ricevette un nuovo incarico ad Asdod, dove continuò a dichiarare la buona notizia (Atti 8:32-40).
16, 17. Qual è oggi il ruolo degli angeli nell’opera di predicazione?
16 Oggi i cristiani hanno il privilegio di svolgere un’opera simile a quella di Filippo. Spesso riescono a parlare del messaggio del Regno in contesti informali, ad esempio mentre sono in viaggio. In molti casi è evidente che quando incontrano persone sincere non si tratta di una coincidenza. Infatti la Bibbia spiega che gli angeli dirigono l’opera di predicazione affinché il messaggio raggiunga “ogni nazione, tribù, lingua e popolo” (Riv. 14:6). Gesù stesso predisse che gli angeli avrebbero avuto questo ruolo nell’opera di predicazione. Nella parabola del grano e della zizzania Gesù disse che durante la mietitura, cioè la conclusione del sistema di cose, “i mietitori sono gli angeli”. Aggiunse che queste creature spirituali “[avrebbero raccolto] fuori dal suo Regno tutte le cose che portano a peccare e le persone che praticano l’illegalità” (Matt. 13:37-41). Al tempo stesso gli angeli avrebbero radunato i futuri eredi celesti del Regno e in seguito “una grande folla” di “altre pecore” che Geova vuole indirizzare alla sua organizzazione (Riv. 7:9; Giov. 6:44, 65; 10:16).
17 A riprova che questo avviene davvero, alcuni che avviciniamo nel ministero dicono che stavano proprio pregando per ricevere aiuto spirituale. Pensate per esempio a cosa accadde a due proclamatrici del Regno che stavano predicando. Quando alla fine della mattinata decisero di fermarsi, il bambino che era con loro insisté in modo insolito perché andassero alla casa successiva. Anzi, andò lui stesso a bussare alla porta. Aprì una giovane donna e le due Testimoni si avvicinarono per parlarle. Con loro sorpresa la donna spiegò che aveva appena pregato che qualcuno andasse da lei per aiutarla a capire la Bibbia, e accettò uno studio biblico.
“Dio, chiunque tu sia, ti prego, aiutami!”
18. Perché non dovremmo mai sottovalutare il privilegio di predicare?
18 Anche voi, in quanto parte della congregazione cristiana, avete l’onore di collaborare con gli angeli ora che l’opera di predicazione si svolge in una misura senza precedenti. Non sottovalutate mai questo privilegio. Perseverando proverete grande gioia nel continuare a dichiarare “la buona notizia riguardo a Gesù” (Atti 8:35).
a Non si tratta dell’apostolo Filippo, ma di quel Filippo che, come abbiamo visto nel capitolo 5 di questo libro, era tra i “sette uomini con una buona reputazione” incaricati di organizzare la distribuzione quotidiana di cibo tra le vedove cristiane di lingua greca e di lingua ebraica che si trovavano a Gerusalemme (Atti 6:1-6).
b A quanto pare all’epoca i nuovi discepoli in genere venivano unti con lo spirito santo al battesimo. Questo dava loro la prospettiva di diventare re e sacerdoti con Gesù in cielo (2 Cor. 1:21, 22; Riv. 5:9, 10; 20:6). Tuttavia, in questo caso particolare i nuovi discepoli non furono unti al battesimo. Quei cristiani appena battezzati ricevettero lo spirito santo, e i doni miracolosi che ne derivavano, solo dopo che Pietro e Giovanni ebbero posto su di loro le mani.
c Non si trattava di un atto compiuto sotto l’impulso del momento. Essendo un proselito, l’etiope conosceva già le Scritture, incluse le profezie messianiche. Ora che aveva capito il ruolo di Gesù nel proposito di Dio poteva battezzarsi senza indugio.
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“La congregazione entrò [...] in un periodo di pace”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 8
“La congregazione entrò [...] in un periodo di pace”
Saulo, da violento persecutore a ministro zelante
Basato su Atti 9:1-43
1, 2. Con quale intento Saulo va a Damasco?
DEI viaggiatori dall’aria minacciosa stanno per arrivare a Damasco, risoluti a mettere in atto il loro piano spietato. Intendono strappare dalle loro case gli odiati discepoli di Gesù, legarli, umiliarli e trascinarli a Gerusalemme davanti al Sinedrio.
2 A capo del gruppo c’è Saulo, il quale si è già macchiato le mani di sangue.a Poco tempo prima ha assistito consenziente alla lapidazione di Stefano, devoto discepolo di Gesù, da parte di alcuni fanatici (Atti 7:57–8:1). Non contento di infierire contro i seguaci di Gesù a Gerusalemme, Saulo alimenta anche altrove il fuoco della persecuzione. Il suo intento è quello di estirpare l’insidiosa setta nota come ‘la Via’ (Atti 9:1, 2; vedi il riquadro “Il mandato di Saulo a Damasco”).
3, 4. (a) Cosa accade a Saulo? (b) A quali domande daremo risposta?
3 All’improvviso una luce sfolgorante avvolge Saulo. Vedendo la luce, i suoi compagni di viaggio ammutoliscono per lo stupore. Saulo, accecato, cade a terra e sente una voce dal cielo dire: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” Stordito, Saulo chiede: “Chi sei, Signore?” La risposta che riceve deve sconvolgerlo profondamente: “Sono Gesù, che tu perseguiti” (Atti 9:3-5; 22:9).
4 Cosa impariamo dalle prime parole che Gesù rivolse a Saulo? Perché può esserci utile riflettere sugli avvenimenti legati alla conversione di Saulo? E cosa ci insegna il modo in cui la congregazione approfittò del periodo di pace che seguì?
“Perché mi perseguiti?” (Atti 9:1-5)
5, 6. Cosa impariamo dalle parole che Gesù rivolse a Saulo?
5 Quando fermò Saulo sulla strada per Damasco, Gesù non gli chiese: “Perché perseguiti i miei discepoli?” Come abbiamo visto, disse invece: “Perché mi perseguiti?” (Atti 9:4). Quindi Gesù vive in prima persona le difficoltà incontrate dai suoi seguaci (Matt. 25:34-40, 45).
6 Se siete perseguitati a motivo della vostra fede in Cristo, state certi che sia Geova sia Gesù sono consapevoli di ciò che state passando (Matt. 10:22, 28-31). Forse al momento le difficoltà non saranno eliminate. Tenete presente che Gesù sapeva che Saulo era coinvolto nell’uccisione di Stefano, e lo aveva visto trascinare fuori dalle loro case i fedeli discepoli a Gerusalemme (Atti 8:3). Eppure non era intervenuto subito. Tramite Gesù, comunque, Geova aveva dato a Stefano e agli altri discepoli la forza di rimanere fedeli.
7. Cosa può aiutarci a sopportare la persecuzione?
7 Cosa può aiutare anche noi a sopportare la persecuzione? (1) Essere risoluti a rimanere leali qualunque cosa accada; (2) chiedere aiuto a Geova (Filip. 4:6, 7); (3) lasciare la vendetta nelle mani di Geova (Rom. 12:17-21); (4) confidare nel fatto che Geova ci darà la forza di perseverare finché non riterrà opportuno eliminare la prova (Filip. 4:12, 13).
“Saulo, fratello, il Signore [...] mi ha mandato” (Atti 9:6-17)
8, 9. Cosa avrà provato Anania in relazione all’incarico che ricevette?
8 Dopo aver risposto alla domanda di Saulo “chi sei, Signore?”, Gesù gli disse: “Alzati ed entra nella città, e ti sarà detto ciò che dovrai fare” (Atti 9:6). Saulo, dato che non ci vedeva, fu accompagnato al suo alloggio a Damasco, dove digiunò e pregò per tre giorni. Nel frattempo Anania, un discepolo di quella città “del quale tutti i giudei che abitavano là parlavano bene”, ricevette istruzioni da Gesù riguardo a Saulo (Atti 22:12).
9 Che sentimenti contrastanti avrà provato Anania! Il Capo della congregazione, Gesù Cristo risorto, si rivolgeva proprio a lui per affidargli un incarico speciale: un grande onore, ma anche una grossa responsabilità! Quando gli fu detto che avrebbe dovuto parlare a Saulo, Anania rispose: “Signore, ho sentito molti parlare di quest’uomo, di tutto il male che ha fatto ai tuoi santi a Gerusalemme. E qui è autorizzato dai capi sacerdoti ad arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome” (Atti 9:13, 14).
10. Cosa impariamo dal modo in cui Gesù si rivolse ad Anania?
10 Gesù non rimproverò Anania per aver espresso le sue perplessità. Piuttosto gli diede istruzioni precise. Gli mostrò considerazione spiegandogli il motivo per cui gli affidava un compito così insolito. Disse di Saulo: “Quest’uomo è uno strumento che mi sono scelto per portare il mio nome alle nazioni e anche ai re e ai figli d’Israele. Io gli mostrerò chiaramente quante sofferenze dovrà sopportare a motivo del mio nome” (Atti 9:15, 16). Anania ubbidì prontamente. Trovato quel persecutore, gli disse: “Saulo, fratello, il Signore Gesù, che ti è apparso lungo la strada che stavi percorrendo, mi ha mandato perché tu recuperi la vista e sia pieno di spirito santo” (Atti 9:17).
11, 12. Cosa impariamo dalla vicenda riguardante Gesù, Anania e Saulo?
11 Dalla vicenda riguardante Gesù, Anania e Saulo si comprendono diverse cose. Per esempio, Gesù svolge un ruolo importante nel guidare l’opera di predicazione, proprio come aveva promesso (Matt. 28:20). Anche se oggi non parla direttamente agli esseri umani, dirige l’opera di predicazione tramite lo schiavo fedele, che ha costituito sopra i propri domestici (Matt. 24:45-47). Sotto la guida del Corpo Direttivo, proclamatori e pionieri vengono mandati a cercare coloro che desiderano conoscere meglio Cristo. Come menzionato nel capitolo precedente, molti di questi hanno pregato per avere una guida e sono quindi stati contattati dai Testimoni di Geova (Atti 9:11).
12 Anania ubbidì, accettò l’incarico e fu benedetto. Ubbidite al comando di rendere completa testimonianza anche quando questo vi crea una certa ansia? Alcuni possono essere un po’ timorosi all’idea di andare di casa in casa e parlare a degli estranei. Altri trovano difficile predicare nel territorio commerciale, per strada, per telefono o per lettera.b Anania vinse le sue paure ed ebbe l’onore di aiutare Saulo a ricevere lo spirito santo.c Ci riuscì perché ebbe fiducia in Gesù e vide in Saulo un fratello. Come Anania, anche noi possiamo vincere i nostri timori se siamo certi che Gesù dirige l’opera di predicazione, mostriamo empatia e riusciamo a vedere come potenziali fratelli persino le persone che ci incutono più soggezione (Matt. 9:36).
“Subito iniziò a predicare” (Atti 9:18-30)
13, 14. Se studiate la Bibbia ma non siete ancora battezzati, cosa potete imparare dall’esempio di Saulo?
13 Saulo agì senza indugio sulla base di quello che aveva imparato. Dopo essere stato guarito, si battezzò e cominciò a collaborare con i discepoli di Damasco. Ma fece di più: “Subito iniziò a predicare nelle sinagoghe che Gesù è il Figlio di Dio” (Atti 9:20).
14 Se studiate la Bibbia ma non siete ancora battezzati, farete come Saulo e agirete prontamente sulla base di quanto state imparando? È vero che Saulo fu testimone di un miracolo compiuto sulla sua stessa persona da Cristo, e questo senza dubbio lo spinse ad agire. Ma anche altri erano stati testimoni di miracoli compiuti da Gesù. Per esempio un gruppo di farisei lo aveva visto guarire un uomo dalla mano paralizzata, e tanti ebrei sapevano che aveva risuscitato Lazzaro. Eppure molti di loro erano rimasti indifferenti, o persino ostili (Mar. 3:1-6; Giov. 12:9, 10). Saulo invece cambiò radicalmente. Perché, a differenza di altri, ebbe questa reazione positiva? Perché temeva Dio più degli uomini e apprezzava profondamente la misericordia che Cristo gli aveva mostrato (Filip. 3:8). Se questa è anche la vostra reazione, nulla vi impedirà di partecipare all’opera di predicazione e diventare idonei per il battesimo.
15, 16. Cosa iniziò a fare Saulo, e quale fu la reazione degli ebrei di Damasco?
15 Riuscite a immaginare che misto di sorpresa, turbamento e rabbia dovette serpeggiare tra le folle quando Saulo iniziò a predicare riguardo a Gesù nelle sinagoghe? “Ma lui non è l’uomo che perseguitava quelli che a Gerusalemme invocano questo nome?”, si chiedevano (Atti 9:21). Saulo quindi spiegava perché aveva cambiato opinione su Gesù, “provando in modo logico che Gesù è il Cristo” (Atti 9:22). Ma la logica non riesce a convincere tutti: non funziona con tutte le menti ancorate alla tradizione o con tutti i cuori gonfi d’orgoglio. Tuttavia Saulo non si diede per vinto.
16 Tre anni dopo, gli ebrei di Damasco dibattevano ancora con Saulo. Infine tramarono per ucciderlo (Atti 9:23; 2 Cor. 11:32, 33; Gal. 1:13-18). Quando venne a sapere del complotto, Saulo preferì essere prudente e lasciò la città facendosi calare in una cesta attraverso un’apertura nelle mura. Secondo le parole di Luca, coloro che aiutarono Saulo a fuggire erano “suoi discepoli” (Atti 9:25). Questo fa pensare che almeno alcuni di quelli che avevano ascoltato Saulo a Damasco avessero accettato il suo messaggio e fossero diventati seguaci di Cristo.
17. (a) Come reagiscono le persone quando sentono la verità biblica? (b) Cosa dovreste continuare a fare, e perché?
17 Quando avete iniziato a parlare a familiari, ad amici o ad altri delle belle cose che stavate imparando, forse vi aspettavate che tutti avrebbero accettato la logica stringente della verità biblica. Alcuni l’avranno fatto, ma molti no. Anzi, è possibile che i vostri stessi familiari vi abbiano trattato con ostilità (Matt. 10:32-38). Comunque, se continuate ad affinare la vostra capacità di ragionare con gli altri attingendo dalle Scritture e tenete una condotta cristiana, anche gli oppositori potrebbero col tempo cambiare idea (Atti 17:2; 1 Piet. 2:12; 3:1, 2, 7).
18, 19. (a) Che risultato ebbe il fatto che Barnaba garantì per Saulo? (b) Come possiamo imitare Barnaba e Saulo?
18 Quando Saulo si presentò a Gerusalemme dicendo che ora era un discepolo, è comprensibile che gli altri cristiani fossero scettici. Tuttavia, quando Barnaba garantì per lui, gli apostoli lo accolsero ed egli rimase per qualche tempo con loro (Atti 9:26-28). Saulo, pur essendo prudente, non si vergognava della buona notizia (Rom. 1:16). Predicò con coraggio a Gerusalemme, proprio il luogo in cui aveva dato il via a una feroce persecuzione contro i discepoli di Gesù Cristo. Con orrore, gli ebrei di Gerusalemme si resero conto che Saulo non era più un loro sostenitore, e quindi volevano ucciderlo. “Quando i fratelli lo vennero a sapere”, leggiamo, “portarono [Saulo] a Cesarea e di là lo mandarono a Tarso” (Atti 9:30). Saulo si sottomise all’autorità di Gesù esercitata attraverso la congregazione, il che fu un bene sia per lui sia per la congregazione.
19 Avrete notato che Barnaba prese l’iniziativa nell’aiutare Saulo. Senz’altro questo contribuì a creare una bella amicizia tra i due zelanti servitori di Geova. Siete pronti anche voi come Barnaba ad assistere i nuovi nella congregazione, svolgendo con loro il ministero di campo e aiutandoli a progredire spiritualmente? In tal caso sarete riccamente benedetti. Se siete nuovi proclamatori della buona notizia, accettate anche voi come Saulo l’aiuto che vi viene offerto? Predicando insieme a proclamatori più esperti diventerete più capaci nel ministero, proverete più gioia e stringerete amicizie che dureranno per tutta la vita.
“Molti credettero” (Atti 9:31-43)
20, 21. In che modo i servitori di Geova del passato e del presente hanno sfruttato al meglio i ‘periodi di pace’?
20 Dopo la conversione di Saulo e la sua partenza, “in tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria la congregazione entrò quindi in un periodo di pace” (Atti 9:31). In che modo i discepoli approfittarono di quel momento favorevole? (2 Tim. 4:2). Si legge che la congregazione “era edificata”. Gli apostoli e altri fratelli con incarichi di responsabilità rafforzarono la fede dei discepoli e guidarono la congregazione, che “camminava nel timore di Geova e nel conforto dello spirito santo”. Per esempio, Pietro ne approfittò per incoraggiare i discepoli di Lidda, cittadina della pianura di Saron. Come risultato molti abitanti della zona “si convertirono [...] al Signore” (Atti 9:32-35). I discepoli non si lasciarono distrarre da altre faccende, ma si diedero da fare per aiutarsi l’un l’altro e predicare la buona notizia. Di conseguenza la congregazione “cresceva”.
21 Verso la fine del XX secolo, in molti paesi è iniziato per i Testimoni di Geova un simile “periodo di pace”. Improvvisamente regimi che per decenni avevano oppresso il popolo di Dio sono caduti e certe restrizioni imposte all’opera di predicazione sono state parzialmente o totalmente revocate. Decine di migliaia di Testimoni hanno sfruttato al meglio l’opportunità di predicare pubblicamente, e i risultati sono stati straordinari.
22. In che modo potete approfittare della libertà di cui godete?
22 State approfittando della libertà di cui godete? Se vivete in un paese che garantisce la libertà di culto, Satana vorrebbe tanto indurvi a ricercare le ricchezze materiali anziché gli interessi del Regno (Matt. 13:22). Non lasciatevi sviare. Sfruttate qualsiasi periodo di relativa pace possiate avere. Consideratelo un’opportunità per dare completa testimonianza e rafforzare la congregazione. Ricordate che la situazione può cambiare da un momento all’altro.
23, 24. (a) Che cosa impariamo dall’episodio di Tabita? (b) Cosa dovremmo essere determinati a fare?
23 Riflettete sulla vicenda di Tabita, o Gazzella, una cristiana che viveva a Ioppe, cittadina non distante da Lidda. Questa fedele sorella usava saggiamente il tempo e le risorse che aveva. Infatti “faceva molte opere buone e molti doni di misericordia”. Ma improvvisamente si ammalò e morì.d La sua morte addolorò molto i discepoli di Ioppe, specie le vedove a cui aveva fatto del bene. Giunto nella casa in cui si preparava la salma per la sepoltura, Pietro compì un miracolo che non aveva precedenti fra gli apostoli di Gesù Cristo. Pregò e poi risuscitò Tabita. Vi immaginate la gioia delle vedove e degli altri discepoli quando Pietro li richiamò nella stanza e presentò loro Tabita viva? Senz’altro questo li rafforzò in vista delle prove che li attendevano. Naturalmente “la cosa fu risaputa in tutta Ioppe, e molti credettero nel Signore” (Atti 9:36-42).
Come possiamo imitare Tabita?
24 Da questo commovente episodio riguardante Tabita impariamo due cose importanti: (1) dato che la vita è fugace, è davvero importante che ci facciamo un buon nome presso Dio finché siamo in tempo (Eccl. 7:1); (2) quella della risurrezione è una speranza sicura. Geova aveva notato le numerose buone azioni di Tabita, e la ricompensò. Geova non dimentica neanche le nostre buone azioni. E se la nostra vita dovesse terminare prima di Armaghedon, ci risusciterà (Ebr. 6:10). Quindi, sia che ci troviamo in ‘tempi difficili’ o che godiamo di un “periodo di pace”, perseveriamo nel rendere completa testimonianza a Cristo (2 Tim. 4:2).
a Vedi il riquadro “Saulo il fariseo”.
b In ogni aspetto del loro ministero, inclusa la testimonianza per telefono e quella per lettera, i proclamatori dovranno tenere conto delle normative vigenti in materia di protezione dei dati personali (Rom. 13:1).
c Generalmente i doni dello spirito santo venivano impartiti tramite gli apostoli, ma in questo caso particolare sembra che Gesù avesse autorizzato Anania a trasmettere tali doni a Saulo. Dopo la conversione, Saulo per diverso tempo non ebbe contatti con i 12 apostoli, ma è improbabile che in quel periodo sia rimasto inattivo. Evidentemente Gesù fece in modo che Saulo avesse la forza necessaria per assolvere l’incarico di predicare.
d Vedi il riquadro “Tabita: una donna che ‘faceva molte opere buone’”.
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“Dio non è parziale”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 9
“Dio non è parziale”
L’opera di predicazione viene estesa ai non ebrei incirconcisi
Basato su Atti 10:1–11:30
1-3. Quale visione ha Pietro, e perché è fondamentale coglierne il senso?
SIAMO nel 36 E.V. Nel tepore del sole autunnale, Pietro sta pregando sul tetto a terrazza di una casa vicino al mare nella città portuale di Ioppe. È ospite lì già da alcuni giorni. Il fatto che sia disposto a rimanervi dimostra che non ha grossi pregiudizi: il padrone di casa, un certo Simone, fa il conciatore di pelli, e per questo non tutti gli ebrei alloggerebbero presso di lui.a Comunque, Pietro sta per imparare qualcosa di importante in merito all’imparzialità di Geova.
2 Mentre sta pregando, Pietro cade in estasi e ha una visione. Ciò che vede lascerebbe turbato qualunque ebreo. Dal cielo scende un telo che contiene animali che secondo la Legge sono impuri. Al comando di scannare e mangiare, Pietro risponde: “Io non ho mai mangiato nulla di contaminato o impuro”. Per ben tre volte gli viene detto: “Smetti di considerare contaminate le cose che Dio ha purificato” (Atti 10:14-16). La visione lascia Pietro perplesso, ma non per molto.
3 Qual è il significato della visione avuta da Pietro? È fondamentale coglierne il senso, dal momento che quella visione racchiude una profonda verità riguardo al modo in cui Geova considera le persone. Quali veri cristiani non possiamo rendere completa testimonianza in merito al Regno di Dio se non impariamo a vedere le persone come le vede lui. Per cogliere il senso della visione di Pietro, esaminiamo gli importanti avvenimenti che la accompagnarono.
“Supplicava Dio di continuo” (Atti 10:1-8)
4, 5. Chi era Cornelio, e cosa accadde mentre pregava?
4 Pietro non sapeva che il giorno precedente a Cesarea, una cinquantina di chilometri più a nord, anche un uomo di nome Cornelio aveva avuto una visione da Dio. Cornelio, un centurione romano, era “un uomo devoto”.b Era anche un capofamiglia esemplare in quanto “temeva Dio insieme a tutta la sua casa”. Non era un proselito, ma un non ebreo incirconciso. Eppure mostrava compassione agli ebrei nel bisogno aiutandoli materialmente. Quest’uomo sincero “supplicava Dio di continuo” (Atti 10:2).
5 Verso le tre del pomeriggio Cornelio stava pregando quando ebbe una visione in cui un angelo gli disse: “Le tue preghiere e i tuoi doni di misericordia sono ascesi davanti a Dio, ed egli se ne ricorda” (Atti 10:4). Seguendo le istruzioni che l’angelo gli diede, egli inviò degli uomini a chiamare l’apostolo Pietro. Cornelio stava per varcare una porta fino ad allora chiusa per un non ebreo incirconciso come lui. Stava per ricevere il messaggio della salvezza.
6, 7. (a) Riferite un episodio che mostra come Dio risponde alle preghiere di chi desidera sinceramente conoscere la verità. (b) Cosa deduciamo da episodi simili?
6 E oggi? Dio risponde alle preghiere di coloro che desiderano sinceramente conoscere la verità riguardo a lui? Pensate a cosa accadde a una donna dell’Albania, che aveva accettato una copia della Torre di Guardia in cui compariva un articolo sull’educazione dei figli.c Alla Testimone che aveva bussato alla sua porta disse: “Ci crede che stavo pregando Dio di aiutarmi a educare le mie figlie? È stato lui a mandarla. Lei ha toccato proprio l’argomento giusto!” La donna e le sue figlie iniziarono a studiare, e poco dopo anche il marito.
7 Si tratta di un caso isolato? Niente affatto! Episodi del genere continuano a verificarsi in tutto il mondo; sono troppo frequenti per essere attribuiti al puro caso. Cosa ne deduciamo? Primo, Geova risponde alle preghiere delle persone sincere che lo cercano (1 Re 8:41-43; Sal. 65:2). Secondo, nell’opera di predicazione possiamo contare sul sostegno angelico (Riv. 14:6, 7).
“Pietro era [...] perplesso” (Atti 10:9-23a)
8, 9. Cosa rivelò lo spirito a Pietro, e come reagì l’apostolo?
8 Pietro era ancora sulla terrazza, perplesso circa il significato della visione, quando arrivarono gli uomini mandati da Cornelio (Atti 10:17). Visto che per tre volte aveva detto di non voler mangiare cibi considerati impuri secondo la Legge, sarebbe stato disposto ad andare con quegli uomini ed entrare nella casa di un non ebreo? In qualche modo lo spirito santo gli rivelò la volontà di Dio al riguardo. Gli venne detto: “Ecco, tre uomini ti stanno cercando. Alzati, scendi e va’ con loro; non dubitare affatto, perché li ho mandati io” (Atti 10:19, 20). La visione che Pietro aveva avuto lo aiutò senza dubbio a seguire la guida dello spirito santo.
9 Pietro, saputo che era stato Dio a dire a Cornelio di mandarlo a chiamare, invitò quei non ebrei a entrare in casa “e li ospitò” (Atti 10:23a). Quell’apostolo ubbidiente si stava già adeguando ai nuovi sviluppi nell’adempimento della volontà di Dio.
10. In che modo Geova dirige il suo popolo, e quali domande dobbiamo farci?
10 Tuttora Geova dirige il suo popolo in modo progressivo (Prov. 4:18). Mediante lo spirito santo guida “lo schiavo fedele e saggio” (Matt. 24:45). A volte vengono dati chiarimenti sulla Parola di Dio o vengono apportate modifiche a certe procedure organizzative. Facciamo bene a chiederci: “Come reagisco a questi cambiamenti? Mi sottometto alla guida dello spirito di Dio al riguardo?”
Pietro “comandò che fossero battezzati” (Atti 10:23b-48)
11, 12. Cosa fece Pietro quando arrivò a Cesarea, e cosa aveva compreso?
11 L’indomani Pietro e nove altri (i tre uomini inviati da Cornelio e “sei fratelli” ebrei di Ioppe) si diressero a Cesarea (Atti 11:12). In attesa di Pietro, Cornelio “aveva riunito i suoi parenti e i suoi amici intimi”, a quanto pare tutti non ebrei (Atti 10:24). Pietro, quando arrivò, fece qualcosa che un tempo non avrebbe mai fatto: entrò in casa di un non ebreo incirconciso. Spiegò: “Voi sapete bene che a un giudeo non è lecito stare insieme o avvicinarsi a un uomo di un’altra razza; eppure Dio mi ha mostrato che non devo considerare nessun uomo contaminato o impuro” (Atti 10:28). Ora si rendeva conto che la visione avuta non si limitava a fargli capire quali cibi si potevano mangiare; il senso era che non doveva “considerare nessun uomo contaminato”, nemmeno un non ebreo.
“Cornelio naturalmente li stava aspettando e aveva riunito i suoi parenti e i suoi amici intimi” (Atti 10:24)
12 Pietro si trovò di fronte persone che erano ansiose di ascoltarlo. Cornelio disse: “Siamo tutti qui davanti a Dio per ascoltare tutto quello che Geova ti ha comandato di dire” (Atti 10:33). Cosa provereste sentendovi dire parole del genere da una persona interessata? Pietro esordì con questa vigorosa dichiarazione: “Ora capisco veramente che Dio non è parziale, ma in ogni nazione accetta chi lo teme e fa ciò che è giusto” (Atti 10:34, 35). Pietro aveva capito che Dio non giudica le persone sulla base di etnia, nazionalità o altri fattori esterni. Quindi iniziò a rendere testimonianza riguardo al ministero di Gesù, alla sua morte e alla sua risurrezione.
13, 14. (a) Cosa avvenne di particolare alla conversione di Cornelio e di altri non ebrei nel 36? (b) Perché non dovremmo giudicare le persone dalle apparenze?
13 A quel punto accadde qualcosa senza precedenti. “Mentre Pietro stava ancora parlando”, lo spirito santo fu versato su quelle “persone delle nazioni” (Atti 10:44, 45). Questo è l’unico caso menzionato nelle Scritture in cui lo spirito viene versato prima del battesimo. Riconoscendo il segno dell’approvazione di Dio su quei non ebrei, Pietro “comandò che fossero battezzati” (Atti 10:48). La loro conversione nel 36 segnò la fine del periodo di speciale favore mostrato agli ebrei (Dan. 9:24-27). Prendendo l’iniziativa in quell’occasione, Pietro usò la terza e ultima delle “chiavi del Regno” (Matt. 16:19). Questa chiave diede ai non ebrei incirconcisi la possibilità di diventare cristiani unti con lo spirito.
14 Tuttora noi proclamatori del Regno riconosciamo che “Dio non fa parzialità” (Rom. 2:11). È sua volontà che “ogni tipo di persona sia salvata” (1 Tim. 2:4). Pertanto non dobbiamo mai giudicare le persone dalle apparenze. Abbiamo l’incarico di rendere completa testimonianza in merito al Regno di Dio, il che significa predicare a tutti, indipendentemente da etnia, nazionalità, aspetto esteriore o religione.
“Smisero di obiettare e glorificarono Dio” (Atti 11:1-18)
15, 16. Perché alcuni cristiani ebrei si misero a discutere con Pietro, e in che modo l’apostolo spiegò il suo comportamento?
15 Ansioso di riferire l’accaduto, Pietro partì per Gerusalemme. A quanto pare la notizia che non ebrei incirconcisi “avevano accettato la parola di Dio” l’aveva preceduto. All’arrivo di Pietro, “i sostenitori della circoncisione si misero a discutere con lui”. Erano indignati perché “[era] entrato in casa di uomini incirconcisi e [aveva] mangiato con loro” (Atti 11:1-3). La questione non era se i non ebrei potessero o meno diventare seguaci di Cristo. Piuttosto, quei cristiani ebrei asserivano che per adorare Geova nel modo giusto i non ebrei dovessero osservare la Legge, circoncisione inclusa. Chiaramente alcuni cristiani ebrei facevano fatica ad accettare che la Legge mosaica non fosse più in vigore.
16 In che modo Pietro spiegò il suo comportamento? Secondo Atti 11:4-16 presentò quattro prove della guida divina: (1) la visione che aveva avuto da Dio (versetti 4-10); (2) il comando datogli dallo spirito (versetti 11, 12); (3) la visita dell’angelo a Cornelio (versetti 13, 14); (4) il versamento dello spirito santo sui non ebrei (versetti 15, 16). Pietro concluse con una domanda incisiva: “Se Dio ha quindi dato a loro [credenti non ebrei] lo stesso gratuito dono [dello spirito santo] che ha dato a noi [ebrei] che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?” (Atti 11:17).
17, 18. (a) In seguito alla testimonianza di Pietro, quale scelta si presentò ai cristiani ebrei? (b) Perché potrebbe essere difficile preservare l’unità della congregazione, e quali domande dovremmo farci?
17 La testimonianza di Pietro imponeva una scelta a quei cristiani ebrei. Sarebbero riusciti a mettere da parte ogni traccia di pregiudizio e accettare come loro fratelli cristiani i non ebrei appena battezzati? La Bibbia dice: “Avendo sentito questo, [gli apostoli e gli altri cristiani ebrei] smisero di obiettare e glorificarono Dio, dicendo: ‘Dunque, Dio ha concesso anche a persone delle nazioni il pentimento che porta alla vita!’” (Atti 11:18). Questo atteggiamento positivo preservò l’unità della congregazione.
18 Anche oggi può essere difficile mantenere l’unità, dato che i veri adoratori vengono da “ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Riv. 7:9). Infatti in molte congregazioni ci sono persone di etnie, culture e origini diverse. Dovremmo perciò chiederci: “Ho sradicato dal mio cuore ogni traccia di pregiudizio? Sono deciso a non permettere che le tendenze divisive del mondo, tra cui nazionalismo, razzismo, campanilismo e senso di superiorità culturale, condizionino il modo in cui tratto i miei fratelli cristiani?” Ricordate ciò che accadde qualche anno dopo la conversione dei primi non ebrei: Pietro (Cefa), condizionato dai pregiudizi altrui, “si separò” dai cristiani non ebrei, e dovette essere corretto da Paolo (Gal. 2:11-14). Guardiamoci sempre dalla trappola del pregiudizio.
“Un gran numero di persone credette” (Atti 11:19-26a)
19. A chi iniziarono a predicare i cristiani ebrei di Antiochia, e con quali risultati?
19 I seguaci di Gesù iniziarono a predicare ai non ebrei incirconcisi? Notate cosa accadde qualche tempo dopo ad Antiochia di Siria.d La città ospitava una folta comunità ebraica, ma non c’era molta ostilità tra ebrei e non ebrei. Perciò era un ambiente adatto per predicare ai non ebrei. Fu lì che alcuni discepoli ebrei iniziarono a dichiarare la buona notizia “alla gente di lingua greca” (Atti 11:20). La predicazione non era rivolta solo a ebrei di lingua greca, ma anche a non ebrei incirconcisi. Geova benedisse l’opera, e “un gran numero di persone credette” (Atti 11:21).
20, 21. In che modo Barnaba si dimostrò modesto, e come possiamo anche noi dimostrarci modesti nel compiere il ministero?
20 La congregazione di Gerusalemme inviò Barnaba ad Antiochia perché curasse questo territorio promettente. L’interesse era tale che Barnaba non poteva farcela da solo. Chi poteva aiutarlo meglio di Saulo, che sarebbe diventato l’apostolo delle nazioni? (Atti 9:15; Rom. 1:5). Barnaba lo avrebbe visto come un rivale? Niente affatto, Barnaba si dimostrò modesto. Prese l’iniziativa di andare a Tarso a cercare Saulo e lo portò con sé ad Antiochia per farsi aiutare. Rimasero lì insieme un anno per incoraggiare i discepoli di quella congregazione (Atti 11:22-26a).
21 Come possiamo dimostrarci modesti nel compiere il ministero? Chi è modesto sa riconoscere i propri limiti. Non abbiamo tutti le stesse capacità e gli stessi pregi. Per esempio, alcuni sono efficaci nel dare testimonianza informale o di casa in casa, ma trovano difficile fare visite ulteriori o iniziare studi biblici. Se desiderate migliorare in qualche fase del ministero perché non chiedete aiuto? In questo modo potrete ottenere risultati migliori e provare più gioia (1 Cor. 9:26).
“Decisero di mandare soccorsi” (Atti 11:26b-30)
22, 23. In che modo i fratelli di Antiochia diedero prova del loro amore fraterno, e perché si può dire che gli odierni servitori di Dio fanno lo stesso?
22 “Fu ad Antiochia che per la prima volta i discepoli furono per volontà divina chiamati cristiani” (Atti 11:26b). Quel nome approvato da Dio ben descrive coloro che vivono seguendo l’esempio di Cristo. Ma, quando persone delle nazioni accettarono il cristianesimo, si creò un vincolo di fratellanza tra i credenti ebrei e quelli non ebrei? Pensate a cosa avvenne quando, verso il 46, ci fu una grande carestia.e Le carestie colpivano duramente i poveri, che non avevano né risparmi né provviste. Durante quella carestia i cristiani ebrei della Giudea, molti dei quali evidentemente erano poveri, si trovarono nel bisogno. Saputolo, i fratelli di Antiochia, tra cui c’erano dei non ebrei, “decisero di mandare soccorsi [...] ai fratelli che vivevano in Giudea” (Atti 11:29). Che sincera espressione di amore fraterno!
23 Lo stesso accade fra gli odierni servitori di Dio. Quando veniamo a sapere che i nostri fratelli, vicini o lontani, sono nel bisogno, ci diamo da fare per aiutarli. I Comitati di Filiale organizzano tempestivamente comitati di soccorso per aiutare i fratelli colpiti da disastri naturali, come uragani, terremoti e tsunami. Tutto questo dimostra la genuinità del nostro amore fraterno (Giov. 13:34, 35; 1 Giov. 3:17).
24. Come possiamo dimostrare di aver compreso il profondo significato della visione di Pietro?
24 La visione che Pietro ebbe a Ioppe nel I secolo ha un profondo significato per i veri cristiani oggi. Noi adoriamo un Dio imparziale. È sua volontà che rendiamo completa testimonianza in merito al suo Regno, e questo richiede che predichiamo a tutti, indipendentemente dalla loro etnia, nazionalità o condizione sociale. Siamo dunque decisi a dare a tutti la possibilità di ascoltare e accettare la buona notizia (Rom. 10:11-13).
Quando i nostri fratelli sono nel bisogno, ci diamo da fare per aiutarli
a Alcuni ebrei disprezzavano i conciatori perché a causa del loro lavoro venivano in contatto con le pelli e le carcasse degli animali e con materiali ripugnanti. I conciatori erano considerati indegni di frequentare il tempio, e il loro posto di lavoro doveva distare dai centri abitati almeno 50 cubiti, cioè una ventina di metri. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui la casa di Simone si trovava “presso il mare” (Atti 10:6).
b Vedi il riquadro “Cornelio e l’esercito romano”.
c L’articolo in questione, intitolato “Consigli validi per educare i figli”, è apparso nel numero del 1º novembre 2006, pagine 4-7.
d Vedi il riquadro “Antiochia di Siria”.
e Questa “grave carestia” verificatasi all’epoca dell’imperatore Claudio (41-54 E.V.) è menzionata anche dallo storico ebreo Giuseppe Flavio (Antichità giudaiche, XX, 51, 101, a cura di L. Moraldi, UTET, Torino, 2006).
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“La parola di Geova cresceva e si diffondeva”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 10
“La parola di Geova cresceva e si diffondeva”
Pietro viene liberato e la persecuzione non riesce a impedire la diffusione della buona notizia
Basato su Atti 12:1-25
1-4. In quale difficile situazione si trova Pietro, e come vi sareste sentiti al suo posto?
CON fragore la massiccia porta di ferro si chiude alle spalle di Pietro. Incatenato tra due guardie romane, Pietro viene condotto nella sua cella. Qui passa ore, forse giorni, nell’attesa di sapere che ne sarà di lui. Guardandosi intorno non vede altro che muri e sbarre, catene e guardie.
2 Infine giunge l’infausta notizia: il re Erode Agrippa I lo vuole morto.a Ha intenzione di far comparire Pietro davanti al popolo dopo la Pasqua, e la sua condanna a morte servirà a compiacere la folla. Non è solo una minaccia. Recentemente un altro apostolo, Giacomo, è stato messo a morte dallo stesso sovrano.
3 È la sera prima dell’esecuzione. A cosa starà pensando Pietro nell’oscurità della sua cella? Forse ricorda quello che Gesù gli ha rivelato anni prima: un giorno sarebbe stato legato e condotto dove non avrebbe voluto, cioè alla morte (Giov. 21:18, 19). Pietro si starà chiedendo se quel momento è arrivato.
4 Se vi trovaste nei panni di Pietro, come vi sentireste? Molti, presi dallo sconforto, penserebbero che non ci sia più alcuna speranza. Ma per un vero seguace di Gesù Cristo esiste realmente una situazione senza speranza? Cosa possiamo imparare dal modo in cui Pietro e i suoi compagni di fede reagirono di fronte alla persecuzione? Vediamo.
“La congregazione pregava intensamente” (Atti 12:1-5)
5, 6. (a) Perché e come il re Erode Agrippa I attaccò la congregazione cristiana? (b) Perché la morte di Giacomo fu un duro colpo per la congregazione?
5 Come abbiamo visto nel precedente capitolo di questo libro, la conversione del non ebreo Cornelio e della sua famiglia rappresentò uno sviluppo entusiasmante per la congregazione cristiana. Ma per gli ebrei in generale deve essere stato sconcertante vedere che molti loro connazionali ora cristiani adoravano insieme a non ebrei.
6 Erode, astuto uomo politico, vide in questa situazione un’opportunità per ingraziarsi gli ebrei, e cominciò a maltrattare i cristiani. Senz’altro sapeva che l’apostolo Giacomo era stato particolarmente legato a Gesù Cristo. Perciò “fece uccidere con la spada Giacomo, fratello di Giovanni” (Atti 12:2). Che duro colpo per la congregazione! Giacomo era uno dei tre che avevano visto la trasfigurazione e altri miracoli di Gesù a cui gli altri apostoli non avevano assistito (Matt. 17:1, 2; Mar. 5:37-42). Gesù aveva soprannominato Giacomo e suo fratello Giovanni “figli del tuono” a motivo del loro temperamento focoso (Mar. 3:17). La congregazione aveva quindi perso un fedele e intrepido testimone e un amato apostolo.
7, 8. Come reagì la congregazione all’arresto di Pietro?
7 Proprio come Erode sperava, gli ebrei accolsero con piacere l’esecuzione capitale di Giacomo. Forte di questo, Erode voleva fare lo stesso con Pietro. Come descritto all’inizio, lo fece arrestare. Probabilmente però Erode ricordava che in passato la prigione non sempre era bastata a tenere rinchiusi gli apostoli. (Vedi il capitolo 5 di questo libro.) Per non correre rischi fece incatenare Pietro tra due guardie. Inoltre dispose che a turno 16 guardie lo sorvegliassero giorno e notte perché non evadesse. Se fosse successo, avrebbero ricevuto la stessa condanna di Pietro. In quella terribile situazione cosa potevano fare i compagni di fede dell’apostolo?
8 La congregazione sapeva bene cosa fare. In Atti 12:5 leggiamo: “Pietro era quindi tenuto in prigione; nel frattempo la congregazione pregava intensamente Dio a suo favore”. Le preghiere che quei cristiani rivolsero a favore del loro amato fratello erano suppliche ferventi e sincere. La morte di Giacomo non li aveva gettati nella disperazione né indotti a credere che fosse inutile pregare. Geova attribuisce grande valore alle preghiere e, se sono in armonia con la sua volontà, le esaudisce (Ebr. 13:18, 19; Giac. 5:16). I cristiani non devono mai dimenticarlo.
9. Cosa impariamo riguardo alla preghiera dall’esempio dei compagni di fede di Pietro?
9 Siete a conoscenza di fratelli afflitti da varie prove, come persecuzione, divieti governativi o disastri naturali? Perché non ne fate oggetto delle vostre sentite preghiere? Potreste anche venire a sapere che alcuni stanno affrontando difficoltà meno evidenti, come problemi familiari, scoraggiamento o qualcosa che mette alla prova la loro fede. Se riflettete prima di pregare, potreste pensare a diverse persone da menzionare per nome quando vi rivolgete a Geova, ‘colui che ascolta le preghiere’ (Sal. 65:2). Dopotutto, se doveste attraversare momenti difficili, avreste bisogno che i vostri fratelli facessero lo stesso per voi.
Preghiamo a favore dei fratelli che sono in prigione a motivo della loro fede
“Seguimi” (Atti 12:6-11)
10, 11. Descrivete il modo in cui l’angelo di Geova liberò Pietro dalla prigione.
