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Siamo entro il proposito di un amorevole CreatoreL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo I
Siamo entro il proposito di un amorevole Creatore
1, 2. Perché la vita sulla terra sta assumendo per un crescente numero di persone un nuovo interesse?
LA VITA sulla terra sta assumendo per un crescente numero di persone un nuovo interesse, mentre il nostro ventesimo secolo s’avvicina alla sua fine.
2 Il morente sistema di cose in cui troviamo sempre più difficile vivere non è per noi l’ultima cosa da provare. Non è per noi tutto quello che c’è. La terra cesserà d’essere un luogo di continua sofferenza umana. La tenebrosa notte che ora avvolge tutta la terra di un manto mortale sta per essere dispersa. Il nuovo giorno che deve per certo seguire la notte sta per sorgere, onde tutta la terra divenga per l’intera famiglia umana un luogo di vita gioiosa. Tutto questo non è un avvenimento casuale, non è qualche cosa di fortuito, né si tratta di qualche impresa scientifica degli uomini. È quanto si è proposto qualcuno più alto dell’uomo.
3. In che modo la nuova veduta della vita sulla terra ha influito su buddisti, indù e credenti nel Destino?
3 Sì, un crescente numero di persone d’ogni specie palpita di felice emozione mentre attende di vivere sulla nostra stessa vecchia terra ma in un sistema di cose vivificante. Fra questi l’ex buddista che giungeva le mani e pregava in ginocchio dinanzi alla dorata immagine del suo dio meditabondo ha trovato una nuova ragione per godere ora e sempre la vita umana sulla terra. L’ex indù che adorava dinanzi al suo trino dio Trimurti non cerca più d’acquistar merito per timore di un’immaginaria trasmigrazione dell’anima umana dopo la morte. Con amorevole interesse in tutti gli altri del genere umano cerca ora di condividere con altri la buona notizia che la famiglia umana perverrà qui sulla terra a una vita migliore. L’adoratore che una volta credeva che tutte le sue cose fossero dirette dal Qadar (“Destino”) ora vuole mostrarsi degno d’ereditare qui sulla terra un paradiso ancor più bello dell’antica Damasco.
4. Come i religionisti della cristianità han mutato le loro speranze?
4 L’ex cattolico romano, o greco-ortodosso, o protestante, che si attendeva di divenire un angelo in cielo anziché bruciare per sempre in un inferno di fuoco e zolfo, ora si prepara alla vita eterna nella perfezione umana su una terra sicura e pacifica.
5. Similmente come ne hanno subìto l’influenza anche i non religiosi?
5 Queste son tutte meravigliose trasformazioni religiose! Ma tali trasformazioni non si limitano alle sincere persone religiose. Anche gli irreligiosi hanno provato questo cambiamento di veduta della vita sulla terra. L’ex evoluzionista, che una volta esercitava enorme fede per credere che la vita umana cominciò per caso da una minuscola cellula di breve vita in un mare primordiale e che ambiziosamente si evolse fino all’attuale vita umana, non dipende più dalle mutazioni e dalla scienza moderna in quanto a ciò che egli sarà in futuro. L’“ateo” comunista di un tempo, che credeva nell’assoluto materialismo e che lavorava per collettivizzare il mondo intero sotto un governo politico irreligioso, ora spera che verrà un dominio universale più alto di quello delle egoistiche, imperfette, moriture creature di sangue e carne.
6. Secondo che cosa tutti questi individui modellano ora la loro vita?
6 Tutti questi individui trasformati, religiosi e irreligiosi, attendono con fiducia che sulla terra la vita divenga migliore entro la loro generazione. Ora modellano la propria vita in questa fiduciosa attesa di cose più grandi avvenire per gli abitanti della terra. Per questo la loro vita attuale è più felice, più utile, più profittevole per sé e per altri. Unitamente, hanno tutti questa comune veduta degli anni avvenire. Che cosa ha recato alla loro mente e al loro cuore e alla loro vita questa meravigliosa trasformazione?
7. Che cosa ha recato in tali persone questa trasformazione?
7 Questo: Tutti sono pervenuti a un’accurata conoscenza dell’“eterno proposito” di Dio e modellano la loro vita in armonia con tale proposito divino, rallegrandosi di cuore perché esso ora trionfa per l’interminabile bene di tutto il genere umano. Sono umilmente grati ch’essi pure siano inclusi nell’amorevole proposito di Dio loro Creatore. Vivendo entro i limiti del Suo proposito, la loro vita diviene degna d’esser vissuta. Dinanzi a loro è la felicità eterna.
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L’Immortale Possessore dell’“eterno proposito”L’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo II
L’Immortale Possessore dell’“eterno proposito”
1, 2. Solo chi potrebbe avere un “eterno proposito”, e che cosa disse Mosè su tale persona?
L’“ETERNO proposito”! Chi potrebbe avere un tale proposito se non un Dio che vive per sempre? L’evoluzione, com’è insegnata da molti scienziati moderni, non potrebbe avere un tale proposito, poiché l’avvenimento fortuito o il caso, con cui la non provata teoria dell’evoluzione ha inizio, non ha luogo di proposito ed è senza proposito. Nel quindicesimo secolo avanti la nostra Èra Volgare un legislatore e poeta di fama mondiale, cioè Mosè figlio di Amram, richiamò l’attenzione su tale Dio eterno, dicendo:
2 “Prima che i monti stessi nascessero, o che tu generassi come con dolori di parto la terra e il paese produttivo, fin da tempo indefinito a tempo indefinito tu sei Dio. . . . Poiché mille anni sono ai tuoi occhi come ieri quando è passato, e come una veglia [di quattro ore] durante la notte”. — Libro biblico dei Salmi, numero 90, versetti 2-4.
3. Perché il “Re d’eternità” potrebbe pienamente adempiere un tale proposito?
3 Nel primo secolo della nostra Èra Volgare un fermo credente nel legislatore Mosè richiamò l’attenzione sullo stesso Dio, che è senza limitazioni di tempo, sia nel passato che nel futuro, scrivendo: “Ora al Re d’eternità, incorruttibile, invisibile, solo Dio, siano onore e gloria per i secoli dei secoli. Amen”. (1 Timoteo 1:17) Tale Dio Eterno può attenersi al suo proposito finché sia adempiuto con successo, non importa quanto tempo richieda, siano anche ère di tempo.
4. Colui che scrisse riguardo all’“eterno proposito” di Dio con quale persona da lungo tempo promessa lo pose in relazione?
4 Questo medesimo scrittore del nostro primo secolo E.V. fu ispirato a scrivere riguardo all’“eterno proposito” di Dio e a porlo in relazione con il Messia, l’“Unto” o “Consacrato”, da lungo tempo atteso che lo stesso profeta Mosè aveva preannunciato. Nel Medio Oriente quelli che allora parlavano siriaco lo chiamavano “M’shiʹhha”; ma i Giudei di lingua greca di Alessandria d’Egitto, quando fecero la loro traduzione delle ispirate Scritture Ebraiche, che è stata chiamata versione greca dei Settanta, usarono la parola greca Khristós, che, basilarmente, significa “Unto”. — Si veda Daniele 9:25, LXX.
5, 6. Come i traduttori moderni hanno creato un problema in quanto a ciò che Dio formò riguardo al Messia?
5 Comunque, i moderni traduttori degli scritti di quello scrittore del primo secolo ci hanno creato un problema. Dal diciassettesimo secolo i traduttori della Bibbia italiana ne han parlato come del “proponimento eterno” o “eterno proposito” di Dio.a Ma più recentemente parecchi traduttori della Bibbia interpretano la frase greca come “un piano delle età”. Così si dice che Dio ha un “piano” riguardo al Messia.
6 Per esempio, nel 1897 (E.V.) la traduzione della lettera agli Efesini, capitolo tre, versetti da nove a undici, di J. B. Rotherham, dice: “E per portare alla luce ciò che è l’amministrazione del sacro segreto che dalle età è stato nascosto in Dio, il quale creò tutte le cose: affinché ora ai principati e alle autorità che sono nei luoghi celesti sia fatta conoscere, per mezzo dell’assemblea, la molteplice sapienza di Dio, secondo un piano delle età che egli ha formato nell’unto”. Già dal 1865 E.V. The Emphatic Diaglott, edita a cura del direttore di giornale Benjamin Wilson, conteneva la versione: “secondo il piano delle età, che egli formò”. Si potrebbero citare diverse altre traduzioni recenti della Bibbia che preferiscono rendere in questo modo il testo greco.b
7, 8. Quale illustrazione pubblicò C. T. Russell, e che cosa diceva il suo primo libro riguardo al suo titolo?
7 In base a questa differente traduzione del testo greco di Efesini 3:11, nel numero della Zion’s Watch Tower (Torre di Guardia di Sion) del settembre 1881 fu stampato a Pittsburgh di Pennsylvania, in U.S.A., dal direttore ed editore Charles Taze Russell l’articolo intitolato “Il piano delle età”. Questo dava la spiegazione di un diagramma di un’intera pagina chiamato “La carta delle età”. Ci fa piacere riprodurre qui questa carta così che possa essere esaminata da tutti gli interessati. Una simile “Carta delle età che illustra il piano di Dio” fu inserita nel libro intitolato “Il divin piano delle età”, edito da C. T. Russell nel 1886.
8 Nonostante le inaccuratezze che oggi vi si notano, questa “Carta delle età” servì a mostrare il sincero modo di ragionare che si basava sul pensiero che l’Iddio Onnisapiente e Onnipotente ha un “piano”. Le parole iniziali del Capitolo I di questo libro dicevano:
Il titolo di questa serie di Studi, “Il divin piano delle età”, richiama alla mente una progressione nella disposizione divina, preconosciuta dal nostro Dio, e ordinata. Crediamo che gl’insegnamenti della rivelazione divina possono apparire belli e armoniosi ad un tempo da questo punto di vista e da nessun altro.
9. (a) Almeno quale punto fu messo in risalto da questo libro estesamente diffuso? (b) Tuttavia quale domanda pose in quanto a un piano e a Dio?
9 Questo libro raggiunse la tiratura di oltre sei milioni di copie, in diverse lingue. La sua diffusione cessò nell’anno 1929 E.V. Da una parte, esso richiamò l’attenzione dei suoi lettori sulla Bibbia e mostrò che l’Iddio vivente è progressivo. Egli ha uno scopo rispetto a ciò che si propone per il sofferente genere umano. Sappiamo che spesso l’uomo forma un piano d’azione, ma che dietro tale piano d’azione c’è un proposito da perseguire. Ma ci si chiede: Formulò l’Onnisapiente, Onnipotente Dio un piano d’azione, un corso determinato, al tempo in cui prese la decisione di compiere qualche cosa, obbligandosi così quale Dio immutabile ad attenersi a tale corso prestabilito senza deviare? O, fu in grado di soddisfare ogni emergenza e contingenza dovuta al libero arbitrio e alla libertà di scelta da parte delle sue creature, all’istante e senza premeditazione, e nello stesso tempo pervenne alla propria mèta? Ebbe bisogno di un piano? Certo, dopo che egli ha conseguito la sua mèta, noi possiamo controllare la testimonianza delle sue azioni e rilevare o tracciare il percorso che ha seguìto. Ma fu pianificato proprio in questo modo?c
UN DIO DI PROPOSITO
10. Che cosa significava letteralmente la parola greca proʹthe·sis, e come la usarono i Giudei nella Settanta greca?
10 L’originale scrittore greco delle parole di Efesini 3:11 desiderò forse dire che Dio il Creatore ha un piano rispetto al Suo Messia? Che cosa intese dire quando, nella sua lettera scritta nel greco del primo secolo, usò la parola proʹthe·sis? Letteralmente essa significa “proporre o mettere davanti”, quindi porre qualche cosa in vista. Perciò i Giudei alessandrini, quando tradussero in greco le ispirate Scritture Ebraiche, usarono questa parola greca in relazione col pane sacro che si metteva sulla tavola d’oro nel compartimento Santo della sacra tenda di adorazione eretta dal profeta Mosè. Questo pane è comunemente chiamato pane di proposizione, ma la versione greca dei Settanta ne parla come dei “pani di presentazione” (prothesis). Quindi questi pani, essendo posti sulla tavola d’oro, venivano esposti, una provvista fresca d’essi ogni settimanale giorno di sabato. — 2 Cronache 4:19.
11. Che cos’è, dunque, il “proʹthe·sis” di Dio?
11 La parola proʹthe·sis era pure usata per dare l’idea di una “dichiarazione”, o di un “pagamento anticipato”, e, nella grammatica, significava una “preposizione”. Era anche usata per indicare un “prefisso”, o un’“anteposizione”. Siccome la parola era usata anche per un fine o obiettivo proposto, o qualche cosa da compiere o conseguire che ci si poneva dinanzi, era usata per significare “proposito”. (Su ciò, si veda A Greek-English Lexicon di Liddell e Scott, Volume II, pagine 1480-1481, ristampa del 1948, alla voce proʹthe·sis). Quest’ultimo significato è riconosciuto dalla maggioranza dei traduttori della Bibbia in lingue moderne. Quindi il “proʹthe·sis” di Dio è la sua risoluzione, la sua primaria decisione, il suo proposito.d
12. Come i traduttori moderni rendono l’espressione greca proʹthe·sis seguita da tōnai·oʹnōn, (“delle età”)?
12 In Efesini 3:11 la parola è seguita dall’espressione tonai·oʹnon, che letteralmente vuol dire “della età” o “di secoli”. Così questa composizione di parole è da alcuni tradotta “il proposito delle età”e o “un proposito delle età”f o “proposito della durata di secoli”g o “proposito vecchio di secoli”h e da altri “eterno proposito”.i
13, 14. Perché si può dire che il “proposito delle età” di Dio è il suo “eterno proposito”?
13 Il “proposito delle età” di Dio è il Suo “eterno proposito”. Come mai? Or bene, un’età sarebbe un periodo di tempo indefinito ma relativamente lungo nelle vicende umane, con più enfasi sulla durata del tempo dell’età piuttosto che sui suoi fenomeni o sulle sue caratteristiche.
14 Così il “proposito delle età” di Dio non significherebbe un “proposito” inerente a certi designati periodi come l’“èra patriarcale”, l’“èra giudaica”, l’“èra evangelica” e l’“èra millenniale”. Piuttosto, l’enfasi è sul tempo, sui periodi di un tempo lungo. Perché a un’età segua un’età, ciascuna singola età deve avere un principio e una fine. Tuttavia un succedersi di età prolungherebbe il tempo. E, siccome nell’espressione “proposito delle età” il numero delle età non è specificato, il numero delle età potrebbe essere infinito. Così l’espressione “proposito delle età” lascia indefinito l’ammontare totale del tempo, ed è un “proposito” a tempo indefinito, senza nessun limite effettivamente segnato. In questo modo il “proposito” diviene argomento di eternità ed è un “eterno proposito”. Il proposito di Dio relativo al suo Messia o Unto ebbe un principio, ma si lasciano passare delle età di tempo prima che quel proposito sia realizzato.j Per il “Re d’eternità” l’argomento del tempo non è qui un problema.