10 Pietro era preoccupato per il pericolo che correva? Non possiamo dirlo con certezza, ma sappiamo che durante la sua ultima notte in prigione dormiva profondamente tra le due guardie. Di certo quell’uomo di fede sapeva che, qualunque cosa fosse successa l’indomani, era al sicuro nelle mani di Geova (Rom. 14:7, 8). In ogni caso Pietro non poteva prevedere le cose sorprendenti che stavano per verificarsi. All’improvviso una luce sfolgorante riempì la cella. Apparve un angelo, evidentemente invisibile alle guardie, che si affrettò a svegliare Pietro. Le catene con cui questi era legato, che sembravano impossibili da spezzare, semplicemente gli caddero dalle mani.
“Arrivarono alla porta di ferro che conduce in città, e questa si aprì da sola davanti a loro” (Atti 12:10)
11 L’angelo diede a Pietro una serie di brevi comandi: “Alzati, presto! [...] Vestiti e mettiti i sandali. [...] Mettiti il mantello”. Pietro ubbidì prontamente. Infine l’angelo gli disse: “Seguimi”. E Pietro lo seguì. Uscirono passando proprio accanto ai soldati di guardia fuori dalla cella e si avvicinarono in silenzio alla massiccia porta di ferro. Come avrebbero fatto a varcarla? Se una domanda del genere passò per la mente di Pietro, la risposta non tardò ad arrivare. Appena si avvicinarono alla porta, “questa si aprì da sola davanti a loro”. Prima che Pietro se ne rendesse conto, erano usciti e si trovavano in strada. Allora l’angelo scomparve. Pietro rimase lì, e solo a quel punto capì che tutto ciò era davvero accaduto. Non era stata una visione: era libero! (Atti 12:7-11).
12. Perché è confortante riflettere sulla liberazione di Pietro da parte di Geova?
12 Non è confortante riflettere sul potere illimitato che ha Geova di liberare i suoi servitori? Pietro era stato imprigionato da un re che aveva l’appoggio della più forte potenza mondiale che fosse mai esistita. Eppure adesso era libero! Certo, Geova non compie miracoli del genere per tutti i suoi servitori. Non lo aveva fatto per Giacomo, né lo fece in un secondo tempo per Pietro, quando alla fine si adempì quello che Gesù aveva predetto riguardo a lui. Oggi i cristiani non si aspettano di essere liberati miracolosamente. Tuttavia sappiamo che Geova non cambia (Mal. 3:6). E presto, tramite suo Figlio, libererà milioni e milioni di persone dalla prigione più terribile, la morte (Giov. 5:28, 29). Oggi, quando affrontiamo delle prove, queste promesse possono infonderci davvero molto coraggio.
“Quando [...] lo videro, rimasero sbalorditi” (Atti 12:12-17)
13-15. (a) Come reagì la congregazione riunita in casa di Maria all’arrivo di Pietro? (b) Su cosa si sposta ora l’attenzione del libro degli Atti, e che influenza continuò a esercitare Pietro sui compagni di fede?
13 Nella strada buia Pietro era indeciso sul da farsi. Poi fece mente locale. Lì vicino abitava una donna cristiana di nome Maria. A quanto pare era una vedova benestante, la cui casa era abbastanza grande da ospitare una congregazione. Maria era la madre di Giovanni Marco, che negli Atti viene menzionato qui per la prima volta e che in seguito diventò come un figlio per Pietro (1 Piet. 5:13). Quella notte, nonostante l’ora tarda, molti della congregazione erano in casa di Maria e pregavano fervidamente. Senza dubbio stavano pregando Geova per la liberazione di Pietro, ma non si aspettavano di essere esauditi in quel modo!
14 Pietro bussò alla porta d’ingresso, che immetteva in un cortile davanti alla casa. Venne alla porta una serva che si chiamava Roda, comune nome greco che significa “rosa”. Non credeva alle sue orecchie: era la voce di Pietro! Ma invece di aprire la porta, per l’emozione lasciò Pietro fuori, corse in casa e cercò di convincere la congregazione che Pietro era lì. Le diedero della pazza, ma lei non era tipo da lasciarsi scoraggiare. Continuò a sostenere ciò che sapeva essere vero. Volendo darle credito, qualcuno suggerì che potesse essere un angelo che rappresentava Pietro (Atti 12:12-15). Intanto Pietro continuava a bussare, finché non andarono ad aprire.
15 Allora “lo videro [e] rimasero sbalorditi” (Atti 12:16). Pietro dovette calmare il loro entusiasmo per poter raccontare quanto era accaduto. Disse loro di riferirlo al discepolo Giacomo e ai fratelli e si congedò prima che i soldati di Erode lo trovassero. Quindi continuò il suo fedele servizio in un luogo più sicuro. Da questo momento in poi Pietro non viene più menzionato nel libro degli Atti tranne che nel capitolo 15, dove si legge del contributo che diede nel risolvere la questione della circoncisione. L’attenzione si sposta ora sull’opera e sui viaggi dell’apostolo Paolo. Tuttavia possiamo essere certi che, ovunque sia andato, Pietro abbia rafforzato la fede dei suoi fratelli. Quando lasciò i cristiani riuniti in casa di Maria, questi erano senz’altro gioiosi.
16. Perché in futuro avremo sicuramente molte occasioni per rallegrarci?
16 A volte Geova dà ai suoi servitori più di quanto possano aspettarsi, lasciandoli pieni di stupore e di gioia. È proprio quanto avranno provato quella notte i fratelli e le sorelle spirituali di Pietro. Ed è quello che possiamo provare anche noi quando sperimentiamo le ricche benedizioni di Geova oggi (Prov. 10:22). In futuro vedremo adempiute su scala mondiale tutte le promesse di Geova. Quella gloriosa realtà supererà di gran lunga ogni nostra aspettativa. Quindi, se rimaniamo fedeli, ci attendono molti momenti felici.
“L’angelo di Geova lo colpì” (Atti 12:18-25)
17, 18. In quale occasione Erode fu osannato dalla folla?
17 La liberazione di Pietro fu una sorpresa anche per Erode, ma non una sorpresa piacevole. Egli fece subito cercare Pietro con attenzione, fece interrogare le guardie e poi “ordinò che fossero punite”, probabilmente con l’esecuzione capitale (Atti 12:19). Erode Agrippa non viene certo ricordato per la sua compassione o per la sua misericordia. Fu mai punito quell’uomo crudele?
18 Il fatto di non essere riuscito a giustiziare Pietro forse fu umiliante per Erode, ma questi ebbe presto modo di risollevare il suo orgoglio ferito. In occasione di un evento ufficiale, dei nemici si presentarono al suo cospetto per chiedere la pace. Senza dubbio Erode era lusingato all’idea di pronunciare un discorso davanti a un vasto uditorio. Luca riferisce che per l’occasione “Erode indossò la veste reale”. Lo storico ebreo Giuseppe Flavio scrisse che l’abito era d’argento così che il re, illuminato dai raggi del sole, sembrava risplendere fulgidamente. Quando quell’altezzoso politico pronunciò il suo discorso, la folla lo osannò gridando: “Voce di un dio e non di un uomo!” (Atti 12:20-22).
19, 20. (a) Perché Erode fu punito da Geova? (b) Perché traiamo conforto dall’episodio della morte di Erode?
19 Quella gloria spettava a Dio, e Dio stava osservando. Erode aveva la possibilità di evitare il peggio. Avrebbe potuto rimproverare la folla o almeno dissentire. Invece dimostrò la veracità del proverbio: “L’orgoglio viene prima del crollo” (Prov. 16:18). “All’istante l’angelo di Geova lo colpì”, facendo fare a quel presuntuoso egocentrico una fine raccapricciante: Erode “morì roso dai vermi” (Atti 12:23). Anche Giuseppe Flavio osservò che Erode era stato colpito all’improvviso e aggiunse che il re si rese conto che stava morendo per aver accettato l’adulazione della folla. Scrisse inoltre che Erode morì dopo cinque giorni di agonia.b
20 A volte pare che i malvagi possano compiere impunemente ogni tipo di male. Questo non dovrebbe sorprenderci, dato che “tutto il mondo è in potere del Malvagio” (1 Giov. 5:19). Eppure i fedeli servitori di Dio a volte rimangono perplessi nel vedere che i malvagi sembrano farla franca. Episodi come questo sono dunque confortanti. In effetti dimostrano che Geova interviene, ricordando così a tutti i suoi servitori che ama la giustizia (Sal. 33:5). Prima o poi la sua giustizia trionfa.
21. Su cosa si incentra il capitolo 12 degli Atti, e perché può esserci di conforto oggi?
21 Questo racconto biblico si conclude in modo ancora più incoraggiante: “La parola di Geova cresceva e si diffondeva” (Atti 12:24). Questa constatazione sui progressi dell’opera di predicazione ci ricorda che Geova benedice la stessa opera nei nostri giorni. Chiaramente, il capitolo 12 degli Atti non descrive solo la morte di un apostolo e la liberazione di un altro. Riguarda principalmente Geova e il modo in cui sventò il tentativo di Satana di annientare la congregazione cristiana e soffocare l’opera di predicazione. Quegli attacchi fallirono, com’è destinato a fallire qualsiasi piano del genere (Isa. 54:17). Dal canto loro, quelli che si schierano con Geova e Gesù Cristo partecipano a un’opera che trionferà sempre. Non è incoraggiante? Che privilegio contribuire oggi alla diffusione della “parola di Geova”!
a Vedi il riquadro “Il re Erode Agrippa I”.
b Un medico ha scritto che i sintomi menzionati da Giuseppe Flavio e da Luca potrebbero essere stati provocati da vermi parassiti, che gli causarono una fatale occlusione intestinale. Questi vermi vengono a volte vomitati dal malato o fuoriescono dal suo corpo al momento della morte. Come osserva un’opera di consultazione, “l’accuratezza professionale di Luca in quanto medico mette in risalto l’orrore della morte di Erode”.
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“Pieni di gioia e di spirito santo”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 11
“Pieni di gioia e di spirito santo”
L’esempio di Paolo di fronte all’apatia e all’ostilità
Basato su Atti 13:1-52
1, 2. Cosa c’è di particolare nel viaggio che Barnaba e Saulo stanno per intraprendere, e in che modo la loro opera contribuirà all’adempimento di Atti 1:8?
PER la congregazione di Antiochia è un giorno speciale. Qui, fra tutti i profeti e i maestri, lo spirito santo ha scelto Barnaba e Saulo per portare la buona notizia in luoghi lontani (Atti 13:1, 2).a È già successo che uomini qualificati siano stati inviati come missionari, ma in zone in cui il cristianesimo era già arrivato (Atti 8:14; 11:22). Questa volta Barnaba e Saulo, insieme a Giovanni Marco come aiutante, saranno mandati in paesi in cui la maggior parte della popolazione non ha mai udito la buona notizia.
2 Circa 14 anni or sono Gesù ha detto ai suoi seguaci: “Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:8). L’incarico di missionari che viene affidato a Barnaba e Saulo accelererà l’adempimento delle parole profetiche di Gesù.b
‘Riservati per l’opera’ (Atti 13:1-12)
3. Quali difficoltà presentavano i lunghi viaggi nel I secolo?
3 Al giorno d’oggi mezzi come automobili e aerei permettono di percorrere grandissime distanze in poche ore, ma non era così nel I secolo E.V. Allora si viaggiava principalmente a piedi, e spesso su terreni accidentati. Un giorno di cammino, in cui si potevano percorrere circa 30 chilometri, lasciava esausti.c Quindi, anche se senz’altro non vedevano l’ora di partire, probabilmente Saulo e Barnaba si rendevano conto che il viaggio avrebbe comportato considerevoli sforzi e sacrifici (Matt. 16:24).
4. (a) Perché furono scelti Barnaba e Saulo, e quale fu la reazione dei compagni di fede? (b) Come possiamo sostenere coloro che ricevono incarichi teocratici?
4 Ma perché lo spirito santo specificò che ‘venissero riservati Barnaba e Saulo per l’opera’? (Atti 13:2). La Bibbia non lo dice. Sappiamo però che lo spirito santo indicò che venissero scelti proprio loro. Nulla fa pensare che i profeti e i maestri di Antiochia abbiano contestato la decisione. Anzi, la sostennero pienamente. Immaginate come si saranno sentiti Barnaba e Saulo quando i loro fratelli spirituali, “dopo aver digiunato e pregato, posero su di loro le mani e li lasciarono partire”, senza provare invidia (Atti 13:3). Anche noi dovremmo sostenere gli uomini che ricevono incarichi teocratici, inclusi coloro che vengono nominati sorveglianti nella congregazione. Anziché invidiare quelli che ricevono simili privilegi, dovremmo “[avere] di loro la massima stima e [amarli] a motivo della loro opera” (1 Tess. 5:13).
5. Descrivete cosa comportò dare testimonianza sull’isola di Cipro.
5 Dopo aver raggiunto a piedi Seleucia, porto vicino ad Antiochia, Barnaba e Saulo si imbarcarono alla volta di Cipro, una traversata di oltre 100 miglia nautiche (circa 200 chilometri).d Essendo nativo di Cipro, Barnaba sarà stato ansioso di portare la buona notizia ai suoi conterranei. Una volta arrivati a Salamina, città sulla riva orientale dell’isola, Barnaba e Saulo non persero tempo e subito “si misero a proclamare la parola di Dio nelle sinagoghe dei giudei” (Atti 13:5).e Attraversarono l’isola da un capo all’altro, probabilmente dando testimonianza nelle città principali. Non conosciamo l’itinerario esatto di quei missionari, ma potrebbero aver percorso a piedi circa 160 chilometri.
6, 7. (a) Chi era Sergio Paolo, e perché Bar-Gesù cercò di dissuaderlo dall’ascoltare la buona notizia? (b) Cosa fece Saulo per contrastare l’opposizione di Bar-Gesù?
6 Nella Cipro del I secolo dilagava la falsa adorazione. Questo fu evidente in particolare quando Barnaba e Saulo raggiunsero Pafo, sulla costa occidentale dell’isola. Lì si imbatterono in “Bar-Gesù, stregone e falso profeta che era con il proconsole Sergio Paolo, un uomo intelligente”.f All’epoca molti romani di una certa levatura, persino “un uomo intelligente” come Sergio Paolo, spesso si rivolgevano a stregoni o astrologi quando dovevano prendere decisioni importanti. Comunque Sergio Paolo, incuriosito dal messaggio del Regno, “desiderava ascoltare la parola di Dio”. Questo non piacque a Bar-Gesù, noto anche con il titolo di Elima, che significa “stregone” (Atti 13:6-8).
7 Bar-Gesù era contrario al messaggio del Regno, e l’unico modo in cui poteva conservare la posizione di prestigio quale consigliere di Sergio Paolo era quello di “distogliere il proconsole dalla fede” (Atti 13:8). Ma Saulo non intendeva permettere a un mago di corte di indirizzare altrove l’interesse di Sergio Paolo. Quindi cosa fece? Leggiamo: “Saulo, chiamato anche Paolo, pieno di spirito santo, [...] guardò fisso [Bar-Gesù] e disse: ‘Uomo pieno di ogni tipo di frode e malvagità, figlio del Diavolo, nemico di tutto ciò che è giusto, quando smetterai di distorcere le giuste vie di Geova? Ecco, la mano di Geova è su di te: sarai cieco e per un periodo di tempo non vedrai la luce del sole’. All’istante fitta nebbia e tenebre caddero su di lui, e andava in giro cercando qualcuno che lo guidasse tenendolo per mano”.g Quale fu il risultato di questo avvenimento miracoloso? “Quando vide ciò che era accaduto, il proconsole diventò credente, stupito dall’insegnamento di Geova” (Atti 13:9-12).
Come Paolo, difendiamo coraggiosamente la verità quando incontriamo opposizione
8. In che modo possiamo imitare il coraggio di Paolo?
8 Paolo non si lasciò intimidire da Bar-Gesù. Neanche noi dovremmo lasciarci intimidire dagli oppositori che cercano di sovvertire la fede di chi mostra interesse per il messaggio del Regno. Naturalmente le nostre parole dovrebbero essere “sempre gentili, condite con sale” (Col. 4:6). Al tempo stesso non vogliamo mettere in pericolo la spiritualità di un interessato solo per evitare contrasti. Non dovremmo neppure temere di smascherare le religioni false, che continuano a “distorcere le giuste vie di Geova” come faceva Bar-Gesù (Atti 13:10). A imitazione di Paolo dichiariamo coraggiosamente la verità e cerchiamo le persone sincere. E anche se il sostegno divino può non essere così evidente come lo fu nel caso di Paolo, possiamo essere certi che Geova si servirà del suo spirito santo per attirare i meritevoli (Giov. 6:44).
“Qualche parola d’incoraggiamento” (Atti 13:13-43)
9. Perché Paolo e Barnaba sono un ottimo esempio per coloro che oggi hanno incarichi di responsabilità nella congregazione?
9 Evidentemente ci fu un cambiamento al momento di salpare da Pafo in direzione di Perga, sulla costa dell’Asia Minore, a circa 130 miglia nautiche di distanza (circa 250 chilometri). In Atti 13:13 si dice che a partire furono “Paolo e i suoi compagni”. Questa espressione fa pensare che ora fosse Paolo a dirigere le attività del gruppo. Tuttavia nulla fa supporre che Barnaba fosse invidioso. Al contrario, i due uomini continuarono a collaborare perché si compisse la volontà di Dio. Paolo e Barnaba sono un ottimo esempio per coloro che oggi hanno incarichi di responsabilità nella congregazione. Anziché competere per primeggiare, i cristiani ricordano le parole di Gesù: “Voi siete tutti fratelli”. Inoltre Gesù disse: “Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Matt. 23:8, 12).
10. Descrivete il viaggio da Perga ad Antiochia di Pisidia.
10 Una volta a Perga, Giovanni Marco lasciò Paolo e Barnaba, e tornò a Gerusalemme. Il motivo della sua partenza improvvisa non viene specificato. Paolo e Barnaba proseguirono fino ad Antiochia di Pisidia, nella provincia della Galazia. Non fu un viaggio facile poiché Antiochia si trovava a circa 1.100 metri sul livello del mare. Inoltre gli insidiosi percorsi di montagna erano infestati da banditi. Come se non bastasse, è probabile che in quel periodo Paolo avesse dei problemi di salute.h
11, 12. In che modo Paolo destò l’interesse dei presenti nella sinagoga di Antiochia?
11 Ad Antiochia di Pisidia, Paolo e Barnaba di Sabato andarono nella sinagoga. La Bibbia riferisce: “Dopo la lettura pubblica della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: ‘Uomini, fratelli, se avete qualche parola d’incoraggiamento per il popolo, ditela’” (Atti 13:15). Paolo si alzò per parlare.
12 Si rivolse ai presenti in questo modo: “Uomini, israeliti e tutti voi che temete Dio” (Atti 13:16). Aveva davanti ebrei e proseliti. Come fece a suscitare il loro interesse, dato che non riconoscevano il ruolo di Gesù nel proposito di Dio? Innanzitutto tracciò per sommi capi la storia della nazione ebraica. Disse che Geova “[aveva esaltato] il popolo quando viveva da straniero in Egitto” e che, dopo averli liberati, “per circa 40 anni li [aveva sopportati] nel deserto”. Spiegò anche come gli israeliti erano riusciti a prendere possesso della Terra Promessa e in che modo Geova “[aveva assegnato] loro il paese in eredità” (Atti 13:17-19). Alcuni ritengono che Paolo alludesse a certi passi scritturali che erano stati appena letti nel corso dell’osservanza del Sabato. In tal caso, questo sarebbe un altro esempio di come Paolo sapeva “[diventare] ogni cosa per persone di ogni tipo” (1 Cor. 9:22).
13. Come possiamo arrivare al cuore di chi ci ascolta?
13 Anche noi dovremmo cercare di suscitare l’interesse di coloro a cui predichiamo. Per esempio, sapendo in cosa crede la persona con cui stiamo parlando, possiamo scegliere quegli argomenti che la toccano più da vicino. Inoltre possiamo fare riferimento a passi biblici che siano interessanti per lei. Può essere efficace invitarla a leggerli direttamente dalla nostra Bibbia. Ingegniamoci per arrivare al cuore di chi ci ascolta.
14. (a) In che modo Paolo introdusse la buona notizia riguardo a Gesù, e quale avvertimento diede? (b) Come reagì la folla al discorso di Paolo?
14 Paolo spiegò poi come la discendenza dei re d’Israele portava a “un salvatore, Gesù”, il cui precursore era stato Giovanni Battista. Quindi descrisse come Gesù era stato messo a morte e risuscitato (Atti 13:20-37). “Sappiate”, disse Paolo, “che tramite lui vi viene proclamato il perdono dei peccati, e che tramite lui chiunque crede è dichiarato innocente”. Poi diede ai suoi ascoltatori questo avvertimento: “State attenti che non vi accada quello che è detto nei Profeti: ‘Guardate, voi che mostrate disprezzo, meravigliatevi e sparite, perché compio un’opera ai vostri giorni, un’opera a cui non credereste nemmeno se qualcuno ve la raccontasse nei particolari’”. La reazione al discorso di Paolo fu sorprendente. La Bibbia riferisce che “la gente li pregò di parlare di quelle stesse cose il Sabato seguente”. Inoltre, “quando fu sciolta l’assemblea della sinagoga, molti dei giudei e dei proseliti che adoravano Dio seguirono Paolo e Barnaba” (Atti 13:38-43).
“Noi ci rivolgiamo alle nazioni” (Atti 13:44-52)
15. Cosa accadde il Sabato successivo al discorso di Paolo?
15 Il Sabato seguente “quasi tutta la città” si radunò per ascoltare Paolo. Questo non fece piacere a certi ebrei che “iniziarono a contraddire in modo blasfemo le cose che Paolo diceva”. Lui e Barnaba intrepidamente dissero loro: “Era necessario che la parola di Dio fosse annunciata prima a voi. Ma siccome la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco, noi ci rivolgiamo alle nazioni. Geova ce l’ha infatti comandato con queste parole: ‘Ti ho costituito luce delle nazioni, affinché tu porti la salvezza fino ai confini della terra’” (Atti 13:44-47; Isa. 49:6).
“Scatenarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba. [...] E i discepoli erano pieni di gioia e di spirito santo” (Atti 13:50-52)
16. Come reagirono gli ebrei alle forti parole di Paolo e Barnaba, e quindi cosa fecero questi?
16 I non ebrei che ascoltavano si rallegrarono e “tutti quelli che avevano la giusta disposizione per ricevere la vita eterna diventarono credenti” (Atti 13:48). Ben presto la parola di Geova si diffuse in tutto il paese. La reazione degli ebrei fu ben diversa. In effetti i due missionari avevano detto che, anche se la parola di Dio era stata annunciata prima agli ebrei, questi avevano preferito rigettare il Messia e perciò li attendeva l’avverso giudizio di Dio. Gli ebrei istigarono le donne in vista e gli uomini più importanti della città, “scatenarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba e li cacciarono dal proprio territorio”. Cosa fecero Paolo e Barnaba? “Scossero la polvere dai loro piedi contro di loro e andarono a Iconio”. Fu la fine del cristianesimo ad Antiochia di Pisidia? Tutt’altro. I discepoli che rimasero lì “erano pieni di gioia e di spirito santo” (Atti 13:50-52).
17-19. Come possiamo imitare l’ottimo esempio di Paolo e Barnaba, e in che modo questo contribuirà alla nostra gioia?
17 Il comportamento di quegli uomini fedeli di fronte all’opposizione ci insegna molto. Non smettiamo di proclamare il nostro messaggio neanche quando personaggi importanti cercano di impedircelo. Notate inoltre che, quando gli abitanti di Antiochia rifiutarono il messaggio, Paolo e Barnaba “scossero la polvere dai loro piedi”, gesto con cui non intendevano manifestare rabbia ma declinare ogni responsabilità. Quei missionari si rendevano conto che non potevano controllare le reazioni altrui. Quello che potevano fare era continuare a predicare. E arrivati a Iconio fecero proprio questo.
18 Che dire dei discepoli rimasti ad Antiochia? Certo, si trovavano in un territorio ostile, ma la loro gioia non dipendeva dalla reazione altrui. Gesù aveva detto: “Felici [...] quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!” (Luca 11:28). Ed è esattamente quello che i discepoli di Antiochia erano decisi a fare.
19 Come Paolo e Barnaba, ricordiamo sempre che la nostra responsabilità è annunciare ad altri la buona notizia, ma sta a loro decidere se accettare o rifiutare il messaggio. Se quelli a cui predichiamo non sembrano interessati, possiamo imparare molto dai discepoli del I secolo. Avendo a cuore la verità e lasciandoci guidare dallo spirito santo, anche noi saremo gioiosi, perfino se incontriamo opposizione (Gal. 5:18, 22).
a Vedi il riquadro “Barnaba: ‘figlio di conforto’”.
b All’epoca c’erano già congregazioni in luoghi lontani, come ad Antiochia di Siria, circa 550 chilometri a nord di Gerusalemme.
c Vedi il riquadro “Sulle strade dell’impero”.
d Nel I secolo un’imbarcazione riusciva a coprire in un giorno una distanza di un’ottantina di miglia (circa 150 chilometri) se i venti erano favorevoli, mentre in condizioni avverse poteva volerci molto di più.
e Vedi il riquadro “Le sinagoghe ebraiche”.
f Cipro era una provincia senatoria ed era governata da un proconsole.
g Da questo momento in poi, Saulo viene chiamato Paolo. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che avesse scelto il nome romano in onore di Sergio Paolo. Tuttavia il fatto che abbia continuato a farsi chiamare Paolo anche dopo aver lasciato Cipro suggerisce una spiegazione diversa: Paolo decise di usare da allora in poi il suo nome romano in quanto “apostolo delle nazioni”. Può darsi che abbia preferito usare il nome Paolo anche perché il suo nome ebraico, Saulo, in greco si pronunciava in modo molto simile a una parola che aveva una connotazione negativa (Rom. 11:13).
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Parlavano “con coraggio mediante l’autorità di Geova”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 12
Parlavano “con coraggio mediante l’autorità di Geova”
Paolo e Barnaba danno prova di umiltà, perseveranza e coraggio
Basato su Atti 14:1-28
1, 2. Quali avvenimenti si succedono mentre Paolo e Barnaba sono a Listra?
A LISTRA regna il caos. Un uomo storpio dalla nascita salta per la gioia dopo che due sconosciuti lo hanno guarito. La gente rimane a bocca aperta per lo stupore e il sacerdote di Zeus porta ghirlande per i due uomini che la folla considera dèi. Si sentono sbuffare e muggire i tori che il sacerdote si accinge a immolare. Paolo e Barnaba protestano a gran voce. Strappandosi le vesti, si precipitano in mezzo alla folla e la trattengono a stento dall’adorarli.
2 Poi da Antiochia di Pisidia e Iconio arrivano oppositori ebrei. Con perfide calunnie avvelenano la mente degli abitanti di Listra. Quella folla, prima in adorazione, ora accerchia Paolo e lo prende a sassate finché questi non perde conoscenza. Dato sfogo all’ira, trascinano il corpo martoriato di Paolo fuori dalle porte della città, dandolo per morto.
3. A quali domande risponderemo in questo capitolo?
3 Da cosa fu provocato questo drammatico episodio? Cosa possono imparare gli odierni proclamatori della buona notizia dagli avvenimenti che coinvolsero Barnaba, Paolo e i volubili abitanti di Listra? E in che modo gli anziani cristiani possono imitare l’esempio di Barnaba e Paolo, che perseverarono con fedeltà nel ministero “parlando con coraggio mediante l’autorità di Geova”? (Atti 14:3).
“Una numerosa folla [...] diventò credente” (Atti 14:1-7)
4, 5. Perché Paolo e Barnaba si recarono a Iconio, e cosa accadde lì?
4 Non molti giorni prima, Paolo e Barnaba erano stati cacciati dalla città romana di Antiochia di Pisidia a motivo dell’opposizione fomentata dagli ebrei. Ma, anziché scoraggiarsi, i due uomini “scossero la polvere dai loro piedi” di fronte all’insensibilità degli abitanti di Antiochia (Atti 13:50-52; Matt. 10:14). Paolo e Barnaba se ne andarono pacificamente lasciando che quegli oppositori subissero le conseguenze del giudizio divino (Atti 18:5, 6; 20:26). I due missionari continuarono il loro giro di predicazione senza perdere la gioia. Dopo aver percorso circa 150 chilometri verso sud-est, raggiunsero un fertile altopiano situato tra le catene montuose del Tauro e del Sultan.
5 Inizialmente Paolo e Barnaba si fermarono a Iconio, un’enclave di cultura greca e una delle principali città della provincia romana della Galazia.a La città ospitava un’influente comunità ebraica e un gran numero di proseliti. Come facevano abitualmente, Paolo e Barnaba entrarono nella sinagoga e iniziarono a predicare (Atti 13:5, 14). “Parlarono in maniera tale che una numerosa folla sia di giudei che di greci diventò credente” (Atti 14:1).
6. Perché Paolo e Barnaba erano insegnanti efficaci, e come possiamo imitarli?
6 Cosa rendeva tanto efficace il modo di parlare di Paolo e Barnaba? Quanto alle Scritture, Paolo era un pozzo di sapienza. Faceva magistralmente riferimento alla storia, alle profezie e alla Legge mosaica per dimostrare che Gesù era il Messia promesso (Atti 13:15-31; 26:22, 23). Barnaba manifestava vivo interesse per gli altri (Atti 4:36, 37; 9:27; 11:23, 24). Nessuno dei due faceva affidamento sulla propria intelligenza, ma parlavano “mediante l’autorità di Geova”. Come potete imitare questi missionari nella vostra opera di predicazione? Facendo quanto segue: acquistate familiarità con la Parola di Dio; scegliete versetti che possano interessare a coloro a cui predicate; cercate modi pratici per dare loro conforto; basate sempre il vostro insegnamento sull’autorità della Parola di Geova, non sulla vostra sapienza.
7. (a) Quali reazioni provoca la buona notizia? (b) Se la vostra famiglia è divisa per il fatto che avete accettato la buona notizia, cosa dovreste ricordare?
7 Comunque non tutti a Iconio furono felici di sentire ciò che Paolo e Barnaba avevano da dire. Luca spiega: “I giudei che non credettero aizzarono e istigarono le persone delle nazioni contro i fratelli”. Paolo e Barnaba ritennero opportuno rimanere per difendere la buona notizia, e “trascorsero [...] parecchio tempo lì, parlando con coraggio”. Di conseguenza “gli abitanti della città erano divisi: alcuni stavano dalla parte dei giudei, altri dalla parte degli apostoli” (Atti 14:2-4). Oggi la buona notizia provoca reazioni simili. Per alcuni è una forza unificante, per altri è causa di divisione (Matt. 10:34-36). Se la vostra famiglia è divisa perché avete accettato la buona notizia, ricordate che spesso l’opposizione è dovuta a voci infondate o a vere e proprie calunnie. La vostra eccellente condotta può fare da antidoto a questo veleno e placare gli oppositori (1 Piet. 2:12; 3:1, 2).
8. Perché Paolo e Barnaba lasciarono Iconio, e cosa impariamo dal loro esempio?
8 Dopo qualche tempo, a Iconio gli oppositori complottarono per lapidare Paolo e Barnaba. Quando ne furono informati, i due missionari decisero di andare a predicare altrove (Atti 14:5-7). I proclamatori del Regno sono altrettanto prudenti oggi. Se ci attaccano verbalmente, parliamo con coraggio (Filip. 1:7; 1 Piet. 3:13-15). Ma di fronte alla violenza, evitiamo di compiere azioni sconsiderate che metterebbero inutilmente in pericolo la nostra vita o quella dei nostri compagni di fede (Prov. 22:3).
‘Convertitevi all’Iddio vivente’ (Atti 14:8-19)
9, 10. Dove era situata Listra, e cosa sappiamo dei suoi abitanti?
9 Paolo e Barnaba si diressero a Listra, una colonia romana circa 30 chilometri a sud-ovest di Iconio. Listra era in stretti rapporti con Antiochia di Pisidia ma, a differenza di quella città, non ospitava una consistente comunità ebraica. Anche se parlavano greco, gli abitanti erano di madrelingua licaonica. Forse perché nella città non c’era una sinagoga, Paolo e Barnaba iniziarono a predicare in un luogo pubblico. A Gerusalemme Pietro aveva guarito un uomo zoppo dalla nascita e quel miracolo aveva spinto un gran numero di persone a diventare credenti (Atti 3:1-10). A Listra Paolo guarì un uomo nato storpio (Atti 14:8-10). Questo miracolo però ebbe un esito ben diverso.
10 Come descritto all’inizio di questo capitolo, vedendo lo storpio balzare in piedi la folla di pagani di Listra trasse conclusioni errate. Identificarono Barnaba con Zeus, signore degli dèi, e Paolo con Hermes, messaggero degli dèi. (Vedi il riquadro “Listra e il culto di Zeus ed Hermes”.) Barnaba e Paolo però erano decisi a far capire alla folla che parlavano e agivano non grazie all’autorità di divinità pagane, ma in virtù dell’autorità di Geova, il solo vero Dio (Atti 14:11-14).
‘Abbandonate queste cose vane e convertitevi all’Iddio vivente che ha fatto il cielo e la terra’ (Atti 14:15)
11-13. (a) Che cosa dissero Paolo e Barnaba agli abitanti di Listra? (b) Cosa possiamo imparare dalle parole di Paolo e Barnaba?
11 Nonostante la concitazione del momento, Paolo e Barnaba fecero del loro meglio per arrivare al cuore di chi li ascoltava. Nel riportare questo episodio, Luca descrive un modo efficace per predicare la buona notizia ai pagani. Notate in che modo Paolo e Barnaba si rivolsero alla folla: “Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani e abbiamo le stesse fragilità che avete voi. Vi dichiariamo la buona notizia perché abbandoniate queste cose vane e vi convertiate all’Iddio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi. Nelle generazioni passate egli ha permesso a tutte le nazioni di seguire la propria strada, benché non abbia smesso di rendere testimonianza di sé facendo del bene, concedendovi piogge dal cielo e stagioni ricche di frutti, dandovi cibo in abbondanza e riempiendo i vostri cuori di gioia” (Atti 14:15-17).
12 Cosa impariamo da queste parole che invitavano alla riflessione? Innanzitutto, Paolo e Barnaba non si sentivano superiori a chi li ascoltava. Non pretesero di essere quello che non erano. Piuttosto ammisero umilmente di avere gli stessi limiti dei pagani che avevano davanti. Certo, Paolo e Barnaba avevano ricevuto lo spirito santo, erano stati liberati dai falsi insegnamenti e avevano la speranza di regnare con Cristo. Eppure si rendevano conto che anche gli abitanti di Listra, ubbidendo a Cristo, avrebbero potuto ricevere quegli stessi doni.
13 Che atteggiamento abbiamo nei confronti di coloro ai quali predichiamo? Li consideriamo nostri pari? Mentre aiutiamo altri ad apprendere le verità della Parola di Dio, respingiamo anche noi l’adulazione, come fecero Paolo e Barnaba? Charles Taze Russell, ottimo insegnante che tra il XIX e il XX secolo guidò l’opera di predicazione, diede l’esempio al riguardo. Scrisse: “Non voglio ossequi né riverenza per me o per i miei scritti; e non desidero neanche essere chiamato reverendo o rabbi”. L’umiltà del fratello Russell rispecchiava quella di Paolo e Barnaba. Allo stesso modo, il nostro obiettivo nel predicare non è quello di glorificare noi stessi, ma di aiutare le persone a ‘convertirsi all’Iddio vivente’.
14-16. Quali altre due cose possiamo imparare da quello che Paolo e Barnaba dissero agli abitanti di Listra?
14 C’è una seconda cosa che possiamo imparare. Paolo e Barnaba erano versatili. A differenza degli ebrei e dei proseliti di Iconio, gli abitanti di Listra avevano poca o nessuna conoscenza delle Scritture o dello speciale rapporto tra Dio e la nazione di Israele. Comunque, Paolo e Barnaba sapevano che i presenti erano parte di una comunità agricola. Inoltre Listra godeva di un clima mite e si trovava in una zona fertile. Gli abitanti, osservando cose come gli abbondanti raccolti, potevano discernere chiaramente le qualità del Creatore. Perciò quei missionari usarono questa base comune per aiutarli a ragionare (Rom. 1:19, 20).
15 Possiamo essere altrettanto versatili? Un agricoltore potrebbe piantare lo stesso tipo di seme in diversi terreni, ma non li prepara tutti allo stesso modo. Alcuni terreni sono già soffici e pronti per la semina. Altri necessitano di maggior lavoro. Analogamente, il seme che piantiamo è sempre lo stesso: il messaggio del Regno contenuto nella Parola di Dio. Ma come Paolo e Barnaba dovremmo cercare di capire il retaggio religioso e le circostanze delle persone a cui predichiamo. Questo influirà sul modo in cui presenteremo il messaggio del Regno (Luca 8:11, 15).
16 C’è una terza cosa che possiamo imparare dall’episodio che vide coinvolti Paolo, Barnaba e gli abitanti di Listra. Per quanto facciamo tutto il possibile, a volte il seme che seminiamo viene portato via o cade su terreno roccioso (Matt. 13:18-21). Se accade questo, non scoraggiamoci. Come Paolo ricordò in seguito ai cristiani di Roma, “ciascuno di noi [incluso ogni individuo a cui portiamo la Parola di Dio] renderà conto di sé stesso a Dio” (Rom. 14:12).
“Li affidarono a Geova” (Atti 14:20-28)
17. Dove andarono Paolo e Barnaba dopo aver lasciato Derbe, e perché?
17 Dopo che Paolo fu trascinato fuori della città di Listra e dato per morto, i discepoli gli si raccolsero intorno, ed egli si alzò e tornò in città per passarvi la notte. Il giorno seguente Paolo e Barnaba si incamminarono verso Derbe, che distava un centinaio di chilometri. Possiamo solo immaginare quanto fu disagevole questo viaggio per Paolo, che non molte ore prima era stato lapidato. Eppure lui e Barnaba tennero duro e, quando arrivarono a Derbe, fecero “parecchi discepoli”. Poi, invece di prendere la strada più breve per rientrare alla base, Antiochia di Siria, “tornarono a Listra, a Iconio e ad Antiochia [di Pisidia]”. Con quale obiettivo? “[Rafforzare] i discepoli, incoraggiandoli a rimanere saldi nella fede” (Atti 14:20-22). Che esempio diedero questi due uomini! Misero gli interessi della congregazione al di sopra dei propri. Gli odierni sorveglianti viaggianti e missionari seguono il loro esempio.
18. Come avviene la nomina degli anziani?
18 Oltre a rafforzare i discepoli con le parole e con l’esempio, Paolo e Barnaba nominarono “anziani in ogni congregazione”. Anche se avevano intrapreso quel viaggio missionario perché “mandati dallo spirito santo”, Paolo e Barnaba vollero comunque pregare e digiunare quando “affidarono [gli anziani] a Geova” (Atti 13:1-4; 14:23). Qualcosa di simile avviene oggi. Prima di raccomandare la nomina di un fratello, il locale corpo degli anziani prega ed esamina i suoi requisiti scritturali (1 Tim. 3:1-10, 12, 13; Tito 1:5-9; Giac. 3:17, 18; 1 Piet. 5:2, 3). Il fattore determinante non è da quanto tempo è cristiano. Saranno invece il suo modo di parlare, la sua condotta e la sua reputazione a dimostrare fino a che punto lo spirito santo opera nella sua vita. Se soddisfa i requisiti indicati nelle Scritture per i sorveglianti, allora è qualificato per servire come pastore del gregge (Gal. 5:22, 23). Il sorvegliante di circoscrizione ha la responsabilità di fare queste nomine. (Confronta 1 Timoteo 5:22.)
19. Quale responsabilità sanno di avere gli anziani, e in che modo imitano Paolo e Barnaba?
19 Gli anziani nominati sanno di dover rendere conto a Dio per il modo in cui trattano la congregazione (Ebr. 13:17). Come Paolo e Barnaba, gli anziani sono in prima linea nell’opera di predicazione. Con le loro parole rafforzano i compagni di fede e mettono volentieri gli interessi della congregazione al di sopra dei propri (Filip. 2:3, 4).
20. Di che beneficio è per noi leggere resoconti dell’opera dei nostri fratelli?
20 Quando infine tornarono ad Antiochia di Siria, punto di partenza del loro viaggio missionario, Paolo e Barnaba “riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come aveva aperto alle nazioni la porta della fede” (Atti 14:27). Leggere resoconti della fedele opera dei nostri fratelli cristiani e vedere come Geova ha benedetto i loro sforzi ci incoraggia a continuare a “[parlare] con coraggio mediante l’autorità di Geova”.
a Vedi il riquadro “Iconio: città dei frigi”.
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“Non erano d’accordo”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 13
“Non erano d’accordo”
La questione della circoncisione viene presentata al corpo direttivo
Basato su Atti 15:1-12
1-3. (a) Quali sviluppi rischiano di dividere la primitiva congregazione cristiana? (b) Perché ci sarà utile approfondire questa porzione del libro degli Atti?
PAOLO e Barnaba, esultanti, sono appena tornati ad Antiochia di Siria dal loro primo viaggio missionario. Sono entusiasti del fatto che Geova ha “aperto alle nazioni la porta della fede” (Atti 14:26, 27). Ad Antiochia non si fa che parlare della buona notizia e “un gran numero” di non ebrei si sta unendo alla congregazione locale (Atti 11:20-26).
2 L’elettrizzante notizia di questa crescita giunge presto in Giudea. Ma, anziché essere fonte di gioia per tutti, ripropone sempre più acceso il dibattito sulla circoncisione. Che rapporti dovrebbero esserci tra cristiani ebrei e non ebrei, e questi ultimi come dovrebbero considerare la Legge mosaica? La questione causa una divergenza così profonda che rischia di dividere la congregazione cristiana. Come verrà risolto il problema?
3 Analizzando questa porzione del libro degli Atti trarremo molte lezioni preziose, che potranno aiutarci ad agire saggiamente qualora sorgessero problemi potenzialmente divisivi nei nostri giorni.
“Se non siete circoncisi” (Atti 15:1)
4. Quale idea sbagliata sostenevano alcuni cristiani, e quale domanda si pone?
4 Il discepolo Luca scrive: “Arrivarono [ad Antiochia] dalla Giudea alcuni uomini che si misero a insegnare ai fratelli, dicendo: ‘Se non siete circoncisi secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati’” (Atti 15:1). Non è specificato se prima di convertirsi al cristianesimo quegli uomini arrivati dalla Giudea erano stati farisei. In ogni caso sembravano influenzati dalla mentalità legalistica di quella setta ebraica. Inoltre, forse pretendevano a torto di parlare a nome degli apostoli e degli anziani di Gerusalemme (Atti 15:23, 24). Ma visto che erano già passati circa 13 anni da che l’apostolo Pietro, guidato da Dio, aveva accolto dei non ebrei incirconcisi nella congregazione cristiana, perché mai dei cristiani ebrei continuavano a insistere sulla circoncisione? (Atti 10:24-29, 44-48).a
5, 6. (a) Quale potrebbe essere una ragione per cui alcuni cristiani ebrei tenevano tanto alla circoncisione? (b) Il patto della circoncisione faceva parte del patto abraamico? Spiegate. (Vedi la nota in calce.)
5 Le ragioni possono essere molte. Ad esempio, la circoncisione era stata istituita da Geova stesso, ed era segno di una speciale relazione con lui. La circoncisione risaliva al tempo di Abraamo e della sua famiglia; era quindi anteriore al patto della Legge e fu poi incorporata in esso (Lev. 12:2, 3).b Sotto la Legge mosaica persino gli stranieri dovevano circoncidersi per poter godere di certi privilegi, come quello di mangiare la cena pasquale (Eso. 12:43, 44, 48, 49). Quindi nella mentalità ebraica un uomo incirconciso era impuro, spregevole (Isa. 52:1).