NON UNA PERSONA SENZA NOME
15. Quando gli fu chiesto il Suo nome, al Sinai Dio che cosa disse a Mosè?
15 Questo Re d’Eternità non è una Persona senza nome. Si è dato un nome e ci ha fatto conoscere la propria designazione. Il nome con cui si chiama esprime un proposito, mostra che ha un obiettivo. Com’è ben espresso questo fatto nell’occasione in cui Dio, al rovo ardente presso i piedi del monte Sinai d’Arabia, nel sedicesimo secolo a.E.V., per mezzo del Suo angelo, incontrò Mosè che fuggiva dall’Egitto! Mosè ebbe istruzione di tornare in Egitto e di trarne il suo popolo schiavo a libertà. Ma che dire se il popolo di Mosè avesse chiesto il nome del Dio che l’aveva mandato loro come loro condottiero? Che avrebbe dichiarato loro? Mosè voleva saperlo. La sua propria autobiografia ci narra: “A ciò Dio disse a Mosè: ‘IO MOSTRERÒ D’ESSERE CIÒ CHE MOSTRERÒ D’ESSERE’. E aggiunse: ‘Devi dire questo ai figli d’Israele: “IO MOSTRERÒ’ D’ESSERE mi ha mandato a voi”’”. — Esodo 3:14.
16. Con la risposta che diede a Mosè, si riferì Dio semplicemente alla propria esistenza, o a che cosa?
16 Dio non parla qui della propria esistenza. Si potrebbe pensare così dato il modo in cui alcuni traduttori rendono in italiano l’espressione ebraica eh·yehʹ a·sherʹ eh·yehʹ ed eh·yehʹ. Per esempio, La Bibbia di Gerusalemme (traduzione italiana), del 1973, dice: “Dio disse a Mosè: ‘Io sono colui che sono!’ Poi disse: Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi’”. Comunque, Dio dice in realtà di essere qualche cosa. Questo è ulteriormente mostrato dalla traduzione dei Twenty-Four Books of the Holy Scriptures, del rabbino Isaac Leeser, come segue: “E Dio disse a Mosè: IO SARÒ QUELLO CHE SARÒ: e disse: Così dirai ai figli d’Israele: IO SARÒ mi ha mandato a voi”.k
17. Come Rotherham rende Esodo 3:14 e lo commenta?
17 Più appropriatamente, The Emphasised Bible, di Joseph B. Rotherham, rende Esodo 3:14 come segue: “E Dio disse a Mosè: Io diverrò ciò che mi piacerà. E disse: Così dirai ai figli d’Israele: Io diverrò mi ha mandato a voi”. La nota in calce su questo versetto in parte dice: “Hayah [la parola sopra resa ‘diverrò’] non significa ‘essere’ essenzialmente o ontologicamente, ma fenomenalmente. . . . Ciò che egli sarà è lasciato inespresso: Presso di loro, egli sarà soccorritore, rafforzatore, liberatore”. Qui non si fa dunque riferimento all’autoesistenza di Dio ma, piuttosto, a ciò che egli si propone di divenire verso altri.
18. Quando Dio dovette per la prima volta decidere cosa essere o divenire?
18 Simile a ciò è quando un giovane, che cresce verso lo stato di adulto, medita e dice a se stesso: ‘Cosa farò della mia vita? Che farò io?’ Non altrimenti, quando il solo vivente e vero Dio era tutto solo, dovette determinare cosa avrebbe fatto della sua autoesistenza, ciò che egli avrebbe fatto, cosa sarebbe divenuto. Dopo un’eternità di esistenza nella solitudine prima della creazione, egli volle divenire Creatore. Formò riguardo a sé un proposito.
19. Come Dio scrisse il suo nome nei Dieci Comandamenti?
19 Comunque, il nome con cui il solo vivente e vero Dio è noto in tutte le ispirate Sacre Scritture non è Eh·yehʹ, o, “IO MOSTRERÒ D’ESSERE”. Quando, nell’anno 1513 a.E.V., al monte Sinai, Dio miracolosamente incise sulle tavolette di pietra i Dieci Comandamenti e li diede al profeta Mosè, Dio stesso scrisse il nome che si era scelto. Scrivendo da destra a sinistra, Dio scrisse la lettera ebraica Iod, quindi un He, in seguito un Vau e infine un altro He. Senza dubbio Dio scrisse le lettere ebraiche nella forma antica, simile a questa: [caratteri ebraici in originale]; non le lettere ebraiche di forma moderna: יהוה. Le corrispondenti lettere italiane, lette da destra a sinistra, sono HVHI; o, nell’antico latino, HVHJ. Tutt’e quattro le lettere sono consonanti, senza nessuna vocale inserita fra queste consonanti.
20. Come si pronuncia il nome di Dio, in base alle quattro lettere ebraiche?
20 In che modo Geova pronunciasse esattamente a Mosè questo nome divino oggi non è perciò noto. Per secoli fu scritto da scrittori latini come Jehova. Molti moderni eruditi di ebraico preferiscono pronunciare il nome come Yahweh, o anche Yehwah. Così, proprio come il bambino non dà il nome a suo padre, la creatura non diede il nome al suo Creatore. Il Creatore diede nome a se stesso.
21. (a) Essendo in realtà un verbo, che cosa significa il nome Geova? (b) Perché oggi è valido usare questo nome?
21 Questo nome sacro in realtà si comprende che è un verbo, l’indefinita forma causativa del verbo ebraico ha·wahʹ. Così significherebbe “Egli fa essere”. Ora, ogni effetto ha una causa; e ogni causa intelligente, o causatore, ha un proposito. È quindi naturale che il nome divino che significa “Egli fa essere” contenga un proposito. Esso distingue chi porta un tale incomparabile nome come Colui che ha un proposito. Certamente in questa qualità egli apparve a Mosè presso il monte Sinai al rovo ardente, e rivelò a Mosè ciò che si era proposto di fare. Dando risalto alla qualità permanente o durevole del nome divino, Dio disse ancora a Mosè: Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘Geova l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio d’Isacco e l’Iddio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’. Questo è il mio nome a tempo indefinito, e questo è il memoriale di me di generazione in generazione”. (Esodo 3:15) Questo nome commemorativo non ha smesso oggi d’esser Suo. Esso è oggi per noi un nome valido da usare.
CHI FA LA STORIA PER IL BENE DELL’UOMO
22. (a) Come Geova si fece un nome nel caso dell’antico Egitto? (b) Oggi quale confortante lezione questo ci fornisce?
22 Ai giorni del profeta Mosè la storia veniva fatta dal solo vivente e vero Dio, Geova, dal modo in cui Egli trattava l’antico Egitto, oppressore dei discendenti di Abraamo, Isacco e Giacobbe. Egli si fece un nome glorioso liberando il suo popolo ch’era stato reso schiavo di quella potenza mondiale grandemente militarizzata. (Geremia 32:20; 2 Samuele 7:23; Isaia 63:14) Questo ci assicura che il mondo potentemente militarizzato di questo ventesimo secolo E.V. non è affatto per lui un oppositore troppo formidabile perché liberi il genere umano. Come lasciò andare al potere l’antico Faraone d’Egitto e compiere le sue mortali oppressioni sul popolo di Mosè, così Geova ha lasciato andare al potere in tutta la terra malvagi oppressori così che ne sono risultate grandi oppressioni per tutto il popolo. C’è stato un motivo per far questo. È stato per riservarli, custodirli, per il giorno fissato in cui li distruggerà. Quindi, per il conforto delle persone gravemente onerate, egli ispirò il saggio re Salomone di Gerusalemme a dire:
“Rotola le tue opere su Geova stesso e i tuoi piani saranno fermamente stabiliti. Geova ha fatto ogni cosa per il suo scopo [ebraico: maʽa·nehʹ], sì, pure il malvagio per il giorno cattivo”. — Proverbi 16:3, 4.
23. Che cosa di ciò che Dio fece alle antiche potenze mondiali ci dà l’assicurazione di cosa attendere rispetto alle potenze politiche nel nostro tempo?
23 Dall’anno 1914 E.V., per i sistemi di governo che sono sopravvissuti a due guerre mondiali e relative difficoltà internazionali, è stato un “giorno cattivo”. Da anni, le superpotenze politiche hanno dominato la terra, guardandosi l’un l’altra con sospetto nella loro controversia per la supremazia mondiale. Il Sovrano Signore Geova, che ha creato ogni cosa per il suo proposito o scopo, dovrebbe ragionevolmente avere un proposito riguardo a questi aspiranti al dominio del mondo. Si attesta che egli formò un proposito riguardo alle “malvage” potenze mondiali degli antichi tempi biblici. Quale assicurazione di ciò che possiamo attendere nel nostro tempo, egli eseguì tutto ciò che si era proposto rispetto a quelle passate potenze mondiali.
24. (a) Benché avesse permesso all’Assiria di pervenire al dominio del mondo, che cosa faceva Geova riguardo a essa? (b) Perché non si può menzionare nessun fallimento contro la profezia di Geova contenuta in Isaia 14:24-27?
24 Per esempio, l’Impero Assiro successe nell’importanza politica e militare all’antico Egitto, divenendo la seconda potenza mondiale della storia biblica. Ma anche all’apice della sua potenza sul genere umano, non poté mai vantarsi d’aver catturato o distrutto Gerusalemme, la città capitale del Regno di Giuda. Invece, Gerusalemme vide la distruzione di Ninive, capitale dell’Assiria. Perché avvenne questo? Perché la Potenza Mondiale Assira era malvagia. Dio Onnipotente, Geova, le aveva permesso di pervenire al dominio del mondo e di agire malvagiamente, in special modo verso il Suo popolo eletto. Ma si era proposto di riservare quella malvagia potenza mondiale a un “giorno cattivo” nel Suo proprio tempo stabilito. Così verso l’anno 632 avanti la nostra Èra Volgare, Ninive capitale dell’Assiria cadde nelle mani degli alleati Medi e Caldei e fu distrutta. (Naum, capitoli 1-3) Così non si può menzionare nessun fallimento contro il proposito di Geova, che più di un secolo prima fu espresso dal Suo profeta Isaia con le seguenti parole:
“Geova degli eserciti ha giurato, dicendo: ‘Sicuramente proprio come ho pensato, così deve accadere; e proprio come ho consigliato, questo e ciò che avverrà, per rompere l’Assiro nel mio paese e affinché io lo calpesti sui miei propri monti; e affinché il suo giogo si diparta effettivamente di su loro e affinché il suo medesimo carico si diparta di sulla loro spalla’. Questo è il consiglio che si consiglia contro tutta la terra, e questa è la mano che è stesa contro tutte le nazioni. Poiché lo stesso Geova degli eserciti ha consigliato, e chi lo può infrangere? E la sua mano è stesa, e chi la può far ritirare? — Isaia 14:24-27.
25. In quella profezia, che cosa significa “consiglio”, e perché?
25 L’Iddio onnipotente e Onnisapiente non si consigliò con nessuno in cielo per essere guidato nel suo corso d’azione. “Chi come suo uomo di consiglio può fargli conoscere alcuna cosa?” è l’appropriata domanda che si pone nella profezia di Isaia 40:13. (Anche, Giobbe 21:22; 36:22; Romani 11:34) Il suo “consiglio” viene da Lui, non dipende da un corpo consultivo di consiglieri che lo assista nel giusto giudizio e nella giusta determinazione. Per cui, il suo “consiglio” assume qui più che il senso del suggerimento; rappresenta la sua espressa determinazione, il suo decreto. Riguardo all’uso scritturale della parola “consiglio”, la Cyclopædia di M’Clintock e Strong, Volume II, pagina 539, dice: “Oltre al comune significato di questa parola, che denota le consultazioni degli uomini, nella Scrittura è usata per i decreti di Dio, per gli ordini della sua provvidenza”.
26. Lasciando che Babilonia succedesse all’Assiria nel dominio del mondo, di proposito che cosa faceva Geova?
26 Il “consiglio” che l’Iddio Onnipotente e Onnisapiente consiglia di sua propria iniziativa non può essere violato né dagli uomini né dai diavoli. Questo suo consiglio si avverò contro la Potenza Mondiale Assira. Si avverò anche per la successiva potenza mondiale, la nuova Potenza Mondiale Babilonese, terza potenza mondiale della storia biblica. Questa fu la potenza mondiale che per la prima volta, nell’anno 607 a.E.V., distrusse Gerusalemme. Ciò facendo, questa potenza mondiale mostrò d’esser “malvagia”. Così Geova riservò anche questa a un “giorno cattivo” nel tempo che egli aveva decretato. Prima di permettere a Babilonia di distruggere Gerusalemme e in tal modo di assumere dinanzi a Lui speciale malvagità, Dio ispirò il suo profeta Geremia a dire: “Perciò, udite il consiglio di Geova che egli ha formulato contro Babilonia e i suoi pensieri che ha escogitati contro il paese dei Caldei”. — Geremia 50:1, 45.
27. Nello studio della Bibbia, Geremia e Daniele che cosa trovarono scritto nella profezia di Isaia circa la caduta di Babilonia?
27 Questo profeta Geremia continuò a vivere sotto la protezione di Dio mentre Gerusalemme e il suo tempio furono distrutti dagli eserciti di Babilonia nell’anno 607 a.E.V. Ma egli non visse abbastanza a lungo da vedere confermate le sue profezie contro la “malvagia” Babilonia. Comunque, la storia secolare e la storia biblica narrano la caduta della Potenza Mondiale Babilonese, che avvenne nell’anno 539 a.E.V., ai giorni del profeta Daniele. (Daniele, capitolo 5) Questo confermò anche le profezie del profeta molto anteriore, Isaia, il quale, non solo additò la caduta della Potenza Mondiale Babilonese, ma predisse pure il nome del vincitore persiano che Dio avrebbe impiegato per recare la caduta di Babilonia. Quando, nel loro personale studio della Bibbia, i profeti Geremia e Daniele esaminarono la riportata profezia d’Isaia dell’ottavo secolo a.E.V., trovarono scritte queste parole del loro Dio, Geova:
“‘Colui che dico di Ciro: “Egli è il mio pastore, e tutto ciò in cui io mi diletto adempirà completamente”; perfino nel mio dire di Gerusalemme: “Sarà riedificata”, e del tempio: “Saranno gettate le tue fondamenta”’. Questo è ciò che Geova ha detto al suo unto, a Ciro, di cui ho preso la destra, per soggiogare dinanzi a lui le nazioni, così che io sciolga pure i fianchi dei re; per aprire dinanzi a lui gli usci a due battenti; così che nemmeno le porte saranno chiuse: ‘Dinanzi a te andrò io stesso, . . . onde tu conosca che io sono Geova, Colui che ti chiama per nome, l’Iddio d’Israele. Per amore del mio servitore Giacobbe e d’Israele mio eletto, pure ti chiamavo per nome; ti davo un nome di onore, benché tu non mi conoscessi. Io sono Geova, e non c’è nessun altro. Eccetto me, non c’è nessun Dio. Io ti cingerò strettamente, benché tu non mi abbia conosciuto, onde conoscano da dove si leva il sole e da dove tramonta che non c’è nessuno oltre a me. Io sono Geova, e non c’è nessun altro’”.
28. Nel successivo capitolo di Isaia, che cosa dice Geova riguardo a Ciro il Persiano?
28 Queste meravigliose parole si possono vedere oggi nel Rotolo d’Isaia del Mar Morto che fu trovato nell’anno 1947 e che risale al secondo secolo a.E.V. Le parole si trovano in ciò che in Isaia è comunemente segnato come dal capitolo quarantaquattro, versetto ventotto, al capitolo quarantacinque, versetto sei. Nel capitolo che segue, Dio parla di Ciro come dell’“uomo per eseguire il mio consiglio”, in mezzo ai versetti che ora citiamo:
“Ricordate questo, per farvi coraggio. Prendetelo a cuore, trasgressori. Ricordate le prime cose di molto tempo fa, che io sono il Divino e non c’è nessun altro Dio, né alcuno simile a me; Colui che annuncio dal principio il termine, e da molto tempo fa le cose che non sono state fatte; Colui che dico: ‘Il mio proprio consiglio avrà effetto, e farò tutto ciò che è il mio diletto’; Colui che chiamo dal levante l’uccello da preda, da un paese lontano l’uomo per eseguire il mio consiglio. L’ho pure proferito; lo farò anche avvenire. L’ho formato, anche lo farò”. — Isaia 46:8-11.
29, 30. In che modo Geova si attenne al suo proposito com’era espresso in quella profezia, e in qual senso questo ci rafforza?
29 Il persiano Ciro il Grande venne in effetti dal levante come un “uccello da preda”, dalla Persia a est di Babilonia e da un paese che era distante da quello d’Isaia, il paese d’Israele.
30 Molto appropriatamente, l’insegna di Ciro il Grande era un’aquila reale, un “uccello da preda”, e Geova lo usa come un simbolo di Ciro stesso. Sebbene espresso con queste parole quasi due secoli in anticipo, il proposito del Divino non venne meno. Il suo “consiglio” ebbe vigore, in quanto impiegò Ciro per eseguire il Suo consiglio contro la malvagia Babilonia. Geova l’aveva dichiarato, avendolo perfino fatto scrivere per riferimento futuro; e a suo tempo fece ciò che aveva detto. Egli aveva formato il suo proposito riguardo a Ciro e l’aveva dichiarato per mezzo del Suo profeta, e al suo tempo preciso fece di ciò che si era proposto una meravigliosa realtà. Questi adempimenti storici dell’Iddio di profezia rafforzano la nostra fiducia nella certezza di tutte le altre profezie in cui Geova ha esposto ciò che ha determinato di fare secondo il proprio “consiglio”.
31. Quale profezia di Ezechiele, ancora inadempiuta, descrive un attacco, di chi e contro chi?
31 Questo può dirsi di una profezia che la storia mostra ancora inadempiuta, ma il tempo del cui adempimento si va evidentemente avvicinando, perché avvenga nella nostra generazione. Questa è la profezia data per mezzo di Ezechiele, che fu contemporaneo del profeta Geremia. Si trova nei capitoli trentottesimo e trentanovesimo di Ezechiele. Si riferisce all’attacco che sarà sferrato dal misterioso “Gog del paese di Magog”. Questo Gog porterà in questo attacco tutte le nazioni di questo mondo. L’attacco mondiale sarà scatenato contro il rimanente degli adoratori del solo vivente e vero Dio. Liberato dalla moderna Babilonia la Grande e ristabilito nel favore di Dio, questo fedele rimanente vive in un Paradiso spirituale nel mezzo della condizione inquinata e corrotta del mondo. Per quale ragione Dio Onnipotente lascia compiere un tale attacco contro i Suoi propri adoratori? Egli ce lo dice.
32, 33. Per quale scopo Dio lascia che Gog attacchi i Suoi adoratori nel loro attuale paradiso spirituale?
32 Dichiarandocelo, Dio usa in modo simbolico l’antico paese d’Israele e i suoi abitanti che furono liberati da Babilonia per raffigurare il Paradiso spirituale del suo restaurato rimanente di adoratori odierni. Quindi, rivolgendosi al malvagio Condottiero di questo attacco internazionale contro il fedele rimanente nel suo Paradiso spirituale, Dio Onnipotente rese chiaro lo scopo per cui aveva permesso questo maligno attacco, affermando:
33 “Dovrai salire contro il mio popolo Israele, come nuvole che coprano il paese. Accadrà nella parte finale dei giorni, e per certo ti condurrò contro il mio paese, acciocché [ebraico: ma‛an] le nazioni mi conoscano quando mi santificherò in te dinanzi ai loro occhi, o Gog”. — Ezechiele 38:15, 16.
34, 35. Qual è l’espresso proposito di Dio di santificarsi relativamente a Gog?
34 Nulla potrebbe essere espresso più chiaramente. Il proposito di Geova è quello di santificarsi dinanzi agli occhi di tutte le nazioni. Conforme a tutte le sue azioni passate, Egli adempirà questo immutabile proposito nel prossimo futuro, entro la nostra generazione. Dopo aver detto come userà i potenti mezzi a sua disposizione per combattere una battaglia vittoriosa contro Gog e tutto il suo esercito internazionale sulla terra, l’Iddio di infallibile proposito dice:
35 “E per certo mi magnificherò e mi santificherò e mi farò conoscere dinanzi agli occhi di molte nazioni; e dovranno conoscere che io sono Geova”. — Ezechiele 38:23.
CHE COSA FAREMO AL RIGUARDO?
36. Perché dovremmo chiederci se vogliamo esser trascinati con le nazioni alle quali dovrà farsi conoscere chi è Geova?
36 Che faccia conoscere alle nazioni del mondo chi Egli è non significa farne suoi adoratori da ricompensare con la vita eterna. Al contrario, significa che quelle nazioni che avranno sfidato Dio subiranno la distruzione eterna! Questo è un modo disastroso di imparare per esperienza chi è il vero Dio. Egli mostrerà alle nazioni proprio chi è. Lo deve fare. Quindi, sorge la grande domanda: Vogliamo personalmente essere fra quelle nazioni che in breve saranno trascinate nell’attacco del grande Avversario di Dio, cioè “Gog del paese di Magog”?
37. Anziché farci persuadere dai piani dell’uomo per la propria salvezza, cosa ci consiglia di fare Proverbi 19:20, 21?
37 In tutti i loro piani per salvare la situazione del mondo, le nazioni non prendono in considerazione il solo vivente e vero Dio, conforme al Suo proposito espresso con chiarezza nella sua Parola scritta, la Sacra Bibbia. Ci sembrano buoni i loro piani? Ci lasceremo persuadere dai loro piani e daremo loro il nostro sostegno, confidando così che gli uomini possano operare la loro propria salvezza? Determinando per nostro conto cosa fare, saremo saggi se considereremo e prenderemo a cuore ciò che l’ispirato saggio dell’antichità dice, in Proverbi 19:20, 21: “Ascolta il consiglio e accetta la disciplina, per divenire saggio nel tuo futuro. Molti sono i piani [ebraico: ma·hha·sha·bhothʹ] nel cuore dell’uomo, ma il consiglio di Geova è ciò che sarà stabile”. La trappola dei piani degli uomini e delle nazioni contro il consiglio di Geova dovrebbe esser lontana dal nostro cuore.
38. Perché riponendo fiducia in Geova non si è condotti alla delusione con gli uomini e con le nazioni?
38 Perché dovremmo provare delusione con le nazioni a nostro eterno danno? Con tutto il cuore riponiamo la nostra fiducia in Geova! “Poiché egli stesso disse, e venne all’esistenza; egli stesso comandò, e stava così. Geova stesso ha infranto il consiglio delle nazioni; ha frustrato i pensieri dei popoli. Il medesimo consiglio di Geova starà a tempo indefinito; i pensieri del suo cuore sono di generazione in generazione. Felice è la nazione il cui Dio è Geova, il popolo che egli ha scelto come sua eredità”. (Salmo 33:9-12) Più volte è risultato vero nel passato, e senza fallo risulterà vero nel prossimo futuro, che “non c’è sapienza, né discernimento, né consiglio nell’opposizione a Geova. Il cavallo è qualche cosa di preparato per il giorno delle battaglia, ma la salvezza appartiene a Geova”. — Proverbi 21:30, 31.
39. Che specie di proposito dovrebbe avere Dio per quelli che cercano la sua giustizia, e perché?
39 Un sincero sguardo alla condizione del mondo del genere umano ci convince che abbiamo tutti bisogno di salvezza. Ciò che noi come persone di mente retta desideriamo è la salvezza! Questa non potrà mai venire dall’uomo stesso. Dobbiamo acconsentire che “la salvezza appartiene a Geova”. Poiché “Geova ha fatto ogni cosa per il suo scopo, sì, pure il malvagio per il giorno cattivo”, quale dev’essere il proposito del Signore Dio per quelli che non sono malvagi, quelli che cercano la Sua giustizia? Senza dubbio un proposito amorevole! (Proverbi 16:4) Il genere umano è davvero nel buon proposito di un amorevole Creatore.
40. Quale dovrebbe essere il nostro scopo se vogliamo pervenire a qualche luogo verso la vita eterna, e perché?
40 Il Creatore non è un Dio senza scopo. Noi sue creature non dovremmo essere neppure senza scopo! E quale dovrebbe essere dunque il nostro scopo? Questo: Mettere la nostra vita in armonia con il buon proposito di Geova Dio. Non può esserci nessuno scopo più alto di questo. Ciò facendo, perverremo realmente a qualche luogo, verso il godimento della vita eterna. In questo modo la nostra vita attuale non sarà un fallimento, poiché il proposito di Dio non verrà mai meno. In vista di ciò, esaminiamo ora con piacere l’“eterno proposito” che Dio formò riguardo al suo Unto, il Messia.
[Note in calce]
a Si vedano la traduzione di Giovanni Diodati (1576-1649 E.V.) e le versioni inglesi di William Tyndale (1525 e 1535 E.V.), della Bibbia di Ginevra (1560 e 1562 E.V.) e della Bibbia di Bishop (1568 e 1602).
b Si veda l’Authentic New Testament di Hugh J. Schonfield (1955 E.V.), che usa “il piano delle età”. La Bibbia di Gerusalemme (1973 E.V.) dice: “il disegno eterno”. La traduzione di George N. LeFevre (1928 E.V.) dice: “il piano delle età che si propose per mezzo dell’Unto”. La parola “piano” non ricorre nella Authorized Version del re Giacomo o nell’American Standard Version della Bibbia. Nella versione cattolica romana di Douay la parola “piano” ricorre solo in Ezechiele 4:1; 43:11 e 2 Maccabei 2:29. La Versione di mons. Garofalo usa l’espressione: “in conformità del disegno eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù”.
c Per l’atteggiamento successivo e attuale assunto sul soggetto, si vedano i paragrafi 14-19 dell’articolo principale intitolato “Il Figlio dell’uomo” (Salmo 8:4) e stampato nel numero de La Torre di Guardia (inglese) del 1º aprile 1930, alle pagine 101, 102. Si noti specialmente il paragrafo 16.
d Si veda il Theological Dictionary of the New Testament, Volume VIII, a cura di Gerhard Friedrich (traduzione inglese), pagine 165, 166, alla voce “Il Nuovo Testamento”.
e The Book of Books della Lutterworth Press (1938).
f Young’s Literal Translation of the Holy Bible.
g The New English Bible (1970).
h The New American Bible (1970).
i An American Translation: A New Translation of the Bible, di James Moffatt (1922); The Westminster Version of the Sacred Scriptures (1948); The Bible in Living English (1972); Elberfelder Bibel (tedesca); The New Testament in Modern Speech, di R. F. Weymouth (Undicesima stampa); The New Testament - A New Translation, di Ronald Knox (1945); Revised Standard Version (1952); American Standard Version (1901); English Revised Version (1881); Authorized Version del re Giacomo (1611); Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (1967).
j Su “katà proʹthe·sin ton ai·oʹnon” di Efesini 3:11, leggiamo: “Secondo il proposito dei periodi del mondo, ibid., conforme al proposito che Dio ebbe durante i periodi del mondo (dall’inizio delle ère all’esecuzione del proposito); poiché già [prima della fondazione del mondo] fu formato, i. 3, ma dal principio delle ère del mondo fu nascosto in Dio, vers. 9. . . . Altri, in modo non corretto, lo prendono come: il proposito riguardo ai diversi periodi del mondo, secondo il quale, cioè, Dio in principio non scelse nessun popolo, quindi scelse i Giudei, e infine chiamò Giudei e Gentili al regno messianico; poiché quello di cui si parla è unicamente il solo proposito, che si compie nel [Messia]”. — Critical and Exegetical Hand-Book to the Epistle to the Galatians-Ephesians, di H. A. W. Meyer, dott. in teologia, traduzione inglese, 1884, pagina 416, paragrafo 1.
k “La maggioranza dei moderni seguono Rashi rendendo ‘Io sarò ciò che sarò; ibid. non ci sono parole per riassumere tutto ciò che Egli sarà per il Suo popolo, ma la Sua eterna fedeltà e la Sua immutabile misericordia si manifesteranno sempre più nella guida d’Israele. La risposta che Mosè riceve in queste parole è così equivalente a: ‘Io salverò nel modo in cui salverò’. È per assicurare agli Israeliti il fatto della liberazione, ma non rivela la maniera”. — Nota in calce su Esodo 3:14, The Pentateuch and Haftorahs, del dott. J. H. Hertz, C. H., Soncino Press, Londra, 1950 E.V.
[Prospetto a pagina 10]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
LA CARTA DELLE ETÀ
ILLUSTRAZIONE DEL PIANO DI DIO PER “CONDURRE MOLTI FIGLI ALLA GLORIA” ED IL SUO PROPOSITO:
“Per l’amministrazione della pienezza dei tempi, di riunire in uno tutte le cose in Cristo, le cose che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra”. — EFESI 1:10 — Trad. di DARBY.