6 Pertanto ci volevano fede e umiltà da parte dei cristiani ebrei per adeguarsi al cambiamento. Il patto della Legge era stato sostituito dal nuovo patto, perciò nascere ebrei non significava più appartenere automaticamente al popolo di Dio. E per i cristiani ebrei che come quelli della Giudea vivevano in comunità ebraiche ci voleva coraggio per professarsi cristiani e accettare quali compagni di fede dei non ebrei incirconcisi (Ger. 31:31-33; Luca 22:20).
7. Quali verità sfuggivano ad alcuni cristiani ebrei?
7 Naturalmente le norme di Dio non erano cambiate. A riprova di questo, il nuovo patto rispecchiava lo spirito della Legge mosaica (Matt. 22:36-40). A proposito della circoncisione, per esempio, Paolo in seguito scrisse: “È giudeo chi lo è interiormente, e la sua circoncisione è quella del cuore mediante lo spirito, e non mediante un codice scritto” (Rom. 2:29; Deut. 10:16). Quei cristiani arrivati dalla Giudea non avevano afferrato queste verità e asserivano che Dio non aveva mai abrogato la legge della circoncisione. Si sarebbero arresi all’evidenza?
“Non erano d’accordo e discussero” (Atti 15:2)
8. Perché la questione della circoncisione fu sottoposta al corpo direttivo di Gerusalemme?
8 Luca continua: “Paolo e Barnaba non erano d’accordo e discussero parecchio con loro [gli uomini arrivati dalla Giudea]; così si stabilì che Paolo, Barnaba e alcuni altri andassero a Gerusalemme per presentare la questione agli apostoli e agli anziani” (Atti 15:2).c Le espressioni “non erano d’accordo e discussero” denotavano opinioni forti e ferma convinzione da entrambe le parti, e la congregazione di Antiochia non sapeva come risolvere la cosa. Per preservare la pace e l’unità, la congregazione dispose saggiamente che la questione venisse presentata agli apostoli e agli anziani di Gerusalemme, che componevano il corpo direttivo. Cosa possiamo imparare dagli anziani della congregazione di Antiochia?
Alcuni dicevano con insistenza: “È necessario [...] ordinare [ai non ebrei] di osservare la Legge di Mosè”
9, 10. In che modo sia i fratelli di Antiochia che Paolo e Barnaba ci hanno lasciato un ottimo esempio?
9 Una cosa importante che impariamo è la necessità di confidare nell’organizzazione di Dio. Riflettete: i fratelli di Antiochia sapevano che il corpo direttivo era composto esclusivamente da cristiani di estrazione ebraica. Eppure erano sicuri che quei cristiani avrebbero risolto la questione della circoncisione in armonia con le Scritture. Perché? La congregazione aveva fiducia nel fatto che Geova avrebbe guidato le cose mediante il suo spirito santo e il Capo della congregazione cristiana, Gesù Cristo (Matt. 28:18, 20; Efes. 1:22, 23). Quando oggi sorgono questioni serie dobbiamo imitare l’ottimo esempio dei fratelli di Antiochia, confidando nell’organizzazione di Dio e nel suo Corpo Direttivo composto da cristiani unti.
10 Ci viene anche ricordata l’importanza dell’umiltà e della pazienza. Paolo e Barnaba erano stati specificamente incaricati dallo spirito santo di rivolgersi alle nazioni, eppure non si fecero forti di quell’autorità per risolvere lì per lì ad Antiochia la questione della circoncisione (Atti 13:2, 3). Inoltre Paolo, spiegando che Dio aveva guidato la faccenda, qualche anno dopo scrisse: “Andai [a Gerusalemme] in seguito a una rivelazione” (Gal. 2:2). Gli anziani odierni si sforzano di manifestare la stessa umiltà e pazienza quando sorgono questioni che potrebbero causare divisioni. Invece di insistere ognuno sulle proprie opinioni, si rivolgono a Geova rifacendosi alle Scritture nonché alle direttive e alla guida dello schiavo fedele (Filip. 2:2, 3).
11, 12. Perché è importante aspettare Geova?
11 In alcuni casi potremmo dover aspettare che Geova faccia luce su una determinata questione. Teniamo presente che, prima che Geova indicasse come risolvere il problema della circoncisione nel caso dei non ebrei, i fratelli del tempo di Paolo dovettero aspettare fin verso il 49 E.V., ovvero 13 anni circa dall’unzione di Cornelio nel 36. Perché tanto a lungo? Forse Dio voleva concedere agli ebrei sinceri abbastanza tempo perché si adeguassero a un cambiamento così drastico. Dopotutto, la fine del patto della circoncisione, stipulato ben 1.900 anni prima con il loro antenato Abraamo, non era cosa da poco! (Giov. 16:12).
12 Che privilegio essere istruiti e plasmati dal nostro paziente e benigno Padre celeste! I risultati sono sempre positivi e per il nostro bene (Isa. 48:17, 18; 64:8). Quindi, non dovremmo mai insistere orgogliosamente sulle nostre idee, né reagire negativamente a cambiamenti organizzativi o a nuove spiegazioni di certi passi biblici (Eccl. 7:8). Se scorgiamo in noi anche solo l’ombra di una tendenza del genere, perché non meditare devotamente sugli appropriati princìpi che troviamo nel capitolo 15 degli Atti?d
13. Nel nostro ministero come possiamo imitare la pazienza di Geova?
13 Può essere necessario avere pazienza quando studiamo la Bibbia con qualcuno che trova difficile abbandonare credenze sbagliate o usanze non scritturali a lui care. In casi simili potremmo dover lasciar passare un ragionevole periodo di tempo perché lo spirito di Dio agisca sul suo cuore (1 Cor. 3:6, 7). Inoltre dovremmo pregare al riguardo. In un modo o nell’altro, a suo tempo Dio ci aiuterà a capire cosa è giusto fare (1 Giov. 5:14).
Raccontarono “nei particolari” esperienze incoraggianti (Atti 15:3-5)
14, 15. In che modo la congregazione di Antiochia onorò Paolo, Barnaba e i loro compagni di viaggio, e in che modo questi si rivelarono una benedizione per gli altri cristiani?
14 Luca prosegue: “Dopo essere stati accompagnati per un tratto dalla congregazione, questi uomini proseguirono attraverso la Fenicia e la Samaria, raccontando nei particolari la conversione di persone delle nazioni e procurando grande gioia a tutti i fratelli” (Atti 15:3). Il fatto di accompagnare per un tratto Paolo, Barnaba e gli altri che viaggiavano con loro fu una dimostrazione di amore da parte della congregazione, un modo per onorarli e augurare loro la benedizione di Dio. Ancora una volta i fratelli di Antiochia sono un ottimo esempio per noi. Mostriamo onore ai nostri fratelli spirituali, ‘soprattutto agli anziani che faticano nel parlare e nell’insegnare’? (1 Tim. 5:17).
15 Quei viaggiatori si rivelarono una benedizione per i compagni di fede della Fenicia e della Samaria, narrando loro “nei particolari” esperienze relative all’opera fra i non ebrei. Forse tra gli ascoltatori c’erano cristiani ebrei che si erano rifugiati in quelle regioni dopo il martirio di Stefano. Anche oggi i resoconti della benedizione di Geova sull’opera di fare discepoli sono fonte di incoraggiamento, specie per i fratelli che stanno affrontando delle prove. Traiamo beneficio da questi resoconti assistendo alle adunanze e alle assemblee e leggendo le esperienze e le biografie sulle nostre pubblicazioni stampate o su jw.org?
16. Cosa indica che quello della circoncisione era diventato un grosso problema?
16 Dopo aver percorso circa 550 chilometri verso sud, la delegazione partita da Antiochia giunse finalmente a destinazione. Luca scrive: “Arrivati a Gerusalemme, furono ben accolti dalla congregazione, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro” (Atti 15:4). In risposta però “alcuni di quelli della setta dei farisei che erano diventati credenti si alzarono e dissero: ‘È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la Legge di Mosè’” (Atti 15:5). Chiaramente, la questione della circoncisione dei cristiani non ebrei era diventata un grosso problema, e andava risolta.
“Gli apostoli e gli anziani si riunirono” (Atti 15:6-12)
17. Chi componeva il corpo direttivo di Gerusalemme, e quale potrebbe essere una ragione per cui furono inclusi “gli anziani”?
17 “La sapienza appartiene a chi chiede consigli”, dice Proverbi 13:10. In armonia con questo saggio principio, “gli apostoli e gli anziani si riunirono per esaminare la faccenda” della circoncisione (Atti 15:6). “Gli apostoli e gli anziani” prendevano decisioni per l’intera congregazione cristiana, come fa oggi il Corpo Direttivo. Perché insieme agli apostoli c’erano anche “gli anziani”? Ricordate che l’apostolo Giacomo era stato giustiziato e, almeno per un periodo, l’apostolo Pietro era stato in prigione. Non poteva accadere qualcosa di simile anche ad altri apostoli? La presenza di altri unti qualificati avrebbe assicurato che ci fosse continuità nelle attività di sorveglianza.
18, 19. Quali parole vigorose pronunciò Pietro, e a quale conclusione saranno giunti i presenti?
18 Luca continua: “Dopo un’animata discussione Pietro si alzò e disse [...]: ‘Uomini, fratelli, voi sapete bene che dall’inizio Dio mi scelse fra voi perché per bocca mia persone delle nazioni ascoltassero il messaggio della buona notizia e credessero. E Dio, che conosce i cuori, mostrò la sua approvazione dando lo spirito santo a loro proprio come a noi. Non fece nessuna distinzione fra noi e loro, ma purificò i loro cuori mediante la fede’” (Atti 15:7-9). Secondo un’opera di consultazione, il termine greco tradotto “animata discussione” nel versetto 7 dà anche l’idea di “ricerca”, “indagine”. A quanto pare i fratelli ebbero uno scambio di opinioni schietto e aperto.
19 Le vigorose parole di Pietro ricordarono a tutti che lui stesso era presente quando i primi non ebrei incirconcisi, Cornelio e la sua famiglia, erano stati unti con lo spirito santo nel 36. Quindi se Geova non faceva più distinzione fra ebrei e non ebrei, chi dava agli uomini l’autorità di fare diversamente? Inoltre è la fede in Cristo, e non l’osservanza della Legge mosaica, a purificare il cuore di un credente (Gal. 2:16).
20. In che senso i sostenitori della circoncisione ‘mettevano Dio alla prova’?
20 In base all’incontestabile testimonianza della parola di Dio e dello spirito santo, Pietro concluse: “Allora perché mettete Dio alla prova, ponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri antenati né noi siamo stati capaci di portare? Noi invece abbiamo fede che saremo salvati per mezzo dell’immeritata bontà del Signore Gesù esattamente come loro” (Atti 15:10, 11). I sostenitori della circoncisione ‘mettevano Dio alla prova’ nel senso che mettevano a dura prova la sua pazienza, come dice una versione inglese. Cercavano di imporre ai non ebrei un codice di leggi che gli ebrei stessi non riuscivano a osservare pienamente, e che perciò li condannava a morte (Gal. 3:10). Invece gli ebrei presenti al discorso di Pietro avrebbero dovuto essere riconoscenti per l’immeritata bontà di Dio espressa mediante Gesù.
21. Che contributo diedero Barnaba e Paolo?
21 Evidentemente le parole di Pietro furono recepite, visto che “tutto il gruppo tacque”. Allora Barnaba e Paolo riferirono “i molti segni e prodigi che Dio aveva fatto per mezzo loro fra le nazioni” (Atti 15:12). Finalmente gli apostoli e gli anziani erano in grado di valutare tutte le prove e di prendere una decisione che rispecchiasse chiaramente la volontà di Dio riguardo alla circoncisione.
22-24. (a) In che modo il Corpo Direttivo di oggi segue l’esempio di quello del I secolo? (b) In che modo tutti gli anziani possono mostrare rispetto per l’autorità teocratica?
22 Anche oggi, quando si riuniscono, i membri del Corpo Direttivo ricercano la guida della Parola di Dio e pregano fervidamente per avere lo spirito santo (Sal. 119:105; Matt. 7:7-11). Per questo ogni membro del Corpo Direttivo riceve in anticipo un ordine del giorno, così da poter riflettere e pregare sui soggetti che verranno trattati (Prov. 15:28). Durante l’adunanza, questi fratelli unti si esprimono liberamente e rispettosamente; inoltre consultano spesso la Bibbia.
23 Gli anziani di congregazione dovrebbero imitarne l’esempio. E se durante un’adunanza degli anziani un serio problema rimane insoluto, questi possono rivolgersi alla filiale locale o ai suoi rappresentanti nominati, come i sorveglianti di circoscrizione. Se necessario, la filiale può a sua volta scrivere al Corpo Direttivo.
24 Geova benedice coloro che rispettano le disposizioni teocratiche e che manifestano umiltà, lealtà e pazienza. E, come vedremo nel prossimo capitolo, concederà loro vera pace, prosperità spirituale e unità cristiana.
a Vedi il riquadro “Gli insegnamenti dei giudaizzanti”.
b Il patto della circoncisione non faceva parte del patto abraamico, tuttora vigente. Il patto abraamico entrò in vigore nel 1943 a.E.V., quando il settantacinquenne Abraamo (allora Abramo) attraversò l’Eufrate diretto in Canaan. Il patto della circoncisione è successivo: risale al 1919, quando Abraamo aveva 99 anni (Gen. 12:1-8; 17:1, 9-14; Gal. 3:17).
c Pare che Tito, cristiano greco che in seguito divenne un fidato compagno e inviato di Paolo, facesse parte della delegazione (Gal. 2:1; Tito 1:4). Il suo caso era emblematico: si trattava di un non ebreo incirconciso unto con lo spirito santo (Gal. 2:3).
d Vedi il riquadro “I Testimoni di Geova basano le loro credenze sulla Bibbia”.
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Arrivarono a una “decisione unanime”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 14
Arrivarono a una “decisione unanime”
Il corpo direttivo giunge a una decisione che ha l’effetto di unificare le congregazioni
Basato su Atti 15:13-35
1, 2. (a) A quali importanti domande deve rispondere il corpo direttivo della congregazione cristiana del I secolo? (b) Cosa aiuterà quei cristiani a giungere alla giusta conclusione?
C’È grande attesa. Gli apostoli e gli anziani riuniti in una stanza a Gerusalemme si guardano l’un l’altro con la sensazione di essere giunti a un momento cruciale. La questione della circoncisione ha sollevato domande importanti. I cristiani sono sotto la Legge mosaica? Dovrebbero esserci differenze tra cristiani ebrei e cristiani non ebrei?
2 Quegli uomini hanno soppesato molte prove. Hanno in mente la profetica Parola di Dio nonché le convincenti testimonianze dirette che attestano la benedizione divina. Ognuno si è espresso in modo esauriente. Le prove raccolte sono lampanti. Lo spirito di Geova sta chiaramente indicando la via. Quegli uomini si lasceranno guidare?
3. Perché ci è utile esaminare il capitolo 15 degli Atti?
3 Ci vorranno vera fede e coraggio per accettare in questo caso la guida dello spirito. C’è il rischio che l’ostilità dei capi religiosi ebrei aumenti. Inoltre quei cristiani si trovano ad affrontare le resistenze di coloro che nella congregazione vogliono riportare il popolo di Dio sotto la Legge mosaica. Cosa farà il corpo direttivo? Vediamolo insieme. Capiremo anche in che modo quegli uomini lasciarono un modello che viene seguito dall’odierno Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova. Si tratta di un modello che anche noi dobbiamo seguire quando prendiamo decisioni o affrontiamo problemi nella nostra vita cristiana.
“Con questo concordano le parole dei Profeti” (Atti 15:13-21)
4, 5. Quale parte della profetica Parola di Dio fu portata all’attenzione dei presenti da Giacomo?
4 Il discepolo Giacomo, fratellastro di Gesù, prese la parola.a Pare che in quella occasione fosse lui a presiedere l’adunanza. Le sue parole riassunsero la conclusione unanime a cui il gruppo sembrava essere giunto. Giacomo disse ai presenti: “Simeone ha riferito nei dettagli come Dio per la prima volta ha rivolto l’attenzione alle nazioni per trarne un popolo per il suo nome. E con questo concordano le parole dei Profeti” (Atti 15:14, 15).
5 Il discorso di Simeone, cioè Simon Pietro, e le prove presentate da Barnaba e Paolo probabilmente ricordarono a Giacomo passi biblici pertinenti che facevano luce sull’argomento (Giov. 14:26). Dopo aver detto “con questo concordano le parole dei Profeti”, Giacomo citò Amos 9:11, 12. Il libro di Amos era incluso in quella parte delle Scritture Ebraiche chiamata comunemente “i Profeti” (Matt. 22:40; Atti 15:16-18). Noterete che le parole citate da Giacomo sono un po’ diverse da quelle che oggi si trovano nel libro di Amos. È probabile che Giacomo avesse in mente la Settanta, traduzione greca delle Scritture Ebraiche.
6. In che modo le Scritture fecero luce sull’argomento in questione?
6 Tramite il profeta Amos, Geova aveva predetto che un giorno avrebbe eretto “la capanna di Davide”, ovvero ristabilito l’autorità regale nella linea di discendenza di Davide; questo sarebbe avvenuto mediante il Regno messianico (Ezec. 21:26, 27). Geova avrebbe trattato di nuovo esclusivamente con l’Israele carnale? No. La profezia aggiunge che “persone di tutte le nazioni” sarebbero state radunate come “persone che sono chiamate con il [Suo] nome”. Ricordate che Pietro aveva appena detto: “[Dio] non fece nessuna distinzione fra noi [i cristiani ebrei] e loro [i cristiani non ebrei], ma purificò i loro cuori mediante la fede” (Atti 15:9). In altre parole, era volontà di Dio che sia ebrei sia non ebrei diventassero eredi del Regno (Rom. 8:17; Efes. 2:17-19). Nulla in quelle profezie ispirate lasciava intendere che i cristiani non ebrei dovessero prima circoncidersi o diventare proseliti.
7, 8. (a) Quale fu la proposta di Giacomo? (b) Come vanno intese le parole di Giacomo?
7 In base a queste prove scritturali e alle convincenti testimonianze udite, Giacomo fece questa proposta: “Quindi ritengo che non si debbano creare difficoltà a quelli delle nazioni che si convertono a Dio. Piuttosto, scriviamo loro di astenersi dalle cose contaminate dagli idoli, dall’immoralità sessuale, da ciò che è strangolato e dal sangue. Sin dai tempi antichi, infatti, Mosè ha avuto quelli che lo predicano di città in città, perché viene letto ad alta voce ogni Sabato nelle sinagoghe” (Atti 15:19-21).
8 Giacomo stava forse facendo valere la sua autorità sugli altri, magari perché presiedeva l’adunanza? Stava decidendo arbitrariamente cosa si doveva fare? Niente affatto. Lungi dall’imporsi sugli altri, Giacomo stava sottoponendo al loro giudizio una linea di condotta basata sulle prove che erano state presentate e su quanto le Scritture dicevano in merito.
9. Quali benefìci sarebbero derivati dalla proposta di Giacomo?
9 Quella di Giacomo era una proposta valida? Certamente, visto che gli apostoli e gli anziani la accettarono. Con quali benefìci? Da un lato, la linea di condotta raccomandata non “[avrebbe creato] difficoltà” ai cristiani non ebrei obbligandoli a sottostare alla Legge mosaica (Atti 15:19). Dall’altro, quella decisione avrebbe rispettato la coscienza dei cristiani ebrei che per anni avevano sentito “Mosè [che veniva] letto ad alta voce ogni Sabato nelle sinagoghe” (Atti 15:21).b La linea di condotta raccomandata avrebbe sicuramente rafforzato il vincolo tra i cristiani ebrei e quelli non ebrei. Soprattutto avrebbe fatto piacere a Geova Dio, essendo in armonia con il suo proposito in continuo sviluppo. Era un’ottima soluzione per un problema che minacciava l’unità e il bene dell’intera congregazione del popolo di Dio. Ed è anche un eccellente esempio per la congregazione cristiana odierna.
Albert Schroeder mentre pronuncia un discorso a un congresso internazionale nel 1998
10. In che modo il Corpo Direttivo odierno segue il modello di quello del I secolo?
10 Come abbiamo visto nel capitolo precedente, l’odierno Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova, a somiglianza di quello del I secolo, si lascia guidare in ogni cosa da Geova, il Sovrano universale, e da Gesù Cristo, il Capo della congregazione (1 Cor. 11:3).c In che modo? Albert Schroeder, che prestò servizio nel Corpo Direttivo dal 1974 fino al termine della sua vita terrena nel marzo 2006, spiegò: “Il Corpo Direttivo si riunisce di mercoledì, iniziando con una preghiera per chiedere la guida dello spirito di Geova. Si compie un sincero sforzo affinché ogni argomento trattato e ogni decisione presa sia in armonia con la Parola di Dio, la Bibbia”. Sullo stesso tono Milton Henschel, membro del Corpo Direttivo per molti anni fino al termine della sua vita terrena nel marzo 2003, pose questa importante domanda ai diplomandi della 101ª classe della Scuola di Galaad: “C’è un’altra organizzazione sulla terra il cui Corpo Direttivo consulti la Parola di Dio, la Bibbia, prima di prendere decisioni importanti?” La risposta è ovvia.
“Decisero di mandare [...] uomini scelti” (Atti 15:22-29)
11. Come venne comunicata alle congregazioni la decisione del corpo direttivo?
11 Sulla questione della circoncisione il corpo direttivo di Gerusalemme era arrivato a una decisione unanime. Ma affinché i fratelli delle congregazioni potessero agire in unità, quella decisione doveva essere comunicata loro in maniera chiara e incoraggiante. Qual era il modo migliore per farlo? Il libro degli Atti spiega: “Gli apostoli e gli anziani, insieme a tutta la congregazione, decisero di mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba uomini scelti fra loro; mandarono Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini che avevano responsabilità tra i fratelli”. Inoltre fu scritta una lettera che venne affidata a quegli uomini perché fosse letta in tutte le congregazioni di Antiochia, della Siria e della Cilicia (Atti 15:22-26).
12, 13. Quale risultato fu conseguito con l’invio (a) di Giuda e Sila? (b) di una lettera da parte del corpo direttivo?
12 Giuda e Sila “avevano responsabilità tra i fratelli”, ed erano quindi pienamente qualificati per rappresentare il corpo direttivo. Questa delegazione di quattro uomini avrebbe reso evidente che il messaggio che dovevano portare non rispondeva semplicemente alla domanda iniziale, ma comunicava le nuove istruzioni del corpo direttivo. La presenza di quegli “uomini scelti” avrebbe creato un forte legame tra i cristiani ebrei di Gerusalemme e i cristiani non ebrei delle varie congregazioni. Era davvero una disposizione saggia e amorevole che promuoveva la pace e l’armonia tra i servitori di Dio.
13 La lettera forniva chiare istruzioni per i cristiani non ebrei non solo sulla circoncisione, ma anche su quello che dovevano fare per avere il favore e la benedizione di Geova. Il punto chiave della lettera diceva: “Allo spirito santo e a noi è sembrato bene di non aggiungervi nessun altro peso, all’infuori di queste cose necessarie: astenersi dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, da ciò che è strangolato e dall’immoralità sessuale. Se vi asterrete attentamente da queste cose, prospererete. Vi salutiamo!” (Atti 15:28, 29).
14. Com’è possibile che in un mondo così diviso i servitori di Geova operino in unità?
14 Oggi fra gli oltre 8.000.000 di testimoni di Geova, nelle oltre 100.000 congregazioni in tutta la terra, regnano sintonia di pensiero e unità di azione. Cosa rende possibile questa unità, soprattutto in un mondo caratterizzato dal caos e dalla discordia come quello di oggi? L’unità è dovuta principalmente alle chiare ed esplicite istruzioni che Gesù Cristo, il Capo della congregazione cristiana, fornisce tramite “lo schiavo fedele e saggio”, cioè il Corpo Direttivo (Matt. 24:45-47). Dipende anche dal fatto che la famiglia mondiale dei fratelli coopera di buon grado seguendo le istruzioni del Corpo Direttivo.
“Si rallegrarono dell’incoraggiamento” (Atti 15:30-35)
15, 16. Quale fu l’esito della questione della circoncisione, e cosa vi contribuì?
15 Il libro degli Atti prosegue dicendo che i fratelli venuti da Gerusalemme giunsero ad Antiochia e lì, “riuniti tutti i discepoli, consegnarono loro la lettera”. Quale fu la reazione dei fratelli locali alla lettera di istruzioni del corpo direttivo? “Dopo averla letta, questi si rallegrarono dell’incoraggiamento” (Atti 15:30, 31). Inoltre Giuda e Sila “incoraggiarono i fratelli con molti discorsi e li rafforzarono”. In questo senso si può dire che erano “profeti”, come anche Barnaba, Paolo e altri furono chiamati profeti, termine che designa coloro che annunciavano o facevano conoscere la volontà di Dio (Atti 13:1; 15:32; Eso. 7:1, 2).
16 È chiaro che Geova benedisse il modo in cui la questione fu affrontata e fece sì che venisse risolta nel migliore dei modi. A cosa fu dovuto l’esito positivo? Indubbiamente alle chiare e tempestive istruzioni del corpo direttivo, basate sulla Parola di Dio e sulla guida dello spirito santo, e in più al modo amorevole e diretto in cui le disposizioni furono comunicate alle congregazioni.
17. Quali aspetti delle visite dei sorveglianti di circoscrizione si rifanno al modello stabilito nel I secolo?
17 Seguendo quel modello, l’odierno Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova provvede istruzioni tempestive alla famiglia mondiale dei fratelli. Le decisioni prese vengono comunicate alle congregazioni in maniera chiara e diretta, ad esempio tramite le visite dei sorveglianti di circoscrizione. Questi fratelli altruisti si spostano da una congregazione all’altra, fornendo chiare direttive e caloroso incoraggiamento. Come Paolo e Barnaba, dedicano parecchio tempo al ministero, “insegnando e dichiarando, insieme a molti altri, la buona notizia della parola di Geova” (Atti 15:35). E come Giuda e Sila, ‘incoraggiano i fratelli con molti discorsi e li rafforzano’.
18. Cosa permetterà al popolo di Dio di continuare ad avere la sua benedizione?
18 Che dire delle congregazioni in tutta la terra? Cosa permetterà loro di rimanere in pace e armonia nel mondo diviso di oggi? Ricordate che proprio il discepolo Giacomo in seguito scrisse: “La sapienza che viene dall’alto è prima di tutto pura, poi pacifica, ragionevole, pronta a ubbidire [...]. Inoltre il frutto della giustizia viene seminato in condizioni pacifiche per quelli che promuovono la pace” (Giac. 3:17, 18). Non sappiamo se Giacomo avesse in mente quell’adunanza tenuta a Gerusalemme, ma dagli eventi riportati nel capitolo 15 degli Atti è chiaro che la benedizione di Geova può esserci solo quando esistono unità e cooperazione.
19, 20. (a) Da cosa era evidente che ora nella congregazione di Antiochia c’erano pace e unità? (b) Cosa potevano fare ora Paolo e Barnaba?
19 Era evidente che ora nella congregazione di Antiochia c’erano pace e unità. Anziché disputare con i fratelli di Gerusalemme, quelli di Antiochia apprezzarono molto la visita di Giuda e Sila. Il racconto dice che Giuda e Sila “si trattennero lì per un po’ di tempo, poi i fratelli augurarono loro pace e li lasciarono tornare da quelli che li avevano mandati”, cioè li lasciarono tornare a Gerusalemme (Atti 15:33).d Di sicuro anche i fratelli di Gerusalemme si rallegrarono sentendo i due uomini raccontare del loro viaggio. Grazie all’immeritata bontà di Geova la loro missione era andata a buon fine.
20 Paolo e Barnaba, che rimasero ad Antiochia, potevano ora concentrarsi sull’opera di evangelizzazione, impegnandosi in prima linea proprio come fanno oggi i sorveglianti di circoscrizione quando visitano le congregazioni (Atti 13:2, 3). Che benedizione per il popolo di Geova! Ma in che modo Geova continuò a impiegare e benedire quei due zelanti evangelizzatori? Lo vedremo nel prossimo capitolo.
I cristiani odierni beneficiano dei doni spirituali provveduti tramite il Corpo Direttivo e i suoi rappresentanti
a Vedi il riquadro “Giacomo: ‘il fratello del Signore’”.
b Giacomo fece saggiamente riferimento agli scritti di Mosè, che includevano non solo il codice della Legge ma anche una narrazione dell’operato di Dio e indicazioni della sua volontà antecedenti alla Legge. Per esempio, da Genesi è evidente il punto di vista di Dio sul sangue, l’adulterio e l’idolatria (Gen. 9:3, 4; 20:2-9; 35:2, 4). Geova rivelò così dei princìpi vincolanti per tutti gli esseri umani, sia ebrei che non ebrei.
c Vedi il riquadro “Com’è organizzato oggi il Corpo Direttivo”.
d Nel versetto 34 alcune traduzioni bibliche, come la Ricciotti, aggiungono che Sila decise di rimanere ad Antiochia. Tuttavia si tratta probabilmente di un’interpolazione successiva comparsa in alcuni manoscritti.
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“Rafforzando le congregazioni”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 15
“Rafforzando le congregazioni”
I ministri viaggianti aiutano le congregazioni a essere rese ferme nella fede
Basato su Atti 15:36–16:5
1-3. (a) Chi è il nuovo compagno di viaggio di Paolo, e cosa possiamo dire di lui? (b) Cosa prenderemo in considerazione in questo capitolo?
CAMMINANDO lungo sentieri accidentati tra un centro abitato e l’altro, l’apostolo Paolo osserva pensieroso il ragazzo che è al suo fianco. Si chiama Timoteo. Giovane e pieno di vigore, Timoteo ha forse una ventina d’anni. In questo viaggio ogni passo lo porta più lontano da casa. Con il trascorrere delle ore, Listra e Iconio si perdono in lontananza alle loro spalle. Cosa li attende? Paolo ne ha già un’idea, poiché questo è il suo secondo viaggio missionario. Sa che non mancheranno pericoli e problemi. Ma come se la caverà il ragazzo che lo accompagna?
2 Paolo ha fiducia in Timoteo, forse più di quanto questo umile ragazzo ne abbia in sé stesso. A motivo dei recenti avvenimenti, Paolo è più convinto che mai di aver bisogno di un compagno di viaggio adatto. Sa che l’opera che li attende, cioè visitare e rafforzare le congregazioni, richiederà grande forza di volontà e unità di intenti da parte dei ministri viaggianti. Perché la pensa così? Un motivo potrebbe essere il disaccordo che poco prima ha causato una frattura tra lui e Barnaba.
3 In questo capitolo esamineremo qual è il modo migliore per appianare i contrasti. Vedremo anche perché Paolo scelse Timoteo come compagno di viaggio e capiremo il ruolo fondamentale degli odierni sorveglianti di circoscrizione.
“Torniamo ora a visitare i fratelli” (Atti 15:36)
4. Cosa intendeva fare Paolo durante il secondo viaggio missionario?
4 Nel capitolo precedente abbiamo visto che una delegazione di quattro fratelli, cioè Paolo, Barnaba, Giuda e Sila, aveva rafforzato la congregazione di Antiochia comunicando la decisione del corpo direttivo in merito alla circoncisione. Dopodiché cosa fece Paolo? Propose a Barnaba un nuovo viaggio, dicendo: “Torniamo ora a visitare i fratelli in ognuna delle città in cui abbiamo proclamato la parola di Geova, per vedere come stanno” (Atti 15:36). Paolo non aveva in mente una semplice visita amichevole a quei cristiani convertiti da poco. Il libro degli Atti rivela qual era l’intento di questo suo nuovo viaggio missionario. Primo, Paolo voleva continuare a trasmettere le disposizioni del corpo direttivo (Atti 16:4). Secondo, in qualità di sorvegliante viaggiante era deciso a rafforzare spiritualmente le congregazioni, aiutandole a essere sempre più ferme nella fede (Rom. 1:11, 12). In che modo l’odierna organizzazione dei Testimoni di Geova segue il modello apostolico?
5. In che modo l’odierno Corpo Direttivo guida e incoraggia le congregazioni?
5 Oggi per dirigere la sua congregazione Cristo si serve del Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova. Tramite lettere, pubblicazioni digitali e stampate, adunanze e altri strumenti, questi fedeli fratelli unti guidano e incoraggiano le congregazioni di tutto il mondo. Il Corpo Direttivo cerca inoltre di mantenersi in stretto contatto con ognuna di esse. A questo scopo si avvale di migliaia di sorveglianti di circoscrizione. Questi vengono nominati direttamente dal Corpo Direttivo, che li sceglie tra anziani qualificati in tutta la terra.
6, 7. Quali sono alcune responsabilità dei sorveglianti di circoscrizione?
6 L’obiettivo degli odierni sorveglianti viaggianti è quello di interessarsi personalmente di tutti i componenti delle congregazioni che visitano e offrire loro incoraggiamento spirituale. Fanno questo seguendo l’esempio lasciato dai cristiani del I secolo come Paolo, che diede a Timoteo, anche lui sorvegliante, questa esortazione: “Predica la parola, fallo con urgenza sia in tempi favorevoli che difficili, riprendi, rimprovera ed esorta, con ogni pazienza e arte di insegnare. [...] Svolgi l’opera di evangelizzatore” (2 Tim. 4:2, 5).
7 In armonia con queste parole, i sorveglianti di circoscrizione, insieme alla moglie se sono sposati, affiancano i proclamatori locali nelle varie fasi del ministero di campo. Questi ministri sono zelanti nella predicazione e sono insegnanti capaci, il che si riflette positivamente sul gregge (Rom. 12:11; 2 Tim. 2:15). Coloro che svolgono quest’opera si distinguono per il loro amore altruistico. Sono pronti a spendersi viaggiando anche con avverse condizioni climatiche o in zone pericolose (Filip. 2:3, 4). Inoltre incoraggiano, ammaestrano e consigliano ogni congregazione con discorsi basati sulla Bibbia. Osservare la loro condotta e imitare la loro fede è di beneficio per tutti nella congregazione (Ebr. 13:7).
“Una discussione [...] accesa” (Atti 15:37-41)
8. Come rispose Barnaba all’invito di Paolo?
8 Barnaba accettò di buon grado la proposta di Paolo di “visitare i fratelli” (Atti 15:36). I due erano stati buoni compagni di viaggio; inoltre conoscevano già le regioni in cui sarebbero andati e la gente del posto (Atti 13:2–14:28). Perciò l’idea di assolvere insieme quell’incarico sarà sembrata loro ragionevole e pratica. Ma sorse un problema. Atti 15:37 dice: “Barnaba era deciso a portare anche Giovanni, soprannominato Marco”. Barnaba non stava solo dando un suggerimento: “era deciso” a includere suo cugino Marco in quel viaggio missionario.
9. Perché Paolo non era d’accordo con Barnaba?
9 Paolo non era d’accordo. Perché? La Bibbia dice: “Paolo non era favorevole a portarlo con loro, visto che [Marco] in Panfilia li aveva lasciati e non li aveva più accompagnati nell’opera” (Atti 15:38). Marco aveva accompagnato Paolo e Barnaba nel primo viaggio missionario, ma non era rimasto con loro sino alla fine (Atti 12:25; 13:13). Nella prima parte del viaggio, quando si trovavano in Panfilia, si era tirato indietro ed era tornato a casa, a Gerusalemme. La Bibbia non dice il perché, ma evidentemente Paolo pensava che Marco si fosse comportato da irresponsabile e forse aveva dei dubbi sulla sua affidabilità.
10. A cosa portò il disaccordo tra Paolo e Barnaba, e con quali risultati?
10 Barnaba era comunque deciso a portare con sé Marco, mentre Paolo era altrettanto deciso a non portarlo. “Allora”, come si legge in Atti 15:39, “ci fu una discussione talmente accesa che i due si separarono”. Barnaba salpò alla volta di Cipro, l’isola dove era nato, e portò Marco con sé. Paolo procedette con i suoi piani. Secondo il libro degli Atti, “Paolo scelse Sila e, dopo essere stato affidato dai fratelli all’immeritata bontà di Geova, partì” (Atti 15:40). Insieme attraversarono “la Siria e la Cilicia, rafforzando le congregazioni” (Atti 15:41).
11. Che qualità sono indispensabili per evitare che si crei una frattura insanabile tra noi e qualcuno che ci ha contrariato?
11 Questo episodio ci ricorda che siamo imperfetti. Paolo e Barnaba avevano ricevuto l’incarico di rappresentanti speciali del corpo direttivo, di cui lo stesso Paolo probabilmente entrò a far parte. Eppure in quella circostanza le tendenze umane imperfette ebbero la meglio su di loro. Paolo e Barnaba permisero forse che l’accaduto creasse fra loro una frattura insanabile? Benché imperfetti, erano umili e avevano la mente di Cristo. Senza dubbio nel tempo diedero prova di spirito fraterno e prontezza a perdonare (Efes. 4:1-3). In seguito Paolo e Marco assolsero insieme altri incarichi (Col. 4:10).a
12. Quali caratteristiche dovrebbero avere i sorveglianti dei nostri giorni a imitazione di Paolo e Barnaba?
12 Né Barnaba né Paolo erano soliti lasciarsi trasportare dall’ira. Barnaba era conosciuto come un uomo amorevole e generoso, al punto che invece di chiamarlo Giuseppe, il suo nome proprio, gli apostoli lo chiamavano Barnaba, soprannome che significa “figlio di conforto” (Atti 4:36). Anche Paolo era noto per la sua premura e gentilezza (1 Tess. 2:7, 8). A imitazione di Paolo e Barnaba, tutti i sorveglianti cristiani dei nostri giorni, inclusi i sorveglianti di circoscrizione, dovrebbero sempre cercare di manifestare umiltà e di essere premurosi con gli altri anziani e con il resto del gregge (1 Piet. 5:2, 3).
“Parlavano bene di lui” (Atti 16:1-3)
13, 14. (a) Chi era Timoteo, e probabilmente in quali circostanze Paolo lo conobbe? (b) Perché Paolo rimase particolarmente colpito da Timoteo? (c) Quale incarico ricevette Timoteo?
13 Il secondo viaggio missionario portò Paolo nella provincia romana della Galazia, dove c’erano già alcune congregazioni. Paolo “arrivò a Derbe e a Listra”. La narrazione prosegue: “Là c’era un discepolo di nome Timoteo: sua madre era una donna giudea credente ma suo padre era greco” (Atti 16:1).b
14 A quanto pare Paolo aveva conosciuto la famiglia di Timoteo la prima volta che si era recato in quella zona, verso il 47 E.V. Ora, durante la seconda visita avvenuta due o tre anni dopo, Paolo rimase particolarmente colpito da Timoteo. Perché? Perché “i fratelli [...] parlavano bene di lui”. Timoteo non era apprezzato solo dai fratelli della sua città; la stima di cui godeva andava oltre i confini della sua congregazione. Infatti viene detto che ne parlavano bene sia i fratelli di Listra sia quelli di Iconio, distante una trentina di chilometri (Atti 16:2). Guidati dallo spirito santo, gli anziani affidarono al giovane Timoteo una grande responsabilità: accompagnare Paolo e Sila in qualità di ministro viaggiante (Atti 16:3).
15, 16. A cosa era dovuta la buona reputazione di Timoteo?
15 Come mai alla sua età Timoteo aveva già questa buona reputazione? A motivo della sua intelligenza, del suo aspetto fisico o delle sue doti? Gli esseri umani rimangono spesso colpiti da cose del genere. Persino il profeta Samuele una volta si lasciò ingannare dalle apparenze. Ma Geova gli ricordò: “L’uomo non vede le cose come le vede Dio: il semplice uomo guarda l’apparenza, mentre Geova guarda nel cuore” (1 Sam. 16:7). Timoteo si era fatto un buon nome presso i compagni di fede più per le sue qualità interiori che per le sue capacità.
16 Anni dopo, l’apostolo Paolo menzionò alcune delle qualità spirituali di Timoteo. Parlò della sua buona disposizione d’animo, del suo altruismo e della diligenza con cui assolveva gli incarichi teocratici (Filip. 2:20-22). Timoteo era anche noto per la sua “fede sincera” (2 Tim. 1:5).
17. In che modo oggi i giovani possono imitare Timoteo?
17 Oggi molti giovani imitano Timoteo coltivando qualità cristiane. In questo modo già da ragazzi si fanno un buon nome presso Geova e il suo popolo (Prov. 22:1; 1 Tim. 4:15). Manifestano fede sincera, non conducendo una doppia vita (Sal. 26:4). Di conseguenza molti di loro, come Timoteo, possono essere una risorsa preziosa per la congregazione. Quando diventano idonei come proclamatori della buona notizia e poi si dedicano a Geova e si battezzano, sono davvero fonte di incoraggiamento per tutti i loro compagni di fede.
“Le congregazioni erano [...] rese ferme nella fede” (Atti 16:4, 5)
18. (a) Quali privilegi ebbero Paolo e Timoteo in qualità di ministri viaggianti? (b) Come furono benedette le congregazioni?
18 Paolo e Timoteo collaborarono per anni. Svolsero varie missioni per conto del corpo direttivo in qualità di ministri viaggianti. La Bibbia dice: “Mentre viaggiavano per le città, trasmettevano ai fratelli le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani a Gerusalemme, perché le rispettassero” (Atti 16:4). Evidentemente le congregazioni seguirono le direttive degli apostoli e degli anziani di Gerusalemme. Il risultato di tale ubbidienza fu che “le congregazioni erano [...] rese ferme nella fede e crescevano di giorno in giorno” (Atti 16:5).
19, 20. Perché i cristiani devono ubbidire a “quelli che [li] guidano”?
19 Tuttora i Testimoni di Geova ricevono le benedizioni che derivano dall’ubbidiente sottomissione a “quelli che [li] guidano” (Ebr. 13:17). Visto che la scena del mondo cambia di continuo, è indispensabile che i cristiani si alimentino regolarmente con il cibo spirituale provveduto dallo “schiavo fedele e saggio” (Matt. 24:45; 1 Cor. 7:29-31). Questo ci aiuterà a non deviare dalla verità e a non farci macchiare dal mondo (Giac. 1:27).
20 È vero, gli odierni sorveglianti cristiani, inclusi i membri del Corpo Direttivo, sono imperfetti, come lo erano Paolo, Barnaba, Marco e gli altri anziani unti del I secolo (Rom. 5:12; Giac. 3:2). Ma il Corpo Direttivo si dimostra degno di fiducia, dal momento che si attiene fedelmente alla Parola di Dio e al modello apostolico (2 Tim. 1:13, 14). Di conseguenza le congregazioni sono rafforzate e rese ferme nella fede.
a Vedi il riquadro “Marco e i suoi numerosi incarichi”.
b Vedi il riquadro “Timoteo si prodiga ‘per diffondere la buona notizia’”.
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“Vieni in Macedonia”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 16
“Vieni in Macedonia”
Benedizioni risultanti dall’accettare un incarico e dall’affrontare con gioia la persecuzione
Basato su Atti 16:6-40
1-3. (a) In che modo Paolo e i suoi compagni vengono guidati dallo spirito santo? (b) Quali avvenimenti passeremo in rassegna?
UN GRUPPO di donne esce dalla città di Filippi, in Macedonia, e poco dopo arriva al fiume Gangite. Com’è loro abitudine, le donne si siedono sulla riva per pregare l’Iddio di Israele, Geova. Ed egli le osserva (2 Cron. 16:9; Sal. 65:2).
2 Nel frattempo, più di 800 chilometri a est di Filippi, un gruppo di uomini lascia la città di Listra, nella Galazia meridionale. Alcuni giorni dopo raggiungono una strada romana lastricata che, procedendo verso ovest, porta alla zona più popolata della provincia dell’Asia. Quegli uomini sono Paolo, Sila e Timoteo. Non vedono l’ora di percorrere quella strada per recarsi a Efeso e in altre città dove migliaia di persone hanno bisogno di sentir parlare di Cristo. Eppure, ancor prima che si mettano in viaggio, lo spirito santo li ferma in un modo non meglio precisato. Viene impedito loro di predicare nella provincia dell’Asia. Perché? Per mezzo dello spirito di Dio, Gesù vuole guidare Paolo e i suoi compagni oltre l’Asia Minore, attraverso il Mar Egeo, fino alle rive di quel fiumiciattolo chiamato Gangite.
3 Dal modo in cui Gesù guidò Paolo e i suoi compagni in quell’insolito viaggio verso la Macedonia possiamo imparare molto. Perciò passiamo in rassegna alcuni degli avvenimenti legati al secondo viaggio missionario di Paolo, iniziato intorno al 49 E.V.
“Dio ci aveva chiamato” (Atti 16:6-15)
4, 5. (a) Cosa accadde a Paolo e ai suoi compagni prima di arrivare in Bitinia? (b) Quale decisione presero quegli uomini, e con quali risultati?
4 Non potendo predicare nella provincia dell’Asia, Paolo e i suoi compagni si diressero a nord per portare la buona notizia alle città della Bitinia. Per arrivarci camminarono probabilmente per giorni lungo strade sterrate nelle regioni scarsamente popolate della Frigia e della Galazia. Tuttavia, prima che arrivassero in Bitinia, Gesù mediante lo spirito santo li fermò di nuovo (Atti 16:6, 7). A quel punto erano senz’altro molto perplessi. Sapevano cosa predicare e come predicare, ma non sapevano dove. Avevano per così dire bussato alla porta dell’Asia, ma invano. Poi avevano bussato alla porta della Bitinia, ma di nuovo invano. Eppure Paolo era determinato a continuare a bussare fino a trovare una porta che si aprisse. Quegli uomini presero allora una decisione che poteva sembrare illogica. Si diressero a ovest e camminarono per 550 chilometri, superando una città dopo l’altra fino al porto di Troas, da dove ci si poteva imbarcare per la Macedonia (Atti 16:8). Lì per la terza volta Paolo bussò a una porta, e questa finalmente si spalancò.
5 L’evangelista Luca, che a Troas si unì alla comitiva di Paolo, riferisce quanto avvenne: “Durante la notte Paolo ebbe una visione. Gli stava davanti un uomo macedone che lo supplicava dicendo: ‘Vieni in Macedonia e aiutaci’. Subito dopo quella visione cercammo di andare in Macedonia, avendo tratto la conclusione che Dio ci aveva chiamato a dichiarare loro la buona notizia” (Atti 16:9, 10).a Adesso Paolo sapeva dove predicare. Come doveva essere felice di non essersi dato per vinto a metà strada! I quattro uomini salparono immediatamente per la Macedonia.
“Perciò salpammo da Troas” (Atti 16:11)
6, 7. (a) Cosa possiamo imparare da quello che avvenne durante il viaggio di Paolo? (b) Cosa ci assicura l’esperienza di Paolo?
6 Che cosa possiamo imparare da quegli avvenimenti? Notate che lo spirito di Dio agì solo dopo che Paolo si era messo in viaggio verso l’Asia; inoltre Gesù intervenne solo dopo che Paolo si era incamminato verso la Bitinia e lo guidò in Macedonia solo dopo che questi era giunto a Troas. Oggi Gesù, quale Capo della congregazione, può guidarci in modo simile (Col. 1:18). Mettiamo il caso che da qualche tempo pensiamo di intraprendere il servizio di pioniere o di trasferirci dove c’è maggior bisogno di proclamatori del Regno. Molto probabilmente Gesù ci guiderà tramite lo spirito di Dio solo dopo che avremo fatto dei passi concreti per raggiungere i nostri obiettivi. Perché? Facciamo un esempio: chi guida una macchina può dirigerla a destra o a sinistra, ma solo se l’auto è in movimento. Gesù ci guida in modo simile affinché possiamo fare di più nel ministero, ma solo se siamo in movimento, cioè se ci stiamo impegnando davvero.
7 E se i nostri sforzi non portano subito frutto? Dovremmo arrenderci e pensare che lo spirito di Dio non ci stia guidando? No. Non dimentichiamo che anche Paolo incontrò degli ostacoli, eppure continuò a cercare una porta che si aprisse e infine la trovò. Possiamo star certi che, perseverando nel cercare “una grande porta che dà accesso a un’intensa attività”, anche noi saremo ricompensati (1 Cor. 16:9).
8. (a) Descrivete la città di Filippi. (b) Quale fu il felice esito della predicazione di Paolo in “un luogo di preghiera”?
8 Dopo essere arrivati in Macedonia, Paolo e i suoi compagni si diressero a Filippi, i cui abitanti erano orgogliosi di avere la cittadinanza romana. Per i veterani romani che vivevano lì, la colonia di Filippi era un po’ come l’Italia, una Roma in miniatura trapiantata in Macedonia. I missionari pensarono che fuori dalle porte della città, nei pressi di un fiume, ci fosse “un luogo di preghiera”.b Vi andarono di Sabato e vi trovarono parecchie donne radunate per adorare Dio. I discepoli si sedettero a parlare con loro. Una di quelle donne, Lidia, “stava ad ascoltare, e Geova le aprì pienamente il cuore”. Lidia fu così colpita da quanto udì che lei e quelli della sua casa si battezzarono. Poi insisté che Paolo e i suoi compagni fossero ospiti in casa sua (Atti 16:13-15).c
9. In che modo oggi molti imitano l’esempio di Paolo, e quali benedizioni hanno?
9 Il battesimo di Lidia fu davvero motivo di gioia. Come dovette essere felice Paolo di aver accettato l’invito ad andare in Macedonia! E come fu felice che Geova avesse ritenuto opportuno usare lui e i suoi compagni per rispondere alle preghiere di quelle donne devote! Anche oggi molti fratelli e sorelle, giovani o meno giovani, sposati o no, si trasferiscono dove c’è maggior bisogno di proclamatori del Regno. Di sicuro incontrano delle difficoltà, ma queste non sono nulla in confronto con la soddisfazione di trovare persone che, come Lidia, accettano la verità della Bibbia. Potete fare qualche cambiamento che vi permetterebbe di “andare in Macedonia”, ovvero di trasferirvi in un territorio dove c’è più bisogno? Vi attendono molte benedizioni. Per esempio pensate ad Aaron, un fratello che a poco più di 20 anni si è trasferito in un paese centroamericano. Aaron esprime i sentimenti di molti quando dice: “Prestare servizio all’estero mi ha aiutato a crescere spiritualmente e ad avvicinarmi a Geova. E la predicazione è entusiasmante! Conduco otto studi biblici”.
Oggi come possiamo “andare in Macedonia”?
“La folla insorse contro di loro” (Atti 16:16-24)
10. Perché si può dire che c’era l’attività dei demòni dietro al capovolgimento di situazione che stava per verificarsi?
10 Satana era senz’altro furioso per il fatto che la buona notizia stava prendendo piede in una parte del mondo in cui forse lui e i suoi demòni agivano incontrastati. Non stupisce quindi che ci fosse l’attività dei demòni dietro al capovolgimento di situazione che stava per verificarsi nel caso di Paolo e dei suoi compagni. Una giovane serva indemoniata, che con le sue predizioni era fonte di guadagno per i suoi padroni, si mise a seguire Paolo e gli altri ogni volta che questi andavano nel luogo di preghiera. Gridava: “Questi uomini sono schiavi dell’Iddio Altissimo e vi proclamano la via della salvezza!” Può darsi che il demonio inducesse la ragazza a gridare quelle parole per dare l’impressione che le sue predizioni e gli insegnamenti di Paolo venissero dalla stessa fonte. Questo poteva essere un modo per distogliere l’attenzione dei presenti dai veri seguaci di Cristo. Ma Paolo mise a tacere la ragazza espellendo il demonio (Atti 16:16-18).
11. Cosa accadde a Paolo e Sila dopo che ebbero espulso il demonio dalla ragazza?
11 Quando scoprirono che la loro fonte di facili guadagni era svanita, i padroni della ragazza si infuriarono e trascinarono Paolo e Sila nella piazza dove tenevano udienza i magistrati, cioè dei funzionari che rappresentavano Roma. Fecero leva sul pregiudizio e sul patriottismo di quegli uomini, dicendo in pratica: “Questi giudei turbano la quiete pubblica insegnando cose che noi romani non possiamo accettare”. Le loro parole ebbero un effetto immediato. Nella piazza “la folla insorse contro di loro [Paolo e Sila], e i magistrati [...] diedero il comando di bastonarli”. Dopodiché Paolo e Sila furono messi in prigione. Il carceriere rinchiuse i due uomini feriti nella cella più interna e fissò i loro piedi ai ceppi (Atti 16:19-24). Quando chiuse la porta, la cella era così buia che probabilmente Paolo e Sila non riuscivano nemmeno a vedersi. Ma Geova osservava (Sal. 139:12).
12. (a) Come consideravano la persecuzione i discepoli di Cristo, e perché? (b) Quali forme di opposizione Satana e i suoi rappresentanti usano ancora oggi?
12 Anni prima Gesù aveva detto ai suoi seguaci: “Perseguiteranno anche voi” (Giov. 15:20). Pertanto, quando andarono in Macedonia, Paolo e gli altri erano preparati a incontrare opposizione. Quando iniziò la persecuzione, la considerarono un segno non della disapprovazione di Geova, ma dell’ira di Satana. Tuttora i rappresentanti di Satana si servono di metodi simili a quelli usati a Filippi. Mentendo, gli oppositori ci mettono in cattiva luce a scuola e al lavoro, e alimentano così l’ostilità nei nostri confronti. In alcuni paesi, oppositori religiosi ci accusano nei tribunali, dicendo in pratica: “Questi Testimoni turbano la quiete pubblica insegnando cose che a motivo della nostra tradizione religiosa non possiamo accettare”. Ci sono luoghi in cui i nostri compagni di fede vengono picchiati e messi in prigione. Ma Geova osserva (1 Piet. 3:12).
“Furono subito battezzati” (Atti 16:25-34)
13. Perché il carceriere fu indotto a chiedere cosa doveva fare per essere salvato?
13 Paolo e Sila ci avranno messo un po’ a riprendersi dai tumultuosi avvenimenti di quel giorno. Ma verso mezzanotte si erano riavuti dalle percosse, e “pregavano e lodavano Dio con canti”. All’improvviso un terremoto scosse la prigione. Il carceriere si svegliò e, vedendo che le porte erano aperte, ebbe timore che i prigionieri fossero fuggiti. Sapendo che sarebbe stato punito per averli lasciati scappare, “sguainò la spada e stava per uccidersi”. Ma Paolo gridò: “Non farti del male: siamo tutti qui!” Il carceriere, ancora scosso, chiese: “Signori, che devo fare per essere salvato?” Paolo e Sila non potevano salvarlo; solo Gesù poteva farlo. Quindi risposero: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato” (Atti 16:25-31).
14. (a) In che modo Paolo e Sila aiutarono il carceriere? (b) Quali benedizioni ebbero per aver affrontato con gioia la persecuzione?
14 La domanda del carceriere era sincera? Paolo non ne dubitò. Il carceriere non era ebreo e non aveva familiarità con le Scritture. Per poter diventare cristiano aveva bisogno di imparare e accettare le fondamentali verità scritturali. Pertanto Paolo e Sila si trattennero con lui e gli “annunciarono la parola di Geova”. Erano così assorti nell’insegnargli le Scritture che forse dimenticarono il dolore per i colpi ricevuti. Ma il carceriere notò le profonde ferite che avevano sul dorso e le medicò. Poi lui e i suoi “furono subito battezzati”. Che benedizioni ebbero Paolo e Sila per aver affrontato con gioia la persecuzione! (Atti 16:32-34).
15. (a) In che modo molti Testimoni odierni hanno seguito l’esempio di Paolo e Sila? (b) Perché dovremmo continuare a visitare le persone del nostro territorio?
15 Come Paolo e Sila, molti Testimoni odierni hanno predicato la buona notizia con ottimi risultati mentre erano in prigione per la loro fede. Per esempio, in un paese in cui le nostre attività erano vietate ci fu un periodo in cui il 40 per cento di tutti i Testimoni locali avevano conosciuto la verità riguardo a Geova mentre erano in prigione (Isa. 54:17). Notate inoltre che il carceriere chiese aiuto spirituale solo dopo che c’era stato il terremoto. Similmente, oggi alcuni che non hanno mai accettato il messaggio del Regno potrebbero farlo dopo essere stati colpiti all’improvviso da un evento angoscioso. Visitando e rivisitando fedelmente le persone del nostro territorio, saremo sempre pronti ad aiutarle.
“Ora ci mandano fuori di nascosto?” (Atti 16:35-40)
16. Come si ribaltò la situazione il giorno dopo la fustigazione di Paolo e Sila?
16 La mattina dopo la fustigazione i magistrati ordinarono che Paolo e Sila venissero rilasciati. Ma Paolo disse: “Ci hanno fustigato pubblicamente senza che fossimo stati condannati, noi che siamo romani, e ci hanno gettato in prigione. Ora ci mandano fuori di nascosto? No davvero! Vengano loro stessi a farci uscire”. Saputo che i due uomini erano cittadini romani, i magistrati “ebbero paura”, poiché avevano violato i loro diritti.d La situazione si era ribaltata. I discepoli erano stati picchiati pubblicamente; ora i magistrati dovettero scusarsi pubblicamente. Poi supplicarono Paolo e Sila di lasciare Filippi. I due acconsentirono, ma prima si fermarono a incoraggiare il gruppo sempre più numeroso dei nuovi discepoli. Solo allora se ne andarono.
17. Quale importante lezione avranno tratto i nuovi discepoli dall’esempio di Paolo e Sila?
17 Se i loro diritti di cittadini romani fossero stati rispettati prima, Paolo e Sila avrebbero evitato la fustigazione (Atti 22:25, 26). Questo però avrebbe potuto dare ai discepoli di Filippi l’impressione che i due volessero approfittare della loro condizione per evitare di soffrire per amore di Cristo. Che effetto avrebbe avuto sulla fede di quei discepoli che, non essendo cittadini romani, non potevano appellarsi alla legge per evitare la fustigazione? Quindi, subendo la punizione, Paolo e il suo compagno dimostrarono con l’esempio ai nuovi credenti che i seguaci di Cristo sono in grado di rimanere saldi di fronte alla persecuzione. Inoltre, chiedendo che venisse riconosciuta la loro cittadinanza, Paolo e Sila costrinsero i magistrati ad ammettere pubblicamente che avevano agito in modo illegale. Questo, a sua volta, avrebbe potuto trattenere le autorità dal maltrattare i compagni di fede di Paolo e avrebbe in qualche modo tutelato quei cristiani da simili attacchi in futuro.
18. (a) In che modo oggi i sorveglianti cristiani imitano l’esempio di Paolo? (b) Come ‘difendiamo e facciamo riconoscere legalmente la buona notizia’ oggi?
18 Anche oggi nella congregazione cristiana i sorveglianti danno l’esempio. Questi pastori fanno per primi tutto ciò che si aspettano dai loro compagni di fede. A imitazione di Paolo, inoltre, noi cristiani valutiamo attentamente come e quando far valere i nostri diritti per ottenere protezione. Se necessario, ricorriamo a tribunali locali, nazionali e persino internazionali perché la nostra adorazione venga tutelata dalla legge. Il nostro obiettivo non è quello di promuovere riforme sociali, ma di “difendere e far riconoscere legalmente la buona notizia”, come scrisse Paolo alla congregazione di Filippi una decina di anni dopo essere stato incarcerato lì (Filip. 1:7). Indipendentemente dall’esito di tali azioni legali, siamo decisi come Paolo e i suoi compagni a continuare a “dichiarare [...] la buona notizia” ovunque ci guidi lo spirito di Dio (Atti 16:10).
a Vedi il riquadro “Luca: lo scrittore degli Atti”.
b Forse agli ebrei non era permesso avere una sinagoga a Filippi a motivo del carattere militare della città. Oppure non vi erano nemmeno 10 ebrei maschi, il numero minimo per poter aprire una sinagoga.
c Vedi il riquadro “Lidia: commerciante di porpora”.
d La legge romana stabiliva che un cittadino aveva diritto a un processo equo e che non doveva essere punito pubblicamente senza essere stato condannato.
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“Ragionò con loro attingendo dalle Scritture”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 17
“Ragionò con loro attingendo dalle Scritture”
La base dell’insegnamento efficace; l’ottimo esempio dei bereani
Basato su Atti 17:1-15
1, 2. Chi sono i viaggiatori in cammino da Filippi a Tessalonica, e forse a cosa stanno pensando?
LA STRADA molto frequentata, opera di esperti ingegneri romani, si snoda tra impervie montagne. Lungo il percorso si sentono ogni tanto il raglio degli asini, il rumore delle ruote dei carri sul lastricato e il vocio di viaggiatori di ogni tipo, tra cui probabilmente soldati, mercanti e artigiani. Tre compagni, Paolo, Sila e Timoteo, stanno percorrendo i 130 chilometri che separano Filippi da Tessalonica. Il viaggio non è certo facile, soprattutto per Paolo e Sila che si stanno ancora riprendendo dalle bastonate ricevute a Filippi (Atti 16:22, 23).
2 Come fanno questi uomini a non pensare a tutta la strada che devono ancora percorrere? Conversare senz’altro aiuta. È ancora fresco nella loro mente il ricordo dell’emozionante esperienza vissuta a Filippi, quando il carceriere e la sua famiglia sono diventati credenti. Questo li ha resi più decisi che mai a continuare a proclamare la parola di Dio. Comunque, mentre si avvicinano alla città costiera di Tessalonica, forse si chiedono come verranno accolti dagli ebrei del posto. Saranno osteggiati e addirittura picchiati come a Filippi?
3. In che modo il fatto che Paolo trovò il coraggio di predicare può aiutare anche noi?
3 Paolo in seguito esternò i suoi sentimenti in una lettera ai cristiani di Tessalonica, dicendo: “Sebbene a Filippi avessimo sofferto e ricevuto insulti, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi la buona notizia di Dio nonostante una grande opposizione” (1 Tess. 2:2). Queste parole sembrano indicare che arrivando a Tessalonica Paolo avesse qualche timore, specie dopo quello che era accaduto a Filippi. Riusciamo a metterci nei suoi panni? A volte troviamo difficile proclamare la buona notizia? Paolo confidava nel fatto che Geova lo avrebbe rafforzato e lo avrebbe aiutato a trovare il coraggio necessario. Riflettere sul suo esempio può aiutarci a fare lo stesso (1 Cor. 4:16).
“Ragionò con loro attingendo dalle Scritture” (Atti 17:1-3)
4. Perché è verosimile che Paolo sia rimasto a Tessalonica più di tre settimane?
4 La Bibbia dice che a Tessalonica Paolo predicò nella sinagoga per tre Sabati. Questo vuol dire che rimase in città solo tre settimane? Non necessariamente. Non sappiamo quanto tempo dopo il suo arrivo Paolo andò per la prima volta nella sinagoga. Inoltre dalle sue lettere apprendiamo che a Tessalonica lui e i suoi compagni lavorarono per mantenersi (1 Tess. 2:9; 2 Tess. 3:7, 8). E durante la sua permanenza Paolo ricevette per due volte delle provviste dai fratelli di Filippi (Filip. 4:16). Quindi è verosimile che sia rimasto a Tessalonica un po’ più di tre settimane.
5. In che modo Paolo cercò di destare l’interesse di chi lo ascoltava?
5 Avendo trovato il coraggio di predicare, Paolo parlò a coloro che erano radunati nella sinagoga. Com’era sua abitudine, “ragionò con loro attingendo dalle Scritture, spiegando e provando con riferimenti che era necessario che il Cristo soffrisse e risorgesse dai morti, e dicendo: ‘È lui il Cristo, questo Gesù che io vi proclamo’” (Atti 17:2, 3). Notate che Paolo non fece leva sull’emotività dei suoi ascoltatori, ma cercò di farli ragionare. Sapeva che coloro che frequentavano la sinagoga conoscevano e rispettavano le Scritture, ma non le capivano pienamente. Paolo pertanto argomentò, spiegò e dimostrò con le Scritture che Gesù di Nazaret era il promesso Messia, o Cristo.
6. In che modo Gesù attingeva dalle Scritture per insegnare, e con quale risultato?
6 Paolo seguiva il modello di Gesù, che fece delle Scritture la base del suo insegnamento. Durante il suo ministero pubblico, per esempio, Gesù disse ai suoi seguaci che secondo le Scritture il Figlio dell’uomo doveva soffrire, morire e risorgere (Matt. 16:21). Dopo la risurrezione, Gesù apparve ai discepoli. Di per sé questo sarebbe bastato a dimostrare che aveva detto la verità, ma Gesù fece di più. Leggiamo che, in un’occasione in cui parlò ad alcuni discepoli, “cominciando da Mosè e da tutti i Profeti, spiegò loro tutto ciò che le Scritture dicevano riguardo a lui”. Con quale risultato? I discepoli osservarono: “Non ardeva il nostro cuore mentre ci parlava lungo il cammino e ci spiegava le Scritture?” (Luca 24:13, 27, 32).
7. Perché è importante che basiamo il nostro insegnamento sulle Scritture?
7 Il messaggio della Parola di Dio è potente (Ebr. 4:12). Perciò a imitazione di Gesù, di Paolo e degli altri apostoli, i cristiani odierni basano quello che insegnano sulle Scritture. Infatti anche noi ragioniamo con le persone, spieghiamo il significato delle Scritture e proviamo quello che insegniamo aprendo la Bibbia e mostrando ai nostri interlocutori ciò che dice. D’altronde il messaggio che portiamo non è nostro. Usando la Bibbia il più possibile, aiutiamo le persone a capire che non divulghiamo idee nostre, ma quello che insegna Dio. Inoltre facciamo bene a ricordare anche noi che il messaggio che predichiamo si basa sulla Parola di Dio, ed è assolutamente degno di fiducia. Sapere questo non ci spinge a predicare con coraggio come fece Paolo?
“Alcuni [...] diventarono credenti” (Atti 17:4-9)
8-10. (a) Come reagirono gli abitanti di Tessalonica alla buona notizia? (b) Perché alcuni ebrei erano gelosi di Paolo? (c) Cosa fecero gli oppositori ebrei?
8 Paolo aveva già sperimentato la veracità di queste parole di Gesù: “Uno schiavo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno ubbidito alla mia parola, ubbidiranno anche alla vostra” (Giov. 15:20). A Tessalonica Paolo incontrò queste reazioni opposte: alcuni si dimostrarono ansiosi di ubbidire alla parola, altri la respinsero. A proposito di quelli che ebbero una reazione favorevole, Luca scrive: “Alcuni di loro [cioè degli ebrei] diventarono credenti [cioè cristiani] e si unirono a Paolo e Sila, come fecero anche un gran numero di greci che adoravano Dio e non poche delle donne in vista” (Atti 17:4). Senz’altro quei nuovi discepoli si rallegrarono di essere stati aiutati a capire le Scritture.
9 Anche se alcuni apprezzarono le parole di Paolo, altri si infuriarono. Certi ebrei di Tessalonica erano gelosi del fatto che Paolo fosse riuscito a convertire “un gran numero di greci”. Quegli ebrei, intenti a fare proseliti, avevano insegnato ai greci le Scritture Ebraiche e ora in un certo senso li consideravano una loro proprietà. Tutt’a un tratto, però, sembrava che Paolo se li stesse portando via, e proprio dalla sinagoga. Gli ebrei erano furibondi.
“Cercarono Paolo e Sila per consegnarli alla turba” (Atti 17:5)
10 Luca ci dice quello che accadde dopo: “I giudei, presi dalla gelosia, radunarono alcuni uomini malvagi che oziavano in piazza, formarono una turba e misero la città in subbuglio. Assalirono la casa di Giasone e cercarono Paolo e Sila per consegnarli alla turba. Siccome non li trovarono, trascinarono Giasone e alcuni dei fratelli davanti ai capi della città, gridando: ‘Gli uomini che hanno messo sottosopra la terra abitata sono presenti anche qui, e Giasone li ha ospitati. Tutti questi vanno contro i decreti di Cesare, dicendo che c’è un altro re, Gesù’” (Atti 17:5-7). Che conseguenze avrebbe avuto questo tumulto per Paolo e i suoi compagni?
11. Quali accuse furono mosse contro Paolo e gli altri proclamatori del Regno, e quale decreto potevano avere in mente gli accusatori? (Vedi la nota in calce.)
11 Una turba può essere pericolosa. Irrompe con la furia di un fiume in piena, in modo violento e incontrollato. Questa fu l’arma che gli ebrei impiegarono per cercare di liberarsi di Paolo e Sila. Poi, dopo aver messo la città “in subbuglio”, tentarono di convincere le autorità che le accuse erano gravi. La prima accusa era che Paolo e gli altri proclamatori del Regno avevano “messo sottosopra la terra abitata”, anche se non erano stati Paolo e i suoi compagni a causare il tumulto a Tessalonica. La seconda accusa era molto più grave: gli ebrei sostenevano che i missionari proclamavano “un altro re, Gesù”, violando così i decreti dell’imperatore.a
12. Perché si può dire che le accuse contro i cristiani di Tessalonica potevano avere serie conseguenze?
12 Ricorderete che i capi religiosi avevano mosso un’accusa simile contro Gesù. Avevano detto a Pilato: “Abbiamo sorpreso quest’uomo mentre istigava la nostra nazione alla rivolta [...] e diceva di essere Cristo, il Re” (Luca 23:2). Forse Pilato temeva che l’imperatore potesse accusarlo di condonare un caso di alto tradimento, e quindi fece mettere a morte Gesù. Anche le accuse contro i cristiani di Tessalonica potevano avere serie conseguenze. Un’opera di consultazione afferma: “Non è difficile capire a quale pericolo questo li esponesse, poiché ‘anche il minimo sospetto di tradimento contro gli imperatori spesso si dimostrava fatale per l’accusato’”. Avrebbe avuto successo questo attacco pieno di odio?
13, 14. (a) Perché l’attacco della turba fallì? (b) In che modo Paolo seguì il consiglio di Gesù di essere cauti, e come possiamo imitare il suo esempio?
13 La turba non riuscì a fermare l’opera di predicazione a Tessalonica. Perché? Prima di tutto Paolo e Sila erano introvabili, e poi evidentemente le autorità non erano convinte della fondatezza delle accuse. Dopo aver richiesto “una cauzione sufficiente”, liberarono Giasone e gli altri fratelli che erano stati portati davanti a loro (Atti 17:8, 9). Seguendo il consiglio di Gesù di essere “cauti come serpenti e innocenti come colombe”, Paolo si tenne prudentemente lontano dai guai per poter continuare a predicare altrove (Matt. 10:16). Paolo era senz’altro coraggioso, ma questo non significa che fosse sprezzante del pericolo. In che modo oggi i cristiani possono seguire il suo esempio?
14 Nei nostri giorni il clero della cristianità ha spesso aizzato le folle contro i Testimoni di Geova. Accusando i Testimoni di sedizione e tradimento, ha influenzato le autorità inducendole a intervenire contro di loro. Come quei persecutori del I secolo, gli oppositori odierni sono mossi dalla gelosia. Ad ogni modo i veri cristiani non vanno in cerca di guai. Ogni volta che è possibile evitano di scontrarsi con individui infuriati e irragionevoli, cercando piuttosto di continuare a svolgere la loro opera in pace ed eventualmente tornando quando le acque si sono calmate.
“Erano d’animo più nobile” (Atti 17:10-15)
15. Come reagirono i bereani alla buona notizia?
15 Per motivi di sicurezza Paolo e Sila furono mandati a Berea, distante circa 65 chilometri. Una volta lì, Paolo andò nella sinagoga e parlò ai presenti. Che piacere trovare un uditorio ben disposto! Luca scrive che gli ebrei di Berea “erano d’animo più nobile di quelli di Tessalonica; infatti accettarono la parola con la massima prontezza, esaminando attentamente le Scritture ogni giorno per vedere se le cose stavano veramente così” (Atti 17:10, 11). Queste parole non mettevano certo in cattiva luce coloro che avevano accettato la verità a Tessalonica. Paolo in seguito scrisse loro: “Non smettiamo di ringraziare Dio, perché quando avete ricevuto la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accettata non come parola di uomini, ma per quello che in effetti è, parola di Dio, che agisce in voi credenti” (1 Tess. 2:13). Ma perché Paolo disse che gli ebrei di Berea erano “d’animo più nobile”?
16. Perché i bereani sono giustamente definiti ‘d’animo nobile’?
16 Pur sentendo qualcosa di nuovo, i bereani non furono sospettosi né eccessivamente critici, ma non furono nemmeno creduloni. Prima ascoltarono attentamente quello che Paolo aveva da dire. Poi verificarono quanto avevano sentito consultando le Scritture, che ora grazie all’aiuto di Paolo riuscivano a comprendere. Inoltre studiavano diligentemente la Parola di Dio non solo il Sabato, ma tutti i giorni. E lo facevano “con la massima prontezza” per scoprire cosa rivelavano le Scritture alla luce dei nuovi insegnamenti. In più si dimostrarono abbastanza umili da fare dei cambiamenti, tanto che “molti di loro diventarono credenti” (Atti 17:12). Quindi non stupisce che Luca li definisca ‘d’animo nobile’.
17. Perché l’esempio dei bereani è ammirevole, e come possiamo continuare a imitarlo anche se siamo nella verità da molto tempo?
17 Quei bereani non potevano immaginare che la loro reazione alla buona notizia sarebbe stata ricordata nella Parola di Dio come splendido esempio di nobiltà d’animo. Fecero esattamente quello che Paolo sperava e che Geova Dio richiedeva da loro. È quello che anche noi incoraggiamo le persone a fare: esaminare attentamente la Parola di Dio in modo da basare solidamente la propria fede su di essa. Dopo essere divenuti credenti, c’è ancora bisogno di essere d’animo nobile? Certo. È ancora più importante essere ansiosi di imparare da Geova e pronti a mettere in pratica quello che insegna. In questo modo gli permettiamo di modellarci e addestrarci secondo la sua volontà (Isa. 64:8). Così continueremo a essere impiegati dal nostro Padre celeste e ad avere la sua approvazione.
18, 19. (a) Perché Paolo se ne andò da Berea, eppure come mostrò un’ammirevole perseveranza? (b) Con quali persone stava per confrontarsi Paolo?
18 Paolo non rimase a lungo a Berea. Leggiamo: “Quando i giudei di Tessalonica vennero a sapere che Paolo proclamava la parola di Dio anche a Berea, andarono là a incitare e agitare le folle. Allora i fratelli mandarono immediatamente via Paolo perché arrivasse sulla costa, mentre Sila e Timoteo rimasero là. Comunque, quelli che accompagnavano Paolo andarono con lui fino ad Atene e ripartirono con l’incarico di dire a Sila e Timoteo di raggiungerlo il più presto possibile” (Atti 17:13-15). Com’erano ostinati quei nemici della buona notizia! Non si accontentarono di scacciare Paolo da Tessalonica; andarono fino a Berea e cercarono di fomentare disordini anche lì, ma inutilmente. Paolo, sapendo di avere un territorio vasto, semplicemente andò a predicare altrove. Oggi vogliamo essere altrettanto decisi a vanificare gli sforzi di coloro che intendono fermare l’opera di predicazione.
19 Nel rendere completa testimonianza agli ebrei di Tessalonica e di Berea, sicuramente Paolo imparò molto riguardo all’importanza di predicare con coraggio e di ragionare attingendo dalle Scritture. Abbiamo imparato molto anche noi. Ora però Paolo si sarebbe trovato di fronte a persone totalmente diverse: i non ebrei di Atene. Come se la sarebbe cavata in quella città? Lo vedremo nel prossimo capitolo.
a Secondo uno studioso, all’epoca esisteva un decreto imperiale che vietava di fare qualsiasi predizione “di un veniente nuovo re o regno, soprattutto se si diceva che avrebbe soppiantato o giudicato l’imperatore in carica”. È possibile che i nemici dell’apostolo Paolo volessero far passare il suo messaggio per una violazione di tale decreto. Vedi il riquadro “I Cesari e il libro degli Atti”.
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È possibile ‘cercare Dio e davvero trovarlo’Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 18
È possibile ‘cercare Dio e davvero trovarlo’
Paolo stabilisce una base comune e si adatta alle persone a cui parla
Basato su Atti 17:16-34
1-3. (a) Perché ad Atene l’apostolo Paolo è molto irritato? (b) Cosa possiamo imparare analizzando il suo esempio?
PAOLO è molto irritato. Si trova ad Atene, il centro del sapere, dove un tempo insegnavano Socrate, Platone e Aristotele. Atene è una città molto religiosa. Ovunque, nei templi, nelle piazze e per le strade, Paolo vede una gran quantità di idoli, dato che gli ateniesi adorano tante divinità. Paolo sa bene cosa pensa Geova, il vero Dio, dell’idolatria (Eso. 20:4, 5). Il fedele apostolo la pensa allo stesso modo: detesta gli idoli.
2 Quello che Paolo vede entrando nell’agorà, la piazza dove si teneva il mercato, è particolarmente ripugnante. Numerose statue del dio Hermes che ostentano rappresentazioni falliche sono allineate lungo l’estremità nord-occidentale, vicino all’entrata principale. La piazza è piena di templi. Come farà questo zelante apostolo a predicare in mezzo a tanta idolatria? Si padroneggerà e saprà trovare una base comune con le persone? Riuscirà ad aiutare qualcuno a cercare e trovare il vero Dio?
3 Il discorso di Paolo agli uomini colti di Atene, riportato in Atti 17:22-31, è un modello di eloquenza, tatto e discernimento. Analizzando l’esempio di Paolo, possiamo imparare molto su come stabilire una base comune e aiutare le persone a ragionare.
Insegnava “nella piazza” (Atti 17:16-21)
4, 5. Dove predicò Paolo mentre era ad Atene, e quale uditorio esigente si trovò di fronte?
4 Paolo si recò ad Atene durante il suo secondo viaggio missionario, verso il 50 E.V.a Mentre aspettava che Sila e Timoteo arrivassero da Berea, “si mise a ragionare nella sinagoga con i giudei”, com’era sua abitudine. Cercò anche un posto dove contattare gli ateniesi non ebrei: la piazza, o agorà (Atti 17:17). Situata a nord-ovest dell’Acropoli, l’agorà di Atene occupava un’area di circa 50.000 metri quadri. Non era solo un luogo dove comprare e vendere: era la piazza centrale della città. Un’opera di consultazione afferma che si trattava del “cuore economico, politico e culturale della città”. Gli ateniesi amavano ritrovarsi nell’agorà e intrattenersi in conversazioni dotte.
5 Nell’agorà Paolo si trovò di fronte un uditorio esigente. Tra i suoi ascoltatori c’erano epicurei e stoici, appartenenti a due scuole filosofiche rivali.b Gli epicurei credevano che la vita fosse frutto del caso. La loro visione della vita si poteva riassumere così: il timore degli dèi è vano; la morte è assenza di dolore; il bene si può perseguire; il male si può sopportare. Gli stoici davano grande importanza alla ragione e alla logica, e credevano in una divinità impersonale. Né gli epicurei né gli stoici credevano nella risurrezione insegnata dai discepoli di Cristo. Le idee filosofiche di questi due gruppi erano chiaramente incompatibili con le elevate verità del cristianesimo che Paolo predicava.
6, 7. Come reagirono alcuni intellettuali greci alle parole di Paolo, e quale reazione analoga possiamo incontrare oggi?
6 Quale fu la reazione degli intellettuali greci alle parole di Paolo? Alcuni lo definirono “chiacchierone”, usando un termine greco che letteralmente significa “raccattasemi”. (Vedi nwtsty approfondimento a Atti 17:18.) A questo proposito uno studioso afferma: “Il termine designava in origine un uccello che andava in giro beccando semi, e in seguito passò a indicare chi raccoglieva avanzi di cibo e cianfrusaglie al mercato. Successivamente cominciò a essere usato in senso figurato in relazione a una persona che raccoglieva notizie frammentarie qua e là, soprattutto se non sapeva contestualizzarle”. In pratica quegli intellettuali stavano dicendo che Paolo era ignorante e per nulla originale. Ma, come vedremo, egli non si lasciò intimidire da un simile epiteto.
7 Lo stesso avviene oggi. Noi Testimoni di Geova veniamo spesso scherniti a motivo delle nostre convinzioni basate sulla Bibbia. Per esempio, alcuni insegnanti affermano che l’evoluzione è un fatto e sostengono che chi è intelligente non può non accettarla. Così tacciano di ignoranza chiunque la contesti. Quando presentiamo ciò che dice la Bibbia e le prove che la natura è frutto di un progetto, questi intellettuali vorrebbero far credere che siamo dei “raccattasemi”. Ma noi non ci lasciamo intimidire. Al contrario, difendiamo con sicurezza la nostra convinzione che la vita sulla terra è opera di un Progettista intelligente, Geova Dio (Riv. 4:11).
8. (a) Come reagirono alcuni alla predicazione di Paolo? (b) Cosa può significare il fatto che Paolo fu portato all’Areopago? (Vedi la nota in calce.)
8 Altri che sentirono predicare Paolo nell’agorà ebbero una reazione diversa e conclusero: “Sembra un predicatore di divinità straniere” (Atti 17:18). Paolo stava davvero introducendo nuove divinità? Si trattava di una questione seria, che ricordava una delle accuse per le quali Socrate era stato processato e condannato a morte secoli prima. Non sorprende il fatto che gli ateniesi portarono Paolo all’Areopago e lo invitarono a spiegare quei concetti che a loro suonavano strani.c In che modo Paolo avrebbe difeso il messaggio di fronte a persone che non conoscevano le Scritture?
“Uomini di Atene, vedo...” (Atti 17:22, 23)
9-11. (a) In che modo Paolo cercò di stabilire una base comune con il suo uditorio? (b) Come possiamo imitare l’esempio di Paolo nel nostro ministero?
9 Ricorderete che Paolo era molto irritato a motivo della sfacciata idolatria che aveva notato. Tuttavia, anziché lanciarsi in un attacco contro l’adorazione degli idoli, non perse la calma. Con molto tatto cercò di conquistare il suo uditorio stabilendo una base comune. Iniziò così: “Uomini di Atene, vedo che sotto ogni aspetto voi siete dediti al timore delle divinità più di altri” (Atti 17:22). In pratica Paolo stava dicendo: “Vedo che siete molto religiosi”. Saggiamente li lodò per la loro devozione. Riconosceva che anche chi è accecato da false credenze può avere un cuore sensibile. D’altronde Paolo stesso un tempo aveva agito “per ignoranza e mancanza di fede” (1 Tim. 1:13).
10 Partendo da una base comune, Paolo disse di aver notato una prova tangibile della religiosità degli ateniesi: un altare con l’iscrizione “A un dio sconosciuto”. Secondo una fonte, “era comune presso i greci e altri popoli dedicare altari a ‘dèi sconosciuti’ per timore di offendere qualche divinità che potevano aver trascurato”. Con un altare del genere gli ateniesi ammettevano l’esistenza di un Dio a loro sconosciuto. Paolo approfittò della presenza di quell’altare per iniziare a parlare della buona notizia. Spiegò: “Io vi proclamo proprio quello che voi adorate senza conoscerlo” (Atti 17:23). Il ragionamento di Paolo era al tempo stesso sottile ed efficace. Contrariamente alle accuse, non predicava una divinità nuova o strana. Parlava di quel Dio che a loro era sconosciuto, il vero Dio.
11 Come possiamo imitare l’esempio di Paolo nel nostro ministero? Se siamo buoni osservatori, probabilmente capiremo se il nostro interlocutore è religioso, forse da qualche simbolo che ha addosso, in casa o in giardino. Potremmo dire: “Vedo che lei è una persona religiosa. Speravo proprio di parlare con qualcuno che crede in Dio”. Tenendo conto della religiosità della persona, potremmo partire da una base comune. Non vogliamo giudicare gli altri sulla base delle loro convinzioni religiose. Tra i nostri fratelli ci sono molti che un tempo credevano in buona fede a false dottrine.
Cerchiamo di trovare una base comune da cui partire
Dio “non [è] lontano da ognuno di noi” (Atti 17:24-28)
12. In che modo Paolo si adattò a chi lo ascoltava?
12 Paolo aveva trovato un punto d’intesa, ma sarebbe riuscito a mantenerlo nel dare testimonianza? Sapendo che i suoi ascoltatori conoscevano bene la filosofia greca ma non le Scritture, adattò il suo approccio in diversi modi. Primo, presentò gli insegnamenti biblici senza citare direttamente le Scritture. Secondo, si mise sullo stesso piano di chi lo ascoltava usando a volte il “noi”. Terzo, citò autori greci per dimostrare che alcune delle cose che insegnava comparivano anche nei loro scritti. Detto questo, esaminiamo l’incisivo discorso che Paolo pronunciò. Quali importanti verità rivelò riguardo a colui che per gli ateniesi era “un dio sconosciuto”?
13. Cosa disse Paolo riguardo all’origine dell’universo, e dove voleva arrivare con il suo ragionamento?
13 Dio ha creato l’universo. Paolo disse: “L’Iddio che ha fatto il mondo e tutto ciò che è in esso, essendo egli il Signore del cielo e della terra, non abita in templi fatti da mani umane” (Atti 17:24).d L’universo non è venuto all’esistenza per caso. Il vero Dio è il Creatore di ogni cosa (Sal. 146:6). A differenza di Atena e delle altre divinità la cui gloria era legata a templi, santuari e altari, il Sovrano Signore del cielo e della terra non può risiedere in templi fatti dalle mani dell’uomo (1 Re 8:27). Era chiaro dove Paolo voleva arrivare: il vero Dio è superiore a qualsiasi idolo di fattura umana che si trova nei templi costruiti dall’uomo (Isa. 40:18-26).
14. In che modo Paolo mostrò che Dio non ha bisogno dell’uomo?
14 Dio non ha bisogno dell’uomo. Gli idolatri erano soliti adornare le statue con sontuose vesti, ricoprirle di offerte costose o portare loro cibo e bevande, come se quegli idoli ne avessero bisogno. Comunque, alcuni filosofi greci lì presenti forse già ritenevano che una divinità non avesse affatto bisogno degli esseri umani. In tal caso, senza dubbio condividevano le parole di Paolo secondo cui Dio “[non] ha bisogno di essere servito da mani umane come se gli mancasse qualcosa”. In effetti non c’è nessuna cosa materiale che l’uomo possa dare al Creatore. È lui piuttosto che dà agli esseri umani ciò di cui hanno bisogno: “la vita, il respiro e ogni cosa”, ad esempio il sole, la pioggia e i terreni produttivi (Atti 17:25; Gen. 2:7). Pertanto Dio, colui che dà, non ha bisogno dell’uomo, colui che riceve.
15. Quali argomentazioni usò Paolo a proposito del sentimento di superiorità degli ateniesi, e quale lezione importante possiamo imparare dal suo esempio?