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Quando l’uomo fu con Dio in ParadisoL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo III
Quando l’uomo fu con Dio in Paradiso
1. Per quanto tempo Dio fu il solo in esistenza, e perché?
ABBIAMO mai pensato a ciò che significano le espressioni “il Creatore dei cieli” e “Dio, il quale creò tutte le cose”? Queste espressioni significano che ci fu un tempo in cui Dio era tutto solo. (Isaia 42:5; Efesini 3:9) Non esisteva nessuna creazione. Quindi per un passato eterno questo Dio fu completamente solo e non era ancora divenuto un Creatore. Per questo il profeta Mosè, pregando Dio, disse: “Prima che i monti stessi nascessero, o che tu generassi come con dolori di parto la terra e il paese produttivo, fin da tempo indefinito a tempo indefinito tu sei Dio”. (Salmo 90:2) Durante tutto quell’eterno passato prima della creazione Dio fu in grado di rallegrarsi.
2. Nel corso del tempo che cosa si propose Dio di divenire, assumendo in tal modo quale responsabilità?
2 Venne il tempo quando Dio si propose di divenire Padre. Questo non significò divenire il Creatore di cose prive di vita, di cose senza intelligenza. Significò dare l’esistenza a intelligenze viventi, a figli che in qualche modo assomigliassero a lui quale loro Padre. Così egli si propose di assumere la responsabilità di una famiglia di figli. Che specie di figli si propose dapprima di produrre? Non figli umani, poiché in tal caso avrebbe dovuto prima produrre un globo terrestre su cui potessero vivere. Ragionevolmente, Dio avrebbe prodotto figli i quali, come Lui, sarebbero stati celesti, essendo spiriti proprio come Egli è spirito. Sarebbero stati dunque figli spirituali, che avrebbero potuto vederlo e avere direttamente accesso alla Sua presenza e con cui egli avrebbe potuto direttamente comunicare.
3. In che modo viene richiamato alla nostra attenzione che i celesti figli di Dio esistevano prima ancora che fosse creata la nostra terra?
3 L’esistenza di tali figli spirituali di Dio non è una semplice immaginazione religiosa. Lo scrittore del libro biblico di Giobbe, probabilmente il profeta Mosè, ne parla nel capitolo iniziale del libro, dicendo: “Or venne il giorno in cui i figli del vero Dio entrarono per porsi dinanzi a Geova”. (Giobbe 1:6) Una seconda adunanza di quei figli celesti del vero Dio è richiamata alla nostra attenzione in Giobbe 2:1. Il fatto che questi figli spirituali di Dio esistevano nei cieli invisibili prima della creazione della nostra terra è messo in risalto quando dall’invisibile Dio parla all’uomo Giobbe e gli chiede: “Dov’eri tu quando io fondai la terra? . . . quando le stelle del mattino gridarono gioiosamente insieme, e tutti i figli di Dio emettevano urla d’applauso?” È evidente che quei figli di Dio, che risplendevano brillantemente nei cieli come le stelle del mattino, erano interessati al proposito di Dio di creare la nostra terra e ammiravano il modo in cui egli creava la terra, ‘distendendo il nord sullo spazio vuoto, sospendendo la terra sul nulla’ nello spazio. — Giobbe 38:4-7; 26:7.
4. (a) Relativamente alla creazione e alla famiglia di Dio, come poté giustamente chiamarsi il primo figlio creato da Dio? (b) Come la “sapienza” parla di sé in Proverbi 8:22-31?
4 Chi fu il primo figlio spirituale di Dio che Egli creò? Questi, a motivo della sua priorità, sarebbe stato giustamente chiamato il principio della creazione di Dio. Essendo il primo componente della celeste famiglia di Dio, questi si sarebbe pure potuto chiamare il primogenito di tutta la creazione. Pensando a ciò, rammentiamo qui quello che si dice nell’ottavo capitolo del libro di Proverbi, dove la sapienza divina è raffigurata come una persona che parla di sé. Certo, nell’originale testo ebraico di Proverbi, la parola “sapienza” (hhakh·mahʹ) è femminile e parla di sé come una persona femminile. (Proverbi 8:1-4) Naturalmente, la sapienza divina non ha alcuna esistenza separata da Dio. La sapienza esisté sempre in Lui e non fu quindi creata. Per questa ragione è interessante udire la sapienza che parla di sé come di una persona femminile, specialmente quando prosegue, dicendo:
“Il Signore [ebraico: IHVH, יהוה] mi creò come il principio della sua via, la prima delle sue opere dall’inizio. Dall’eternità fui costituito capo, dal principio, dai primissimi tempi della terra. Quando non c’erano ancora abissi, io fui generata; quando non c’erano ancora sorgenti assai cariche d’acqua. Prima ancora che fossero affondati i monti, fui generata prima dei colli: quando egli non aveva fatto ancora la terra e i campi aperti, né il capo della polvere del mondo. Quando preparò i cieli, io ero lì; quando tracciò un cerchio sullo spazio dell’abisso; quando rese fermi i cieli di sopra; quando le sorgenti dell’abisso divennero forti; quando assegnò al mare il suo decreto, che le acque non trasgredissero il suo ordine; quando stabilì fermamente le fondazioni della terra: allora gli ero vicino, come un protetto; e di giorno in giorno ero la sua letizia, divertendomi dinanzi a lui in ogni tempo; divertendomi [participio femminile] nel mondo, la sua terra; e provando la mia delizia con i figli degli uomini”. — Proverbi 8:22-31, traduzione del rabbino Isaac Leeser, del 1853.
5. Perché i capi giudei si preoccupano di come quelle parole di Proverbi sono state applicate nella nostra Èra Volgare?
5 I capi giudei si preoccupano dell’applicazione che può farsi dei suddetti versetti della Bibbia. Nell’edizione di Proverbi della Soncino Press, del 1945, nella nota in calce su questo brano leggiamo: “Per il lettore giudeo questa interpretazione è di grande importanza in vista dell’uso cristologico che han fatto di questo brano i primi Padri della Chiesa”.a In ogni modo, Proverbi 8:22 parla di qualche cosa che fu creata al principio della via di Geova Dio, come “la prima delle sue opere dall’inizio”. Una sapienza “creata”!
CHERUBINI, ANGELI, SERAFINI
6. In Genesi e Salmi che cosa si dice dei cherubini?
6 Le Sacre Scritture dividono questi celesti “figli di Dio” in almeno tre classi. La prima di queste classi a esser menzionata è quella dei “cherubini”. Genesi 3:24 descrive diversi cherubini che Dio pose a oriente del Paradiso terrestre per “custodire la via dell’albero della vita”. Riguardo alla vicinanza dei cherubini alla sede dell’autorità occupata da Dio della quale essi sono leali sostenitori, il salmista Asaf parla, dicendo: “O tu che siedi sui cherubini, brilla”. (Salmo 80:1 e soprascritta) Sulla stessa cosa richiama l’attenzione Salmo 99:1, dicendo: “Geova stesso regna. Si agitino i popoli. Egli siede sui cherubini. Rabbrividisca la terra”.
7. Quando e come il re Ezechia mise i cherubini in relazione con Dio?
7 Inoltre, il re Ezechia, che rappresentava l’Iddio Altissimo sul visibile trono di Gerusalemme, mise i cherubini in relazione con il celeste trono del Sovrano dell’universo, quando pregò: “O Geova degli eserciti, Dio d’Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei il vero Dio di tutti i regni della terra. Tu stesso hai fatto i cieli e la terra”. (Isaia 37:16) Così, ripetute volte, il grande Creatore, il Sovrano Universale, è mostrato a sedere sul trono al di sopra dei celesti “figli di Dio” noti come cherubini.
8. Nella vita di Abraamo, Lot e Giacobbe che cosa autentica l’esistenza degli angeli?
8 Oltre a tali cherubici “figli di Dio”, c’è una generale classe di angeli. Non c’è nessuna ragione storica per dubitare dell’esistenza di queste invisibili creature spirituali, poiché han fatto agli uomini molte comparse autenticate. Verso l’anno 1919 a.E.V. tre rappresentanti angelici di Geova Dio si materializzarono in carne e comparvero al patriarca Abraamo, mentre egli sedeva sotto alcuni grossi alberi a Mamre nel paese palestinese di Canaan. Poco tempo dopo, due di questi angeli materializzati visitarono Lot nipote di Abraamo nella città di Sodoma presso il mar Morto, il giorno prima che questa malvagia città fosse distrutta con fuoco e zolfo che attraverso l’aria furono lanciati sulla città. (Genesi da 18:1 a 19:29) Più di un secolo dopo Giacobbe nipote di Abraamo tornava nel meridione dove si accampava un tempo suo nonno, e gli accadde l’avvenimento narrato in Genesi 32:1, 2: “E in quanto a Giacobbe, si avviò, e ora gli vennero incontro gli angeli di Dio. Giacobbe, quando li vide, immediatamente disse: ‘Questo è il campo di Dio!’ Per cui diede a quel luogo il nome di Maanaim [che significa ‘Due Campi’]”.
9. (a) Che cosa significa inoltre la parola “angelo”? (b) Come gli angeli sono impiegati, al di là del potere degli uomini di ostacolarli?
9 La parola biblica per angelo significa anche “messaggero”, come in Malachia 3:1, dove leggiamo: “Ecco, io mando il mio messaggero [o, angelo], ed egli deve sgombrare la via dinanzi a me”. In molte occasioni gli angeli celesti sono stati mandati in missione per consegnare un messaggio o con l’incarico di fare un’opera speciale. Gli uomini non possono impedir loro di portare a compimento il mandato loro affidato da Dio, poiché possiedono una forza e un potere superiori alla forza e al potere degli uomini. Il salmista riconobbe questo fatto, e disse: “Geova stesso ha fermamente stabilito il suo trono nei medesimi cieli; e su ogni cosa il suo proprio regno ha tenuto dominio. Benedite Geova, o angeli suoi, possenti in potenza, che eseguite la sua parola, ascoltando la voce della sua parola. Benedite Geova, voi tutti eserciti suoi, suoi ministri, che fate la sua volontà”. — Salmo 103:19-21.
10. (a) Quale attitudine hanno i serafini verso la persona di Dio? (b) Quale esperienza ebbe Isaia con i serafini, e questo che cosa dimostra?
10 Un’altra classificazione ancora dei celesti “figli di Dio” è quella dei serafini. Queste creature spirituali sono molto riverenti verso la persona di Dio. Questo è mostrato dalla miracolosa visione che fu data al profeta Isaia. Notiamone la descrizione: “Nell’anno che morì il re Uzzia [778/777 a.E.V.], io, comunque, vidi Geova, seduto su un trono alto ed elevato, e i lembi delle sue vesti empivano il tempio. Serafini stavano sopra di lui. Ciascuno aveva sei ali. Con due si copriva la faccia, e con due si copriva i piedi, e con due volava. E questo chiamò quello e disse: ‘Santo, santo, santo è Geova degli eserciti. La pienezza di tutta la terra è la sua gloria’”. Il profeta Isaia si sentì obbligato a gridare per timore di morire a causa della sua condizione impura. “Allora”, ci narra Isaia, “uno dei serafini volò verso di me e nella sua mano c’era un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. E mi toccava la bocca e diceva: ‘Ecco, questo ti ha toccato le labbra, e il tuo errore si è dipartito e il tuo peccato stesso è espiato’”. (Isaia 6:1-7) In ciò vediamo la dimostrazione che i serafini si interessano d’aiutarci a essere santi come Dio è santo.
11. Quanto è grande la famiglia dei celesti “figli” di Dio, e perché sono per natura distinti da noi uomini?
11 Il numero di tutti questi celesti “figli di Dio” — cherubini, serafini e angeli — giunge a milioni. A Babilonia il profeta Daniele fu ispirato a scrivere la visione che ebbe di una scena della corte celeste: “Continuai a guardare finché furono posti dei troni e l’Antico dei Giorni si sedette. . . . C’erano mille migliaia che lo servivano, e diecimila volte diecimila [= 100.000.000] stavano proprio dinanzi a lui. La Corte si sedette, e furono aperti dei libri”. (Daniele 7:9, 10) Tale enorme numero di celesti “figli di Dio” mostra la grande produttività creativa da parte del Padre celeste, Geova Dio l’Onnipotente. Egli ha nei cieli una meravigliosa famiglia di figli ubbidienti. Queste non sono creature di sangue e carne, poiché furono create prima che fosse creata la nostra terra sulla quale noi creature di sangue e carne ora dimoriamo. Quindi quei celesti “figli di Dio” sono spiriti, come lo è Dio stesso, e sono per natura assolutamente distinti da noi terrestri creature umane.
12. Perché i celesti “figli di Dio” non includono ora anime umane trasferite nell’invisibile reame spirituale?
12 Mostrando la netta distinzione fra Dio e gli uomini (come gli antichi Egiziani) e fra spirito e carne, la profezia di Isaia 31:3 scoraggiò gli Israeliti dal rivolgersi per aiuto ai militarizzati Egiziani, dicendo: “Gli Egiziani, però, sono uomini terreni, e non Dio; e i loro cavalli son carne, e non spirito”. Inoltre, in una diretta affermazione che i celesti “figli di Dio” sono di una natura distinta da quella dell’uomo, Salmo 104:1-4 dice: “Benedici Geova, o anima mia. O Geova mio Dio, ti sei mostrato molto grande. Con dignità e splendore ti sei vestito, avvolgendoti di luce come di una veste, stendendo i cieli come un telo di tenda, Colui . . . che fa i suoi angeli spiriti, i suoi ministri un fuoco divoratore”. Con chiarezza le Sacre Scritture escludono l’idea religiosa che gli angeli celesti includano anime umane che siano state dalla terra trapiantate negli invisibili cieli spirituali. Gli spirituali “figli di Dio” eran tutti fratelli, essendo tutti figli dello stesso Padre celeste.
CREAZIONE DELL’UOMO
13. Qual è l’attitudine di un vero padre verso la famiglia che ha generata?
13 Il vero padre genera una famiglia perché ama i figli. Non desidera farne demoni o diavoli o provare alcuna soddisfazione torturandoli e tormentandoli. Ne ha a cuore i maggiori interessi. Vuole rallegrarsene perché riflettono la sua immagine e gli sono di credito e gli rendono dovuto rispetto e ubbidienza. Molto tempo fa, sotto ispirazione divina, un re che era egli stesso padre di molti figli disse: “Il figlio saggio è quello che rallegra il padre”. “Il padre del giusto senza fallo gioirà; chi genera un saggio anche si rallegrerà di lui”. — Proverbi 10:1; 23:24.
14. come Geova è paragonato a un padre umano nel trattare con i figli?