15 Dio ha creato l’uomo. Gli ateniesi si ritenevano superiori agli altri popoli. Ma l’orgoglio nazionale o razziale è in contrasto con la verità biblica (Deut. 10:17). Paolo affrontò questo argomento delicato con tatto e abilità. Fece riflettere i presenti dicendo che Dio “da un solo uomo ha fatto ogni nazione degli uomini” (Atti 17:26). Si riferiva alla storia di Adamo, progenitore della razza umana, riportata nella Genesi (Gen. 1:26-28). Visto che tutti gli esseri umani discendono da un antenato comune, nessuna etnia o nazione è superiore a un’altra. Chi ascoltava Paolo avrebbe senz’altro afferrato il punto. Dal suo esempio possiamo imparare una lezione importante. Anche se nel dare testimonianza cerchiamo di avere tatto e di essere ragionevoli, non vogliamo annacquare la verità biblica per renderla più gradita.
16. Qual è la volontà del Creatore per gli esseri umani?
16 È volontà di Dio che gli esseri umani si avvicinino a lui. Per quanto si fossero a lungo interrogati sullo scopo dell’esistenza umana, i filosofi presenti al discorso di Paolo non avevano mai trovato una risposta soddisfacente. Tuttavia Paolo rivelò chiaramente quello che il Creatore vuole per gli esseri umani, cioè che “cerchino Dio, anche andando a tastoni, e davvero lo trovino, benché in realtà non sia lontano da ognuno di noi” (Atti 17:27). Non è affatto impossibile conoscere l’Iddio sconosciuto agli ateniesi. Al contrario, egli non è lontano da coloro che desiderano sinceramente trovarlo e conoscerlo (Sal. 145:18). Notate che Paolo usò il pronome “noi”, includendosi tra coloro che avevano bisogno di ‘cercare Dio andando a tastoni’ per trovarlo.
17, 18. Perché gli esseri umani dovrebbero sentirsi attratti da Dio, e cosa possiamo imparare dal modo in cui Paolo si rivolse al suo uditorio?
17 Gli esseri umani dovrebbero sentirsi attratti da Dio. Paolo disse: “Mediante lui abbiamo la vita, ci muoviamo ed esistiamo”. Alcuni studiosi ritengono che Paolo alludesse alle parole di Epimenide, poeta cretese del VI secolo a.E.V. considerato un’importante figura della tradizione religiosa ateniese. Paolo fornì un’altra ragione per cui gli esseri umani dovrebbero sentirsi attratti da Dio: “Alcuni dei vostri poeti hanno detto: ‘Poiché siamo pure suoi figli’” (Atti 17:28). Gli esseri umani dovrebbero sentire di avere un profondo legame con Dio, in quanto egli ha creato l’uomo da cui tutti discendiamo. Per destare l’interesse, Paolo citò con sapienza autori greci senz’altro stimati dai suoi ascoltatori.e A imitazione di Paolo, a volte potremmo ricorrere con moderazione a citazioni da testi di storia, enciclopedie o altre opere di consultazione accreditate. Per esempio, una citazione appropriata da una fonte autorevole potrebbe convincere chi non è Testimone che certe pratiche o festività hanno un’origine pagana.
18 Fino a questo punto del suo discorso l’apostolo Paolo aveva esposto verità fondamentali riguardo a Dio, adattandosi abilmente al suo uditorio. Dopo aver presentato queste preziose informazioni, cosa si aspettava dagli ateniesi? Lo spiegò senza indugio proseguendo il suo discorso.
“Dice a tutti, in ogni luogo, di pentirsi” (Atti 17:29-31)
19, 20. (a) In che modo Paolo usò tatto per spiegare che è stolto adorare idoli di fattura umana? (b) Cosa dovevano fare i suoi ascoltatori?
19 Ora Paolo era pronto a spronare all’azione i suoi ascoltatori. Facendo di nuovo riferimento ai testi greci che aveva citato, disse: “Perciò, visto che siamo figli di Dio, non dobbiamo pensare che l’Essere Divino sia simile all’oro, all’argento o alla pietra, simile a qualcosa di scolpito dall’arte o dall’ingegno dell’uomo” (Atti 17:29). In effetti, se gli uomini sono opera di Dio, come può Dio assumere la forma di un idolo che è opera dell’uomo? Con questo ragionamento, Paolo mise in evidenza con tatto quanto sia stolto adorare idoli di fattura umana (Sal. 115:4-8; Isa. 44:9-20). Dicendo “non dobbiamo”, e quindi includendosi, rese più facile ai presenti accettare quello che stava dicendo.
20 L’apostolo chiarì che era necessario fare qualcosa: “Dio non ha tenuto conto dei tempi in cui si era nell’ignoranza [quella di chi pensa che Dio approvi coloro che adorano gli idoli], ma ora dice a tutti, in ogni luogo, di pentirsi” (Atti 17:30). Per alcuni dei presenti sarà stato scioccante udire questo invito al pentimento. Ma il suo energico discorso mostrava chiaramente che dovevano la vita a Dio ed erano perciò tenuti a rendergli conto. Avevano bisogno di cercare Dio, apprendere la verità riguardo a lui e iniziare a vivere in armonia con questa verità. Per gli ateniesi questo significava riconoscere che l’idolatria era un peccato ed evitarla.
21, 22. Con quali vigorose parole Paolo terminò il suo discorso, e cosa significano per noi oggi?
21 Paolo terminò il suo discorso con parole vigorose: “[Dio] ha [...] stabilito un giorno in cui si propone di giudicare la terra abitata con giustizia mediante un uomo da lui designato, e ne ha dato garanzia a tutti risuscitandolo dai morti” (Atti 17:31). Un futuro Giorno del Giudizio: davvero un valido motivo per cercare e trovare il vero Dio! Paolo non rivelò chi era il Giudice designato, ma disse qualcosa di sorprendente su di lui: era stato un uomo, era morto ed era stato risuscitato da Dio.
22 Questa conclusione incisiva è densa di significato per noi oggi. Sappiamo che il Giudice designato da Dio è Gesù Cristo risorto (Giov. 5:22). Sappiamo inoltre che il Giorno del Giudizio durerà 1.000 anni e si avvicina rapidamente (Riv. 20:4, 6). Non ne abbiamo timore perché comprendiamo che recherà straordinarie benedizioni a chi sarà giudicato fedele. La realizzazione della nostra speranza di uno splendido futuro è assicurata dal più grande dei miracoli: la risurrezione di Gesù Cristo.
“Alcuni [...] diventarono credenti” (Atti 17:32-34)
23. Quali reazioni suscitò il discorso di Paolo?
23 Le reazioni al discorso di Paolo furono diverse. Nel sentir parlare di risurrezione “alcuni lo derisero”. Altri furono gentili ma evasivi e dissero: “Su questo ti ascolteremo di nuovo” (Atti 17:32). Ci fu però chi ebbe una reazione positiva: “Alcuni si unirono a lui e diventarono credenti. Tra loro c’erano Dionisio, giudice del tribunale dell’Areopago, una donna di nome Damaride e altri” (Atti 17:34). Nel nostro ministero incontriamo reazioni simili. Alcuni forse ci deridono, mentre altri sono gentili ma indifferenti. Tuttavia siamo entusiasti quando qualcuno accetta il messaggio del Regno e diventa credente.
24. Cosa impariamo dal discorso che Paolo pronunciò all’Areopago?
24 Se riflettiamo sul discorso di Paolo possiamo imparare molto su come ragionare con logica, argomentare in modo convincente e adattarci ai nostri interlocutori. Inoltre impariamo che bisogna essere pazienti e avere tatto con chi è accecato da false dottrine. Un’altra importante lezione è che non dobbiamo mai annacquare la verità biblica solo per compiacere chi ci ascolta. Imitando l’esempio dell’apostolo Paolo possiamo diventare insegnanti più efficaci nel ministero di campo. E i sorveglianti possono diventare insegnanti più qualificati nella congregazione. Così saremo tutti ben preparati per aiutare altri a ‘cercare Dio e davvero trovarlo’ (Atti 17:27).
a Vedi il riquadro “Atene: capitale culturale del mondo antico”.
b Vedi il riquadro “Epicurei e stoici”.
c L’Areopago, che si trovava a nord-ovest dell’Acropoli, era il luogo in cui tradizionalmente si riuniva il tribunale supremo di Atene. Il termine “Areopago” può riferirsi sia al tribunale che al colle su cui si trovava. Per questo gli studiosi non sono concordi sul luogo in cui fu condotto Paolo, se nei pressi del colle o su di esso, oppure davanti ai membri del tribunale riuniti altrove, forse nell’agorà.
d Il termine originale reso “mondo” è kòsmos, che i greci usavano per indicare l’universo fisico. È possibile che Paolo l’abbia usato con questa accezione, dato che stava cercando di stabilire una base comune con i greci che lo ascoltavano.
e Paolo citò il poema astronomico Fenomeni, composto dal poeta stoico Arato. Parole simili si trovano anche in altri scritti greci, tra cui l’Inno a Zeus del filosofo stoico Cleante.
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“Continua a parlare e non tacere”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 19
“Continua a parlare e non tacere”
Paolo provvede al suo sostentamento, ma dà la priorità al ministero
Basato su Atti 18:1-22
1-3. Perché l’apostolo Paolo si trova a Corinto, e a quali cose deve pensare?
SIAMO verso la fine del 50 E.V. L’apostolo Paolo si trova a Corinto, ricca città commerciale in cui vivono molti greci, romani ed ebrei.a Non è qui per comprare o vendere, né per cercare lavoro. È venuto a Corinto per una ragione molto più importante: rendere testimonianza in merito al Regno di Dio. Comunque ha bisogno di un alloggio ed è deciso a non pesare economicamente sugli altri. Non vuole dare a nessuno l’impressione di farsi mantenere a motivo del suo ministero. Che cosa farà?
2 Paolo sa fabbricare tende. Non è un mestiere facile, ma è pronto a rimboccarsi le maniche per provvedere a sé stesso. Troverà lavoro in questa animata città? Troverà un alloggio adeguato? Nonostante debba pensare a queste cose, non trascura la sua occupazione principale, il ministero.
3 Alla fine Paolo rimarrà a Corinto per diverso tempo e lì il suo ministero porterà molto frutto. Cosa possiamo imparare dall’attività di Paolo a Corinto, e in che modo questo ci aiuterà a rendere completa testimonianza in merito al Regno di Dio nel nostro territorio?
“Di mestiere [...] erano fabbricanti di tende” (Atti 18:1-4)
4, 5. (a) Dove alloggiò Paolo mentre era a Corinto, e che lavoro svolse? (b) Come mai Paolo sapeva fabbricare tende?
4 Qualche tempo dopo il suo arrivo a Corinto, Paolo conobbe una coppia ospitale: un ebreo di nome Aquila e sua moglie Priscilla, o Prisca. Si erano trasferiti a Corinto a causa del decreto dell’imperatore Claudio che ordinava che “tutti i giudei lasciassero Roma” (Atti 18:1, 2). Aquila e Priscilla invitarono Paolo non solo ad alloggiare da loro, ma anche a lavorare con loro. Leggiamo: “Siccome faceva il loro stesso mestiere, [Paolo] restò a casa loro e si misero a lavorare insieme; di mestiere infatti erano fabbricanti di tende” (Atti 18:3). Paolo rimase presso quella coppia ospitale tutto il tempo in cui svolse il suo ministero a Corinto. Potrebbe aver scritto alcune delle lettere che in seguito diventarono parte del canone biblico proprio mentre stava da loro.b
5 Come mai Paolo, che era stato educato “ai piedi di Gamaliele”, sapeva anche fabbricare tende? (Atti 22:3). A quanto pare gli ebrei del I secolo non consideravano poco dignitoso insegnare un mestiere ai figli anche se questi ricevevano un’istruzione elevata. Essendo di Tarso, in Cilicia, zona famosa per il cilicio (tessuto con cui si facevano le tende), Paolo probabilmente aveva imparato il mestiere da ragazzo. In cosa consisteva questo lavoro? Forse nel tessere o nel tagliare e cucire il tessuto rigido e grossolano con cui si fabbricavano le tende. In ogni caso era un lavoro faticoso.
6, 7. (a) Come considerava Paolo il suo lavoro, e da cosa si capisce che Aquila e Priscilla condividevano il suo punto di vista? (b) In che modo oggi i cristiani seguono l’esempio di Paolo, Aquila e Priscilla?
6 Paolo non considerava il mestiere di fabbricare tende la carriera della sua vita. Lavorava solo per mantenersi nel ministero e annunciare la buona notizia “gratuitamente” (2 Cor. 11:7). E Aquila e Priscilla come consideravano il loro lavoro secolare? Essendo cristiani, senza dubbio condividevano il punto di vista di Paolo. Infatti, quando nel 52 Paolo se ne andò da Corinto, Aquila e Priscilla fecero i bagagli e lo seguirono a Efeso, dove la loro casa diventò il luogo in cui si riuniva la congregazione locale (1 Cor. 16:19). Successivamente tornarono a Roma e poi di nuovo a Efeso. Questi coniugi zelanti misero gli interessi del Regno al primo posto e furono pronti a spendersi al servizio degli altri; perciò “tutte le congregazioni delle nazioni” erano loro grate (Rom. 16:3-5; 2 Tim. 4:19).
7 Oggi i cristiani seguono l’esempio di Paolo, Aquila e Priscilla. Questi zelanti ministri lavorano sodo “per non essere di peso a nessuno” (1 Tess. 2:9). È lodevole che tanti proclamatori del Regno a tempo pieno abbiano un impiego part time o facciano lavori stagionali per mantenersi nella loro opera principale, il ministero cristiano. Come Aquila e Priscilla, molti generosi servitori di Geova ospitano i sorveglianti di circoscrizione. E chi ‘è sempre ospitale’ sa quanto può essere incoraggiante ed edificante (Rom. 12:13).
“Molti dei corinti [...] credettero” (Atti 18:5-8)
8, 9. Come reagì Paolo quando la sua intensa testimonianza rivolta agli ebrei incontrò opposizione, e dove andò allora a predicare?
8 Il fatto che Paolo considerasse il lavoro secolare solo un mezzo per raggiungere un fine divenne evidente quando Sila e Timoteo arrivarono dalla Macedonia con doni generosi (2 Cor. 11:9). Da quel momento Paolo “si dedicò completamente alla parola”, o secondo un’altra versione “si dedicò soltanto alla predicazione” (Atti 18:5; Parola del Signore). Tuttavia questa intensa testimonianza rivolta agli ebrei incontrò molta opposizione. Declinando ogni responsabilità per il loro rifiuto di accettare il salvifico messaggio riguardo al Cristo, Paolo si scosse le vesti e disse agli oppositori ebrei: “Il vostro sangue ricada sulla vostra testa. Io ne sono puro. D’ora in poi andrò dalle persone delle nazioni” (Atti 18:6; Ezec. 3:18, 19).
9 Ora dove avrebbe predicato Paolo? Tizio Giusto, che abitava accanto alla sinagoga e probabilmente era un proselito, mise la sua casa a disposizione di Paolo. Pertanto questi si spostò dalla sinagoga alla casa di Giusto (Atti 18:7). Durante la sua permanenza a Corinto, Paolo continuò ad alloggiare presso Aquila e Priscilla, ma la casa di Giusto diventò il centro da cui l’apostolo svolgeva la sua attività di predicazione.
10. Cosa indica che Paolo non intendeva predicare esclusivamente a persone delle nazioni?
10 Affermando che da allora in poi si sarebbe rivolto a persone delle nazioni, Paolo intendeva forse dire che si sarebbe del tutto disinteressato degli ebrei e dei proseliti, anche di quelli disposti ad ascoltare? Difficilmente. Per esempio, “Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua casa”. A quanto pare diversi che frequentavano la sinagoga si unirono a lui, perché la Bibbia dice: “Molti dei corinti che ascoltavano credettero e vennero battezzati” (Atti 18:8). La casa di Tizio Giusto diventò il luogo in cui si riuniva la neonata congregazione cristiana di Corinto. Se questo brano degli Atti rispecchia lo stile caratteristico di Luca, ed è quindi in ordine cronologico, allora la conversione di quegli ebrei o proseliti avvenne dopo che Paolo si era scosso le vesti. In tal caso l’episodio indicherebbe chiaramente quanto Paolo fosse flessibile.
11. In che modo i Testimoni di Geova imitano Paolo nel predicare a coloro che si professano cristiani?
11 Oggi in molte nazioni le chiese della cristianità sono ben affermate e hanno un forte ascendente sui loro fedeli. In alcuni paesi i missionari della cristianità hanno fatto molti proseliti. Persone che si professano cristiane sono spesso schiave della tradizione come lo erano gli ebrei di Corinto del I secolo. Eppure, a imitazione di Paolo, noi Testimoni di Geova andiamo zelantemente da queste persone, edificando su ciò che conoscono delle Scritture. Anche quando sono ostili o i loro capi religiosi ci perseguitano, non disperiamo. Tra coloro che “hanno zelo per Dio, ma non secondo una conoscenza accurata”, potrebbero esserci molti mansueti da cercare e trovare (Rom. 10:2).
“Ho [...] un popolo numeroso in questa città” (Atti 18:9-17)
12. In che modo una visione rassicurò Paolo?
12 Forse Paolo si chiedeva se era il caso di continuare il suo ministero a Corinto, ma ogni eventuale dubbio sarà svanito la notte in cui il Signore Gesù gli apparve in visione e gli disse: “Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno ti assalirà facendoti del male; ho infatti un popolo numeroso in questa città” (Atti 18:9, 10). Che visione incoraggiante! Il Signore stesso assicurò a Paolo che sarebbe stato protetto e che in quella città c’erano molti che erano meritevoli. Quindi cosa fece Paolo? Leggiamo: “Vi rimase un anno e sei mesi, insegnando fra loro la parola di Dio” (Atti 18:11).
13. A quale avvenimento può aver pensato Paolo mentre si avvicinava al tribunale, ma perché poteva aspettarsi un esito diverso?
13 Dopo essere rimasto a Corinto per circa un anno, Paolo ebbe un’ulteriore prova del sostegno del Signore. “I giudei, tutti d’accordo, attaccarono Paolo e lo portarono davanti al tribunale”, il cosiddetto bèma (Atti 18:12). Alcuni ritengono che si trattasse di una piattaforma rialzata di marmo bianco e blu, adorna di bassorilievi e situata grosso modo al centro dell’agorà di Corinto. Lo spazio di fronte al bèma era sufficientemente ampio da accogliere una folla considerevole. Scoperte archeologiche fanno pensare che quel tribunale si trovasse a pochi passi dalla sinagoga e quindi dalla casa di Giusto. Avvicinandosi al bèma, può darsi che Paolo abbia ripensato alla lapidazione di Stefano, spesso definito il primo martire cristiano. Paolo, all’epoca conosciuto come Saulo, ‘aveva approvato il suo assassinio’ (Atti 8:1). Stava per accadere anche a lui qualcosa di simile? No, perché gli era stato promesso: “Nessuno cercherà di farti del male” (Atti 18:10, CEI).
“Li mandò via dal tribunale” (Atti 18:16)
14, 15. (a) Quale accusa mossero gli ebrei a Paolo, e perché Gallione chiuse il caso? (b) Cosa accadde a Sostene, e forse con quale esito?
14 Cosa accadde quando Paolo arrivò al tribunale? Il magistrato in carica era il proconsole dell’Acaia, Gallione, fratello maggiore del filosofo Seneca. Gli ebrei mossero a Paolo questa accusa: “Quest’uomo persuade la gente ad adorare Dio in modo contrario alla legge” (Atti 18:13). Gli ebrei insinuavano che Paolo cercasse illegalmente di fare proseliti. Gallione però capì che Paolo non aveva commesso nessuna “ingiustizia” e non era colpevole di nessun “reato grave” (Atti 18:14). Gallione non aveva intenzione di farsi coinvolgere nelle controversie degli ebrei. Chiuse il caso ancor prima che Paolo pronunciasse una parola in sua difesa. Gli accusatori erano furiosi. Sfogarono la loro rabbia su Sostene, che forse aveva preso il posto di Crispo come capo della sinagoga. Afferrato Sostene, “iniziarono a picchiarlo davanti al tribunale” (Atti 18:17).
15 Perché Gallione non impedì alla folla di picchiare Sostene? Forse pensava che Sostene avesse capeggiato il tumulto contro Paolo e perciò riceveva quello che si meritava. Ad ogni modo, può darsi che questo episodio abbia avuto un felice epilogo. Nella sua prima lettera alla congregazione di Corinto, scritta diversi anni dopo, Paolo menzionò un fratello di nome Sostene (1 Cor. 1:1, 2). Era forse lo stesso Sostene che era stato picchiato a Corinto? Se è così, la penosa esperienza può averlo aiutato a convertirsi al cristianesimo.
16. Spiegate come influiscono sul nostro ministero le parole del Signore: “Continua a parlare e non tacere, perché io sono con te”.
16 Come abbiamo visto, fu dopo che gli ebrei avevano respinto la predicazione di Paolo che il Signore Gesù gli assicurò: “Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te” (Atti 18:9, 10). Facciamo bene a ricordare queste parole, specialmente quando il nostro messaggio viene respinto. Non dimentichiamo mai che Geova legge il cuore e attira a sé le persone sincere (1 Sam. 16:7; Giov. 6:44). Questo non ci incoraggia forse a darci da fare nel ministero? Ogni anno sono centinaia di migliaia le persone che si battezzano, una media di diverse centinaia al giorno. A quelli che ubbidiscono al comando di ‘fare discepoli di persone di tutte le nazioni’, Gesù assicura: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla conclusione del sistema di cose” (Matt. 28:19, 20).
“Se Geova vuole” (Atti 18:18-22)
17, 18. A cosa pensava forse Paolo durante il viaggio per Efeso?
17 Non si può affermare con certezza se l’atteggiamento di Gallione abbia portato a un periodo di pace per la congregazione cristiana di Corinto appena formata. Comunque passarono ancora “parecchi giorni” prima che Paolo si accomiatasse dai fratelli di Corinto. Nella primavera del 52 Paolo intendeva imbarcarsi per la Siria dal porto di Cencrea, circa 11 chilometri a est di Corinto. Prima di partire da Cencrea, però, “dato che aveva fatto un voto [...] si [fece] radere la testa” (Atti 18:18).c Poi insieme ad Aquila e Priscilla attraversò l’Egeo alla volta di Efeso, in Asia Minore.
18 Mentre lasciava Cencrea, Paolo probabilmente ripensava al tempo trascorso a Corinto. Aveva molti bei ricordi e tanti motivi per ritenersi soddisfatto. In 18 mesi il suo ministero aveva portato frutto. Era stata fondata la prima congregazione di Corinto, che si radunava a casa di Giusto. Oltre a Giusto erano divenuti credenti Crispo, la sua famiglia e molti altri. Quei nuovi credenti erano cari a Paolo, perché li aveva aiutati a diventare cristiani. In seguito, scrivendo loro, disse che erano come una lettera di raccomandazione scritta nel suo cuore. Anche noi abbiamo un forte legame con coloro che abbiamo aiutato ad abbracciare la vera adorazione. Che soddisfazione vedere simili “lettere di raccomandazione” viventi! (2 Cor. 3:1-3).
19, 20. Cosa fece Paolo una volta giunto a Efeso, e cosa impariamo da lui in quanto a perseguire obiettivi spirituali?
19 Giunto a Efeso, Paolo si mise subito all’opera. “Entrò nella sinagoga e ragionò con i giudei” (Atti 18:19). Quella volta rimase a Efeso solo per poco. “Anche se lo pregarono di rimanere più a lungo, lui non acconsentì”. Salutando gli efesini, disse loro: “Tornerò da voi di nuovo, se Geova vuole” (Atti 18:20, 21). L’apostolo Paolo senza dubbio riconosceva che c’era molto bisogno di predicare in quella città e intendeva tornare, ma decise di lasciare le cose nelle mani di Geova. Non è forse un ottimo esempio? Nel perseguire obiettivi spirituali dobbiamo prendere delle iniziative. Tuttavia dobbiamo sempre seguire la guida di Geova e cercare di agire in armonia con la sua volontà (Giac. 4:15).
20 Lasciati Aquila e Priscilla a Efeso, Paolo si imbarcò e approdò a Cesarea. A quanto pare “salì” a Gerusalemme e salutò la congregazione locale. (Vedi nwtsty approfondimento a Atti 18:22.) Poi rientrò alla base, Antiochia di Siria. Il suo secondo viaggio missionario si era felicemente concluso. Cosa lo attendeva durante l’ultimo viaggio missionario?
a Vedi il riquadro “Corinto: la città dai due mari”.
b Vedi il riquadro “Lettere ispirate che furono fonte di incoraggiamento”.
c Vedi il riquadro “Il voto di Paolo”.
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“La parola di Geova cresceva e trionfava” nonostante l’opposizioneRendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 20
“La parola di Geova cresceva e trionfava” nonostante l’opposizione
Apollo e Paolo contribuiscono al successo della buona notizia
Basato su Atti 18:23–19:41
1, 2. (a) In quale situazione pericolosa si trovano Paolo e i suoi compagni a Efeso? (b) Di cosa parleremo in questo capitolo?
LE STRADE di Efeso risuonano delle grida e del fragore della folla che corre. Si è formata una turba ed è in atto un vero e proprio tumulto. Due compagni di viaggio dell’apostolo Paolo vengono afferrati e trascinati dalla folla. L’ampia strada fiancheggiata da portici che ospitano le botteghe si svuota velocemente mentre la folla inferocita si fa sempre più numerosa e si riversa nel grande teatro che può accogliere 25.000 spettatori. Molti non sanno nemmeno cosa ha causato quello scompiglio, ma hanno l’impressione che la loro amata dea Artemide e il suo tempio siano in pericolo. Perciò cominciano a gridare in coro: “Grande è l’Artemide degli efesini!” (Atti 19:34).
2 Ancora una volta Satana usa la violenza di una folla inferocita per cercare di fermare la diffusione della buona notizia del Regno di Dio. Ovviamente Satana non ricorre solo alle minacce. In questo capitolo analizzeremo alcuni stratagemmi da lui usati per ostacolare l’opera e minare l’unità dei cristiani del I secolo. Soprattutto vedremo che tutte le sue tattiche fallirono, poiché “in modo potente la parola di Geova cresceva e trionfava” (Atti 19:20). Cosa permise a quei cristiani di uscirne vittoriosi? Le stesse ragioni che lo permettono a noi oggi. Naturalmente il merito non è nostro, ma di Geova. Tuttavia, come i cristiani del I secolo dobbiamo fare la nostra parte. Con l’aiuto dello spirito di Geova possiamo acquisire qualità che ci aiuteranno a svolgere bene il nostro ministero. Esaminiamo innanzitutto l’esempio di Apollo.
“Ferrato nelle Scritture” (Atti 18:24-28)
3, 4. Quale lacuna notarono Aquila e Priscilla in Apollo, e cosa fecero?
3 Mentre Paolo era diretto a Efeso durante il suo terzo viaggio missionario, arrivò in quella città un ebreo di nome Apollo. Proveniva dalla famosa città di Alessandria d’Egitto. Apollo aveva notevoli qualità. Era un ottimo oratore e, oltre a essere eloquente, era “ferrato nelle Scritture”. Per di più era “fervente nello spirito”. Pieno di zelo, parlava intrepidamente agli ebrei nella sinagoga (Atti 18:24, 25).
4 Aquila e Priscilla lo sentirono parlare. Senza dubbio furono entusiasti del fatto che “insegnava con accuratezza le cose riguardanti Gesù”. Quello che diceva di Gesù era corretto. Comunque Aquila e Priscilla notarono presto una grossa lacuna nella sua conoscenza: Apollo “conosceva solo il battesimo di Giovanni”. Questi umili coniugi, che di mestiere fabbricavano tende, non si lasciarono intimidire dalla sua eloquenza e istruzione. “Lo presero con loro e gli spiegarono con maggiore accuratezza la via di Dio” (Atti 18:25, 26). Come reagì quell’uomo colto ed eloquente? Evidentemente manifestò una delle più importanti qualità che un cristiano possa coltivare: l’umiltà.
5, 6. Cosa rese Apollo più qualificato per essere utilizzato da Geova, e cosa possiamo imparare dal suo esempio?
5 Accettando l’aiuto di Aquila e Priscilla, Apollo divenne un servitore di Geova più qualificato. Recatosi in Acaia, “fu di grande aiuto” ai credenti. In quella zona, con la sua predicazione, riuscì inoltre a controbattere l’idea degli ebrei secondo cui Gesù non era il Messia predetto. Luca riferisce: “Smentiva [...] con grande vigore i giudei, dimostrando con le Scritture che Gesù è il Cristo” (Atti 18:27, 28). Che benedizione si rivelò Apollo! In effetti fu anche grazie a lui se “la parola di Geova cresceva e trionfava”. Cosa possiamo imparare dal suo esempio?
6 È fondamentale che i cristiani coltivino l’umiltà. Ognuno di noi ha vari doni, che si tratti di capacità innate, esperienza o conoscenze acquisite. Tuttavia la nostra umiltà deve superare le nostre doti, altrimenti i pregi possono diventare un ostacolo. Potremmo divenire terreno fertile per quella pianta velenosa che è la superbia (1 Cor. 4:7; Giac. 4:6). Se siamo veramente umili ci sforzeremo di considerare gli altri superiori a noi (Filip. 2:3). Non ci risentiremo se veniamo corretti, né saremo restii a imparare dagli altri. Certamente non rimarremo ancorati alle nostre idee se ci rendiamo conto che non sono più in armonia con la guida dello spirito santo. Finché resteremo umili, saremo utilizzati da Geova e da suo Figlio (Luca 1:51, 52).
7. In che modo Paolo e Apollo ci hanno lasciato un esempio di umiltà?
7 L’umiltà è anche un antidoto alla rivalità. Possiamo immaginare quanto Satana fosse ansioso di creare divisioni tra quei primi cristiani. Sarebbe stato ben felice se due personaggi dinamici come Apollo e l’apostolo Paolo fossero entrati in competizione, magari rivaleggiando per esercitare la propria influenza sulle congregazioni. Poteva benissimo accadere. A Corinto alcuni cristiani dicevano “io seguo Paolo”, mentre altri “io invece Apollo”. Paolo e Apollo incoraggiarono simili atteggiamenti divisivi? No. Paolo riconobbe umilmente il contributo dato da Apollo all’opera e gli affidò ulteriori privilegi di servizio. Da parte sua Apollo seguì la guida di Paolo (1 Cor. 1:10-12; 3:6, 9; Tito 3:12, 13). Che esempio di umiltà e collaborazione ci hanno lasciato!
“Ragionando in modo persuasivo riguardo al Regno” (Atti 18:23; 19:1-10)
8. Che tragitto scelse Paolo per tornare a Efeso, e perché?
8 Paolo aveva promesso di tornare a Efeso, e mantenne la parola (Atti 18:20, 21).a Notate però quale tragitto scelse. Da Antiochia di Siria, dove si trovava, avrebbe potuto semplicemente recarsi nella vicina Seleucia e imbarcarsi alla volta di Efeso. Invece “attraversò le regioni interne”. Secondo una stima, nel viaggio menzionato in Atti 18:23 e 19:1, Paolo percorse circa 1.600 chilometri. Perché scelse un tragitto così faticoso? Perché aveva l’obiettivo di ‘rafforzare tutti i discepoli’ (Atti 18:23). Il suo terzo viaggio missionario, come i primi due, sarebbe stato molto impegnativo, ma Paolo riteneva che ne valesse la pena. Oggi i sorveglianti di circoscrizione e le loro mogli manifestano lo stesso spirito. Non apprezziamo il loro amore altruistico?
9. Perché alcuni discepoli dovettero battezzarsi di nuovo, e cosa possiamo imparare dal loro atteggiamento?
9 Arrivato a Efeso, Paolo trovò una dozzina di discepoli di Giovanni Battista. Erano stati battezzati secondo una disposizione che non era più valida. Inoltre pareva sapessero poco o nulla dello spirito santo. Paolo li mise al corrente al riguardo e loro, come Apollo, si dimostrarono umili e desiderosi di imparare. Dopo essere stati battezzati nel nome di Gesù, ricevettero lo spirito santo e alcuni doni miracolosi. Chiaramente, dunque, tenersi al passo con la progressiva organizzazione teocratica di Geova reca benedizioni (Atti 19:1-7).
10. Perché Paolo si spostò dalla sinagoga in una scuola, e in che modo questo ci è di esempio nel ministero?
10 Presto ci sarebbero stati ulteriori progressi. Paolo predicò intrepidamente nella sinagoga per tre mesi. Benché “[ragionasse] in modo persuasivo riguardo al Regno di Dio”, alcuni si irrigidirono e diventarono veri e propri oppositori. Anziché perdere tempo con coloro che “[parlavano] male della Via”, Paolo si organizzò per predicare in una scuola (Atti 19:8, 9). Chi voleva crescere dal punto di vista spirituale dovette spostarsi dalla sinagoga alla scuola. Come Paolo, quando ci accorgiamo che il nostro interlocutore non è disposto ad ascoltare o vuole solo polemizzare, potremmo porre fine alla conversazione. Ci sono ancora molte persone paragonabili a pecore che hanno bisogno di sentire il nostro incoraggiante messaggio.
11, 12. (a) Che esempio di operosità e adattabilità diede Paolo? (b) In che modo i Testimoni di Geova si sforzano di essere operosi e adattabili nel ministero?
11 Può darsi che Paolo parlasse in quella scuola tutti i giorni più o meno dalle undici del mattino alle quattro del pomeriggio. (Vedi nwtsty approfondimento a Atti 19:9.) Erano probabilmente le ore più tranquille del giorno ma anche le più calde, quelle in cui molti sospendevano il lavoro per mangiare e riposare. Se seguì un programma così rigoroso per due anni interi, Paolo avrà dedicato alla predicazione ben più di 3.000 ore.b Ecco quindi un’altra ragione per cui “la parola di Geova cresceva e trionfava”. Paolo era una persona operosa e adattabile. Nello svolgere il ministero modificò il suo programma per andare incontro alle esigenze della gente del posto. Con quale risultato? “Tutti quelli che abitavano nella provincia dell’Asia, sia giudei che greci, poterono ascoltare la parola del Signore” (Atti 19:10). Paolo rese davvero completa testimonianza.
Cerchiamo di raggiungere le persone ovunque si trovino
12 Nei tempi moderni i Testimoni di Geova si sono dimostrati altrettanto operosi e adattabili. Cerchiamo di raggiungere le persone dove e quando è possibile trovarle. Predichiamo loro per le strade, nei mercati e nei parcheggi. Le contattiamo per telefono o per lettera.c E nello svolgere l’opera di casa in casa concentriamo i nostri sforzi nei momenti in cui è più probabile trovarle.
“La parola di Geova cresceva e trionfava” nonostante gli spiriti malvagi (Atti 19:11-22)
13, 14. (a) Cosa compì Geova tramite Paolo? (b) Quale errore fecero i figli di Sceva, e in che modo oggi nella cristianità molti fanno un errore simile?
13 Luca descrive il periodo eccezionale che seguì, in cui Geova mediante Paolo compì “straordinarie opere potenti”. Addirittura fazzoletti e grembiuli usati da Paolo venivano portati ai malati, i quali guarivano. Nello stesso modo venivano espulsi anche gli spiriti malvagi (Atti 19:11, 12).d Queste clamorose vittorie sulle forze di Satana richiamarono l’attenzione di molti, anche di chi non era contento di quei miracoli.
14 Certi “giudei che andavano in giro a espellere demòni” cercarono di riprodurre i miracoli di Paolo. Alcuni di loro tentarono di espellere demòni invocando il nome di Gesù e di Paolo. Tra questi Luca menziona, per esempio, i sette figli di Sceva, appartenenti a una famiglia sacerdotale. Un demonio disse loro: “Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?” Allora l’indemoniato attaccò quegli impostori scagliandosi su di loro come una belva e costringendoli a fuggire nudi e feriti (Atti 19:13-16). Questa fu una clamorosa vittoria per “la parola di Geova”: fu evidente che Geova aveva dato grande potere a Paolo ma non a quei falsi adoratori. Tuttora milioni di persone fanno l’errore di presumere che invocare il nome di Gesù o definirsi “cristiani” sia sufficiente. Ma, come indicò Gesù, solo coloro che fanno veramente la volontà del Padre suo hanno un’autentica speranza per il futuro (Matt. 7:21-23).
15. Come possiamo seguire l’esempio degli efesini riguardo a spiritismo e oggetti legati a pratiche spiritiche?
15 L’umiliazione dei figli di Sceva contribuì a diffondere il timore di Dio, e questo indusse molti a diventare credenti e ad abbandonare le pratiche spiritiche. La cultura degli efesini era pervasa dalla magia; incantesimi e amuleti erano comuni, come pure le formule magiche, che spesso erano messe per iscritto. Molti efesini si sentirono motivati a prendere i loro libri di magia per bruciarli davanti a tutti, benché evidentemente avessero un valore pari a decine di migliaia di euro.e Luca riferisce: “Così in modo potente la parola di Geova cresceva e trionfava” (Atti 19:17-20). La verità aveva trionfato sulla falsità e sullo spiritismo. Quei fedeli costituiscono un ottimo esempio per noi. Anche oggi viviamo in un mondo pervaso dallo spiritismo. Se ci accorgessimo di possedere qualcosa che ha relazione con lo spiritismo, dovremmo fare come gli efesini: sbarazzarcene prontamente. Stiamo alla larga da queste pratiche detestabili, a qualunque costo.
“Sorse un grande tumulto” (Atti 19:23-41)
“Uomini, voi sapete bene che da questa attività deriva il nostro benessere” (Atti 19:25)
16, 17. (a) Descrivete in che modo Demetrio diede inizio al tumulto a Efeso. (b) In che modo gli efesini dimostrarono fanatismo?
16 Vediamo ora lo stratagemma di Satana descritto da Luca in questi termini: “Sorse un grande tumulto riguardo alla Via”. Non era certo un’affermazione esagerata (Atti 19:23).f Fu un argentiere di nome Demetrio a dare inizio al tumulto. Prima di tutto richiamò l’attenzione degli altri artigiani ricordando che il loro benessere derivava dalla vendita degli idoli. Proseguì insinuando che il messaggio predicato da Paolo danneggiasse i loro affari, dato che i cristiani non veneravano gli idoli. Quindi fece appello all’orgoglio civico e nazionale dei presenti, avvertendoli che la loro dea Artemide e il suo tempio di fama mondiale rischiavano di ‘non contare più nulla’ (Atti 19:24-27).
17 Il discorso di Demetrio ebbe l’effetto desiderato. Gli argentieri cominciarono a gridare in coro: “Grande è l’Artemide degli efesini!” La città precipitò nel caos, e questo diede origine all’episodio di fanatismo descritto all’inizio di questo capitolo.g Paolo, sempre pronto a sacrificarsi, voleva andare nel teatro e parlare alla folla, ma i discepoli insisterono che non si esponesse al pericolo. Un certo Alessandro, in piedi di fronte alla folla, cercò di prendere la parola. Essendo ebreo, forse voleva spiegare la differenza fra gli ebrei e quei cristiani, ma questa spiegazione importava poco ai presenti. Quando capirono che era ebreo, lo zittirono continuando a ripetere per un paio d’ore: “Grande è l’Artemide degli efesini!” Il fanatismo religioso non è cambiato. Tuttora rende completamente irragionevoli (Atti 19:28-34).
18, 19. (a) In che modo il cancelliere calmò la folla a Efeso? (b) Com’è stato protetto a volte il popolo di Geova dalle autorità secolari, e che parte possiamo avere noi nell’ottenere tale protezione?
18 Alla fine il cancelliere della città calmò la folla. Questo funzionario, uomo capace che aveva presenza di spirito, assicurò che i cristiani non costituivano un pericolo per il tempio o per la dea degli efesini. Aggiunse che Paolo e i suoi compagni non avevano commesso alcun reato contro il tempio di Artemide e che questioni del genere andavano affrontate per vie legali. Inoltre ricordò ai presenti che rischiavano di incorrere nelle ire di Roma per quell’assembramento illegale e disordinato, e forse furono queste le parole che risultarono più efficaci. Quindi congedò la folla. Grazie a questo ragionamento lucido e pratico la rabbia della folla si calmò con la stessa rapidità con cui era esplosa (Atti 19:35-41).
19 Non era la prima volta che un uomo avveduto e con una certa autorità interveniva in favore dei seguaci di Gesù, e non sarebbe stata l’ultima. In effetti l’apostolo Giovanni vide in visione che durante gli ultimi giorni gli elementi stabili del mondo, raffigurati dalla terra, avrebbero inghiottito una vera e propria ondata di persecuzione satanica contro i seguaci di Gesù (Riv. 12:15, 16). È proprio quello che è successo. Nel corso di molte cause, giudici equi hanno tutelato il diritto dei Testimoni di Geova di riunirsi per il culto e predicare la buona notizia. Di certo la nostra condotta può contribuire a simili vittorie. Grazie al suo comportamento, pare che a Efeso Paolo si fosse guadagnato il rispetto di alcuni funzionari, che in quell’occasione dimostrarono di tenere alla sua incolumità (Atti 19:31). Il nostro comportamento onesto e rispettoso può avere lo stesso effetto positivo su coloro con cui abbiamo a che fare. Non possiamo sapere quali risultati potrebbero derivarne in futuro.
20. (a) Cosa provate vedendo in che modo la parola di Geova trionfava nel I secolo e trionfa tuttora? (b) Cosa siete determinati a fare per avere una parte nelle vittorie di Geova?
20 Non è entusiasmante vedere in che modo nel I secolo “la parola di Geova cresceva e trionfava”? È altrettanto entusiasmante riscontrare che anche nel nostro tempo c’è Geova dietro a simili vittorie. Vi piacerebbe avere una parte, seppur piccola, in tali vittorie? Impariamo dunque dagli esempi che abbiamo considerato. Dimostriamoci umili, teniamoci al passo con la progressiva organizzazione di Geova, continuiamo a darci da fare, stiamo alla larga dallo spiritismo e facciamo tutto il possibile per dare una buona testimonianza con il nostro comportamento onesto e rispettoso.
a Vedi il riquadro “Efeso: capitale dell’Asia”.
b Inoltre, mentre era a Efeso, Paolo scrisse la prima lettera ai Corinti.
c In ogni aspetto del loro ministero, inclusa la testimonianza per telefono e quella per lettera, i proclamatori dovranno tenere conto delle normative vigenti in materia di protezione dei dati personali (Rom. 13:1).
d I fazzoletti menzionati potevano essere pezzi di stoffa che Paolo portava attorno alla fronte per impedire al sudore di colargli sugli occhi. Il fatto che in quel periodo Paolo indossasse grembiuli fa pensare che nelle ore libere, forse la mattina presto, esercitasse la sua attività di fabbricante di tende (Atti 20:34, 35).
e Luca parla di 50.000 monete d’argento. Se la moneta che intendeva era il denaro, per guadagnare una cifra simile un lavoratore avrebbe dovuto lavorare 50.000 giorni, ovvero 137 anni sette giorni su sette.
f Secondo alcuni, Paolo si riferiva a questo episodio quando scrisse ai corinti: “Addirittura temevamo per la nostra vita” (2 Cor. 1:8). Ma poteva aver in mente una situazione più pericolosa. Quando disse di aver “combattuto a Efeso con le bestie feroci”, Paolo poteva riferirsi o ad animali feroci in un’arena o a esseri umani che lo osteggiavano (1 Cor. 15:32). Sia l’interpretazione letterale che quella metaforica sono plausibili.
g Le associazioni, o corporazioni, di artigiani potevano essere molto potenti. Circa un secolo più tardi, per esempio, l’associazione dei fornai di Efeso provocò un tumulto simile.