14 Riguardo all’attitudine del Padre celeste verso le sue creature intelligenti, il salmista Davide disse: “Come il padre mostra misericordia ai suoi figli, Geova ha mostrato misericordia a quelli che lo temono. Poiché egli stesso conosce bene come siamo formati, ricordando che siamo polvere”. (Salmo 103:13, 14) Ciò che Geova si attende dai suoi figli, lo indica, dicendo: “Il figlio, da parte sua, onora il padre; e il servitore, il suo gran padrone. Se io sono dunque padre, dov’è l’onore verso di me? E se sono gran padrone, dov’è il timore di me?” (Malachia 1:6) Geova il Padre celeste non è inferiore a un padre terrestre nel mostrare le giuste qualità verso le Sue creature, poiché dice: “E per certo mostrerò loro compassione, proprio come un uomo mostra compassione al figlio suo che lo serve”. — Malachia 3:17.
15. Per quale motivo Dio creò figli di una natura inferiore a quella dei figli celesti, e in tal modo che cosa si sarebbe mostrato?
15 Spinto unicamente da un motivo amorevole, Geova Dio si propose di divenire il padre di figli di una nuova natura. Questo significò che non sarebbero stati di natura spirituale, non di natura celeste. La loro sarebbe stata una natura meno raffinata di quella della natura spirituale e sarebbero stati pertanto soggetti a limitazioni e a restrizioni che i celesti “figli di Dio” non hanno. Comunque, questo non avrebbe creato loro difficoltà e sarebbe stato perfettamente dilettevole. La loro natura doveva esser quella di carne e sangue, o la natura umana. La creazione di figli di questa natura inferiore non fu compiuta perché il Padre celeste fosse divenuto insoddisfatto della sua grande famiglia di figli spirituali o perché avesse bisogno di qualche cosa di nuovo e aggiuntivo con cui procurarsi nuovo trattenimento. Fu compiuta, piuttosto, per mostrare ancora di più la grandemente diversificata sapienza di Dio quale Creatore, e anche per allargare il suo amore ancora ad altre creature.
16. (a) Per creare una famiglia di natura umana, prima Dio che cosa doveva produrre? (b) Quale fu il suo dichiarato proposito riguardo alla creazione della nostra terra?
16 Prima Egli doveva comunque provvedere i materiali con cui creare questa famiglia di natura umana e anche un luogo adatto in cui tale famiglia umana potesse abitare e occupare. In vista di ciò, Egli creò la terra, un pianeta appartenente al sistema solare che fa parte della grande galassia di stelle ora nota come La Via Lattea. A questo punto la Sacra Bibbia comincia la sua meravigliosa storia, dicendo: “In principio Dio creò i cieli e la terra”. (Genesi 1:1) Con amorevole cura, egli preparò sulla raffreddata, indurita superficie della terra le condizioni e l’ambiente per i suoi abitanti umani. Del suo proposito riguardo a questa terra egli parla, dicendo:
“Questo è ciò che ha detto Geova, il Creatore dei cieli, il vero Dio, il Formatore della terra e il suo Fattore, Colui che la stabilì fermamente, che non la creò semplicemente per nulla, che la formò pure per essere abitata”. — Isaia 45:18.
17. Come il Creatore previde i bisogni della sua famiglia umana, e come provvide per tali bisogni?
17 La sua famiglia umana avrebbe avuto corpi che per sostenere la vita avrebbero dovuto respirare, e intorno alla terra Egli provvide perciò un’atmosfera. Avrebbero avuto bisogno di acqua da bere, e ne provvide perciò in abbondanza. Avrebbero avuto bisogno di vita vegetale e di piante commestibili, e le provvide loro. Avrebbero avuto bisogno di vita solare per la salute e per la vista, e tolse ogni nuvola di polvere cosmica che impediva ai raggi solari di giungere fino alla terra e in seguito purificò l’atmosfera per far penetrare sino alla superficie della terra la luce del sole, della luna e delle stelle. La famiglia umana avrebbe avuto bisogno di regolari periodi di riposo e di sonno, e il grande Progettista della terra la fece ruotare così che al giorno si alternasse la notte. Fece pullulare le acque di pesce e altra vita marina, fece volare nell’aria creature volatili, e fece animali terrestri in grande varietà, onde prendessero tutti parte all’economia della vita sulla terra. Il sapiente e amorevole Creatore fece tutto questo durante sei periodi di tempo creativo, che egli stesso chiamò giorni. — Genesi 1:1-25.
18. Quando e in quale “giorno” creativo Dio annunciò il suo proposito di fare quello che sarebbe stato il culmine della sua creazione terrestre?
18 Verso la fine del sesto periodo di tempo creativo sulla terra e intorno a essa erano stati fatti i preparativi perché il Padre celeste desse inizio alla famiglia umana. Fu allora che egli annunciò quello che doveva essere il culmine della sua opera creativa sulla terra, come leggiamo in Genesi 1:26: “E Dio proseguì, dicendo: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e tenga sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e gli animali domestici e tutta la terra e ogni animale che si muove sopra la terra’” .
19. Come possiamo provare se in Genesi 1:26 Dio parlava a se stesso?
19 Nel testo ebraico di questo racconto creativo la parola per “Dio” è e·lo·himʹ, che è la forma plurale di e·loʹah, e qui in Genesi la forma plurale è usata per denotare eccellenza e grandezza, e non un numero di dèi, due, tre o più. Per questo i verbi che qui accompagnano E·lo·himʹ sono al numero singolare. E così quando leggiamo: “E Dio [E·lo·himʹ] proseguì, dicendo: ‘Facciamo’”, non significa che Dio parlasse a se stesso. Egli non è una trinità, un dio trino, un dio in tre persone, così che una sua persona dicesse alle sue altre due persone: “Facciamo”. In Genesi 2:4 questo Creatore è chiamato Geova Dio, e in seguito lo scrittore, il profeta Mosè, disse: “Ascolta, o Israele: Geova nostro Dio è un solo Geova”. Non ci sono due o tre Geova, ce n’è uno solo! Un cosiddetto dio trino o trinità è un’invenzione pagana. È una blasfema falsità. — Deuteronomio 6:4.
20. Molto probabilmente le parole “Facciamo l’uomo” furono rivolte a chi, e perché?
20 Di conseguenza, quando Dio (E·lo·himʹ) disse: “Facciamo”, parlava almeno a qualcun altro separato da lui negli invisibili cieli spirituali. È molto improbabile che Geova Dio parlasse qui ai 100.000.000 di angeli o più che lo servono e che chiedesse loro di cooperare con lui nella creazione dell’uomo. È molto ragionevole che egli parlasse al suo primogenito Figlio celeste, al primogenito di tutta la creazione, al principio della creazione di Dio. Questi, quale primogenito della celeste famiglia di Dio, sarebbe stato colui al quale sarebbe stata data la preminenza e l’onore d’essere invitato a operare col suo Padre celeste nella creazione dell’uomo sulla terra. Questo avrebbe semplificato le cose. Poiché questo primogenito figlio celeste portava l’“immagine” del suo Padre celeste ed era secondo la Sua “somiglianza”, Dio poté appropriatamente dirgli: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza”. Essere a immagine di Dio e secondo la sua somiglianza non significherebbe mai essere uguale a Geova Dio. L’“immagine” non è la realtà!
IL PRIMO UOMO IN PARADISO
21. Dove si dice che l’uomo appena creato fu messo nel Paradiso?
21 Genesi, capitolo due, menziona i particolari della creazione dell’uomo. In maniera descrittiva, Genesi 2:7, 8 ci narra: “E Geova Dio formava l’uomo dalla polvere della terra e gli soffiava nelle narici l’alito della vita, e l’uomo divenne un’anima vivente. Inoltre, Geova Dio piantò un giardino in Eden, verso oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato”. Nell’antica Versione Siriaca della Bibbia la parola Paradiso è usata al posto di “giardino”; la Versione di mons. Martini della Bibbia pure usa la parola Paradiso e dice: “Or il Signore aveva piantato da principio un paradiso di delizie; dove collocò l’uomo che avea formato”. — Genesi 2:8, Ma.
22. Quale comune idea religiosa alcuni cercano di leggere in ciò che Genesi 2:7 dice effettivamente?
22 Ancora una volta notiamo ciò che Genesi 2:7 afferma della creazione dell’uomo. Dice forse che Geova Dio mise nell’uomo un’anima separata e distinta dal suo corpo? Questo è ciò che molti religiosi desiderano leggere nel testo. Infatti, la traduzione spagnola della Bibbia di F. Torres Amat—S. L. Copello, del 1942 E.V. quando si traduce in italiano, dice: “Quindi il Signore Dio formò l’uomo dal fango della terra, e gli soffiò in faccia un alito o spirito di vita, e l’uomo rimase fatto vivente con un’anima razionale”.b Questo è molto diverso dalla versione cattolica romana di mons. Martini, che dice: “E l’uomo fu fatto in anima vivente”. Anche la versione pubblicata da The Jewish Publication Society of America dice: “E l’uomo divenne un’anima vivente”. Onde i nostri lettori possano vedere la versione letterale parola per parola (da destra a sinistra) del testo ebraico riproduciamo qui sotto una copia fotostatica di questa parte di Genesi 2:7 dell’Interlinear Literal Translation of the Hebrew Old Testament, di G. R. Berry, copyright 1896-1897:
the LORD God formed man of the dust of the ground, and breathed into his nostrils the breath of life; and man became a living soul. 8 ¶ And the LORD God planted a garden
יְהוָֹה אֱלֹהִים אֶת־הָאָדָם עָפָר מִן־הָאֲדָמָה
,ground the from dust [of out] man (the) God Jehovah
וַיִּפַּח בְּאַפָּיו נִשְׁמַת חַיִּים וַיְהִי הָאָדָם
man (the) became and ;life of breath nostrils his in breathed and
8 לְנֶפֶשׁ חַיָּה וַיִּטַּע יְהוָֹה אֱלֹהִים גַּן בְּעֵדֶן
Eden in garden a God Jehovah planted And living soul a (for)
il Signore Dio formò l’uomo dalla polvere della terra, e gli soffiò nelle narici l’alito della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente. 8 ¶ E il Signore Dio piantò un giardino
יְהוָֹה אֱלֹהִים אֶת־הָאָדָם עָפָר מִן־הָאֲדָמָה
,terra dalla polvere [dalla] uomo (l’) Dio Geova
וַיִּפַּח בְּאַפָּיו נִשְׁמַת חַיִּים וַיְהִי הָאָדָם
uomo (l’) divenne e ;vita di alito narici sue nelle soffiò e
8 לְנֶפֶשׁ חַיָּה וַיִּטַּע יְהוָֹה אֱלֹהִים גַּן בְּעֵדֶן
Eden in giardino un Dio Geova piantò E vivente anima un’ (per)
23. Quando il corpo umano muore, che cosa accade all’anima?
23 Poiché l’ispirata Parola di Dio dice chiaramente: “L’uomo divenne un’anima vivente”, l’uomo è un’anima. La Bibbia dice la verità! Essa è l’autorità su ciò che è l’anima umana. I filosofi pagani dei tempi antichi, che non avevano la scritta Parola di Dio, son quelli che dicono che l’uomo abbia dentro di sé un’invisibile anima spirituale la quale alla morte del corpo umano se ne vada nel reame spirituale. Nel testo ebraico la parola per “anima” è nefʹesh; nella versione greca dei Settanta delle Scritture Ebraiche è psy·cheʹ. Quindi, ciò che accade al corpo dell’uomo accade all’anima umana. Non è solo il corpo umano a morire, ma, come Geova Dio dice in Ezechiele 18:4: “Ecco, tutte le anime, appartengono a me. . . . L’anima che pecca, essa stessa morrà”. (Anche, il versetto 20)
24. Perché il “corpo fisico” è distinto dal “corpo spirituale”?
24 L’uomo non è dallo spirito, spirituale. L’uomo è dalla terra, terrestre: “Geova Dio formava l’uomo dalla polvere della terra”. (Genesi 2:7) Il corpo che Dio creò per l’uomo fu fatto degli elementi presi dalla terra e dall’atmosfera. Non fu un corpo spirituale, e non si può spiritualizzare in modo che divenga invisibile e possa abitare nel reame spirituale. Fu un corpo fisico, separato e distinto da un corpo spirituale come quello che possiedono i celesti “figli di Dio”. Proprio come disse un commentatore biblico del primo secolo E.V.: “Se vi è un corpo fisico, ve n’è anche uno spirituale”. Le due specie di corpi non devono essere confuse, e la Bibbia non le confonde. — 1 Corinti 15:44.
25. Che cosa alitò Dio nelle narici dell’uomo per farne un’“anima vivente”, in contrasto con la filosofia greca?
25 Il nudo corpo umano che Dio formò dalla polvere della terra lì nel Paradiso di Delizie fu perfetto, non essendo privo di nessuna delle sue necessarie parti o membra. “La sua attività è perfetta, poiché tutte le sue vie sono dirittura”. (Deuteronomio 32:4) “Vedi, solo questo ho trovato”, disse il sapiente re Salomone, “che il vero Dio fece il genere umano retto”. (Ecclesiaste 7:29) Per rendere quel primo corpo umano vivente e perfettamente funzionante, Dio non prese dal cielo un’“anima” (psy·cheʹ)c incorporea che, secondo l’idea greca pagana, volasse in giro come una farfalla, e non l’alitò o non l’inserì nel corpo privo di vita. Dio non alitò nel corpo una semplice corrente d’aria per espandere i polmoni del corpo. Non fu nulla di simile alla respirazione a bocca a bocca come si fa alle persone annegate. Ciò che Dio alitò nelle narici del corpo è chiamato “l’alito della vita”, che non solo riempì i polmoni d’aria ma anche impartì al corpo forza vitale la quale è sostenuta dalla respirazione. In questo modo “l’uomo divenne un’anima vivente”.
26. Perché il primo uomo fu chiamato Adamo, e come Dio diede alla sua vita un vero scopo?
26 Geova Dio divenne il Padre, il Datore della vita, di questa prima anima umana. I materiali per formare il corpo umano furono presi dalla terra, che, in ebraico, si chiama a·da·mahʹ, e appropriatamente quest’anima vivente fu dunque chiamata Adamo. (Genesi 5:1, 2) Il Padre celeste ebbe un proposito mettendo il suo figlio terrestre nel Paradiso di Eden e diede uno scopo alla vita di Adamo. A tal fine, in Genesi 2:15 leggiamo: “E Geova Dio prendeva l’uomo e lo poneva nel giardino di Eden perché lo coltivasse e ne avesse cura”. Dio assegnò ad Adamo il lavoro di custode e giardiniere del Paradiso. Onde abbiamo qualche idea di ciò che cresceva in quel Paradiso terrestre, ci viene detto: “Geova Dio piantò un giardino in Eden, verso oriente, . . . Così Geova Dio fece crescere dalla terra [a·da·mahʹ] ogni albero desiderabile a vedersi e buono da cibo e anche l’albero della vita nel mezzo del giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male”. (Genesi 2:8, 9) Avendo “ogni albero desiderabile a vedersi”, il giardino di Eden dovette essere un luogo bello. Tra i suoi alberi ‘buoni da cibo’ era il fico.