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“Sono puro del sangue di tutti gli uomini”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 21
“Sono puro del sangue di tutti gli uomini”
Lo zelo di Paolo nel ministero e i suoi consigli agli anziani
Basato su Atti 20:1-38
1-3. (a) Descrivete le circostanze che portano alla morte di Eutico. (b) Cosa fa Paolo, e cosa rivela di lui questo episodio?
PAOLO si trova a Troas in una stanza affollata al terzo piano. Parla a lungo ai fratelli dato che è l’ultima sera che trascorre con loro. Si è fatta mezzanotte. Ci sono parecchie lampade accese che riscaldano l’ambiente e forse lo rendono fumoso. Un ragazzo di nome Eutico è seduto sul davanzale di una finestra. Mentre Paolo parla, Eutico ha un colpo di sonno e precipita di sotto.
2 Luca, essendo medico, è probabilmente tra i primi ad accorrere. Purtroppo non ci sono dubbi: Eutico “[viene] raccolto morto” (Atti 20:9). Ma accade un miracolo. Paolo si precipita dal ragazzo e dice alla folla: “Non vi agitate; è vivo!” Paolo lo ha riportato in vita! (Atti 20:10).
3 Questo episodio dimostra il potere dello spirito santo di Dio. Paolo non era certo responsabile di quanto accaduto a Eutico. Comunque non voleva che la morte del ragazzo rovinasse quella importante occasione o facesse vacillare la fede di qualcuno. Risuscitando Eutico, Paolo confortò e incoraggiò la congregazione affinché continuasse a svolgere il ministero. È chiaro che si sentiva responsabile della vita altrui. Ricordiamo le sue parole: “Sono puro del sangue di tutti gli uomini” (Atti 20:26). Vediamo ora come possiamo imitare l’esempio di Paolo.
“Si mise in viaggio per la Macedonia” (Atti 20:1, 2)
4. Quale brutta esperienza aveva avuto Paolo?
4 Come abbiamo visto nel capitolo precedente, Paolo aveva avuto una brutta esperienza. Il suo ministero a Efeso aveva suscitato grande scompiglio. Infatti gli argentieri che vivevano dei proventi legati al culto di Artemide avevano provocato una rivolta. “Quando il tumulto si fu placato”, riferisce Atti 20:1, “Paolo mandò a chiamare i discepoli e, una volta che li ebbe incoraggiati e salutati, si mise in viaggio per la Macedonia”.
5, 6. (a) Per quanto tempo Paolo potrebbe essere rimasto in Macedonia, e cosa fece per i fratelli locali? (b) Quale atteggiamento mostrava nei confronti dei suoi compagni di fede?
5 Mentre era diretto in Macedonia, Paolo sostò per qualche tempo nella città portuale di Troas. Sperava che Tito, che era stato mandato a Corinto, lo raggiungesse (2 Cor. 2:12, 13). Tuttavia, quando fu evidente che Tito non sarebbe venuto, Paolo proseguì per la Macedonia e forse vi rimase quasi un anno “[rivolgendo] molte parole d’incoraggiamento ai discepoli che erano là” (Atti 20:2).a Tito infine lo raggiunse in Macedonia, portandogli buone notizie circa la reazione dei corinti alla sua prima lettera (2 Cor. 7:5-7). Questo spinse Paolo a scrivere loro un’altra lettera, che ora è nota come 2 Corinti.
6 È interessante che, come scrisse Luca, Paolo abbia incoraggiato i fratelli di Efeso e della Macedonia e rivolto loro molte parole d’incoraggiamento. Questo rivela l’atteggiamento di Paolo nei confronti dei suoi compagni di fede. A differenza dei farisei, che guardavano gli altri con disprezzo, Paolo considerava le pecore del gregge come suoi collaboratori (Giov. 7:47-49; 1 Cor. 3:9). Aveva lo stesso atteggiamento anche quando doveva impartire energici consigli (2 Cor. 2:4).
7. In che modo gli odierni sorveglianti cristiani possono seguire l’esempio di Paolo?
7 Oggi gli anziani di congregazione e i sorveglianti di circoscrizione si sforzano di seguire l’esempio di Paolo. Anche quando riprendono qualcuno, lo fanno con l’obiettivo di rafforzarlo. I sorveglianti cercano con empatia di incoraggiare anziché condannare. Un sorvegliante di circoscrizione con molta esperienza si è espresso così: “La maggioranza dei fratelli desidera fare ciò che è giusto, ma spesso deve lottare contro frustrazioni, timori e la sensazione di non farcela”. I sorveglianti possono essere fonte d’incoraggiamento per questi fratelli (Ebr. 12:12, 13).
Fu “ordito un complotto contro di lui” (Atti 20:3, 4)
8, 9. (a) Cosa ostacolò i piani di Paolo di salpare per la Siria? (b) Per quali ragioni gli ebrei potevano avercela con Paolo?
8 Dalla Macedonia Paolo si recò a Corinto.b Dopo esservi rimasto tre mesi, era ansioso di andare a Cencrea, da dove intendeva imbarcarsi per la Siria. Da lì avrebbe potuto arrivare a Gerusalemme e consegnare le contribuzioni per i fratelli bisognosi del posto (Atti 24:17; Rom. 15:25, 26).c Ma avvenne qualcosa che costrinse Paolo a cambiare i suoi piani. Atti 20:3 riferisce che fu “ordito un complotto contro di lui”.
9 Non sorprende che gli ebrei ce l’avessero con Paolo, che consideravano un apostata. Dapprima il suo ministero aveva portato alla conversione di Crispo, autorevole personaggio della sinagoga di Corinto (Atti 18:7, 8; 1 Cor. 1:14). Successivamente gli ebrei di Corinto avevano denunciato Paolo al proconsole dell’Acaia, Gallione, ma questi aveva respinto le accuse reputandole infondate. La decisione aveva fatto infuriare i nemici di Paolo (Atti 18:12-17). Gli ebrei di Corinto forse sapevano o presumevano che egli si sarebbe presto imbarcato dalla vicina Cencrea, perciò progettarono di tendergli un’imboscata. Cosa avrebbe fatto Paolo?
10. Fu per codardia che Paolo evitò di andare a Cencrea? Spiegate.
10 Per non esporsi a pericoli, e per proteggere i fondi che gli erano stati affidati, Paolo preferì evitare Cencrea e tornare indietro attraverso la Macedonia. È vero, anche viaggiare via terra era rischioso; spesso lungo le strade c’erano banditi in agguato e anche le locande non erano sicure. Eppure Paolo preferì correre questi pericoli piuttosto che rischiare andando a Cencrea. Comunque non viaggiava solo, e questo fu un bene. Tra i compagni di Paolo in questo tratto del suo viaggio missionario c’erano Sopatro, Aristarco, Secondo, Gaio, Timoteo, Tichico e Trofimo (Atti 20:3, 4).
11. In che modo oggi i cristiani prendono ragionevoli precauzioni per proteggersi, e quale esempio diede Gesù al riguardo?
11 Come Paolo, oggi i cristiani prendono precauzioni per non esporsi a rischi durante il ministero. In certe zone si spostano in gruppo, o almeno in due, anziché da soli. E in caso di persecuzione? I cristiani si rendono conto che la persecuzione è inevitabile (Giov. 15:20; 2 Tim. 3:12). Ma non si espongono intenzionalmente al pericolo. Riflettiamo sull’esempio di Gesù. A Gerusalemme, quando in un’occasione degli oppositori cominciarono a raccogliere pietre per tirargliele, “Gesù si nascose e uscì dal tempio” (Giov. 8:59). In seguito, sapendo che cospiravano per ucciderlo, “Gesù smise di andare in giro in pubblico fra i giudei. Da lì se ne andò nella regione vicina al deserto” (Giov. 11:54). Prese ragionevoli precauzioni per proteggersi quando questo non era in conflitto con la volontà di Dio per lui. I cristiani odierni fanno lo stesso (Matt. 10:16).
“Furono tutti molto confortati” (Atti 20:5-12)
12, 13. (a) Che effetto ebbe la risurrezione di Eutico sulla congregazione? (b) Quale speranza biblica dà conforto a chi perde una persona cara?
12 Paolo e i suoi compagni di viaggio attraversarono insieme la Macedonia, dove a quanto pare si divisero per riunirsi nuovamente a Troas.d Negli Atti si legge: “In cinque giorni arrivammo da loro a Troas” (Atti 20:6).e È lì che avvenne la risurrezione di Eutico, come abbiamo visto all’inizio di questo capitolo. Pensate a come si saranno sentiti i fratelli vedendo il loro caro Eutico tornare in vita! Infatti la Bibbia dice: “Furono tutti molto confortati” (Atti 20:12).
13 Naturalmente oggi non avvengono miracoli simili. Tuttavia coloro che hanno perso una persona cara sono “molto confortati” dalla speranza biblica della risurrezione (Giov. 5:28, 29). Riflettete: essendo imperfetto, Eutico alla fine morì di nuovo (Rom. 6:23). Ma chi verrà risuscitato nel nuovo mondo di Dio avrà la prospettiva di vivere per sempre! Inoltre coloro che vengono risuscitati per regnare con Gesù in cielo rivestono l’immortalità (1 Cor. 15:51-53). I cristiani odierni, che facciano parte degli unti o delle “altre pecore”, hanno buone ragioni per essere “molto confortati” (Giov. 10:16).
“Pubblicamente e di casa in casa” (Atti 20:13-24)
14. Cosa disse Paolo agli anziani di Efeso quando si incontrò con loro a Mileto?
14 Paolo e i suoi compagni di viaggio andarono da Troas ad Asso, quindi a Mitilene, Chio, Samo e Mileto. Paolo intendeva arrivare a Gerusalemme in tempo per la Pentecoste. La sua fretta di arrivare per la Pentecoste spiega perché in questo viaggio di ritorno preferì imbarcarsi su una nave che non passava per Efeso. Ma poiché voleva parlare con gli anziani di Efeso, chiese che lo raggiungessero a Mileto (Atti 20:13-17). Quando arrivarono, disse loro: “Voi sapete bene come mi sono comportato in mezzo a voi dal primo giorno in cui ho messo piede nella provincia dell’Asia: ho fatto lo schiavo per il Signore con la massima umiltà, tra le lacrime e le prove che si sono abbattute su di me per via dei complotti dei giudei, e allo stesso tempo non mi sono trattenuto dal dirvi qualsiasi cosa fosse per il vostro bene né dall’insegnarvi pubblicamente e di casa in casa. Ma ho reso completa testimonianza a giudei e greci riguardo alla necessità di pentirsi, convertirsi a Dio e avere fede nel nostro Signore Gesù” (Atti 20:18-21).
15. Quali sono alcuni vantaggi della testimonianza di casa in casa?
15 Oggi ci sono molti modi per portare la buona notizia alle persone. Come Paolo, ci impegniamo per andare dove c’è gente: alle fermate degli autobus, lungo strade affollate o nei mercati. Comunque, la predicazione di casa in casa rimane il principale metodo usato dai Testimoni di Geova. Perché? Per prima cosa, predicare di casa in casa offre a tutti quanti l’opportunità di sentir parlare regolarmente del messaggio del Regno, il che dimostra l’imparzialità di Dio. Inoltre permette a chi è sincero di ricevere un aiuto mirato. Per di più il ministero di casa in casa accresce la fede e la perseveranza di coloro che lo compiono. Quello che oggi distingue i veri cristiani è proprio lo zelo con cui danno testimonianza “pubblicamente e di casa in casa”.
16, 17. In che modo Paolo si mostrò coraggioso, e come possono i cristiani imitarne l’esempio oggi?
16 Paolo spiegò agli anziani di Efeso che non sapeva quali pericoli lo aspettassero una volta tornato a Gerusalemme. “Tuttavia”, disse, “non considero la mia vita di alcuna importanza per me, purché possa portare a termine la mia corsa e il ministero che ho ricevuto dal Signore Gesù: rendere completa testimonianza alla buona notizia dell’immeritata bontà di Dio” (Atti 20:24). Coraggiosamente Paolo non permise a nulla, né a problemi di salute né ad aspra opposizione, di impedirgli di portare a termine il suo incarico.
17 Anche oggi i cristiani perseverano nonostante varie circostanze avverse. Alcuni affrontano divieti governativi e persecuzione. Altri combattono coraggiosamente con debilitanti malattie fisiche o disturbi emotivi. I ragazzi cristiani a scuola lottano con le pressioni dei compagni. In qualunque situazione si trovino, i Testimoni di Geova sono risoluti come lo fu Paolo. Sono decisi a “rendere completa testimonianza alla buona notizia”.
“Prestate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge” (Atti 20:25-38)
18. In che modo Paolo poté essere “puro del sangue di tutti gli uomini”, e come potevano esserlo anche gli anziani di Efeso?
18 L’apostolo Paolo diede poi agli anziani di Efeso schiette esortazioni, ricordando loro il suo esempio. Prima li informò che con tutta probabilità quella era l’ultima volta che lo vedevano. Quindi dichiarò: “Sono puro del sangue di tutti gli uomini, perché non mi sono trattenuto dall’annunciarvi tutta la volontà di Dio”. Come potevano quegli anziani imitare Paolo e a loro volta essere ‘puri del sangue di tutti gli uomini’? L’apostolo disse loro: “Prestate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo spirito santo vi ha nominato sorveglianti, per pascere la congregazione di Dio, che egli acquistò con il sangue del proprio Figlio” (Atti 20:26-28). Paolo avvertì che “lupi rapaci” si sarebbero infiltrati nel gregge e avrebbero detto “cose distorte per trascinarsi dietro i discepoli”. Cosa dovevano fare gli anziani? Paolo diede loro questa esortazione: “State svegli, e ricordatevi che per tre anni, giorno e notte, non ho smesso di consigliare ognuno di voi con lacrime” (Atti 20:29-31).
19. Quale apostasia si sviluppò alla fine del I secolo, e a cosa portò nei secoli successivi?
19 I “lupi rapaci” fecero la loro comparsa alla fine del I secolo. Verso il 98 l’apostolo Giovanni scrisse: “Sono già comparsi molti anticristi. [...] Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri. Se infatti fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi” (1 Giov. 2:18, 19). Già nel III secolo l’apostasia aveva portato alla nascita della classe clericale della cristianità, e nel IV secolo l’imperatore Costantino concesse il riconoscimento ufficiale a questa forma corrotta di “cristianesimo”. Adottando riti pagani e dando loro una parvenza “cristiana”, i capi religiosi dissero veramente “cose distorte”. Gli effetti di quella apostasia si vedono ancora nelle dottrine e nelle usanze della cristianità.
20, 21. In che modo Paolo si mostrò altruista, e come possono gli anziani odierni fare lo stesso?
20 La vita di Paolo fu ben diversa da quella di coloro che in seguito avrebbero approfittato del gregge. Paolo lavorava per sostenersi e non essere di peso alla congregazione. Non era per tornaconto che si prodigava a favore dei compagni di fede. Esortò gli anziani di Efeso a mostrare altruismo, dicendo: “Dovete assistere quelli che sono deboli e dovete ricordarvi delle parole del Signore Gesù, che disse: ‘C’è più felicità nel dare che nel ricevere’” (Atti 20:35).
21 Come Paolo, oggi gli anziani cristiani sono altruisti. A differenza del clero della cristianità, che sfrutta il gregge, coloro a cui è affidata la responsabilità di “pascere la congregazione di Dio” svolgono il proprio compito in modo disinteressato. Nella congregazione cristiana non c’è posto per orgoglio e ambizione, perché chi ‘cerca la propria gloria’ non farà molta strada (Prov. 25:27). La presunzione porta solo al disonore (Prov. 11:2).
“Tutti scoppiarono in un gran pianto” (Atti 20:37)
22. Cosa rese Paolo tanto caro agli anziani di Efeso?
22 Il genuino amore di Paolo per i suoi fratelli lo rese loro caro. Infatti al momento della sua partenza “tutti scoppiarono in un gran pianto, abbracciarono Paolo e lo baciarono affettuosamente” (Atti 20:37, 38). I cristiani apprezzano e amano davvero coloro che come Paolo si impegnano altruisticamente a favore del gregge. Dopo aver riflettuto sull’ottimo esempio di Paolo, di certo converrete che non stava esagerando né si stava vantando quando disse: “Sono puro del sangue di tutti gli uomini” (Atti 20:26).
a Vedi il riquadro “Le lettere che Paolo scrisse dalla Macedonia”.
b A quanto pare fu durante questa sosta a Corinto che Paolo scrisse la lettera ai Romani.
c Vedi il riquadro “Paolo consegna le contribuzioni a favore dei fratelli”.
d Il fatto che in Atti 20:5, 6 Luca usi la prima persona plurale fa pensare che lui e Paolo si siano incontrati di nuovo a Filippi, dove Paolo lo aveva lasciato qualche tempo prima (Atti 16:10-17, 40).
e Il viaggio da Filippi a Troas durò cinque giorni. Fu probabilmente a causa di venti contrari, visto che in precedenza per lo stesso tratto avevano impiegato appena due giorni (Atti 16:11).
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“Si compia la volontà di Geova”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 22
“Si compia la volontà di Geova”
Deciso a fare la volontà di Dio, Paolo va a Gerusalemme
Basato su Atti 21:1-17
1-4. Perché Paolo è diretto a Gerusalemme, e cosa lo attende?
IL MOMENTO della partenza da Mileto è commovente. Per Paolo e Luca è davvero difficile separarsi dagli anziani di Efeso, ai quali si sono affezionati. I due missionari sono sul ponte della nave. Oltre alle provviste per il viaggio hanno con sé i fondi raccolti per i cristiani bisognosi della Giudea. Non vedono l’ora di portare a destinazione questo dono.
2 Il vento gonfia le vele e la nave si allontana dal trambusto del porto. I due uomini, insieme ai loro sette compagni di viaggio, guardano i visi tristi dei fratelli sul molo (Atti 20:4, 14, 15). Continuano a salutarli con la mano finché non scompaiono alla loro vista.
3 Per circa tre anni Paolo ha collaborato con gli anziani di Efeso. Ma ora, sotto la guida dello spirito santo, è diretto a Gerusalemme. Ha già un’idea di quello che lo aspetta. Ha appena detto a quegli anziani: “Costretto dallo spirito, sono in viaggio verso Gerusalemme, senza sapere cosa mi accadrà là; so soltanto che lo spirito santo mi avverte ripetutamente di città in città, dicendo che mi aspettano catene e tribolazioni” (Atti 20:22, 23). Nonostante il pericolo, Paolo si sente “costretto dallo spirito”, cioè sente sia l’obbligo che il desiderio di seguire le indicazioni dello spirito che lo guida a Gerusalemme. Ci tiene alla vita, ma per lui la cosa più importante è fare la volontà di Dio.
4 La pensiamo allo stesso modo? Quando ci dedichiamo a Geova promettiamo solennemente che fare la sua volontà sarà la cosa più importante della nostra vita. Ci sarà utile riflettere sull’esempio di fedeltà dell’apostolo Paolo.
“Avvistata l’isola di Cipro” (Atti 21:1-3)
5. Quale rotta seguirono Paolo e i suoi compagni per raggiungere Tiro?
5 Paolo e i suoi compagni salirono su un’imbarcazione che procedette col vento in poppa senza virare fino a raggiungere Cos il giorno stesso (Atti 21:1). Sembra che la nave sia rimasta ormeggiata lì per la notte, prima di procedere alla volta dell’isola di Rodi e di Patara, sulla costa meridionale dell’Asia Minore. A Patara i fratelli si imbarcarono su una grande nave da carico che li avrebbe portati direttamente a Tiro, in Fenicia. Durante la traversata oltrepassarono ‘l’isola di Cipro, lasciandola a sinistra’ (Atti 21:3). Perché Luca, lo scrittore degli Atti, menziona questo particolare?
6. (a) Perché la vista di Cipro può aver incoraggiato Paolo? (b) A quale conclusione giungiamo riflettendo su come Geova ci ha benedetto e aiutato?
6 Forse Paolo indicò l’isola e raccontò le esperienze avute lì. Nel suo primo viaggio missionario, circa nove anni prima, Paolo insieme a Barnaba e a Giovanni Marco si era imbattuto nello stregone Elima, il quale aveva tentato di ostacolare la loro predicazione (Atti 13:4-12). Probabilmente rivedere l’isola e riflettere su quanto era accaduto incoraggiò e rafforzò Paolo in vista di ciò che lo attendeva. Anche a noi fa bene riflettere su come Dio ci ha benedetto e ci ha aiutato a superare delle prove. Potremo così condividere questo pensiero di Davide: “Molte sono le difficoltà del giusto, ma Geova lo libera da tutte quante” (Sal. 34:19).
‘Cercammo i discepoli e li trovammo’ (Atti 21:4-9)
7. Cosa fecero i viaggiatori al loro arrivo a Tiro?
7 Paolo capiva l’importanza di stare con persone che condividevano la sua fede e non vedeva l’ora di farlo. Luca, parlando dell’arrivo a Tiro, dice che ‘cercarono i discepoli e li trovarono’ (Atti 21:4). Sapendo che a Tiro c’erano altri cristiani, Paolo e i suoi compagni di viaggio li cercarono e probabilmente rimasero con loro. Una delle grandi benedizioni di conoscere la verità è che ovunque andiamo possiamo trovare compagni di fede pronti ad accoglierci. Chi ama Dio e pratica la vera adorazione ha amici in tutto il mondo.
8. Come dobbiamo intendere Atti 21:4?
8 Descrivendo i sette giorni trascorsi a Tiro, Luca riporta qualcosa che sulle prime potrebbe lasciare perplessi: “Per mezzo dello spirito, [i fratelli di Tiro] dissero ripetutamente a Paolo di non mettere piede a Gerusalemme” (Atti 21:4). Geova aveva forse cambiato idea? Stava ora indicando a Paolo di non andare a Gerusalemme? No. Lo spirito aveva rivelato che Paolo sarebbe stato maltrattato a Gerusalemme, non che avrebbe dovuto evitare di andarci. A quanto pare, per mezzo dello spirito santo i fratelli di Tiro giunsero correttamente alla conclusione che a Gerusalemme Paolo avrebbe avuto dei problemi. Perciò, preoccupati per lui, cercarono di dissuaderlo. Era comprensibile che desiderassero proteggerlo dal pericolo incombente. Eppure, determinato a fare la volontà di Geova, Paolo proseguì alla volta di Gerusalemme (Atti 21:12).
9, 10. (a) A quale episodio può aver pensato Paolo nel vedere la preoccupazione dei fratelli di Tiro? (b) Quale idea è comune oggi nel mondo, e perché è in contrasto con le parole di Gesù?
9 Vedendo la preoccupazione dei fratelli, forse Paolo ricordò che Gesù aveva incontrato una reazione simile quando aveva detto ai discepoli che sarebbe andato a Gerusalemme, avrebbe sofferto molto e sarebbe stato ucciso. Spinto dal sentimentalismo, Pietro aveva detto a Gesù: “Sii buono con te stesso, Signore; questo non ti succederà mai”. Gesù aveva replicato: “Va’ dietro a me, Satana! Tu sei per me una pietra d’inciampo, perché i tuoi pensieri non sono quelli di Dio, ma degli uomini” (Matt. 16:21-23). Gesù era deciso ad accettare la vita di sacrificio che Dio gli aveva riservato. Paolo la pensava allo stesso modo. I fratelli di Tiro, così come l’apostolo Pietro, erano senza dubbio animati da buone intenzioni, ma non comprendevano qual era la volontà di Dio.
Essere seguaci di Gesù richiede spirito di sacrificio
10 A molti oggi piace l’idea di ‘essere buoni con sé stessi’ e seguire la via più facile. In genere la gente tende a scegliere una religione di comodo che non richieda troppo dai suoi fedeli. Gesù invece esortò ad avere una mentalità ben diversa. Disse ai discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda il suo palo di tortura e mi segua di continuo” (Matt. 16:24). Seguire Gesù è la cosa più saggia e giusta da fare, ma non la più facile.
11. In che modo i discepoli di Tiro dimostrarono di amare e sostenere Paolo?
11 Paolo, Luca e gli altri dovettero presto rimettersi in viaggio. La descrizione della loro partenza è toccante. Dimostra che i fratelli di Tiro nutrivano grande affetto per Paolo e lo sostenevano nel ministero. Uomini, donne e bambini accompagnarono lui e gli altri fino alla spiaggia. Tutti si inginocchiarono, pregarono insieme e poi si salutarono. Dopodiché Paolo, Luca e i loro compagni di viaggio si imbarcarono su un’altra nave e proseguirono fino a Tolemaide. Lì incontrarono i fratelli e rimasero un giorno con loro (Atti 21:5-7).
12, 13. (a) Che esempio di fedele servizio diede Filippo? (b) Cosa possono imparare da Filippo i padri cristiani di oggi?
12 Luca riferisce che Paolo e gli altri si diressero poi a Cesarea. Una volta arrivati, si recarono a casa di “Filippo l’evangelizzatore” (Atti 21:8).a Saranno stati contenti di vedere Filippo. Una ventina d’anni prima, a Gerusalemme, questi era stato incaricato dagli apostoli di occuparsi della distribuzione del cibo nella neonata congregazione cristiana. Da molto tempo Filippo era un predicatore zelante. Ricorderete che, quando i discepoli furono dispersi a motivo della persecuzione, Filippo andò a Samaria e si mise a predicare. In seguito predicò all’eunuco etiope e lo battezzò (Atti 6:2-6; 8:4-13, 26-38). Che esempio di fedele servizio!
13 Filippo non aveva perso lo zelo per il ministero. Stabilitosi a Cesarea, era ancora impegnato nell’opera di predicazione; lo dimostra il fatto che Luca lo chiama “l’evangelizzatore”. Apprendiamo inoltre che ora aveva quattro figlie che profetizzavano, il che fa pensare che seguissero le orme del padre (Atti 21:9).b Filippo aveva quindi fatto molto per edificare la spiritualità della sua famiglia. Oggi i padri cristiani dovrebbero seguire il suo esempio, prendendo l’iniziativa nel ministero e insegnando ai figli ad amare l’opera di evangelizzazione.
14. Qual era l’effetto delle visite di Paolo ai compagni di fede, e che opportunità abbiamo anche noi oggi?
14 In una città dopo l’altra Paolo cercava i compagni di fede e trascorreva del tempo con loro. Sicuramente i fratelli locali erano felici di ospitare questo missionario e quelli che viaggiavano con lui. Quelle visite avevano senz’altro come effetto un incoraggiamento reciproco (Rom. 1:11, 12). Oggi abbiamo opportunità simili. Avremo grandi benefìci se apriamo la porta della nostra casa, per quanto umile, al sorvegliante di circoscrizione e a sua moglie (Rom. 12:13).
“Sono pronto [...] a morire” (Atti 21:10-14)
15, 16. Qual era il messaggio di Agabo, e quale effetto ebbe sui presenti?
15 Mentre Paolo era da Filippo arrivò un altro ospite molto stimato, Agabo. Coloro che erano radunati a casa di Filippo sapevano che Agabo era un profeta; in passato aveva predetto una grande carestia, avvenuta durante il regno di Claudio (Atti 11:27, 28). Forse si chiedevano: “Come mai è venuto? Che messaggio porta?” Mentre tutti gli occhi erano fissi su di lui, Agabo prese in mano la cintura di Paolo, una lunga striscia di tessuto che poteva contenere denaro o altro e che si portava intorno alla vita. Con questa si legò i piedi e le mani; quindi pronunciò un messaggio molto serio: “Questo è ciò che lo spirito santo dice: ‘A Gerusalemme i giudei legheranno così l’uomo a cui appartiene questa cintura, e lo consegneranno nelle mani di persone delle nazioni’” (Atti 21:11).
16 La profezia confermava che Paolo sarebbe andato a Gerusalemme. Indicava inoltre che gli ebrei lo avrebbero infine consegnato “nelle mani di persone delle nazioni”. Quella profezia ebbe un forte impatto sui presenti. Luca scrive: “Sentito questo, noi e gli altri che erano lì supplicammo Paolo di non salire a Gerusalemme. Ma lui rispose: ‘Perché piangete e cercate di scoraggiarmi? Siate certi che io sono pronto non solo a essere legato ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù’” (Atti 21:12, 13).
17, 18. In che modo Paolo si mostrò risoluto, e come reagirono i fratelli?
17 Immaginate la scena. I fratelli, Luca incluso, supplicano Paolo di non partire. Alcuni piangono. Commosso da tanto affetto e da tanta premura, Paolo dice loro benevolmente che ‘stanno cercando di scoraggiarlo’ o, secondo altre versioni, che ‘gli stanno spezzando il cuore’. Ma Paolo è fermamente risoluto. Come è avvenuto quando ha incontrato i fratelli di Tiro, non permetterà che suppliche e lacrime lo facciano vacillare. Anzi, spiega perché deve andare avanti. Che coraggio e che determinazione! Come Gesù prima di lui, Paolo era fermamente deciso ad andare a Gerusalemme (Ebr. 12:2). Non ambiva a diventare un martire ma, se fosse stato necessario, avrebbe considerato un onore morire quale seguace di Cristo Gesù.
18 Come reagirono i fratelli? In poche parole, rispettarono la sua decisione. Leggiamo: “Visto che non si lasciava dissuadere, ci rassegnammo e dicemmo: ‘Si compia la volontà di Geova’” (Atti 21:14). Coloro che cercavano di convincere Paolo a non andare a Gerusalemme smisero di insistere. Gli diedero ascolto e cedettero, riconoscendo e accettando la volontà di Geova, anche se non fu facile. Paolo aveva imboccato una strada che avrebbe potuto portarlo alla morte. Sarebbe stato più semplice per lui se chi gli voleva bene non avesse cercato di dissuaderlo.
19. Quale preziosa lezione impariamo da quanto accadde a Paolo?
19 Da quanto accadde a Paolo impariamo una preziosa lezione: non dovremmo mai cercare di dissuadere altri dall’intraprendere una vita di sacrificio al servizio di Dio. Questo vale in molte situazioni, non solo quando è in gioco la vita. Per esempio, molti genitori cristiani trovano difficile vedere i propri figli andare via di casa per servire Geova in luoghi lontani, ma sono decisi a non scoraggiarli. Phyllis, che vive in Inghilterra, ricorda cosa provò quando la sua unica figlia partì come missionaria per l’Africa. “Fu un periodo pieno di sentimenti contrastanti”, dice. “Per me era difficile saperla così lontana. Ero triste e orgogliosa al tempo stesso. Pregai molto. Ma era una sua decisione e non ho mai cercato di condizionarla. D’altronde le avevo sempre insegnato a mettere gli interessi del Regno al primo posto. Sono 30 anni che presta servizio all’estero e per la sua fedeltà ringrazio Geova ogni giorno”. È bene incoraggiare i compagni di fede che mostrano spirito di sacrificio.
È bene incoraggiare i compagni di fede che mostrano spirito di sacrificio
“I fratelli ci accolsero con gioia” (Atti 21:15-17)
20, 21. Da cosa si comprende che Paolo amava stare con i fratelli, e perché aveva questo desiderio?
20 Fatti i preparativi, Paolo proseguì per la sua strada accompagnato dai fratelli, che in questo modo mostrarono di dargli il loro completo sostegno. A ogni tappa del viaggio verso Gerusalemme Paolo e gli altri avevano sempre cercato la compagnia dei fratelli cristiani. A Tiro avevano trovato i discepoli ed erano rimasti con loro per sette giorni. A Tolemaide si erano fermati a salutare i fratelli e avevano trascorso con loro una giornata. A Cesarea avevano passato qualche giorno a casa di Filippo. E ora alcuni cristiani stavano scortando Paolo e i suoi compagni da Cesarea a Gerusalemme, dove sarebbero stati ospitati da Mnasone, uno dei primi discepoli. Luca riferisce cosa accadde quando infine giunsero a Gerusalemme: “I fratelli ci accolsero con gioia” (Atti 21:17).
21 Chiaramente l’apostolo Paolo amava stare con i compagni di fede. Traeva incoraggiamento dai fratelli e dalle sorelle, proprio come noi oggi. Senza dubbio questo incoraggiamento diede a Paolo la forza di affrontare accaniti oppositori intenzionati a ucciderlo.
a Vedi il riquadro “Cesarea: capitale della provincia romana della Giudea”.
b Vedi il riquadro “Una donna poteva essere un ministro cristiano?”
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“Ascoltate ora la mia difesa”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 23
“Ascoltate ora la mia difesa”
Paolo difende la verità davanti a folle inferocite e al Sinedrio
Basato su Atti 21:18–23:10
1, 2. Perché l’apostolo Paolo torna a Gerusalemme, e quali problemi incontrerà?
SIAMO a Gerusalemme. Ancora una volta Paolo cammina per le sue strade strette e affollate. Nessuna città al mondo ha avuto un ruolo più rilevante nella storia del popolo di Geova. La maggioranza dei suoi abitanti ne va molto fiera. Paolo sa che qui molti cristiani danno troppa importanza al passato, anziché avanzare di pari passo con la volontà di Geova. Mentre era ancora a Efeso, Paolo aveva deciso di tornare a Gerusalemme per portare degli aiuti materiali, ma ora si rende conto che serve aiuto anche in senso spirituale (Atti 19:21). Nonostante i possibili rischi, ha tenuto fede alla sua decisione.
2 Cosa lo attende qui a Gerusalemme? Incontrerà un problema che ha a che fare con i seguaci di Cristo, alcuni dei quali sono turbati da voci che lo riguardano. Problemi più gravi saranno causati dai nemici di Cristo, i quali muoveranno false accuse contro di lui, lo picchieranno e lo minacceranno di morte. Questi avvenimenti tumultuosi daranno a Paolo l’opportunità di pronunciare una difesa. Vediamo in che modo l’umiltà, il coraggio e la fede con cui affronta questi problemi sono un ottimo esempio per i cristiani odierni.
“Glorificarono Dio” (Atti 21:18-20a)
3-5. (a) A quale adunanza assisté Paolo a Gerusalemme, e di cosa si parlò? (b) Cosa possiamo imparare da quell’adunanza con gli anziani di Gerusalemme?
3 Il giorno dopo essere arrivati a Gerusalemme, Paolo e i suoi compagni andarono dagli anziani della congregazione. Nel testo non viene menzionato nessuno degli apostoli ancora in vita, forse perché erano andati tutti a servire in altre zone. Tuttavia Giacomo, il fratello di Gesù, si trovava ancora lì (Gal. 2:9). Probabilmente era lui che presiedeva quell’adunanza in cui, oltre a Paolo, “c’erano anche tutti gli anziani” (Atti 21:18).
4 Paolo salutò gli anziani e “si mise a raccontare nei particolari quello che Dio aveva fatto fra le nazioni per mezzo del suo ministero” (Atti 21:19). Possiamo solo immaginare quanto fu incoraggiante il suo resoconto! Anche oggi ci emoziona sentire notizie sui progressi dell’opera in altri paesi (Prov. 25:25).
5 È probabile che a un certo punto Paolo abbia menzionato le contribuzioni raccolte in Europa. L’interessamento manifestato dai fratelli di luoghi lontani deve aver rincuorato i presenti. Infatti la Bibbia dice che, in risposta al resoconto di Paolo, gli anziani “glorificarono Dio” (Atti 21:20a). Oggi, in modo simile, molti che vengono colpiti da sciagure o da gravi malattie sono commossi quando i loro compagni di fede intervengono tempestivamente per aiutarli e incoraggiarli.
Molti sono ancora “zelanti nella Legge” (Atti 21:20b, 21)
6. Di quale problema fu informato Paolo?
6 Gli anziani riferirono a Paolo che in Giudea c’era un problema che lo riguardava personalmente. Gli dissero: “Fratello, tu vedi quante migliaia di credenti ci sono fra i giudei, e sono tutti zelanti nella Legge. Ecco, hanno sentito dire che hai insegnato a tutti i giudei sparsi fra le nazioni di abbandonare Mosè, dicendo loro di non circoncidere i loro figli e di non seguire le usanze tradizionali” (Atti 21:20b, 21).a
7, 8. (a) Quale modo di pensare errato avevano molti cristiani della Giudea? (b) Perché il modo di pensare errato di alcuni cristiani ebrei non era apostasia?
7 Perché tanti cristiani erano ancora ligi alla Legge mosaica, che da oltre 20 anni non era più in vigore? (Col. 2:14). Nel 49 E.V. gli apostoli e gli anziani radunati a Gerusalemme avevano inviato una lettera alle congregazioni per spiegare che non era necessario che i cristiani delle nazioni si circoncidessero e osservassero la Legge mosaica (Atti 15:23-29). Tuttavia quella lettera non menzionava i cristiani ebrei, molti dei quali non avevano capito che la Legge mosaica non era più in vigore.
8 Quegli ebrei erano forse indegni di essere cristiani a motivo di questo modo di pensare errato? No. Non erano persone che un tempo avevano adorato divinità pagane e che ora continuavano a seguire le usanze della loro religione precedente. La Legge che per quei cristiani ebrei era così importante era stata data da Geova. Non aveva nulla di demoniaco o di sbagliato, ma aveva a che fare con il vecchio patto, e ora i cristiani erano sotto un nuovo patto. Le disposizioni del patto della Legge erano ormai sorpassate per quanto riguardava la pura adorazione. I cristiani ebrei che osservavano scrupolosamente la Legge mancavano di intendimento e di fiducia nella congregazione cristiana. Avevano bisogno di adeguarsi alla progressiva rivelazione della verità (Ger. 31:31-34; Luca 22:20).b
“Non c’è nulla di vero in quello che si dice di te” (Atti 21:22-26)
9. Cosa insegnava Paolo riguardo alla Legge mosaica?
9 Che dire delle voci secondo cui Paolo diceva agli ebrei sparsi tra le nazioni “di non circoncidere i loro figli e di non seguire le usanze tradizionali”? Paolo, apostolo delle nazioni, aveva appoggiato la decisione secondo cui i non ebrei non dovevano osservare la Legge. E in più smascherava chiunque cercasse di persuadere i cristiani non ebrei a circoncidersi in segno di sottomissione alla Legge mosaica (Gal. 5:1-7). Nelle città in cui si recava, Paolo predicava la buona notizia anche agli ebrei. Di certo spiegava a quelli ben disposti che la morte di Gesù aveva reso la Legge antiquata e che la giustizia si conseguiva con la fede e non con le opere della Legge (Rom. 2:28, 29; 3:21-26).
10. Quale atteggiamento equilibrato aveva Paolo in questioni riguardanti la Legge e la circoncisione?
10 Comunque Paolo si mostrò comprensivo con coloro che tenevano all’osservanza di alcune usanze ebraiche, come quella di non lavorare il Sabato o di evitare certi cibi (Rom. 14:1-6). E non stabilì regole sulla circoncisione. In effetti, Paolo aveva circonciso Timoteo così che gli ebrei non fossero prevenuti nei suoi confronti per il fatto che suo padre era greco (Atti 16:3). Circoncidersi o meno era una decisione personale. Paolo disse ai galati: “Né la circoncisione né l’incirconcisione hanno alcun valore; conta la fede che opera attraverso l’amore” (Gal. 5:6). Tuttavia chi si fosse circonciso per sottomettersi alla Legge o perché lo riteneva necessario per avere il favore di Geova avrebbe rivelato mancanza di fede.
11. Quali istruzioni diedero gli anziani a Paolo, e seguirle cosa avrebbe potuto comportare? (Vedi anche la nota in calce.)
11 Ad ogni modo, sebbene le voci su Paolo fossero infondate, i cristiani ebrei ne erano comunque turbati. Perciò gli anziani gli diedero queste istruzioni: “Abbiamo quattro uomini che hanno fatto un voto. Prendi questi uomini con te, purìficati cerimonialmente con loro e paga tu per loro perché si facciano radere la testa. Così tutti sapranno che non c’è nulla di vero in quello che si dice di te, ma che cammini ordinatamente e osservi anche tu la Legge” (Atti 21:23, 24).c
12. In che modo Paolo si mostrò conciliante e pronto a cooperare quando ricevette istruzioni dagli anziani di Gerusalemme?
12 Paolo avrebbe potuto obiettare che il vero problema non erano tanto le voci che lo riguardavano, quanto l’attaccamento di quei cristiani ebrei alla Legge mosaica. Tuttavia, pur senza scendere a compromessi sui princìpi divini, si mostrò conciliante. Qualche tempo prima aveva scritto: “Per quelli sottoposti alla legge, pur non essendo sottoposto alla legge sono diventato come uno sottoposto alla legge, per guadagnare quelli sottoposti alla legge” (1 Cor. 9:20). In quell’occasione Paolo cooperò con gli anziani di Gerusalemme e diventò “come uno sottoposto alla legge”, insegnandoci così che dobbiamo cooperare con gli anziani e non insistere per fare le cose a modo nostro (Ebr. 13:17).
Quando non venivano violati princìpi scritturali, Paolo era conciliante. E voi?
“Non è degno di vivere!” (Atti 21:27–22:30)
13. (a) Perché alcuni ebrei provocarono un tumulto nel tempio? (b) In che modo Paolo ebbe salva la vita?
13 Nel tempio le cose non andarono bene. Quando stavano per terminare i giorni dell’adempimento dei voti, alcuni ebrei dell’Asia videro Paolo, lo accusarono falsamente di aver portato dei non ebrei nel tempio e provocarono un tumulto. Se non fosse intervenuto il comandante militare romano, Paolo sarebbe stato picchiato a morte. Fatto sta che il comandante lo arrestò. Sarebbero trascorsi più di quattro anni prima che Paolo venisse rimesso in libertà. Intanto per lui il pericolo non era passato. Quando il comandante chiese agli ebrei perché ce l’avessero con Paolo, questi lanciarono a gran voce diverse accuse. Nella confusione il comandante non riuscì a capire nulla. Alla fine Paolo dovette letteralmente essere portato via. Mentre stava per entrare con i soldati nel quartiere militare, Paolo disse al comandante: “Ti prego, permettimi di parlare al popolo” (Atti 21:39). Il comandante acconsentì e Paolo difese con coraggio la sua fede.
14, 15. (a) Cosa spiegò Paolo agli ebrei? (b) Cosa fece il comandante romano per capire perché gli ebrei erano furiosi nei confronti di Paolo?
14 Paolo iniziò con queste parole: “Ascoltate ora la mia difesa” (Atti 22:1). Parlò in ebraico, e questo calmò la folla. Spiegò con chiarezza perché era diventato seguace di Cristo. Accortamente menzionò particolari che gli ebrei, volendo, potevano verificare. Paolo aveva studiato ai piedi del ben noto Gamaliele e aveva perseguitato i seguaci di Cristo, come alcuni dei presenti probabilmente sapevano. Ma sulla via di Damasco aveva avuto una visione del Cristo risorto, che gli aveva parlato. I suoi compagni di viaggio avevano visto una gran luce e sentito una voce, ma non erano stati in grado di distinguere le parole pronunciate. (Vedi nwtsty approfondimenti a Atti 9:7; 22:9.) Dopodiché avevano dovuto accompagnare Paolo, accecato dalla visione, a Damasco. Lì Anania, che gli ebrei della zona conoscevano bene, gli aveva miracolosamente ridato la vista.
15 Paolo proseguì dicendo che, dopo il suo ritorno a Gerusalemme, Gesù gli era apparso nel tempio. A quel punto gli ebrei si infuriarono e gridarono: “Togli quest’uomo dalla faccia della terra, perché non è degno di vivere!” (Atti 22:22). Per salvare Paolo, il comandante lo fece portare nel quartiere militare. Deciso a scoprire perché gli ebrei erano così furiosi nei confronti di Paolo, il comandante ordinò di interrogarlo ricorrendo alla flagellazione. Paolo però si avvalse della tutela giuridica a cui aveva diritto e dichiarò di essere cittadino romano. Per difendere la loro fede, oggi gli adoratori di Geova si servono in modo simile dei mezzi legali disponibili. (Vedi i riquadri “La legge e la cittadinanza romana”, e “Battaglie legali nei nostri giorni”.) Sentendo che Paolo era cittadino romano, il comandante capì che avrebbe dovuto trovare un altro modo per ottenere maggiori informazioni. Il giorno dopo portò Paolo di fronte al Sinedrio, la corte suprema giudaica, che si era riunito per l’occasione.