27. Come Dio fece in modo che Adamo non fosse solo nel Paradiso e che acquistasse conoscenza delle cose?
27 Solo un Dio di amore avrebbe potuto dare al suo figlio terrestre il Paradiso di Delizie come sua dimora, il meglio che la terra potesse provvedere. Essendo perfetto, Adamo avrebbe potuto avere perfetto apprezzamento per questo giardino e per la sua bellezza. Egli non vi era solo. Pesce di varie specie era nel fiume che usciva dal giardino e che si diramava nelle zone oltre il confine del giardino. (Genesi 2:10-14) C’erano anche vari uccelli, pure animali terrestri, sia domestici che selvaggi. Dio fece in modo che Adamo conoscesse queste creature terrestri di natura inferiore.
“Ora Geova Dio formava dalla terra ogni bestia selvaggia del campo e ogni creatura volatile dei cieli, e le conduceva all’uomo per vedere come avrebbe chiamato ciascuna; e come l’uomo la chiamava — ciascun’anima [nefʹesh] vivente — questo era il suo nome. L’uomo dava dunque i nomi a tutti gli animali domestici e alle creature volatili dei cieli e a ogni bestia selvaggia del campo, ma per l’uomo non si trovava un aiuto come suo complemento”. — Genesi 2:19, 20.
28. Quando vide la scimmia, perché Adamo non sentì verso di essa nessuna affinità?
28 Mentre eran presentati ad Adamo gli animali selvaggi, comparve una creatura pelosa dalle braccia lunghe. Adamo le mise nome qof, che oggi significa per noi “scimmia”. (1 Re 10:22; 2 Cronache 9:21) Quando Adamo vide questa scimmia, non sentì verso di essa nessuna affinità. Non credette di esserne un discendente consanguineo. Non gridò con piacere: “Questa è finalmente osso delle mie ossa e carne della mia carne”. L’informazione che Adamo ricevette da Dio fu che qof (la scimmia) era stata creata anteriormente nel sesto “giorno” creativo, e che egli, Adamo, era stato da Dio creato separatamente senza nessuna relazione carnale con la scimmia o con qualsiasi altra inferiore creatura terrestre. Adamo sapeva che ci sono quattro specie di carne. Come fu dichiarato diciannove secoli fa, in armonia con le più recenti scoperte della scienza: “Non ogni carne è la stessa carne, ma ve n’è una del genere umano, e v’è altra carne dei bovini, e altra carne degli uccelli, e altra dei pesci”. (1 Corinti 15:39) No, nonostante che la Parola di Dio parlasse di qof (la scimmia) come di un’“anima vivente”, non si trovò che la scimmia fosse un “complemento” di Adamo e una compagna adatta per lui. — Genesi 2:20.
29. Perché Adamo non conversò col serpente o non adorò nessun animale?
29 Mentre Adamo osservava tutte le bestie selvagge del campo, lì per terra o su un albero avanzò strisciando un lungo animale squamoso, senza arti. Adamo lo chiamò na·hhashʹ, che per noi significa “serpente”. Esso non iniziò con Adamo una conversazione, ed egli, da parte sua, non gli parlò. Era una creatura priva della parola, che emetteva solo un suono sibilante. Adamo non ebbe paura di essa o di altri animali selvaggi. Non ne adorò nessuna come sacra, nemmeno la vacca. Il suo Dio gliele aveva sottoposte, poiché egli era un figlio terrestre di Dio, fatto a immagine di Dio e secondo la somiglianza di Dio. Quindi egli adorava solo il suo Padre celeste, “il vero Dio”, Geova.
POSSIBILITÀ DI VITA ETERNA SULLA TERRA
30, 31. (a) Per quanto tempo doveva vivere Adamo, e dove? (b) Quale prova di ubbidienza, non ingiustamente, Dio impose ad Adamo?
30 Per quanto tempo doveva vivere Adamo, e dove? Non fu il pensiero di Dio che Adamo dovesse morire lasciando nell’incuria il Paradiso di Eden. La terra non doveva esser lasciata inabitata dal genere umano. Dio pose dinanzi ad Adamo l’opportunità di vivere in eterno sulla terra nel Paradiso di Eden. Questo dipendeva comunque dall’eterna ubbidienza di Adamo al suo Creatore e Dio. In Adamo non fu posta da Dio nessuna inclinazione alla disubbidienza, nessuna tendenza al peccato. Dio dotò il suo figlio terrestre delle qualità di giustizia, sapienza, potenza e amore a somiglianza di Dio, con un perfetto senso morale. Comunque, in riconoscimento della Sua propria sovranità su tutto l’universo, fu appropriato che Dio, senza alcun sospetto verso Adamo, mettesse alla prova questo Suo figlio terrestre. La prova a cui sottopose Adamo fu una piccolissima limitazione della sua libertà. Leggiamo:
31 “E Geova Dio diede all’uomo anche questo comando: ‘D’ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai positivamente morrai’”. — Genesi 2:16, 17.
32. Era indispensabile che Adamo mangiasse dell’albero della conoscenza del bene e del male per godere la vita eterna?
32 Qui il grande Datore di vita pose dinanzi al suo figlio Adamo la prospettiva della vita eterna o della morte eterna. La disubbidienza al suo divino Padre celeste avrebbe condotto Adamo alla morte sicura per un tempo eterno. L’amorevole ubbidienza come quella di un figlio verso il padre avrebbe recato la vita eterna. La ricompensa per la continua ubbidienza non avrebbe significato il trasferimento di Adamo in cielo, giacché Adamo non era stato fatto per vivere in cielo con gli angeli, ma era destinato alla vita eterna nel terrestre Paradiso di Delizie. “Riguardo ai cieli, i cieli appartengono a Geova, ma la terra l’ha data ai figli degli uomini”. (Salmo 115:16) Per vivere in eterno, non era indispensabile che Adamo mangiasse dell’albero della conoscenza del bene e del male, ma dell’“albero della vita nel mezzo del giardino”. — Genesi 3:22.
33. Evidentemente, che cosa intese dire Dio con l’espressione “nel giorno in cui ne mangerai”, e perché?
33 Come doveva Adamo capire però quell’espressione “nel giorno in cui ne mangerai”? Egli non aveva nessun motivo o base per pensare in termini di un giorno di mille anni, secondo la dichiarazione molto ulteriore che il profeta Mosè rivolse a Geova Dio: “Mille anni sono ai tuoi occhi come ieri quando è passato”. (Salmo 90:4 e soprascritta) Sicuramente non pensò: ‘Ecco, se disubbidisco e devo morire, avrò molto o la maggior parte del giorno di mille anni in cui vivrò; e questo non sarà troppo male’. Adamo non aveva nessun motivo per ragionare in questo modo. Egli dovette capire che Dio usò la parola “giorno” per significare un giorno di ventiquattro ore. Poiché Dio parlò evidentemente secondo la facoltà di comprendere del suo figlio terrestre, quindi, in maniera coerente, Dio dovette intendere un giorno di ventiquattro ore. Non intese dire: ‘Nel giorno della durata di mille anni in cui avrai mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male tu morrai’. Tale significato avrebbe tolto vigore all’avvertimento di Dio.
34. Come ebbe Adamo il comando riguardo all’albero proibito, e per quanto tempo Adamo avrebbe potuto avere comunione con Dio?
34 Adamo ebbe questo forte avvertimento da Dio in modo diretto, sebbene Dio avesse potuto parlare ad Adamo per mezzo di un invisibile angelo. Fu la parola di Dio, il messaggio di Dio. Dio parlò ad Adamo dall’invisibile. Egli non impiegò qualche inferiore creazione animale, come un serpente, per comunicare il suo comando al suo figlio terrestre Adamo. In quest’ultimo caso, tale creazione animale avrebbe potuto essere in seguito impiegata come un simbolo di Dio e venir considerata come sacra, con dovuta deferenza. Il vero Dio non vuole che gli si renda adorazione per mezzo di una creazione animale. Nel Paradiso di Delizie, Adamo adorò Dio direttamente. Se egli avesse amorevolmente continuato a fare così in eterno, tale comunicazione con Dio sarebbe senza dubbio continuata in eterno. Quale privilegio sarebbe stato per Adamo essere così sempre con Dio nel Paradiso terrestre!
[Note in calce]
a Si veda “Adversus Praxean” di Tertulliano. Ivi, nel capitolo 7, egli dice: “Il Figlio riconosce similmente il Padre, parlando nella sua propria persona, sotto il nome di Sapienza: ‘Il SIGNORE mi formò come il principio delle sue vie’”. Si vedano pure i commenti su Proverbi 8:22 di Giustino Martire, Ireneo, Atenagora, Teofilo di Antiochia, Clemente di Alessandria, Cipriano (I trattati di), “De Principiis” di Origene, Dionisio e Lattanzio.
b In spagnolo: “Formó, pues, el Señor Dios al hombre del lodo de la tierra, e inspiróle en el rostro un soplo o espíritu de vida, y quedó hecho el hombre viviente con alma racional”.
c Uno dei significati della parola greca psy·cheʹ è “farfalla o tarma”. — Si veda il Greek-English-Lexicon di Liddell e Scott, Volume 2, pagina 2027, colonna 2, VI. Nella mitologia greco-romana, Psiche fu una bella fanciulla che impersonò l’anima e fu amata dal dio Eros.
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Dio manifesta il suo proposito per l’uomo e la donnaL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo IV
Dio manifesta il suo proposito per l’uomo e la donna
1. Quando Adamo fu creato, gli disse Dio che avrebbe generato una razza umana?
QUANDO il primo uomo Adamo era solo nel Paradiso di Delizie unicamente con le inferiori creature terrestri come sue compagne, Dio non gli disse nulla circa il fatto che Adamo avrebbe generato una razza umana. Ma Dio aveva questo in mente. Era il Suo proposito riguardo alla terra. A suo tempo rivelò all’uomo questo proposito divino.
2, 3. (a) Come si propose Dio di produrre la famiglia umana? (b) Perché fra le creature subumane non si trovò a tal fine un aiuto convenevole?
2 Dio non si propose di popolare la terra nello stesso modo in cui aveva popolato il cielo, mediante creazioni dirette senza l’uso del matrimonio. Dio si propose che l’uomo Adamo sposasse un’adeguata compagna, in vista della paternità. Il pensiero di Dio fu riportato al riguardo in Genesi 2:18, che ci informa: “E Geova Dio proseguì, dicendo: ‘Non è bene che l’uomo stia solo. Gli farò un aiuto, come suo complemento’”.
3 Dio aveva creato tutte le inferiori creature terrestri prima di creare l’uomo e separatamente dalla creazione dell’uomo. Quindi le creature subumane — pesci, creature volatili, animali terrestri — non erano della “specie” dell’uomo. Esse potevano generar progenie solo ciascuna “secondo la sua specie”. (Genesi 1:21, 22, 25) Non potevano cooperare con l’uomo per generare la specie umana. Questo doveva vedersi chiaramente dopo che Dio ebbe presentato ad Adamo le inferiori creature terrestri. Dopo che l’uomo ebbe conosciuto il mondo animale, ci fu dunque la logica conclusione: “Ma per l’uomo non si trovava un aiuto come suo complemento”. — Genesi 2:19, 20.
4. Come Dio produsse un “aiuto” per Adamo, e come egli la chiamò?
4 Era ancora il sesto “giorno” creativo, e continuando a operare all’ulteriore creazione terrestre Dio non violava dunque nessuna disposizione di sabato. Quindi, come creò un aiuto per Adamo quale complemento per lui? Migliaia d’anni prima che la scienza medica moderna scoprisse gli anestetici e gli analgesici per compiere le operazioni chirurgiche indolori, Dio compì un’operazione indolore al primo uomo Adamo. “Per cui Geova Dio fece cadere sull’uomo un profondo sonno e, mentre dormiva, prese una delle sue costole e chiuse quindi la carne sul posto d’essa. E Geova Dio edificava la costola che aveva presa dall’uomo in una donna e la conduceva all’uomo. Allora l’uomo disse: ‘Questa è finalmente osso delle mie ossa e carne della mia carne. Questa sarà chiamata Donna [Ish·shahʹ], perché dall’uomo [ish] questa è stata tratta’”. — Genesi 2:21-23.
5. Come si conseguì in questo modo l’unità carnale in tutta l’intera famiglia umana?
5 Poiché era stato detto ad Adamo come la prima donna era stata edificata da una delle sue costole (il cui midollo ha la proprietà di produrre sangue), egli poté correttamente chiamarla osso delle sue ossa e carne della sua carne. Ancor più ebbe ragione di ritenere che ella fosse parte di lui perché il suo proprio corpo aveva contribuito alla creazione di lei da parte di Dio. Migliaia d’anni dopo si poté più che giustamente dire alla corte giudiziaria sull’Areopago di Atene, in Grecia: “Egli [Dio] ha fatto da un uomo ogni nazione degli uomini, perché dimorino sull’intera superficie della terra”. (Atti 17:26) Così nell’intera famiglia umana c’è un’unità della carne come non ce ne sarebbe stata se Dio avesse creato la prima donna dalla polvere della terra separatamente dal primo uomo Adamo.
6. Secondo le parole di Dio, come si doveva spargere la famiglia umana?
6 Dopo aver narrato che in Paradiso ci fu questo matrimonio del primo uomo e della prima donna, il racconto divino prosegue, dicendo: “Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e dovrà tenersi stretto alla sua moglie e dovranno divenire una sola carne”. (Genesi 2:24) Per il modo in cui la donna era stata creata, Adamo e sua moglie furono “una sola carne” prima ancora che avvenisse fra loro l’unione sessuale. Il matrimonio della progenie di Adamo e di sua moglie li unisce nell’intimità sessuale ed essi divengono “una sola carne” specialmente in questo senso. Che l’uomo appena sposato lasciasse il padre e la madre per tenersi stretto a sua moglie avrebbe significato metter su casa. In questo modo si sarebbe sparsa la famiglia umana.
7. Perché Adamo e sua moglie non si vergognavano di guardare l’un l’altro come erano stati creati?
7 Nel Paradiso di Eden c’erano allora perfetta innocenza e purezza di cuore. Questo è attestato dalla dichiarazione di Genesi 2:25: “Ed entrambi continuarono a essere nudi, l’uomo e sua moglie, eppure non si vergognavano”. Avevano buona coscienza verso Dio e l’uno verso l’altro.
8, 9. (a) Così da chi fu creato il sesso, e per quale scopo? (b) Come ciò che Dio disse ad Adamo ed Eva di fare mostra questo fatto?
8 È qui che il racconto di Genesi 1:27 ora si collega nel dovuto ordine cronologico, ora che abbiamo l’uomo e la donna nella scena paradisiaca. Questo racconto dice: “E Dio creava l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. Proprio come prima di ciò erano esistiti fra le inferiori creature terrestri maschio e femmina, affinché queste potessero riprodurre la propria “specie”, così alla creazione della donna ci furono maschio e femmina nella specie umana. Dio è il Creatore del sesso, ma per la riproduzione. Questo fatto essenziale fu mostrato da ciò che Dio ora disse al primo uomo e alla prima donna di fare.
9 “Inoltre, Dio li benedisse e Dio disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi ed empite la terra e soggiogatela, e tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra’”. — Genesi 1:28.
10. Conformemente, quale stato finale Dio si propose per la superficie della terra?
10 Dio benedisse l’uomo e la donna all’inizio della loro vita coniugale nel Paradiso di Delizie. I suoi pensieri e le sue espressioni furono per loro le migliori. Con le parole che rivolse loro, Dio rivelò qual era il suo proposito riguardo al genere umano e alla terra. Dio si propose che questa terra si riempisse della progenie di questo primo uomo e di questa prima donna. Non solo, ma anche che tutta la terra occupata da questa famiglia umana fosse soggiogata. Soggiogata a che cosa? Alla condizione del Paradiso in cui si trovavano l’uomo e la donna. Ciò significava che la terra intera doveva essere abbellita e resa abitabile, estendendo i confini del Paradiso piantato da Dio finché l’oriente incontrasse l’occidente e il settentrione il meridione, a tutti i continenti e a tutte le isole dei mari. Non doveva esserci nessuna sovrappopolazione della terra paradisiaca, ma la riproduzione umana doveva continuare finché tutta la terra soggiogata fosse comodamente empita. Essi non dovevano sopprimere le inferiori creature terrestri, ma le dovevano tenere sottoposte, soggette a un amorevole controllo.
11, 12. (a) Perché non dovremmo perdere di vista il proposito di Dio per l’uomo e la terra? (b) Come possiamo dare uno scopo alla nostra vita, a nostro eterno beneficio?
11 Alle parole di benedizione e di comando che Dio diede loro, scorsero Adamo e sua moglie la visione dello splendido proposito di Dio riguardo a loro e alla loro dimora, la terra? La scorgiamo noi oggi? Comprendiamo oggi l’originale proposito di Dio il Creatore rispetto all’uomo e alla donna e alla nostra dimora, la terra? Il suo proposito è espresso in modo così semplice, che non è difficile per la persona onesta capirlo.
12 Se l’abbiamo veramente capito, non perdiamolo di vista, se no cadremo poi nella confusione e nell’errore religioso. L’esistenza dell’uomo sulla terra non fu casuale e non si intese che fosse senza scopo. Dio pose deliberatamente l’uomo e la donna sulla terra per uno scopo, e questo scopo egli rivelò ai nostri primogenitori umani. Dopo che Adamo e sua moglie, che egli chiamò Eva, furono informati e ricevettero il comando, ebbero l’onorevole, benedetto privilegio di fare del proposito di Dio lo scopo della loro vita. Questo richiedeva che ubbidissero a Dio. A sua volta, l’ubbidienza avrebbe dato luogo alla vita eterna nella perfetta felicità su una terra paradisiaca, per gli ubbidienti Adamo ed Eva e per tutta la loro ubbidiente progenie in ogni parte della terra soggiogata. La vita ebbe dunque per Adamo ed Eva uno scopo, ed essa può avere uno scopo per noi, secondo l’infallibile proposito di Dio.
13. Perché in Paradiso non ci doveva essere nessuna uccisione, e non si doveva temere per una terra empita nessuna penuria di viveri?
13 Dio non pose dinanzi ad Adamo ed Eva nessun timore di una penuria di viveri allorché la famiglia umana si sarebbe ‘moltiplicata’. In qualità di Padre amorevole prese ampi provvedimenti per la terra piena di suoi figli e figlie umani. E nel Paradiso non ci sarebbe stato nessun bisogno di uccidere. Dio indicò questi fatti, poiché leggiamo: “E Dio proseguì, dicendo: ‘Ecco, io vi ho dato tutta la vegetazione che fa seme sulla superficie dell’intera terra e ogni albero sul quale è il frutto d’un albero che fa seme. Vi serva di cibo. E a ogni bestia selvaggia della terra e a ogni creatura volatile dei cieli e a ogni cosa che si muove sopra la terra in cui è vita come un’anima [nefʹesh] ho dato tutta la verde vegetazione per cibo’. E così si fece”. — Genesi 1:29, 30.
14. (a) Oltre a quella dichiarazione generale di Dio sul cibo, quale proibizione sul mangiar cibo aveva ancora vigore? (b) In aggiunta al cibo materiale, di che cosa dovevano vivere Adamo ed Eva?
14 Qui ci fu solo una dichiarazione generale di ciò che il genere umano doveva mangiare, una dichiarazione che Adamo ed Eva udirono entrambi da Dio. Essa parlava dunque di “ogni albero sul quale è il frutto d’un albero che fa seme”. Questo non era il momento d’entrare nei particolari, poiché, in una dichiarazione precedente, fatta solo ad Adamo, Dio aveva imposto la proibizione di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. (Genesi 2:16, 17) Almeno per il momento il frutto di questo albero proibito non doveva servire ad Adamo ed Eva come cibo. In ogni modo, per sostenere la vita, c’era un’abbondanza di cibo da mangiare, senza che dovessero mangiare anche dell’albero della conoscenza del bene e del male. Nonostante tutta l’abbondanza di ogni cibo nel Paradiso, fu vero per Adamo ed Eva come lo fu più di duemila anni dopo per l’eletto popolo di Geova che “non di solo pane in effetti vive l’uomo ma l’uomo vive in effetti di ogni espressione della bocca di Geova”. (Deuteronomio 8:3) Se Adamo ed Eva avessero osservato la parola di comando espressa da Geova Dio, sarebbero vissuti per sempre con la loro famiglia nel Paradiso esteso a tutta la terra.
FINE DEL SESTO “GIORNO” CREATIVO
15. Alla fine del sesto “giorno” creativo, come apparve a Dio la creazione terrestre?
15 Così al tempo stabilito da Dio le condizioni della terra furon portate a questo stadio com’è descritto, con meravigliose possibilità future conforme al proposito di Dio. Mentre vediamo la situazione, con la terra ora abitata da creature umane e animali che gira intorno al sole e con la luna in orbita intorno alla terra, come ci sembra? La nostra veduta non dovrebbe differire da quella di Dio, circa la quale leggiamo: “Dio vide poi tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. E si fece sera e si fece mattina, un sesto giorno”. — Genesi 1:31.
16. Quale dovette essere la reazione delle “stelle del mattino” e dei “figli di Dio” alla fine del sesto “giorno” quando videro la terra?
16 Geova, in qualità di Dio progressivo, aveva proceduto in modo ordinato, per stadi. E quale progressione logica ci fu da parte Sua! Con la creazione di Adamo ed Eva e la benedizione divina su di loro giunse la fine del sesto “giorno” creativo di Dio riguardo alla preparazione della terra perché fosse occupata dai figli terrestri di Dio. Se, alla semplice fondazione della terra, “le stelle del mattino gridarono gioiosamente insieme, e tutti i figli di Dio emettevano urla d’applauso”, quali espressioni di ammirazione e lode dovettero emettere questi celesti “figli di Dio” alla fine del sesto “giorno” creativo quando videro la terra ora in uno stato pienamente preparato e una perfetta coppia umana che vi abitava! — Giobbe 38:7; Genesi 1:28.
17. In considerazione della divina realizzazione alla fine della “mattina” del sesto “giorno”, quale domanda sorge circa il numero dei “giorni” creativi?
17 La “mattina” di quel sesto “giorno” creativo finì con una gloriosa realizzazione divina. Il ciclo dei “giorni” creativi sarebbe terminato col sesto? Il sesto “giorno” finì semplicemente con Adamo ed Eva posti come fondamento per popolare l’intera terra. Ci sarebbe stato un altro “giorno” creativo, un settimo “giorno”, al termine della cui “settimana” l’intera terra sarebbe stata popolata di una famiglia umana e sarebbe stata un Paradiso globale?
COMINCIA LA “SERA” DEL SETTIMO “GIORNO” CREATIVO, 4026 A.E.V.
18. Ragionevolmente, in vista di quale fine si dovrebbe consentire un altro “giorno” creativo?
18 Il proposito di Dio relativo alla terra non fu pienamente adempiuto alla fine del sesto “giorno” creativo. Rimase la domanda: Avrebbe potuto Dio adempiere questo proposito, specialmente ora che trattava con creature umane dotate di volontà personale e le lasciava libere di scegliere il loro corso terreno, conforme al proposito di Dio o contro di esso? Ragionevolmente, quindi, si sarebbe dovuto concedere un altro “giorno” creativo, un settimo “giorno”, in cui la terra sarebbe stata popolata di una perfetta razza umana, dimorando tutti nell’amore e nella pace e parlando tutti la stessa lingua in un Paradiso globale. La fine di tale “giorno” creativo avrebbe potuto vedere il trionfale adempimento del proposito di Dio, a Sua rivendicazione quale Creatore e Sovrano Universale.
19. (a) Perché il settimo dovrebbe chiamarsi un giorno “creativo”? (b) Che cosa fece Dio riguardo a quel “settimo giorno”?
19 Dio fece conoscere in realtà la pienezza del suo proposito. Richiese in effetti un settimo “giorno” creativo. Che noi lo chiamiamo giorno “creativo” non significa che nel settimo “giorno” creativo Dio continuasse a creare le cose della terra, ma che esso era inseparabilmente connesso ai precedenti sei “giorni” creativi ed era della stessa durata di tempo di quei “giorni” precedenti. Che ne dice la stessa Parola di Dio?
“Così si compirono i cieli e la terra e tutto il loro esercito. E il settimo giorno Dio giunse al compimento dell’opera che aveva fatta, e si riposava il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatta. E Dio benediceva il settimo giorno e lo rendeva sacro, perché in esso effettivamente egli si riposa da tutta la sua opera che Dio ha creata allo scopo di farla”. — Genesi 2:1-3.
20. Come determiniamo se Genesi 2:1-3 parlava di un giorno di ventiquattro ore o di un periodo creativo che ancora continua?
20 Non trascuriamo il fatto che questo racconto del settimo “giorno” creativo non conclude con le parole che dicono esattamente che finì il particolare “giorno” creativo di una sera e una mattina. Genesi 2:3 non aggiunge le parole: “E si fece sera e si fece mattina, un settimo giorno”. La mancanza di tali parole terminali indica che il settimo “giorno” creativo non era ancora finito al tempo in cui il profeta Mosè finì di scrivere il Pentateuco o i primi “cinque libri” della Bibbia, nell’anno 2553 Anno Mundi o 1473 a.E.V. Ancora più tardi il salmista Davide dice di entrare nel riposo di Dio, nel Salmo 95:7-11, o nell’anno 2989 A.M. o 1037 a.E.V. Ciò indica che Genesi 2:1-3, parlando del giorno di riposo di Dio, non parlava di un giorno di ventiquattro ore, ma parlava di un “giorno” creativo della stessa durata di ciascuno dei precedenti “giorni” creativi. Perciò quel “settimo giorno” creativo non è ancora terminato.
21. Sulla terra quale situazione indica che il genere umano nel suo insieme non è entrato in un “settimo giorno” di Dio di osservanza sabatica?
21 Conformemente, non vediamo ancora il Paradiso Edenico esteso a tutto il nostro globo terreste e abitato in ogni luogo da una famiglia umana perfetta che non muoia. Invece, sono sterminati animali, uccelli e pesci, e le superpotenze del mondo equipaggiate di bombe nucleari e di altre armi per la distruzione in massa, minacciano di sterminare tutto il genere umano e di lasciare il globo terrestre come una distesa inabitata. Per certo il genere umano nel suo insieme, sì, anche quei gruppi religiosi che asseriscono di adorare l’Iddio della Sacra Bibbia, non sono entrati nel riposo di Dio, osservando il suo “settimo giorno” creativo. E dalla creazione dell’uomo son passati quasi seimila anni!
22. Come il versetto successivo (Genesi 2:4) prova che Dio non parla di un giorno di ventiquattro ore?
22 Che il racconto di Genesi 2:1-3 non parli del “settimo giorno” come di un giorno di ventiquattro ore si comprende dall’uso che si fa della parola “giorno” nel medesimo versetto successivo. Ivi, in Genesi 2:4, è scritto: “Questa è la storia dei cieli e della terra nel TEMPO in cui furono creati, nel GIORNO che Geova Dio fece la terra e il cielo”. Quel “giorno” comprese sei “giorni” creativi, come descrive Genesi, capitolo uno.
23, 24. (a) Che cosa mostra che la realizzazione del proposito di Dio alla fine del suo “settimo giorno” è ancora futura? (b) Perché noi non ci dobbiamo scoraggiare, riponendo fede che Dio adempirà il suo splendido proposito?
23 Dallo stato di cose del genere umano in questo ventesimo secolo E.V., nulla potrebbe essere più chiaro del fatto che la realizzazione del proposito di Dio alla fine del settimo “giorno” creativo è ancora futura. Al principio di questo “settimo giorno” quasi seimila anni fa Dio “benediceva il settimo giorno e lo rendeva sacro”. Secondo la storia del genere umano dei passati sei millenni, esso non è stato per l’intera razza umana un giorno benedetto. È evidente che la benedizione di Dio su questo settimo “giorno” ha contato poco a favore di tutto il genere umano.
24 Benché Dio lo santificasse o lo rendesse sacro, pochissimi del genere umano lo ritengono sacro, santo, e sono entrati in senso spirituale nel riposo di Dio. Dio dovrà per certo mostrare alla fine del settimo “giorno” creativo che la sua benedizione sul giorno avrà avuto per il genere umano vero valore. Dovrà mostrare che questo “settimo giorno” sarà stato davvero sacro, santo, e che il suo “riposo” riguardo alla certezza dell’adempimento del suo proposito non sarà stato turbato. Nonostante che alla fine del sesto “giorno” creativo egli smettesse di compiere opere di creazione terrestre, il suo proposito è andato avanti e ancora continua a progredire verso la sua trionfale realizzazione. Perciò, quelli che, come Geova Dio stesso, hanno fede nel finale adempimento del suo splendido proposito, non hanno nessun motivo di scoraggiarsi.