“Sono fariseo” (Atti 23:1-10)
16, 17. (a) Descrivete cosa accadde quando Paolo parlò davanti al Sinedrio. (b) In che modo Paolo diede un esempio di umiltà in quell’occasione?
16 Paolo iniziò così la sua difesa davanti al Sinedrio: “Uomini, fratelli, fino a oggi ho agito davanti a Dio con una coscienza perfettamente pulita” (Atti 23:1). Non poté aggiungere altro. La Bibbia dice: “A quelle parole il sommo sacerdote Anania ordinò a quelli che gli stavano accanto di colpirlo sulla bocca” (Atti 23:2). Che oltraggio! E che manifestazione di pregiudizio tacciare Paolo di menzogna prima di averne avuto alcuna prova! Non stupisce che Paolo abbia risposto: “Dio colpirà te, muro imbiancato. Siedi per giudicarmi secondo la Legge e al tempo stesso violi la Legge comandando di colpirmi?” (Atti 23:3).
17 Alcuni dei presenti rimasero sconvolti, non per il fatto che Paolo venisse colpito, ma per la sua reazione. Gli chiesero: “Oltraggi il sommo sacerdote di Dio?” Paolo con la sua risposta diede loro una lezione di umiltà e di rispetto per la Legge. “Fratelli”, disse, “non sapevo che fosse il sommo sacerdote. Infatti è scritto: ‘Non devi parlare in modo offensivo di un capo del tuo popolo’” (Atti 23:4, 5; Eso. 22:28).d Paolo ora cambiò strategia. Tenendo conto che il Sinedrio era composto da farisei e sadducei, affermò: “Uomini, fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei. Vengo giudicato a motivo della speranza della risurrezione dei morti” (Atti 23:6).
Come Paolo, cerchiamo di trovare una base comune con chi viene da un contesto religioso diverso
18. Perché Paolo si definì fariseo, e come potremmo usare un approccio simile in alcune occasioni?
18 Perché Paolo si definì fariseo? Perché era “figlio di farisei”, veniva cioè da una famiglia appartenente a quella setta. Molti perciò lo consideravano ancora tale.e Ma come poteva Paolo accomunare la propria fede nella risurrezione al concetto che ne avevano i farisei? Questi credevano che le anime sopravvivessero alla morte e che quelle dei giusti tornassero a vivere in corpi umani. Paolo non credeva in cose del genere. Credeva nella risurrezione insegnata da Gesù (Giov. 5:25-29). Comunque condivideva la credenza dei farisei secondo cui c’era una speranza di vita dopo la morte, a differenza dei sadducei che non credevano in una vita futura. Potremmo usare un approccio simile quando parliamo con cattolici o protestanti. Potremmo dire che anche noi crediamo in Dio. Certo, forse loro credono nella Trinità mentre noi nell’Iddio della Bibbia. Ma c’è una cosa che abbiamo in comune: crediamo nell’esistenza di Dio.
19. Perché la riunione del Sinedrio si concluse nel caos?
19 Le parole di Paolo divisero i membri del Sinedrio. Leggiamo: “Cominciarono a gridare a gran voce, e alcuni degli scribi del partito dei farisei si alzarono e si misero a disputare accesamente dicendo: ‘Non troviamo nulla di male in quest’uomo; e se gli avesse parlato uno spirito o un angelo?’” (Atti 23:9). La sola idea che un angelo avesse parlato a Paolo era del tutto inaccettabile per i sadducei, che non credevano negli angeli. (Vedi il riquadro “I sadducei e i farisei”.) La confusione diventò tale che il comandante militare ancora una volta dovette intervenire per proteggere Paolo (Atti 23:10). Il pericolo non era ancora passato. Cosa sarebbe accaduto ora a Paolo? Ne sapremo di più nel prossimo capitolo.
a Dato che i cristiani ebrei erano così tanti, per prendersi cura dei loro bisogni spirituali c’erano probabilmente molte congregazioni che si radunavano in case private.
b Alcuni anni dopo, l’apostolo Paolo scrisse la sua lettera agli Ebrei, in cui dimostrò la superiorità del nuovo patto. Spiegò chiaramente che il nuovo patto rendeva antiquato quello vecchio. Oltre a fornire ai cristiani ebrei argomenti convincenti da usare per rispondere agli ebrei che facevano loro opposizione, l’efficace ragionamento di Paolo senza dubbio rafforzò la fede di alcuni cristiani che davano troppa importanza alla Legge mosaica (Ebr. 8:7-13).
c Secondo alcuni biblisti quegli uomini avevano fatto un voto di nazireato (Num. 6:1-21). È vero che la Legge mosaica, che contemplava questo tipo di voto, non era più in vigore, ma Paolo forse pensò che non fosse sbagliato da parte di quegli uomini adempiere un voto fatto a Geova. Quindi non ci sarebbe stato niente di male nel pagare le loro spese e accompagnarli. Non sappiamo esattamente di che tipo di voto si trattasse, ma è improbabile che Paolo appoggiasse l’offerta di un sacrificio animale (come facevano i nazirei) ritenendo che potesse purificare quegli uomini dal peccato. Il perfetto sacrificio di Cristo aveva privato tali sacrifici di ogni valore espiatorio. Comunque sia, possiamo essere certi che Paolo non avrebbe acconsentito a fare nulla che violasse la sua coscienza.
d Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che Paolo non avesse riconosciuto il sommo sacerdote perché ci vedeva poco. O forse era stato via da Gerusalemme così tanto tempo che non sapeva chi fosse il sommo sacerdote in carica. Oppure semplicemente non era riuscito a vedere in mezzo alla folla chi aveva dato l’ordine di colpirlo.
e Nel 49, quando gli apostoli e gli anziani stavano valutando se i non ebrei dovessero osservare la Legge mosaica, alcuni cristiani presenti furono definiti “quelli della setta dei farisei che erano diventati credenti” (Atti 15:5). Evidentemente, in qualche modo quei credenti erano ancora identificati con l’ambiente farisaico da cui provenivano.
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“Fatti coraggio!”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 24
“Fatti coraggio!”
Paolo sfugge a un complotto ordito per ucciderlo e pronuncia la sua difesa davanti a Felice
Basato su Atti 23:11–24:27
1, 2. Perché la persecuzione che Paolo affronta a Gerusalemme non lo sorprende?
SOTTRATTO a una folla inferocita a Gerusalemme, Paolo è di nuovo agli arresti. La persecuzione che affronta in questa città non lo sorprende. Gli era stato detto che a Gerusalemme lo aspettavano “catene e tribolazioni” (Atti 20:22, 23). Pur non essendo sicuro di cosa gli accadrà, lo zelante apostolo sa che continuerà a soffrire per il nome di Gesù (Atti 9:16).
2 Anche profeti cristiani avevano avvertito Paolo che sarebbe stato legato e consegnato “nelle mani di persone delle nazioni” (Atti 21:4, 10, 11). Recentemente una turba di ebrei ha tentato di ucciderlo. Poco dopo Paolo ha rischiato di ‘essere fatto a pezzi’ dai membri del Sinedrio che discutevano per causa sua. Ora l’apostolo è detenuto dai soldati romani e dovrà affrontare altre udienze e altre accuse (Atti 21:31; 23:10). Ha davvero bisogno di incoraggiamento!
3. In che modo riceviamo incoraggiamento per portare avanti l’opera di predicazione?
3 In questo tempo della fine sappiamo che “tutti quelli che desiderano vivere con devozione a Dio uniti a Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Tim. 3:12). Di tanto in tanto anche noi abbiamo bisogno di incoraggiamento per portare avanti l’opera di predicazione. Siamo molto riconoscenti per le esortazioni tempestive e rincuoranti che riceviamo tramite le pubblicazioni e le adunanze preparate dallo “schiavo fedele e saggio” (Matt. 24:45). Geova ci ha assicurato che nessun nemico della buona notizia avrà successo e che nessuno riuscirà ad annientare il suo popolo o a fermare l’opera di predicazione (Isa. 54:17; Ger. 1:19). Ma che dire dell’apostolo Paolo? Ricevette l’incoraggiamento di cui aveva bisogno per continuare a rendere completa testimonianza nonostante l’opposizione? In tal caso, come venne incoraggiato e quale fu la sua reazione?
Sventata una “congiura” (Atti 23:11-34)
4, 5. Che incoraggiamento ricevette Paolo, e perché arrivò al momento giusto?
4 La notte dopo essere stato sottratto al Sinedrio, l’apostolo Paolo ricevette l’incoraggiamento di cui aveva tanto bisogno. Il testo ispirato dice: “Il Signore gli si presentò e gli disse: ‘Fatti coraggio! Come mi hai reso completa testimonianza a Gerusalemme, così devi rendere testimonianza anche a Roma’” (Atti 23:11). Queste incoraggianti parole di Gesù assicurarono a Paolo che sarebbe sopravvissuto per poter andare a Roma e lì rendere testimonianza intorno a Gesù.
“Più di 40 dei loro uomini gli tendono un agguato” (Atti 23:21)
5 L’incoraggiamento arrivò proprio al momento giusto, dato che l’indomani stesso più di 40 ebrei “ordirono un complotto e giurarono, invocando su di sé una maledizione, che non avrebbero né mangiato né bevuto finché non avessero ucciso Paolo”. Quella congiura rivelava quanto quegli ebrei fossero decisi ad assassinare l’apostolo. Pensavano che se il complotto non avesse avuto successo ne sarebbe risultata per loro una maledizione (Atti 23:12-15). Il piano, appoggiato dai capi sacerdoti e dagli anziani, consisteva nel riportare Paolo davanti al Sinedrio per un nuovo interrogatorio, come per esaminare più a fondo il suo caso. Ma i cospiratori si sarebbero appostati lungo il percorso per assalire Paolo e ucciderlo.
6. Come fu sventato il complotto per uccidere Paolo, e cosa possono imparare i giovani da questo episodio?
6 Il nipote di Paolo, comunque, venne a conoscenza del complotto e gliene parlò, al che Paolo fece in modo che il ragazzo riferisse quanto sapeva al comandante militare Claudio Lisia (Atti 23:16-22). Sicuramente Geova apprezza i giovani che, come questo nipote di Paolo di cui non viene detto il nome, mettono con coraggio il bene del popolo di Dio al di sopra del proprio e fanno fedelmente tutto ciò che possono per promuovere gli interessi del Regno.
7, 8. Cosa fece Claudio Lisia per garantire l’incolumità di Paolo?
7 Subito dopo essere stato informato del complotto ai danni di Paolo, Claudio Lisia, che aveva 1.000 uomini al suo comando, ordinò che 470 tra soldati, lancieri e cavalieri si preparassero a lasciare Gerusalemme quella notte stessa per portare in salvo Paolo a Cesarea. Una volta lì sarebbe stato consegnato al governatore Felice.a Cesarea, capitale amministrativa della provincia romana della Giudea, pur avendo un buon numero di residenti ebrei, era popolata principalmente da non ebrei. L’ordine che vi regnava era in netto contrasto con la situazione che caratterizzava Gerusalemme, dove molti manifestavano forti pregiudizi religiosi e fomentavano tumulti. Cesarea era anche il quartier generale delle truppe romane in Giudea.
8 In ottemperanza alla legge romana, Lisia inviò una lettera a Felice per presentargli il caso. Scrisse che non appena era venuto a sapere che Paolo era cittadino romano era intervenuto per evitare che venisse ucciso dagli ebrei. Dichiarò di aver riscontrato che a Paolo non si poteva imputare “una sola cosa per la quale meritasse la morte o la prigione”; tuttavia, a motivo del complotto ordito contro Paolo, lo consegnava al governatore Felice così che questi potesse ascoltare gli accusatori e valutare il caso (Atti 23:25-30).
9. (a) In che modo vennero violati i diritti di Paolo quale cittadino romano? (b) Perché a volte cerchiamo di far valere i nostri diritti quali cittadini di uno stato?
9 Quello che Lisia scrisse era vero? Non del tutto. Pare che stesse cercando di presentarsi nella migliore luce possibile. Era davvero venuto in soccorso di Paolo, ma non perché aveva saputo che era cittadino romano. Inoltre Lisia aveva tralasciato di dire che aveva fatto legare Paolo “con due catene” e che aveva poi ordinato di “interrogarlo ricorrendo alla flagellazione” (Atti 21:30-34; 22:24-29). In questo modo Lisia aveva violato i diritti di Paolo in quanto cittadino romano. Oggi Satana si serve del fanatismo religioso degli oppositori per alimentare la persecuzione, e a volte i nostri diritti civili vengono calpestati. Ma, come Paolo, spesso i servitori di Dio possono far valere i loro diritti di cittadini di un determinato stato e fare appello alla giustizia per essere tutelati.
“Parlo senza indugio in mia difesa” (Atti 23:35–24:21)
10. Quali gravi accuse furono mosse contro Paolo?
10 A Cesarea Paolo fu “custodito nel palazzo di Erode” in attesa dell’arrivo degli accusatori da Gerusalemme (Atti 23:35). Questi, cioè il sommo sacerdote Anania, un oratore di nome Tertullo e un gruppo di anziani, arrivarono cinque giorni dopo. Tertullo prima elogiò Felice per quanto stava facendo per gli ebrei, evidentemente per ingraziarselo.b Poi, arrivando al nocciolo della questione, Tertullo disse di Paolo: “Quest’uomo è come la peste, fomenta sedizioni fra tutti i giudei dell’intera terra abitata ed è un capo della setta dei nazareni. Ha anche cercato di profanare il tempio, e così noi lo abbiamo preso”. Gli altri ebrei “appoggiarono l’accusa, affermando che le cose stavano veramente così” (Atti 24:5, 6, 9). Paolo avrebbe fomentato una sedizione, capeggiato una setta pericolosa e profanato il tempio: erano accuse gravi, passibili di condanna a morte.
11, 12. In che modo Paolo confutò le accuse mosse contro di lui?
11 Quando gli fu data la parola, Paolo esordì dicendo: “Parlo senza indugio in mia difesa”. Confutò chiaramente ogni accusa: non aveva profanato il tempio né incitato alla sedizione. Fece notare che era stato via da Gerusalemme per “diversi anni” e che era tornato con “doni di misericordia”, cioè contribuzioni per i cristiani ridotti in povertà forse a causa della carestia o della persecuzione. Paolo sottolineò che prima di entrare nel tempio si era “purificato cerimonialmente” e che si era sforzato di “mantenere una coscienza pura davanti a Dio e agli uomini” (Atti 24:10-13, 16-18).
12 Paolo ammise di aver reso sacro servizio all’Iddio dei suoi antenati “seguendo la via che [alcuni chiamavano] setta”, ma ribadì che credeva “a tutte le cose esposte nella Legge e scritte nei Profeti”. Inoltre, come i suoi accusatori, nutriva la speranza in “una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti”. Paolo poi sfidò quelli che lo accusavano: “Siano gli uomini qui presenti a dire quale colpa hanno trovato in me quando stavo davanti al Sinedrio, se non il fatto che ho gridato mentre ero in mezzo a loro: ‘Oggi davanti a voi vengo giudicato a motivo della risurrezione dei morti!’” (Atti 24:14, 15, 20, 21).
13-15. Perché Paolo è per noi un buon esempio in quanto a dare una coraggiosa testimonianza davanti alle autorità secolari?
13 Paolo ci ha lasciato un buon esempio da seguire se mai fossimo portati davanti alle autorità secolari a motivo della nostra adorazione e fossimo accusati falsamente di essere degli agitatori o dei sediziosi, oppure di appartenere a una setta pericolosa. Paolo non adulò il governatore con parole lusinghiere come aveva fatto Tertullo. Mantenne un atteggiamento calmo e rispettoso. Usando tatto rese una testimonianza chiara e veritiera. Menzionò che i “giudei della provincia dell’Asia” che lo avevano accusato di aver profanato il tempio non erano presenti e che aveva diritto a un confronto con loro per sapere quali erano le accuse mossegli (Atti 24:18, 19).
14 Soprattutto, l’apostolo Paolo non si trattenne dal dare testimonianza riguardo a ciò in cui credeva. Con coraggio ribadì di credere nella risurrezione, argomento che aveva creato tanto scompiglio davanti al Sinedrio (Atti 23:6-10). Nella sua difesa Paolo diede risalto alla speranza della risurrezione. Per quale motivo? Perché stava rendendo testimonianza a Gesù e al fatto che era risorto, cosa che i suoi oppositori non accettavano (Atti 26:6-8, 22, 23). Tutta la polemica verteva sulla risurrezione, e più precisamente sulla fede in Gesù e nella sua risurrezione.
15 Come Paolo possiamo dare una coraggiosa testimonianza e trarre forza da quanto Gesù disse ai suoi discepoli: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato”. Dovremmo essere in apprensione per quello che diremo? No, perché Gesù assicurò: “Quando vi porteranno via per consegnarvi, non preoccupatevi in anticipo di quello che direte; ma dite qualunque cosa vi sarà resa nota in quel momento; infatti non sarete voi a parlare, ma lo spirito santo” (Mar. 13:9-13).
“Felice si spaventò” (Atti 24:22-27)
16, 17. (a) In che modo Felice trattò il caso di Paolo? (b) Quale può essere il motivo per cui Felice si spaventò, ma perché continuò a far chiamare Paolo?
16 Non era la prima volta che Felice sentiva parlare di quello in cui credevano i cristiani. La Bibbia dice: “Felice, che era ben informato su questa Via [termine usato in riferimento al cristianesimo primitivo], li congedò dicendo: ‘Quando arriverà il comandante Lisia, prenderò una decisione su questo caso che vi riguarda’. Poi ordinò al centurione di tenere l’uomo agli arresti ma di concedergli una certa libertà, senza proibire ai suoi amici di assisterlo” (Atti 24:22, 23).
17 Alcuni giorni dopo, Felice insieme alla moglie Drusilla, che era ebrea, fece chiamare Paolo e “lo ascoltò intorno alla fede in Cristo Gesù” (Atti 24:24). Tuttavia, “sentendo Paolo parlare di giustizia, di autocontrollo e del giudizio futuro, Felice si spaventò”, forse perché quelle parole gli turbavano la coscienza a motivo dei misfatti che aveva commesso nella sua vita. Quindi congedò Paolo dicendo: “Per adesso va’; quando ne avrò l’opportunità ti manderò a chiamare”. Felice mandò a chiamare Paolo ancora diverse volte, non perché volesse conoscere la verità, ma perché sperava di ottenere da lui del denaro (Atti 24:25, 26).
18. Perché Paolo parlò a Felice e a sua moglie “di giustizia, di autocontrollo e del giudizio futuro”?
18 Perché Paolo parlò a Felice e a sua moglie “di giustizia, di autocontrollo e del giudizio futuro”? Come abbiamo visto, i due volevano sapere cosa comportava la “fede in Cristo Gesù”. Paolo, che era al corrente dei loro trascorsi di immoralità, crudeltà e ingiustizia, spiegò chiaramente cosa era richiesto da tutti coloro che volevano diventare seguaci di Gesù. Quello che Paolo disse evidenziava il netto contrasto che c’era tra le norme di giustizia di Dio e il comportamento di Felice e di sua moglie. Questo avrebbe dovuto far capire loro che tutti gli esseri umani devono rendere conto a Dio di ciò che pensano, dicono e fanno, e che il giudizio che Dio avrebbe emesso su di loro aveva molto più peso di quello che doveva essere emesso su Paolo. È comprensibile che Felice si sia spaventato.
19, 20. (a) Nel nostro ministero come dovremmo agire con chi sembra interessato alla verità senza essere realmente intenzionato a cambiare il proprio modo di vivere? (b) Come sappiamo che Felice non aveva a cuore il bene di Paolo?
19 Nel nostro ministero potremmo trovare persone come Felice. Sulle prime potrebbero mostrare interesse per la verità, ma senza essere realmente intenzionate a cambiare il loro modo di vivere. Dovremmo usare cautela quando abbiamo a che fare con persone del genere. Comunque, come Paolo, possiamo spiegare loro con tatto le giuste norme di Dio. Forse la verità farà breccia nel loro cuore. Tuttavia, se risulta evidente che non hanno nessuna intenzione di abbandonare la loro condotta peccaminosa, lasciamo perdere e ci rivolgiamo a chi cerca realmente la verità.
20 Nel caso di Felice, le sue vere motivazioni sono rivelate da quanto segue: “Trascorsi due anni, Felice ebbe come successore Porcio Festo; volendo guadagnarsi il favore dei giudei, Felice lasciò Paolo agli arresti” (Atti 24:27). Felice non aveva certo a cuore il bene di Paolo. Sapeva che chi apparteneva “alla Via” non era né sedizioso né rivoluzionario (Atti 19:23). Sapeva inoltre che Paolo non aveva violato alcuna legge romana. Eppure lo tenne prigioniero per “guadagnarsi il favore dei giudei”.
21. Cosa accadde a Paolo quando Porcio Festo diventò governatore, e da cosa Paolo continuò senz’altro a trarre forza?
21 Dall’ultimo versetto del capitolo 24 degli Atti si comprende che Paolo era ancora prigioniero quando Porcio Festo succedette a Felice. Ebbe così inizio una serie di udienze e Paolo passò da un funzionario all’altro. Questo coraggioso apostolo fu portato davvero “davanti a re e governatori” (Luca 21:12). Come vedremo, avrebbe poi dato testimonianza al personaggio più potente dei suoi giorni. In tutto questo la sua fede non vacillò mai. Senz’altro Paolo continuò a trarre forza dalle parole di Gesù: “Fatti coraggio!”
a Vedi il riquadro “Felice: procuratore della Giudea”.
b Tertullo ringraziò Felice per la “grande pace” che aveva recato alla nazione. La verità è che, durante il mandato di Felice, in Giudea ci fu meno pace che sotto l’amministrazione di qualunque altro governatore fino all’epoca della rivolta contro Roma. E ben lontano dalla verità era anche il riferimento alla “massima gratitudine” degli ebrei verso Felice per le riforme da lui attuate. In realtà Felice era disprezzato dalla maggioranza degli ebrei per la durezza con cui governava e la brutalità con cui soffocava le loro rivolte (Atti 24:2, 3).
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“Mi appello a Cesare!”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 25
“Mi appello a Cesare!”
L’esempio di Paolo nel difendere la buona notizia
Basato su Atti 25:1–26:32
1, 2. (a) In quali circostanze si trova Paolo? (b) Quale domanda suscita l’appello di Paolo a Cesare?
PAOLO è ancora sotto stretta sorveglianza a Cesarea. Due anni or sono, al suo ritorno in Giudea, gli ebrei hanno cercato di ucciderlo almeno tre volte nel giro di pochi giorni (Atti 21:27-36; 23:10, 12-15, 27). Finora i suoi nemici non ci sono riusciti, ma non si danno per vinti. Quando capisce che può ancora finire nelle loro mani, Paolo dice al procuratore romano Festo: “Mi appello a Cesare!” (Atti 25:11).
2 Geova approvò la decisione di Paolo di appellarsi all’imperatore? La risposta è importante per noi che rendiamo completa testimonianza in merito al Regno di Dio in questo tempo della fine. Abbiamo bisogno di sapere se Paolo stabilì un modello da seguire “nel difendere e far riconoscere legalmente la buona notizia” (Filip. 1:7).
“Davanti al tribunale” (Atti 25:1-12)
3, 4. (a) Cosa c’era dietro la richiesta degli ebrei di portare Paolo a Gerusalemme, e in che modo lui scampò alla morte? (b) In che modo Geova sostiene i suoi servitori odierni come fece con Paolo?
3 Tre giorni dopo essersi insediato come nuovo procuratore della Giudea, Festo andò a Gerusalemme.a Davanti a lui i capi sacerdoti e gli uomini più importanti fra gli ebrei accusarono Paolo di reati gravi. Sapevano che il nuovo procuratore doveva fare di tutto per mantenere rapporti pacifici con loro e con gli ebrei in generale. Pertanto chiesero a Festo il favore di portare Paolo a Gerusalemme e processarlo lì. Tuttavia dietro quella richiesta c’era un piano segreto. Quei nemici tramavano per uccidere Paolo lungo il tragitto da Cesarea a Gerusalemme. Festo li liquidò dicendo: “Quelli di voi che hanno autorità [...] vengano con me [a Cesarea] e lo accusino, se quest’uomo ha davvero fatto qualcosa di male” (Atti 25:5). Ancora una volta Paolo scampò alla morte.
4 In tutte le prove Geova sostenne Paolo per mezzo del Signore Gesù Cristo. Come abbiamo visto, Gesù aveva detto in visione all’apostolo: “Fatti coraggio!” (Atti 23:11). Tuttora i servitori di Dio affrontano ostacoli e minacce. Geova non ci protegge da ogni difficoltà, ma ci dà la saggezza e la forza necessarie per perseverare. Possiamo sempre contare sulla “potenza oltre il normale” che il nostro amorevole Dio ci provvede (2 Cor. 4:7).
5. Come agì Festo con Paolo?
5 Alcuni giorni dopo, Festo “sedette in tribunale” a Cesarea.b Davanti a lui c’erano Paolo e i suoi accusatori. In risposta alle loro accuse infondate Paolo ribatté: “Non ho commesso nessun peccato né contro la Legge dei giudei né contro il tempio né contro Cesare”. Paolo era innocente e meritava di essere rimesso in libertà. Cosa avrebbe deciso Festo? Volendo ingraziarsi gli ebrei, chiese a Paolo: “Vuoi salire a Gerusalemme ed essere giudicato là, davanti a me, riguardo a queste cose?” (Atti 25:6-9). Che proposta assurda! Se Paolo fosse stato rimandato a Gerusalemme, i suoi accusatori sarebbero diventati i suoi giudici e lo avrebbero sicuramente condannato a morte. In quella circostanza Festo stava anteponendo l’opportunismo politico alla giustizia. Un altro procuratore prima di lui, Ponzio Pilato, aveva agito in modo simile nel caso di Gesù (Giov. 19:12-16). Anche oggi possono esserci giudici che cedono a pressioni politiche. Quindi non dovremmo sorprenderci quando i tribunali emettono sentenze ingiuste in casi che vedono coinvolti dei servitori di Dio.
6, 7. Perché Paolo si appellò a Cesare, e quale precedente stabilì per i veri cristiani di oggi?
6 Il desiderio di Festo di compiacere gli ebrei poteva costare la vita a Paolo. Quindi l’apostolo fece valere il diritto di cui godeva quale cittadino romano. Disse a Festo: “Sto davanti al tribunale di Cesare, dove devo essere giudicato. Non ho fatto nulla di male ai giudei, e di questo anche tu ti stai rendendo perfettamente conto. [...] Mi appello a Cesare!” Un appello del genere era di solito irrevocabile. Festo lo sottolineò dicendo: “Ti sei appellato a Cesare; da Cesare andrai” (Atti 25:10-12). Appellandosi a un’autorità più elevata, Paolo stabilì un precedente per i veri cristiani di oggi. Quando gli oppositori tramano “per opprimere in nome della legge”, i Testimoni di Geova ricorrono alle vie legali per difendere la buona notizia (Sal. 94:20).c
7 Così, dopo due anni di reclusione per reati che non aveva commesso, Paolo poteva finalmente presentare il suo caso a Roma. Prima della sua partenza, però, un altro governante volle vederlo.
Ci appelliamo contro le sentenze sfavorevoli
“Non disubbidii” (Atti 25:13–26:23)
8, 9. Perché il re Agrippa andò a Cesarea?
8 Alcuni giorni dopo che Paolo si era appellato a Cesare davanti al nuovo procuratore Festo, questi ricevette “una visita di cortesia” dal re Agrippa e da sua sorella Berenice.d All’epoca era consuetudine che le autorità facessero visita ai procuratori appena insediati. Nel congratularsi con Festo per la nomina ricevuta, Agrippa cercava senza dubbio di stabilire un legame politico e personale che in futuro poteva rivelarsi utile (Atti 25:13).
9 Festo parlò di Paolo al re Agrippa, e questi si incuriosì. L’indomani i due governanti sedettero in tribunale. Il loro potere e il loro fasto potevano lasciare impressionati, ma non quanto le parole che stava per pronunciare il prigioniero che avevano davanti (Atti 25:22-27).
10, 11. In che modo Paolo mostrò rispetto al re Agrippa, e quali particolari del proprio passato gli riferì?
10 Paolo ringraziò rispettosamente il re Agrippa per avergli dato l’opportunità di difendersi davanti a lui e osservò che il re conosceva bene tutte le usanze e le controversie degli ebrei. Paolo parlò poi del suo passato: “Sono vissuto da fariseo secondo la più rigorosa setta della nostra religione” (Atti 26:5). Come fariseo, Paolo aveva sperato nella venuta del Messia. Come cristiano, ora attestava con coraggio che Gesù Cristo era proprio colui che era stato tanto atteso. Quel giorno Paolo veniva interrogato a motivo di una convinzione che aveva in comune con i suoi accusatori, e cioè la speranza nell’adempimento della promessa fatta da Dio ai loro antenati. A questo punto Agrippa era ancora più curioso di sapere cosa Paolo avesse da dire.e
11 Ricordando i maltrattamenti che in passato aveva inflitto ai cristiani, Paolo disse: “Io, ad esempio, ero convinto di dover fare di tutto per oppormi al nome di Gesù il Nazareno. [...] E siccome ero estremamente infuriato contro di loro [i seguaci di Cristo], arrivai al punto di perseguitarli in città lontane” (Atti 26:9-11). Paolo non stava esagerando. Molti erano al corrente della violenza con cui aveva perseguitato i cristiani (Gal. 1:13, 23). Agrippa si sarà chiesto: “Cosa può aver trasformato quest’uomo?”
12, 13. (a) Come descrisse Paolo la sua conversione? (b) In che senso Paolo ‘aveva ricalcitrato contro i pungoli’?
12 La risposta si trova nelle successive parole di Paolo: “Stavo andando a Damasco con l’autorità e un mandato che mi erano stati concessi dai capi sacerdoti, quando a mezzogiorno, o re, vidi sulla strada una luce più splendente del sole che dal cielo sfolgorò intorno a me e a quelli che viaggiavano con me. Cademmo tutti a terra, e io sentii una voce che mi diceva in ebraico: ‘Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti fai del male continuando a ricalcitrare contro i pungoli’. Io chiesi: ‘Chi sei, Signore?’ E il Signore disse: ‘Sono Gesù, che tu perseguiti’” (Atti 26:12-15).f
13 Prima di quell’evento soprannaturale, Paolo, figurativamente parlando, ‘ricalcitrava contro i pungoli’. Proprio come un animale da soma si farebbe inutilmente del male ricalcitrando contro l’estremità acuminata di un pungolo, Paolo si era fatto spiritualmente del male opponendosi alla volontà di Dio. Apparendogli sulla via di Damasco, il risorto Gesù aveva indotto quest’uomo, che era sincero ma in errore, a cambiare (Giov. 16:1, 2).
14, 15. Cosa disse Paolo riguardo ai cambiamenti che aveva fatto nella vita?
14 Paolo aveva senz’altro fatto dei notevoli cambiamenti nella vita. Rivolgendosi ad Agrippa disse: “Non disubbidii alla visione celeste, ma prima a quelli di Damasco e poi a quelli di Gerusalemme, e in tutto il paese della Giudea e anche alle nazioni, portai il messaggio che dovevano pentirsi e convertirsi a Dio, compiendo opere che dimostrassero pentimento” (Atti 26:19, 20). Da anni Paolo assolveva l’incarico che Gesù Cristo gli aveva dato in quella visione. Con quali risultati? Coloro che accettavano la buona notizia predicata da Paolo si pentivano del loro comportamento immorale e disonesto e si convertivano a Dio. Diventavano bravi cittadini, che rispettavano la legge e contribuivano all’ordine pubblico.
15 Questi buoni risultati, però, non avevano alcun valore per gli ebrei che si opponevano a Paolo. Egli disse: “È per questo che i giudei mi afferrarono nel tempio e tentarono di uccidermi. Comunque, siccome ho ricevuto l’aiuto di Dio, continuo fino a oggi a rendere testimonianza a tutti, piccoli e grandi” (Atti 26:21, 22).
16. Come possiamo imitare Paolo quando parliamo delle nostre convinzioni di fronte a giudici e ad altre autorità?
16 Quali veri cristiani dobbiamo essere “sempre pronti a difendere” la nostra fede (1 Piet. 3:15). Se ci trovassimo a parlare delle nostre convinzioni di fronte a giudici e ad altre autorità, potremmo imitare il modo in cui Paolo si rivolse ad Agrippa e a Festo. Spiegando rispettosamente come le verità bibliche cambiano in meglio la vita, sia la nostra sia quella di chi accetta il nostro messaggio, possiamo toccare il cuore di quei funzionari.
“Mi persuaderesti a diventare cristiano” (Atti 26:24-32)
17. Come reagì Festo alla difesa di Paolo, e quale atteggiamento simile si riscontra tuttora?
17 I due personaggi non potevano rimanere indifferenti davanti alla persuasiva testimonianza di Paolo. Notate cosa avvenne: “Mentre Paolo parlava così in sua difesa, Festo disse ad alta voce: ‘Tu sei pazzo, Paolo! Tutto il tuo sapere ti porta alla pazzia!’” (Atti 26:24). L’esclamazione di Festo rivelava un atteggiamento tuttora comune. Molti considerano fanatici coloro che insegnano ciò che dice realmente la Bibbia. Spesso le persone sapienti dal punto di vista del mondo fanno fatica ad accettare l’insegnamento biblico della risurrezione.
18. Come rispose Paolo a Festo, e di conseguenza cosa disse Agrippa?
18 Ma Paolo rispose al procuratore: “Non sono pazzo, eccellentissimo Festo, ma pronuncio parole vere e sensate. In realtà, il re al quale parlo così liberamente conosce bene queste cose [...]. Re Agrippa, tu credi ai Profeti? Io so che ci credi”. Agrippa replicò: “In poco tempo mi persuaderesti a diventare cristiano” (Atti 26:25-28). Che fossero sincere o meno, quelle parole mostravano che la testimonianza di Paolo aveva colpito profondamente il re Agrippa.
19. A quale conclusione giunsero Festo e Agrippa riguardo a Paolo?
19 Poi Agrippa e Festo si alzarono ponendo fine all’udienza. “Mentre se ne andavano, dicevano tra loro: ‘Quest’uomo non sta facendo nulla per cui meriti la morte o la prigione’. E Agrippa disse a Festo: ‘Quest’uomo poteva essere liberato se non si fosse appellato a Cesare’” (Atti 26:31, 32). Avevano capito che l’uomo che si era difeso davanti a loro era innocente. Forse ora avrebbero considerato con maggior favore i cristiani.
20. Quali risultati produsse la testimonianza di Paolo davanti alle autorità?
20 Pare che nessuno di quei due autorevoli personaggi abbia accettato la buona notizia del Regno di Dio. Il fatto che Paolo fosse comparso davanti a loro ebbe qualche risvolto positivo? La risposta è sì. Dato che ‘fu portato davanti a re e governatori’ in Giudea, Paolo poté dare testimonianza ad autorità romane altrimenti inavvicinabili (Luca 21:12, 13). Inoltre le esperienze che ebbe e la fedeltà che mostrò nelle prove incoraggiarono i suoi compagni di fede (Filip. 1:12-14).
21. Quali risultati positivi potremo conseguire perseverando nell’opera del Regno?
21 Lo stesso avviene oggi. Perseverare nell’opera del Regno nonostante prove e opposizione ci permette di conseguire diversi risultati positivi. Possiamo dare testimonianza a funzionari che sarebbe difficile contattare altrimenti. La nostra fedele perseveranza può incoraggiare i nostri fratelli, inducendoli a mostrare ancora più coraggio nell’opera di rendere completa testimonianza in merito al Regno di Dio.
a Vedi il riquadro “Il procuratore romano Porcio Festo”.
b Chi ‘sedeva in tribunale’ per emettere il giudizio lo faceva da una tribuna elevata, come a voler rendere più autorevoli e definitive le sentenze. Pilato sedette su una tribuna simile quando dovette soppesare le accuse mosse a Gesù.
c Vedi il riquadro “Appelli in difesa della vera adorazione nei nostri giorni”.
d Vedi il riquadro “Il re Erode Agrippa II”.
e Essendo cristiano, Paolo riconosceva Gesù come il Messia. Gli ebrei, che rigettavano Gesù, consideravano Paolo un apostata (Atti 21:21, 27, 28).
f Paolo specifica che stava viaggiando “a mezzogiorno”. A questo proposito uno studioso osserva: “A meno che non avesse davvero una gran fretta, nelle ore più calde un viaggiatore si sarebbe riposato. Capiamo dunque con quanta foga Paolo portasse avanti la sua missione di persecutore”.
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“Nessuno di voi perderà la vita”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 26
“Nessuno di voi perderà la vita”
Paolo affronta il naufragio dimostrando grande fede e amore per il prossimo
Basato su Atti 27:1–28:10
1, 2. Che tipo di viaggio affronterà Paolo, e quali sono forse alcune sue preoccupazioni?
“DA CESARE andrai”: Paolo pensa e ripensa a queste parole del procuratore Festo che influiranno molto sul suo futuro. Ha passato due anni rinchiuso in prigione, quindi il lungo viaggio verso Roma gli offrirà almeno uno scenario diverso (Atti 25:12). Ma i vividi ricordi che Paolo ha dei viaggi in mare non gli richiamano alla mente solo piacevoli brezze e vasti orizzonti. Inoltre la prospettiva di questo viaggio per comparire davanti a Cesare può far sorgere in lui delle preoccupazioni.
2 Paolo ha affrontato molte volte “pericoli in mare”, visto che è sopravvissuto a tre naufragi e ha trascorso “un giorno e una notte in balìa del mare” (2 Cor. 11:25, 26). Per di più questo viaggio sarà ben diverso dai viaggi missionari che ha intrapreso da uomo libero. Paolo viaggerà come prigioniero e percorrerà un’enorme distanza, ovvero più di 1.700 miglia nautiche (circa 3.200 chilometri), da Cesarea a Roma. Ne uscirà incolume? E in tal caso, andrà comunque incontro alla morte? Non dimentichiamo che lo aspetta il giudizio di quella che al momento è la massima potenza politica del mondo di Satana.
3. Cosa era deciso a fare Paolo, e di cosa parleremo in questo capitolo?
3 Dopo tutto quello che avete letto riguardo a Paolo, pensate forse che abbia ceduto allo sconforto e alla disperazione per quello che avrebbe potuto capitargli? Certo che no. Era consapevole che lo attendevano delle difficoltà, ma non sapeva esattamente di che genere. Perché allora farsi prendere dall’ansia per cose che non dipendevano da lui? Questo avrebbe soffocato la gioia che provava nel ministero (Matt. 6:27, 34). Paolo sapeva che era volontà di Geova che approfittasse di ogni occasione per annunciare la buona notizia del Regno, anche alle autorità secolari (Atti 9:15). Era deciso ad assolvere il suo incarico qualunque cosa accadesse. Siamo altrettanto decisi? Allora seguiamo Paolo in questo storico viaggio e riflettiamo su come il suo esempio può esserci utile.
“I venti erano contrari” (Atti 27:1-7a)
4. Su quale tipo di nave Paolo iniziò il suo viaggio, e chi c’era con lui?
4 Paolo e altri prigionieri furono affidati alla sorveglianza di un centurione di nome Giulio, il quale scelse per il viaggio una nave mercantile che era arrivata a Cesarea. Questa proveniva da Adramittio, porto sulla costa occidentale dell’Asia Minore, prospiciente l’isola di Lesbo il cui capoluogo era Mitilene. La nave si sarebbe diretta a nord e poi a ovest, facendo diversi scali per le operazioni di carico e scarico. Navi di questo genere non erano attrezzate per rendere confortevole il viaggio ai passeggeri, tanto meno ai prigionieri. (Vedi il riquadro “Viaggi per mare e rotte commerciali”.) Fortunatamente Paolo non sarebbe stato da solo in mezzo a un gruppo di delinquenti: con lui c’erano almeno due compagni di fede, Aristarco e Luca. Fu senz’altro Luca a mettere per iscritto quanto accadde. Non sappiamo se questi due leali cristiani si fossero pagati il viaggio o risultassero al servizio di Paolo (Atti 27:1, 2).
5. Di quale compagnia poté godere Paolo a Sidone, e cosa possiamo imparare da questo?
5 Dopo una giornata di navigazione in cui avevano percorso una sessantina di miglia nautiche (circa 110 chilometri) in direzione nord, la nave attraccò a Sidone, sulla costa della Siria. Sembra che Giulio non trattasse Paolo come un prigioniero qualunque, forse perché Paolo era cittadino romano e la sua colpevolezza non era stata provata (Atti 22:27, 28; 26:31, 32). Giulio lasciò che Paolo scendesse a terra per incontrare i cristiani del posto. Come saranno stati felici i fratelli e le sorelle di prendersi cura dell’apostolo dopo la sua lunga detenzione! Vi vengono in mente situazioni in cui potete mostrarvi altrettanto ospitali ed essere a vostra volta incoraggiati? (Atti 27:3).
6-8. Come procedette il viaggio di Paolo da Sidone a Cnido, e quali occasioni colse sicuramente Paolo per predicare?
6 Salpata da Sidone, la nave risalì la costa e oltrepassò la Cilicia, dove si trovava la città natale di Paolo, Tarso. Luca non menziona altri scali, ma aggiunge l’inquietante particolare che “i venti erano contrari” (Atti 27:4, 5). Possiamo immaginare che Paolo cogliesse comunque ogni occasione per parlare della buona notizia. Sicuramente diede testimonianza a coloro che erano a bordo, inclusi gli altri prigionieri, i marinai e i soldati, nonché alla gente che incontrava nei porti in cui la nave attraccava. Sfruttiamo anche noi le occasioni che ci si presentano per predicare?
7 La nave raggiunse poi Mira, porto sulla costa meridionale dell’Asia Minore. Qui Paolo e gli altri dovettero imbarcarsi su un’altra nave, che li avrebbe portati a Roma, loro destinazione (Atti 27:6). All’epoca l’Egitto fungeva da granaio di Roma, e le navi cariche di cereali provenienti da lì facevano scalo a Mira. Giulio trovò una di queste e vi fece salire soldati e prigionieri. Doveva trattarsi di una nave molto più grande della precedente. Trasportava un prezioso carico di grano e ben 276 persone, tra marinai, soldati, prigionieri e probabilmente altri che erano diretti a Roma. Cambiare nave diede a Paolo la possibilità di espandere il territorio in cui dare testimonianza, e senz’altro ne approfittò.
8 Il successivo scalo fu Cnido, all’estremità sud-occidentale dell’Asia Minore. Con il vento a favore una nave avrebbe impiegato più o meno una giornata per arrivarci, ma Luca riferisce: “Dopo aver navigato lentamente per parecchi giorni, arrivammo a fatica a Cnido” (Atti 27:7a). La navigazione era diventata difficile. (Vedi il riquadro “I venti contrari del Mediterraneo”.) Pensate alla gente a bordo sballottata dai forti venti e dalle onde burrascose!
“Violentemente sbattuti dalla tempesta” (Atti 27:7b-26)
9, 10. Quali difficoltà sorsero in prossimità di Creta?
9 Il capitano della nave intendeva proseguire da Cnido verso ovest, ma Luca, testimone oculare, dice: “Il vento non ci permetteva di avanzare” (Atti 27:7b). Man mano che si allontanava dalla terraferma, la nave perdeva la corrente costiera; in più un forte vento contrario che soffiava da nord-ovest la sospinse verso sud, probabilmente a gran velocità. L’isola di Creta provvide riparo alla nave che navigava lungo la costa, proprio come aveva fatto in precedenza l’isola di Cipro. Una volta superato Capo Salmone, promontorio sulla punta orientale di Creta, le cose migliorarono un po’. Perché? La nave si trovò sul lato sottovento dell’isola, quello meridionale, e così fu in qualche modo protetta dai forti venti. Immaginate il sollievo che tutti provarono, almeno in un primo momento! Comunque, fintantoché continuavano a navigare, i marinai non potevano ignorare che si avvicinava l’inverno, e ovviamente erano preoccupati.
10 Parlando di Creta, Luca precisa: “Costeggiandola con difficoltà arrivammo in un luogo chiamato Buoni Porti”. Anche al riparo dell’isola era difficile governare la nave. Almeno però trovarono un approdo in una piccola insenatura, probabilmente poco prima del punto in cui la costa volge a nord. Quanto rimasero lì? Luca dice per “un bel po’ di tempo”, ma questo non tornò a loro vantaggio. Tra settembre e ottobre la navigazione diventava più rischiosa (Atti 27:8, 9).
11. Quale consiglio diede Paolo a chi era a bordo, ma quale decisione fu presa?
11 Alcuni avranno chiesto consiglio a Paolo a motivo dell’esperienza che si era fatto viaggiando nel Mediterraneo. Egli raccomandò che la nave non salpasse, altrimenti ne sarebbero risultati “danni e gravi perdite”, forse anche in termini di vite umane. Tuttavia il timoniere e il proprietario della nave volevano proseguire, magari ritenendo che fosse urgente raggiungere un porto più sicuro. Convinsero Giulio, e la maggioranza pensò che fosse bene cercare di raggiungere Fenice, località che si trovava più avanti lungo la costa, il cui porto era forse più grande e più adatto per passarvi l’inverno. Tratti in inganno da un leggero vento che soffiava da sud, salparono (Atti 27:10-13).
12. Quali difficoltà incontrò la nave dopo aver lasciato Creta, e in che modo l’equipaggio tentò di scongiurare il disastro?
12 La situazione volse al peggio quando si scatenò “un vento tempestoso” da nord-est. Per un po’ trovarono riparo dietro “un’isoletta chiamata Cauda”, a circa 35 miglia nautiche (circa 65 chilometri) da Buoni Porti. Ma la nave era ancora in pericolo e rischiava di essere trascinata verso sud fino a incagliarsi sui banchi di sabbia al largo delle coste africane. Nel disperato tentativo di evitarlo, i marinai tirarono a bordo la scialuppa che la nave trainava. Per riuscirci dovettero faticare, probabilmente perché la scialuppa aveva imbarcato acqua. Poi cercarono di fasciare da sotto la nave, usando cime o catene per tenere insieme lo scafo. Calarono l’equipaggiamento velico e fecero di tutto per tenere la nave con la prua rivolta al vento affinché resistesse alla tempesta. Che esperienza terrificante deve essere stata! Ma tutto quello che fecero non fu sufficiente: coloro che erano a bordo continuavano a essere “violentemente sbattuti dalla tempesta”. Il terzo giorno gettarono a mare l’attrezzatura, evidentemente per recuperare galleggiabilità (Atti 27:14-19).
13. Com’era la situazione a bordo della nave durante la burrasca?
13 Doveva regnare il terrore, ma Paolo e i suoi compagni erano fiduciosi. Infatti il Signore aveva assicurato all’apostolo che avrebbe reso testimonianza a Roma (Atti 19:21; 23:11). Un angelo avrebbe poi confermato quella promessa. Comunque per due settimane, giorno e notte, la burrasca non si placò. Poiché la pioggia incessante e la fitta coltre di nubi nascondevano il sole e le stelle, il timoniere non poteva effettuare osservazioni per determinare la posizione o la direzione della nave. Persino mangiare qualcosa era fuori discussione. Tra freddo, pioggia, mal di mare e paura, come si poteva pensare al cibo?
14, 15. (a) Perché Paolo ricordò a quelli che viaggiavano con lui l’avvertimento che aveva dato? (b) Cosa possiamo imparare dal messaggio di speranza trasmesso da Paolo?
14 Paolo si alzò. Menzionò l’avvertimento che aveva dato tempo prima, ma non come a dire: “Ve l’avevo detto!” Piuttosto, era quanto accaduto a dimostrare che avrebbero dovuto tenere conto delle sue parole. Poi aggiunse: “Ora vi esorto a farvi coraggio, perché nessuno di voi perderà la vita; andrà perduta solo la nave” (Atti 27:21, 22). Che parole rincuoranti per i presenti! Inoltre Paolo sarà stato profondamente grato che Geova gli avesse affidato quel messaggio di speranza. È importante ricordare che Geova ha a cuore la vita di ogni essere umano: ogni singola persona ha valore ai suoi occhi. L’apostolo Pietro scrisse: “Geova [...] desidera che non sia distrutto nessuno ma che tutti giungano al pentimento” (2 Piet. 3:9). È dunque urgente che ci impegniamo per portare il messaggio di speranza di Geova a quante più persone possibile. Sono in gioco vite preziose.
15 Paolo aveva probabilmente dato testimonianza a molti a bordo riguardo alla “speranza nella promessa che fu fatta da Dio” (Atti 26:6; Col. 1:5). Ora, di fronte a un probabile naufragio, poteva offrire una valida ragione di sperare anche in qualcosa di più immediato. Disse: “Questa notte infatti mi si è presentato un angelo dell’Iddio al quale appartengo [...] e mi ha detto: ‘Non aver paura, Paolo. Ti devi presentare davanti a Cesare, ed ecco, Dio ti ha concesso tutti quelli che navigano con te’”. Paolo li esortò: “Perciò fatevi coraggio, uomini; ho fede in Dio che le cose andranno esattamente come mi è stato detto. Comunque, è certo che ci incaglieremo finendo su un’isola” (Atti 27:23-26).
“Giunsero tutti sani e salvi a riva” (Atti 27:27-44)
“Rese grazie a Dio davanti a tutti” (Atti 27:35)
16, 17. (a) In quale circostanza pregò Paolo, e con quale effetto? (b) Come si adempirono le parole di Paolo?
16 Dopo due terribili settimane durante le quali la nave era stata trascinata per 470 miglia nautiche (circa 870 chilometri), i marinai si accorsero che qualcosa era cambiato, forse dal rumore delle onde che si infrangevano sulla costa. Gettarono le ancore da poppa per evitare di andare alla deriva e per dirigere la prua verso terra nell’eventualità di poter tirare a riva la nave. A quel punto tentarono di abbandonare la nave, ma i soldati non lo permisero. Paolo infatti aveva appena detto al centurione e ai soldati: “Se questi uomini non rimangono sulla nave, non potrete essere salvati”. Ora che l’imbarcazione era un po’ più stabile Paolo incoraggiò tutti a mangiare qualcosa, assicurando loro nuovamente che sarebbero sopravvissuti. Poi “rese grazie a Dio davanti a tutti” (Atti 27:31, 35). Pronunciando quella preghiera di ringraziamento, diede l’esempio a Luca, ad Aristarco e a noi oggi. Le vostre preghiere pubbliche sono altrettanto incoraggianti e confortanti per gli altri?
17 Dopo la preghiera di Paolo “tutti si sentirono incoraggiati e si misero [...] a mangiare” (Atti 27:36). Poi alleggerirono la nave gettando il grano in mare per ridurre il pescaggio in vista di un avvicinamento a riva. Quando si fece giorno, l’equipaggio tagliò le corde delle ancore e quelle dei timoni, e spiegò al vento l’artimone (una piccola vela posta sulla parte anteriore della nave) per dare all’imbarcazione una certa manovrabilità per l’arenamento. Poi la prua si incagliò, forse sul fondo sabbioso o nella melma, e la poppa iniziò a sfasciarsi per la violenza delle onde. Alcuni soldati volevano uccidere i prigionieri perché non scappassero, ma Giulio intervenne per impedirlo. Esortò tutti a nuotare o ad aggrapparsi a qualcosa per arrivare a riva. Quanto predetto da Paolo si avverò: sopravvissero tutti e 276. Infatti la Bibbia dice: “Giunsero tutti sani e salvi a riva”. Ma dove si trovavano? (Atti 27:44).
“Ci mostrarono straordinaria bontà” (Atti 28:1-10)
18-20. In che modo gli abitanti di Malta “mostrarono straordinaria bontà”, e quale miracolo compì Dio tramite Paolo?
18 I naufraghi scoprirono di essere approdati su Malta, isola a sud della Sicilia. (Vedi il riquadro “Era davvero Malta?”) Gli abitanti del posto “mostrarono straordinaria bontà” (Atti 28:2). Accesero un fuoco per quegli stranieri che erano giunti a riva fradici e tremanti. Faceva freddo e pioveva, e il fuoco li aiutò a riscaldarsi. A quel punto ci fu un miracolo.
19 Paolo cercò di rendersi utile: raccolse un fascio di rami con cui alimentò il fuoco. In quel momento ne uscì una vipera che gli si attaccò alla mano mordendolo. Gli abitanti di Malta pensarono che si trattasse di una punizione divina.a
20 Gli isolani nel vedere che Paolo era stato morso “si aspettavano che si gonfiasse”. Secondo un’opera di consultazione, qui nel testo originale viene usato un termine medico. Non sorprende che “Luca, l’amato medico”, abbia subito pensato a questa espressione (Atti 28:6; Col. 4:14). Ad ogni modo, Paolo scosse via il serpente velenoso senza riportare alcun danno.
21. (a) Fate alcuni esempi di accuratezza che si trovano in questo brano degli Atti. (b) Quali miracoli compì Paolo, e come reagirono gli abitanti di Malta?
21 Nella zona viveva Publio, ricco proprietario terriero. Forse era il più alto funzionario romano di Malta. Luca lo definisce l’“uomo principale dell’isola”, usando proprio il titolo che compare su due iscrizioni maltesi. Publio ospitò benevolmente Paolo e i suoi compagni per tre giorni. Il padre di Publio era malato. Ancora una volta Luca fornisce indicazioni accurate. Descrive il quadro clinico dell’uomo dicendo che “era a letto con febbre e dissenteria”. Paolo pregò, pose le mani su di lui e lo guarì. Profondamente colpita da quel miracolo, la gente del posto portò altri malati perché fossero guariti, nonché doni per soddisfare le necessità di Paolo e dei suoi compagni (Atti 28:7-10).
22. (a) In che modo un biblista ha elogiato il resoconto che Luca fa del viaggio a Roma? (b) Cosa vedremo nel prossimo capitolo?
22 La descrizione del viaggio di Paolo che abbiamo preso in considerazione risulta davvero accurata e veritiera. Un biblista ha detto: “Il resoconto che fa Luca [...] è uno dei brani descrittivi più vividi dell’intera Bibbia. I dettagli che fornisce riguardo all’arte della navigazione nel I secolo sono così precisi e il quadro delle condizioni nel Mediterraneo orientale così accurato [...] che dovevano essere basati su un giornale di bordo”. Luca potrebbe aver preso quegli appunti mentre viaggiava con l’apostolo. In tal caso anche nella parte successiva del viaggio avrebbe avuto molto da scrivere. Cosa sarebbe accaduto a Paolo una volta arrivato a Roma? Vediamo.
a Il fatto che la gente del posto conoscesse quel tipo di serpente indica che all’epoca le vipere erano comuni sull’isola, anche se ora non ce ne sono più. A provocarne la scomparsa potrebbero essere stati mutamenti ambientali avvenuti nel corso dei secoli, oppure l’aumento della popolazione umana.
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“Completa testimonianza”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 27
“Completa testimonianza”
Detenuto a Roma, Paolo continua a predicare
Basato su Atti 28:11-31
1. Quale certezza hanno Paolo e i suoi compagni, e perché?
UN’IMBARCAZIONE recante l’insegna “Figli di Zeus”, probabilmente una grande nave che trasporta cereali, salpa dall’isola di Malta alla volta dell’Italia. Siamo nel 59 E.V. circa. A bordo ci sono l’apostolo Paolo, prigioniero sotto scorta, e i suoi compagni di fede Luca e Aristarco (Atti 27:2). A differenza dell’equipaggio, questi evangelizzatori non cercano la protezione dei figli del dio greco Zeus, i gemelli Castore e Polluce, detti Dioscuri. (Vedi nwtsty approfondimento a Atti 28:11.) Paolo e i suoi compagni servono Geova, il quale ha rivelato che Paolo renderà testimonianza alla verità a Roma e comparirà davanti a Cesare (Atti 23:11; 27:24).
2, 3. Quale rotta segue la nave, e di quale sostegno gode Paolo fin dall’inizio?
2 Tre giorni dopo essere approdata a Siracusa, ridente città siciliana che rivaleggia con Atene e Roma, la nave si dirige a Reggio (l’attuale Reggio Calabria), sulla punta dello stivale. Il secondo giorno, sospinta da un vento meridionale, giunge al porto di Pozzuoli (vicino all’odierna Napoli), coprendo in pochissimo tempo la distanza di 175 miglia nautiche, cioè circa 320 chilometri (Atti 28:12, 13).
3 Paolo sta compiendo l’ultimo tratto del viaggio che lo porterà a Roma, davanti all’imperatore Nerone. Dall’inizio alla fine “l’Iddio di ogni conforto” gli è stato accanto (2 Cor. 1:3). Come vedremo, quel sostegno non verrà meno, né Paolo perderà il suo zelo missionario.
“Paolo ringraziò Dio e si fece coraggio” (Atti 28:14, 15)
4, 5. (a) Quale ospitalità ricevette Paolo insieme ai suoi compagni a Pozzuoli, e probabilmente perché gli fu concessa tanta libertà? (b) Perché la buona condotta dei cristiani reca loro beneficio perfino se sono in prigione?
4 A Pozzuoli, l’apostolo Paolo e i suoi compagni ‘trovarono dei fratelli che li pregarono di rimanere con loro sette giorni’ (Atti 28:14). Che splendido esempio di ospitalità cristiana! Senza dubbio quei cristiani generosi furono abbondantemente ripagati dall’incoraggiamento che ricevettero da Paolo e dagli altri. Come mai un prigioniero sotto sorveglianza godeva di tanta libertà? Forse perché l’apostolo si era conquistato la piena fiducia dei soldati romani che lo sorvegliavano.
5 Anche nei tempi moderni, ai servitori di Geova detenuti nelle prigioni e nei campi di concentramento sono stati spesso concessi privilegi speciali e particolare libertà di movimento a motivo della loro condotta cristiana. In Romania, per esempio, un uomo che stava scontando una condanna a 75 anni per rapina iniziò a studiare la Parola di Dio e cambiò radicalmente la propria personalità. Di conseguenza le autorità carcerarie gli affidarono il compito di andare in città a fare acquisti per la prigione, e senza sorveglianza! Al di là di questo, la cosa più importante è che la nostra buona condotta glorifica Geova (1 Piet. 2:12).
6, 7. In che modo i fratelli di Roma dimostrarono grande amore?
6 Da Pozzuoli, Paolo e i suoi compagni percorsero probabilmente a piedi una trentina di chilometri fino a Capua (l’odierna Santa Maria Capua Vetere), per raggiungere la via Appia che portava a Roma. Questa famosa strada, lastricata con grandi blocchi di pietra lavica, offriva uno splendido panorama delle campagne italiane e, in certi tratti, begli scorci sul mare. Attraversava anche le paludi pontine, una zona acquitrinosa a circa 60 chilometri da Roma, in cui si trovava il Foro Appio. Luca ricorda che, “quando ebbero ricevuto [loro] notizie”, alcuni fratelli di Roma arrivarono fin lì, mentre altri aspettarono alle Tre Taverne, un luogo di sosta a una cinquantina di chilometri da Roma. Che dimostrazione di amore! (Atti 28:15).
7 Il Foro Appio non offriva molte comodità a chi cercava un po’ di sollievo dalle fatiche di un viaggio. Il poeta latino Orazio scrisse che il luogo era “brulicante di barcaioli e di osti malandrini”. Aggiunse che l’acqua “era pestifera”, tanto che si rifiutò persino di mangiare lì.a Nonostante tutti i disagi, però, i fratelli venuti da Roma non vedevano l’ora di incontrare Paolo e i suoi compagni per accompagnarli nel tratto finale del viaggio.
8. Perché Paolo ringraziò Dio quando vide i fratelli?
8 Il libro degli Atti dice che, appena vide i fratelli, “Paolo ringraziò Dio e si fece coraggio” (Atti 28:15). Alla sola vista di quei cari fratelli, tra cui forse c’erano alcuni che conosceva di persona, si sentì rafforzato e confortato. Perché ringraziò Dio? Paolo sapeva che l’amore altruistico è un aspetto del frutto dello spirito di Dio (Gal. 5:22). Tuttora lo spirito santo spinge i cristiani a spendersi gli uni per gli altri e a dare conforto a chi ne ha bisogno (1 Tess. 5:11, 14).
9. Come possiamo manifestare lo stesso spirito dei fratelli che andarono incontro a Paolo?
9 Lo spirito santo, per esempio, spinge i cristiani a mostrare ospitalità ai sorveglianti di circoscrizione, ai missionari in visita e ad altri ministri a tempo pieno, molti dei quali fanno grandi sacrifici per servire Geova più pienamente. Chiediamoci: “Posso fare di più in occasione della visita del sorvegliante di circoscrizione, magari mostrando ospitalità a lui e alla moglie? Posso organizzarmi per partecipare con loro al ministero?” Se facciamo questo, riceveremo ricche benedizioni. Pensiamo alla gioia dei fratelli di Roma quando sentirono Paolo e i suoi compagni raccontare alcune delle incoraggianti esperienze che avevano avuto! (Atti 15:3, 4).
“Dappertutto incontra opposizione” (Atti 28:16-22)
10. Qual era la situazione di Paolo a Roma, e cosa fece l’apostolo poco dopo il suo arrivo?
10 Quando infine il gruppo di viaggiatori arrivò a Roma, “fu permesso a Paolo di restare per conto suo con il soldato che lo sorvegliava” (Atti 28:16). Chi era agli arresti domiciliari di solito veniva incatenato alla guardia affinché non scappasse. Comunque Paolo era un proclamatore del Regno, e una catena non poteva certo metterlo a tacere! Quindi, dopo essersi concesso appena tre giorni per riprendersi dal viaggio, convocò gli uomini più importanti della comunità ebraica di Roma per presentarsi e dare loro testimonianza.
11, 12. In che modo Paolo cercò di eliminare gli eventuali pregiudizi dei suoi connazionali?
11 “Uomini, fratelli”, disse Paolo, “pur non avendo fatto nulla contro il popolo o contro le usanze dei nostri antenati, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei romani. Questi, dopo avermi interrogato, volevano liberarmi, perché non c’era nessuna base per mettermi a morte. Comunque, visto che i giudei si opponevano, fui costretto ad appellarmi a Cesare, ma non perché avessi qualche accusa da muovere contro la mia nazione” (Atti 28:17-19).
12 Chiamando “fratelli” gli ebrei presenti, Paolo cercò di stabilire una base comune ed eliminare ogni eventuale pregiudizio (1 Cor. 9:20). Chiarì inoltre che si trovava lì non per puntare il dito contro i suoi connazionali, ma per appellarsi a Cesare. La comunità ebraica locale, però, non sapeva nulla dell’appello di Paolo (Atti 28:21). Come mai non era giunta alcuna comunicazione dagli ebrei della Giudea? Secondo un’opera di consultazione, “la nave di Paolo fu probabilmente tra le prime a giungere in Italia dopo l’inverno, e non potevano essere arrivati rappresentanti delle autorità ebraiche di Gerusalemme, né una lettera riguardante il caso”.
13, 14. In che modo Paolo introdusse l’argomento del Regno, e come possiamo imitarlo?
13 A questo punto Paolo introdusse l’argomento del Regno pronunciando una frase che avrebbe sicuramente incuriosito quegli ebrei. Disse: “Per questo ho chiesto di vedervi e parlarvi. È infatti a motivo della speranza d’Israele che sono legato da questa catena” (Atti 28:20). Quella speranza era strettamente legata al Messia e al suo Regno, che la congregazione cristiana proclamava. Gli anziani ebrei replicarono: “Riteniamo sia bene ascoltare da te quello che pensi, perché di fatto quello che sappiamo di questa setta è che dappertutto incontra opposizione” (Atti 28:22).
14 Quando abbiamo l’opportunità di dare testimonianza, per suscitare l’interesse della persona con cui stiamo parlando possiamo imitare Paolo facendo dichiarazioni o domande che inducano a riflettere. Ottimi suggerimenti si trovano in pubblicazioni come Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Traete beneficio dalla Scuola di Ministero Teocratico e Applicati alla lettura e all’insegnamento. Ci stiamo avvalendo di questi manuali per lo studio della Bibbia?
L’esempio di Paolo nel rendere “completa testimonianza” (Atti 28:23-29)
15. Quali quattro cose emergono dalla testimonianza di Paolo?
15 Il giorno fissato gli ebrei di Roma “si presentarono [...] ancor più numerosi” dove alloggiava Paolo. “Dalla mattina alla sera Paolo diede loro spiegazioni, rendendo completa testimonianza in merito al Regno di Dio per persuaderli riguardo a Gesù mediante la Legge di Mosè e i Profeti” (Atti 28:23). Quattro cose emergono dalla testimonianza di Paolo. Primo, si concentrò sul Regno di Dio. Secondo, cercò di suscitare l’interesse dei suoi ascoltatori usando persuasione. Terzo, ragionò basandosi sulle Scritture. Quarto, si prodigò nel dare testimonianza “dalla mattina alla sera”. Che ottimo esempio per noi! Quale fu il risultato? “Alcuni credevano a quello che diceva, ma altri no”. Ci fu disaccordo fra i presenti e così, come riferisce Luca, “iniziarono ad andarsene” (Atti 28:24, 25a).
16-18. Perché la reazione negativa degli ebrei di Roma non sorprese Paolo, e come dovremmo sentirci quando il nostro messaggio viene rifiutato?
16 Quella reazione non sorprese Paolo, perché era in armonia con le profezie bibliche e lui aveva già visto reazioni simili (Atti 13:42-47; 18:5, 6; 19:8, 9). Perciò agli uomini che se ne stavano andando Paolo disse: “Lo spirito santo parlò appropriatamente ai vostri antenati tramite il profeta Isaia quando disse: ‘Va’ da questo popolo e digli: “È vero che udrete, ma non capirete affatto, ed è vero che guarderete, ma non vedrete affatto. Il cuore di questo popolo è infatti diventato insensibile”’” (Atti 28:25b-27). Il verbo originale reso con l’espressione “è [...] diventato insensibile” dà l’idea di un cuore che “si è ingrossato”, impedendo al messaggio del Regno di penetrarvi (Atti 28:27, nwtsty nt.). Che tragedia!
17 A differenza di quegli ebrei, concluse Paolo, ‘le nazioni avrebbero senz’altro ascoltato’ (Atti 28:28; Sal. 67:2; Isa. 11:10). L’apostolo parlava davvero con cognizione di causa, perché aveva visto con i suoi occhi molti non ebrei accettare il messaggio del Regno (Atti 13:48; 14:27).
18 Come Paolo, non prendiamocela se le persone rifiutano la buona notizia. Dopotutto, sappiamo che relativamente pochi troveranno la strada che conduce alla vita (Matt. 7:13, 14). Ma quando le persone dalla giusta disposizione si uniscono a noi nella vera adorazione, rallegriamoci e accogliamole a braccia aperte (Luca 15:7).
“Predicando [...] il Regno di Dio” (Atti 28:30, 31)
19. In che modo Paolo sfruttò al meglio le circostanze?
19 Luca conclude la narrazione in tono positivo e caloroso, dicendo: “[Paolo] rimase due anni interi nella casa che aveva affittato, e accoglieva calorosamente tutti quelli che andavano da lui, predicando loro il Regno di Dio e insegnando le cose inerenti al Signore Gesù Cristo con la massima franchezza, senza alcun impedimento” (Atti 28:30, 31). Che straordinario esempio di ospitalità, fede e zelo!
20, 21. Menzionate alcuni che beneficiarono del ministero di Paolo a Roma.
20 Tra coloro che vennero accolti calorosamente da Paolo c’era un certo Onesimo, schiavo fuggitivo di Colosse. Paolo aiutò Onesimo a diventare cristiano e Onesimo divenne per lui un “fedele e amato fratello”. Infatti Paolo lo definì così: “Mio figlio, del quale sono divenuto padre” (Col. 4:9; Filem. 10-12). Onesimo deve aver incoraggiato moltissimo Paolo.b
21 Anche altri beneficiarono dell’ottimo esempio di Paolo. Lui scrisse ai filippesi: “La mia situazione ha favorito il progresso della buona notizia, tanto che all’intera guardia pretoriana e a tutti gli altri è noto che sono in catene a motivo di Cristo. La maggioranza dei fratelli nel Signore ha acquistato fiducia grazie alle mie catene e dimostra ancora più coraggio nell’annunciare intrepidamente la parola di Dio” (Filip. 1:12-14).
22. Cos’altro fece Paolo durante la detenzione a Roma?
22 Paolo approfittò della detenzione a Roma per scrivere importanti lettere che ora fanno parte delle Scritture Greche Cristiane.c I cristiani del I secolo a cui quelle lettere erano indirizzate ne trassero grande beneficio. Anche noi possiamo trarne beneficio, perché i consigli ispirati che Paolo mise per iscritto sono pratici oggi come allora (2 Tim. 3:16, 17).
23, 24. In che modo molti cristiani odierni hanno dimostrato come Paolo un atteggiamento positivo anche se ingiustamente imprigionati?
23 Al momento del suo rilascio, che non è menzionato negli Atti, Paolo era stato agli arresti per quattro anni circa: due a Cesarea e due a Roma (Atti 23:35; 24:27).d Tuttavia aveva mantenuto un atteggiamento positivo, facendo tutto il possibile per servire Dio. Anche molti servitori di Geova odierni, sebbene ingiustamente imprigionati a motivo della loro fede, hanno conservato la gioia e continuato a predicare. Pensiamo all’esempio di Adolfo, imprigionato in Spagna a motivo della neutralità cristiana. “Tu ci stupisci”, gli disse un ufficiale. “Ti abbiamo reso la vita impossibile, ma più noi siamo stati duri più tu sei stato sorridente e hai avuto una parola gentile”.
24 Col tempo Adolfo fu considerato talmente affidabile che la porta della sua cella veniva lasciata aperta. Alcuni soldati lo avvicinavano per fargli domande sulla Bibbia. Uno di loro andava persino a leggere la Bibbia nella sua cella, mentre Adolfo stava di guardia. Così era il prigioniero a “sorvegliare” la guardia! L’ottimo esempio di questi fedeli Testimoni ci spinge senz’altro a mostrare “ancora più coraggio nell’annunciare intrepidamente la parola di Dio”, anche in circostanze avverse.
25, 26. Quale straordinaria profezia Paolo vide adempiuta in poco meno di 30 anni, e che legame ha questo con i nostri giorni?
25 Un apostolo di Cristo agli arresti domiciliari che predica il Regno di Dio a tutti coloro che gli fanno visita: che conclusione commovente per l’avvincente libro degli Atti! Nel primo capitolo si legge che Gesù aveva dato questo incarico ai suoi seguaci: “Riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi, e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:8). Meno di 30 anni dopo, la buona notizia del Regno era stata “predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo” (Col. 1:23).e Che dimostrazione del potere dello spirito di Dio! (Zacc. 4:6).
26 Oggi lo stesso spirito permette ai fratelli di Cristo ancora sulla terra, insieme ai loro compagni delle “altre pecore”, di continuare a rendere “completa testimonianza in merito al Regno di Dio” in 240 paesi (Giov. 10:16; Atti 28:23). Vi state impegnando pienamente in quest’opera?
a Satire, Libro I, V, 4, 7, trad. di M. Ramous, Garzanti, Milano, 1989.
b Paolo voleva tenere Onesimo con sé, ma questo avrebbe violato la legge romana e calpestato i diritti del padrone di Onesimo, un cristiano di nome Filemone. Perciò Onesimo ritornò dal suo padrone, portando con sé una lettera di Paolo che incoraggiava Filemone ad accogliere benevolmente il suo schiavo come un fratello spirituale (Filem. 13-19).
c Vedi il riquadro “Le cinque lettere scritte da Paolo durante la prima prigionia a Roma”.
d Vedi il riquadro “La vita di Paolo dopo il 61 E.V.”.
e Vedi il riquadro “La buona notizia ‘predicata in tutta la creazione’”.
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“Fino alla più distante parte della terra”Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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CAPITOLO 28
“Fino alla più distante parte della terra”
I Testimoni di Geova portano avanti un’opera che iniziò nel I secolo con i seguaci di Gesù Cristo
1. Quali analogie ci sono tra i primi cristiani e i Testimoni di Geova odierni?
RENDEVANO testimonianza con zelo. Il cuore li induceva ad accettare l’aiuto e la guida dello spirito santo. La persecuzione non li mise a tacere. E Dio li benedisse riccamente. Si può dire tutto questo dei primi cristiani, come lo si può dire dei Testimoni di Geova odierni.
2, 3. Cosa è particolarmente degno di nota nel libro degli Atti?
2 La vostra fede sarà stata senz’altro rafforzata dall’incoraggiante e avvincente libro biblico degli Atti degli Apostoli. Si tratta di un libro straordinario, perché è l’unico testo di storia del cristianesimo primitivo che sia stato ispirato da Dio.
3 Il libro degli Atti menziona per nome 95 personaggi provenienti da 32 nazioni, 54 città e 9 isole. In modo coinvolgente ci presenta persone comuni, capi religiosi arroganti, politici presuntuosi e feroci persecutori. Ma soprattutto parla dei nostri fratelli e delle nostre sorelle del I secolo che, oltre ad affrontare le normali difficoltà della vita, predicarono con zelo la buona notizia.
4. Perché ci sentiamo particolarmente vicini a personaggi come l’apostolo Paolo, Tabita e altri fedeli testimoni dell’antichità?
4 Sono passati quasi 2.000 anni dall’epoca in cui vissero gli zelanti apostoli Pietro e Paolo, l’amato medico Luca, l’altruista Barnaba, il coraggioso Stefano, la generosa Tabita, l’ospitale Lidia e tanti altri fedeli testimoni. Eppure ci sentiamo particolarmente vicini a loro. Perché? Perché abbiamo lo stesso incarico di fare discepoli (Matt. 28:19, 20). Che onore è per noi!
“...fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:8)
5. Dove iniziarono ad assolvere il loro incarico i primi discepoli di Gesù?
5 Soffermiamoci sull’incarico che Gesù diede ai suoi seguaci. Disse loro: “Riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi, e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:8). Inizialmente lo spirito santo permise ai discepoli di dare testimonianza “a Gerusalemme” (Atti 1:1–8:3). Quindi, guidati dallo spirito, essi predicarono “in tutta la Giudea e la Samaria” (Atti 8:4–13:3). Dopodiché iniziarono a portare la buona notizia “fino alla più distante parte della terra” (Atti 13:4–28:31).
6, 7. Nel compiere il ministero, perché siamo avvantaggiati rispetto ai nostri compagni di fede del I secolo?
6 I nostri compagni di fede del I secolo non avevano l’intera Bibbia da usare nell’opera di predicazione. È vero che il Vangelo di Matteo fu disponibile verso il 41 E.V. e alcune lettere di Paolo vennero scritte prima che fosse completato il libro degli Atti intorno al 61. Tuttavia i primi cristiani non disponevano né di una copia personale delle Sacre Scritture complete, né di un’ampia gamma di pubblicazioni da offrire alle persone interessate. Prima di diventare discepoli di Gesù, i cristiani ebrei erano soliti sentir leggere le Scritture Ebraiche nella sinagoga (2 Cor. 3:14-16). Ma avevano comunque bisogno di studiarle, perché probabilmente avrebbero dovuto citarne dei passi a memoria.
7 Oggi la maggioranza di noi dispone di una propria copia della Bibbia e di pubblicazioni bibliche in abbondanza. Facciamo discepoli annunciando la buona notizia in 240 paesi e in molte lingue.
Sostenuti dallo spirito santo
8, 9. (a) Cosa furono in grado di fare i discepoli di Gesù per mezzo dello spirito santo? (b) Con l’aiuto dello spirito di Dio, quali strumenti rende disponibili lo schiavo fedele?
8 Quando incaricò i suoi discepoli di dare testimonianza, Gesù disse: “Riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi”. Guidati dallo spirito o forza attiva di Dio, i seguaci di Gesù avrebbero infine dato testimonianza in tutta la terra. Per mezzo dello spirito santo, Pietro e Paolo guarirono malati, espulsero demòni e addirittura risuscitarono morti. Tuttavia la potenza ricevuta mediante lo spirito santo aveva un obiettivo più importante: permettere agli apostoli e ad altri discepoli di impartire la conoscenza accurata che significa vita eterna (Giov. 17:3).
9 Il giorno di Pentecoste del 33 i discepoli di Gesù “cominciarono a parlare lingue diverse, come lo spirito permetteva loro di esprimersi”. Così resero testimonianza in merito alle “magnifiche cose di Dio” (Atti 2:1-4, 11). Oggi non parliamo miracolosamente in lingue straniere, ma con l’aiuto dello spirito di Dio lo schiavo fedele rende disponibili pubblicazioni bibliche in molte lingue. Per esempio, ogni mese si stampano milioni di copie delle riviste La Torre di Guardia e Svegliatevi!, e nel nostro sito, jw.org, si trovano pubblicazioni e video basati sulla Bibbia in oltre 1.000 lingue. Tutto questo ci permette di parlare delle “magnifiche cose di Dio” a persone di ogni nazione, tribù e lingua (Riv. 7:9).
10. Che cosa è stato fatto dal 1989 riguardo alla traduzione della Bibbia?
10 Dal 1989 lo schiavo fedele si impegna in modo particolare per pubblicare in molte lingue la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture. Questa versione della Bibbia è ora disponibile in più di 200 lingue: ne sono già state stampate decine di milioni di copie, e molte altre se ne stamperanno. Tutto questo è stato possibile solo grazie a Dio e al suo spirito.
11. Come viene svolta la traduzione delle pubblicazioni dei Testimoni?
11 L’opera di traduzione viene compiuta da migliaia di volontari cristiani in più di 150 paesi. Questo non dovrebbe sorprenderci, dato che nessun’altra organizzazione sulla terra è guidata dallo spirito santo nel ‘rendere completa testimonianza’ in tutto il mondo in merito a Geova Dio, al suo Re messianico e all’istituito Regno celeste (Atti 28:23).
12. In che modo Paolo e altri cristiani furono in grado di compiere l’opera di testimonianza?
12 Quando Paolo rese testimonianza a ebrei e non ebrei ad Antiochia di Pisidia, “quelli che avevano la giusta disposizione per ricevere la vita eterna diventarono credenti” (Atti 13:48). Il libro degli Atti si conclude con Paolo che sta “predicando [...] il Regno di Dio [...] con la massima franchezza, senza alcun impedimento” (Atti 28:31). Dove? Proprio a Roma, capitale di una potenza mondiale! Sia pronunciando discorsi sia dando testimonianza in altri modi, i primi seguaci di Gesù compirono quell’opera con l’aiuto e la guida dello spirito santo.
Perseverarono nonostante la persecuzione
13. Perché dovremmo pregare quando siamo perseguitati?
13 Quando subirono la persecuzione, i primi discepoli di Gesù chiesero a Geova di infondere loro coraggio. Con quale risultato? Furono pieni di spirito santo e vennero rafforzati perché parlassero intrepidamente della parola di Dio (Atti 4:18-31). Anche noi preghiamo per avere la sapienza e la forza di continuare a dare testimonianza nonostante la persecuzione (Giac. 1:2-8). Con la benedizione di Dio e l’aiuto del suo spirito, continuiamo a predicare il Regno. Nulla può fermare l’opera di testimonianza, né una forte opposizione né una brutale persecuzione. Quando siamo perseguitati, abbiamo senz’altro bisogno di chiedere in preghiera lo spirito santo nonché la sapienza e il coraggio necessari per annunciare la buona notizia (Luca 11:13).
14, 15. (a) Quale fu l’effetto della “persecuzione iniziata con Stefano”? (b) In che modo molti in Siberia conobbero la verità?
14 Prima di morire per mano dei suoi oppositori, Stefano diede una coraggiosa testimonianza (Atti 6:5; 7:54-60). A motivo della “grande persecuzione” che si scatenò a quel tempo, tutti i discepoli eccetto gli apostoli vennero dispersi in tutta la Giudea e la Samaria. Ma questo non fermò l’opera di testimonianza. Filippo andò a Samaria a “predicare il Cristo” ed ebbe ottimi risultati (Atti 8:1-8, 14, 15, 25). Inoltre ci viene detto: “Quelli che erano stati dispersi a motivo della persecuzione iniziata con Stefano arrivarono fino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, ma annunciavano la parola solo ai giudei. Comunque tra loro c’erano alcuni uomini di Cipro e Cirene che, arrivati ad Antiochia, iniziarono a parlare alla gente di lingua greca, dichiarando la buona notizia del Signore Gesù” (Atti 11:19, 20). A quel tempo la persecuzione ebbe l’effetto di diffondere il messaggio del Regno.
15 Nei tempi moderni è successo qualcosa di simile nell’ex Unione Sovietica. Soprattutto negli anni ’50 del secolo scorso migliaia di Testimoni furono esiliati in Siberia. Dato che vennero trasferiti in tanti insediamenti diversi, la buona notizia continuò a diffondersi in quel vasto paese. Non sarebbe mai stato possibile per così tanti Testimoni pagarsi un viaggio di addirittura 10.000 chilometri per andare a proclamare la buona notizia! Ma il governo li sparpagliò in tutto il paese. Come disse un fratello, “furono le autorità stesse a permettere a migliaia di persone sincere della Siberia di conoscere la verità”.
Riccamente benedetti da Geova
16, 17. In che modo il libro degli Atti fornisce la prova della benedizione di Geova sull’opera di testimonianza?
16 Non c’è dubbio che Geova abbia benedetto i primi cristiani. Paolo e altri piantarono e innaffiarono, ‘ma fu Dio che fece crescere’ (1 Cor. 3:5, 6). Il libro degli Atti fornisce la prova che tale crescita era dovuta alla benedizione di Geova. Per esempio, “la parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli cresceva moltissimo a Gerusalemme” (Atti 6:7). Contemporaneamente alla diffusione dell’opera di testimonianza, “in tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria la congregazione entrò [...] in un periodo di pace, ed era edificata; e mentre camminava nel timore [reverenziale] di Geova e nel conforto dello spirito santo, cresceva” (Atti 9:31).
17 Ad Antiochia di Siria sia ebrei che persone di lingua greca udirono la verità grazie a coraggiosi testimoni. La Bibbia dice: “La mano di Geova era con loro, e un gran numero di persone credette e si convertì al Signore” (Atti 11:21). In merito all’ulteriore progresso dell’opera leggiamo: “La parola di Geova cresceva e si diffondeva” (Atti 12:24). E con la fervente attività di Paolo e altri che predicavano ai non ebrei, “in modo potente la parola di Geova cresceva e trionfava” (Atti 19:20).
18, 19. (a) Come facciamo a sapere che “la mano di Geova” è con noi? (b) Fate un esempio che dimostra come Geova sostiene i suoi servitori.
18 Non c’è dubbio che “la mano di Geova” sia anche con noi. È grazie a questo che molti oggi diventano credenti e simboleggiano la loro dedicazione a Dio col battesimo. Inoltre è solo grazie all’aiuto e alla benedizione di Dio che siamo in grado di perseverare nonostante una forte opposizione, o addirittura un’accanita persecuzione, e di compiere il nostro ministero proprio come fecero Paolo e gli altri primi cristiani (Atti 14:19-21). Geova Dio è sempre al nostro fianco. “Le sue braccia eterne” ci sostengono immancabilmente in tutte le nostre prove (Deut. 33:27). E non dimentichiamo che, per amore del suo grande nome, Geova non abbandona mai il suo popolo (1 Sam. 12:22; Sal. 94:14).
19 Facciamo un esempio. Durante la Seconda guerra mondiale il fratello Harald Abt continuò a dare testimonianza, e per questo i nazisti lo rinchiusero nel campo di concentramento di Sachsenhausen. Nel maggio 1942 agenti della Gestapo andarono a casa della moglie Elsa, la arrestarono e le portarono via la bambina. Elsa venne internata in diversi campi. “Gli anni passati nei campi di concentramento tedeschi”, disse la sorella Abt, “mi hanno insegnato una grande lezione, e cioè che lo spirito di Geova ha il potere di rafforzare grandemente quando si è sottoposti alle prove più ardue! Prima di essere arrestata avevo letto la lettera di una sorella che diceva che nelle prove più difficili lo spirito di Geova produce nella persona una sensazione di serenità. Pensai che forse esagerava un po’. Ma quando io stessa dovetti affrontare delle prove capii che aveva detto il vero. È proprio ciò che accade. Se non lo si è provato, è difficile immaginarlo. Eppure è quanto mi accadde veramente”.
Continuiamo a rendere completa testimonianza
20. Cosa fece Paolo quando era agli arresti domiciliari, e in che modo questo può incoraggiare alcuni fratelli e sorelle?
20 Il libro degli Atti si conclude con Paolo che zelantemente predica il Regno di Dio (Atti 28:31). Essendo a Roma agli arresti domiciliari, non era libero di dare testimonianza di casa in casa. Comunque continuò a predicare a tutti quelli che andavano a trovarlo. Oggi alcuni nostri cari fratelli e sorelle, a motivo di età avanzata, malattie o invalidità, sono confinati in casa, forse costretti a letto, oppure si trovano in cliniche o case di riposo. Eppure il loro amore per Geova e il loro desiderio di dare testimonianza sono più forti che mai. Preghiamo per loro e chiediamo al nostro Padre celeste di farli venire in contatto con persone che desiderano conoscere lui e i suoi meravigliosi propositi.
21. Perché dovremmo dare testimonianza con senso di urgenza?
21 La maggioranza di noi è in grado di impegnarsi nel ministero di casa in casa e in altre fasi dell’opera di fare discepoli. Perciò facciamo tutto il possibile per assolvere l’incarico di proclamare il Regno, rendendo testimonianza “fino alla più distante parte della terra”. Quest’opera deve essere compiuta con senso di urgenza, perché “il segno” della presenza di Cristo è ben evidente (Matt. 24:3-14). Non c’è tempo da perdere. Ora è il momento di darsi “molto da fare nell’opera del Signore” (1 Cor. 15:58).
22. Cosa dovremmo essere decisi a fare mentre attendiamo il giorno di Geova?
22 In attesa “che venga il grande e tremendo giorno di Geova” continuiamo a rendere una fedele e coraggiosa testimonianza! (Gioe. 2:31). Troveremo ancora molte persone con lo stesso atteggiamento dei bereani, che “accettarono la parola con la massima prontezza” (Atti 17:10, 11). Continuiamo dunque a dare testimonianza finché, per così dire, sentiremo queste parole: “Bravo, schiavo buono e fedele!” (Matt. 25:23). Se ci impegniamo con zelo nell’opera di fare discepoli e rimaniamo sempre fedeli a Geova, ci rallegreremo sicuramente per tutta l’eternità per aver avuto l’onore di rendere “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”.
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