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Dio forma l’“eterno proposito” riguardo al suo UntoL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo V
Dio forma l’“eterno proposito” riguardo al suo Unto
1. Quale specie di vita è proposito di Dio che il genere umano abbia sulla terra?
SULLA terra la vita umana può esser bella. La vita del Creatore dell’uomo è bella. È Sua volontà che la vita della Sua creazione umana pure sia bella. È stato il genere umano a fare della propria esistenza una rovina. Comunque, non tutti i componenti del genere umano han fatto questo. Nonostante che finora il genere umano abbia fallito, il benevolo proposito del Creatore ora è che uomini e donne abbiano ancora l’opportunità di rendersi bella la vita sulla terra.
2. (a) Con quale specie di vita iniziò il genere umano? (b) Che cosa mostra se Dio pianificasse per l’uomo il corso che l’avrebbe condotto alla morte?
2 In principio la vita del genere umano fu bella. Cominciò quasi seimila anni fa in un Paradiso terrestre. Vivervi era una delizia, perciò fu chiamato Giardino di Eden, o Paradiso di Delizie. (Genesi 2:8, Versione di mons. Martini) I nostri primogenitori umani, il primo uomo e la prima donna, furono perfetti, con abbondante salute e con la prospettiva di non morire mai. Essendo umani, erano mortali, ma avevano dinanzi a sé l’opportunità offerta dal loro Creatore di vivere nel Paradiso di Delizie in ogni tempo avvenire, eternamente. Così il loro celeste Datore di vita sarebbe potuto divenire il loro Padre Eterno. Egli non prestabilì che morissero seguendo il corso che avrebbe condotto alla morte. Il suo desiderio fu che vivessero in eterno come suoi figli imperituri. Più di tremila anni dopo Egli espresse i suoi sinceri sentimenti sull’argomento, quando disse al suo popolo eletto:
“‘Prendo forse alcun diletto nella morte ‘di qualcuno malvagio’, è l’espressione del Signore Geova, ‘e non che si volga dalle sue vie ed effettivamente continui a vivere?’” — Ezechiele 18:23.
3. Poiché il desiderio di Dio fu che il genere umano continuasse a vivere in un Paradiso, quale domanda oggi ci si presenta?
3 Il Creatore non ebbe dunque nessun desiderio che nel Paradiso di Delizie l’innocente coppia umana divenisse “malvagia” e meritasse di morire. Il Suo desiderio fu che continuassero a vivere, sì, che vivessero per vedere l’intera terra debitamente empita di progenie proprio così perfetta e felice come lo erano loro, in pacifica, amorevole relazione con il loro Creatore, il loro Padre celeste. Ma, oggi, tutto il genere umano muore, e la nostra terra inquinata è lungi dall’essere un paradiso. Perché avviene questo? Il Creatore dell’uomo ne ha fatto scrivere la spiegazione nella Bibbia.
4. Perché fu strano che un serpente si rendesse osservabile a una creatura umana nel Paradiso?
4 Mentre comincia il capitolo tre del libro biblico di Genesi, il luogo è il Paradiso di Delizie. Tutte le inferiori forme di creature terrestri sono sottoposte ai nostri primogenitori umani, Adamo ed Eva. Essi non temono nessuna di queste inferiori creature terrestri, nemmeno i serpenti. Sì, nel Paradiso di Delizie c’erano i serpenti, ed erano interessanti da osservare. Il loro modo di muoversi senza arti era meraviglioso, una manifestazione della diversificata sapienza di progettazione di Dio. Esse sono comunque creature schive. Genesi 3:1 fa un commento su questa specie di rettile, dicendo: “Ora il serpente [na·hhashʹ] mostrò d’essere il più cauto di tutte le bestie selvagge del campo che Geova Dio aveva fatte”. Quindi invece di mettersi in agguato per nuocere un uomo, era incline a ritrarsi dal contatto con gli uomini. Ma ora, stranamente, esso era del tutto osservabile, sia che si trovasse a terra o su un albero. Perché?
5. Perché fu strano che il serpente facesse a Eva una domanda, e perché non era indirettamente la voce di Dio?
5 Genesi 3:1 prosegue, dicendo: “Diceva dunque alla donna: ‘È realmente così che Dio ha detto che non dovete mangiare di ogni albero del giardino?’” Or bene, come aveva il serpente udito una tal cosa? O come capì una tal cosa? Inoltre, come mai prima di allora non aveva mai parlato ad Adamo, marito della donna? Come mai poteva affatto parlare con il linguaggio umano? Prima di allora nessun serpente aveva mai parlato a un uomo, e non lo ha mai fatto da allora in poi. Eva non stava immaginando che le parlasse qualcuno. Ella non parlava a se stessa nella propria mente, solo pensando. Sembrò che la voce simile a quella umana venisse dalla bocca del serpente. Come poteva avvenire questo? La sola altra voce oltre quella di suo marito Adamo che Eva aveva udita nel giardino era stata quella di Dio, ma direttamente, non per mezzo di qualche subumana creatura animale. Da tutte le apparenze, secondo ciò che il serpente disse, la voce non era quella di Dio. La voce chiedeva a Eva ciò che Dio aveva detto.
6. In che modo agiva l’inquisitore che per fare la domanda si serviva del serpente, e perché Eva rispose?
6 Quando Eva rispose alla domanda, ella non parlò a quel serpente, ma all’intelligenza invisibile che si serviva del serpente come un ventriloquo. Era questo invisibile parlatore intelligente amichevole verso Dio o no? Per certo il metodo che il non visto parlatore seguiva per parlare a Eva era ingannevole, e la induceva a pensare che a compiere l’atto di parlare fosse il serpente. L’inquisitivo parlatore nascondeva la sua identità dietro un serpente visibile e agiva così ingannevolmente. Eva non scoprì e non comprese comunque che quel parlatore che si serviva del serpente cercava malignamente d’ingannarla. Senza sospettare Eva diede la sua risposta.
“A ciò la donna disse al serpente: ‘Del frutto degli alberi del giardino possiamo mangiare. Ma in quanto a mangiare del frutto dell’albero che è nel mezzo del giardino, Dio ha detto: “Non ne dovete mangiare, no, non lo dovete toccare affinché non moriate”’”. — Genesi 3:2, 3.
7. Dove Eva aveva ottenuto l’informazione sull’albero che era nel mezzo del giardino?
7 Designandolo come “l’albero che è nel mezzo del giardino”, Eva intese dire l’albero della conoscenza del bene e del male. Ma come aveva fatto Eva a sapere che c’era quell’albero? Dovette averglielo detto Adamo, come profeta di Dio. Prima della creazione di Eva, fu ad Adamo che quando era tutto solo Dio disse: “D’ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai positivamente morrai”. (Genesi 2:16, 17) Secondo Eva, Dio disse anche di non toccare l’albero proibito. Eva non ignorava dunque la pena per la violazione della legge di Dio. Essa era la morte.
8. Che cosa mostra se il non visto inquisitore semplicemente chiedesse un’informazione?
8 Se il non visto parlatore che si nascondeva dietro il serpente avesse chiesto una semplice informazione, avrebbe posto fine alla conversazione dopo che l’informazione gli era stata data. Non si afferma se, in questo tempo, il serpente fosse nel mezzo del giardino dove si trovava l’albero proibito, e se il serpente fosse a terra o sull’albero. Almeno, il discorso era su quell’“albero che è nel mezzo del giardino”.
9, 10. Come il non visto parlatore che si nascondeva dietro il serpente si rese bugiardo, Diavolo, Satana?
9 Come avrebbe potuto un semplice serpente sapere o avere l’autorità di dire ciò che ora Eva udì? “A ciò il serpente disse alla donna: ‘Positivamente voi non morrete. Poiché Dio sa che nel medesimo giorno in cui ne mangerete i vostri occhi davvero si apriranno e voi sarete davvero simili a Dio, conoscendo il bene e il male’”. — Genesi 3:4, 5.
10 Il non visto parlatore che si nascondeva dietro il serpente visibile qui si rese bugiardo, poiché contraddiceva Geova Dio. Avendo flagrantemente dichiarato che Dio aveva motivi errati per proibire ad Adamo ed Eva di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, il non visto parlatore si rese calunniatore, Diavolo, verso Geova Dio. Egli non era amorevolmente interessato alla vita eterna di Eva, ma ne architettava la morte. Infatti, cercava di farle perdere il timore della morte, non della morte recata da lui, ma della morte recata da Geova Dio per averne violato il noto comando. Il non visto parlatore opponeva resistenza a Dio e in questa maniera faceva di se stesso Satana, che significa Colui che oppone resistenza. Egli si interessava che qualcun altro resistesse a Dio e che qualcun altro si mettesse dalla parte di Satana. Noi sappiamo chi era il vero parlatore che disse tale menzogna e calunnia. Non era il serpente!
11. Come Eva non mostrò ora lealtà verso Dio e rispetto verso il proprio marito, e si lasciò tentare?
11 Infelicemente, Eva non disputò questa dichiarazione mendace e calunniosa. Non venne amorevolmente e lealmente in difesa del suo Padre celeste. Non riconobbe ora l’autorità che suo marito Adamo aveva su di lei e non andò a chiedergli se approvava che ella agisse al riguardo in maniera egoistica o no. Egli avrebbe potuto smascherare l’inganno. Ma Eva si lasciò ingannare completamente. Intrattenne l’idea sbagliata presentatale da un bugiardo, da un calunniatore che si opponeva a Dio suo Padre celeste. Ella fece svanire il timore della terribile pena per la disubbidienza. Lasciò che il desiderio egoistico cominciasse a formarsi nel suo cuore. Si fece trascinare e allettare da tale desiderio. Dio aveva detto che mangiare del frutto proibito sarebbe stato per lei e per Adamo un male, ma ella decise di stabilire per proprio conto ciò che era male e ciò che era bene. Conformemente decise di dar prova che il suo Padre celeste e Dio era un bugiardo. Così quando Eva ora contemplò l’albero, esso divenne attraente.
12. Mangiando il frutto proibito, Eva che cosa divenne, inescusabilmente?
12 “Di conseguenza la donna vide che il frutto dell’albero era buono come cibo e che era qualche cosa che metteva voglia agli occhi, sì, l’albero era desiderabile a guardarsi. Ella prendeva dunque del suo frutto e lo mangiava”. (Genesi 3:6) In questo modo ella trasgredì contro Dio, divenendo peccatrice. Il fatto che fosse completamente ingannata non la scusò. Ella perse la sua perfezione morale.
13. Mangiando, che cosa mancò di fare Adamo, con quale effetto su di lui?
13 Suo marito non era lì per impedirle l’azione indipendente. Quando in seguito fu con lui, dovette usare la persuasione per farlo mangiare, perché non fu affatto ingannato. Egli non preferì dar prova che colui che aveva parlato per mezzo del serpente era un bugiardo e rivendicare Geova Dio come Colui che usava la Sua sovranità universale in maniera giusta, in maniera utile. Che cosa accadde dunque, quando Adamo si unì a Eva nella trasgressione? Genesi 3:6, 7 ci narra:
“Ne diede poi anche a suo marito quando fu con lei ed egli lo mangiava. Quindi gli occhi d’entrambi si aprirono e comprendevano d’esser nudi. Per cui cucirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture per coprirsi i lombi”.
14. Che cosa indusse Adamo ed Eva a condannarsi prima che li condannasse Dio, e come agirono al suo appressarsi?
14 Ora eran divenuti “simili a Dio, conoscendo il bene e il male”, in quanto non accettavano più le norme del bene e del male stabilite da Geova Dio ma eran divenuti giudici di se stessi riguardo a ciò che era bene e a ciò che era male. Nonostante ciò, la loro coscienza cominciò a rimorderli. Si sentirono scoperti, nel bisogno di coprirsi. La nudità del loro corpo non era più ai loro occhi uno stato puro, innocente, in cui apparire dinanzi a Geova Dio. Cominciarono così a fare i sarti e si coprirono le parti intime che Dio aveva loro date per l’onorevole scopo di riprodurre la loro specie. Quindi sotto la condanna della testimonianza della loro propria coscienza, essi si condannarono, prima ancora che li condannasse il Sovrano Signore Geova. Per cui, leggiamo:
“Udirono poi la voce di Geova Dio che camminava nel giardino verso l’ora del giorno in cui soffiava la brezza, e l’uomo e sua moglie andarono a nascondersi dalla faccia di Geova Dio fra gli alberi del giardino. E Geova Dio chiamava l’uomo, dicendogli: ‘Dove sei?’ Infine egli disse: ‘Ho udito la tua voce nel giardino, ma ho avuto timore perché ero nudo e perciò mi sono nascosto’. Allora disse: ‘Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai mangiato dell’albero di cui t’avevo comandato di non mangiare?’” — Genesi 3:8-11.
15. (a) Che cosa mostra che non ci fu da parte di Adamo ed Eva nessun pentimento? (b) Che cosa disse quindi Dio al serpente?
15 Notate che ora non c’è da parte di Adamo ed Eva nessuna espressione di pentimento, ma, piuttosto, lo sforzo di scusarsi: La colpa era di qualcun altro. “E l’uomo proseguì, dicendo: ‘La donna che tu desti perché fosse con me, mi ha dato del frutto dell’albero e quindi io l’ho mangiato’. Allora Geova Dio disse alla donna: ‘Che cos’è questo che tu hai fatto?’ A ciò la donna rispose: ‘Il serpente, mi ha ingannata e io ho mangiato’”. (Genesi 3:12, 13) Comunque, le scuse non assolsero questi trasgressori volontari. Ma che dire del serpente?
“E Geova Dio diceva al serpente: ‘Perché hai fatto questo, sei il maledetto fra tutti gli animali domestici e fra tutte le bestie selvagge del campo. Striscerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei. Egli ti ferirà la testa e tu gli ferirai il calcagno’”. — Genesi 3:14, 15.
16, 17. (a) A chi si applicarono realmente le parole che Dio disse al serpente? (b) Uno scrittore del primo secolo a che cosa paragonò questo abbassamento?
16 Questa non fu una maledizione sull’intera famiglia del serpente. Sembra che le parole di Dio fossero rivolte a quel serpente letterale, ma Egli sapeva che esso era stato solo una vittima per servire come uno strumento di una sovrumana persona spirituale invisibile, di uno che finora era stato un ubbidiente figlio celeste di Dio. Anche questi si era lasciato trascinare e allettare da un desiderio di specie egoistica. Fu un desiderio di sovranità sul genere umano, indipendente dalla sovranità universale di Geova. Egli aveva lasciato che questo desiderio mettesse radici nel suo cuore e l’aveva coltivato, finché era divenuto fertile producendo la trasgressione, la ribellione contro il Sovrano Signore Geova. Questo trasgressore spirituale si rese quindi bugiardo, calunniatore o Diavolo e uno che opponeva resistenza o Satana, proprio lì nel Paradiso di Delizie.
17 Come fa capire l’abbassamento che fu dichiarato su quella vittima, sul serpente, Dio abbassò questo Bugiardo, Diavolo, Satana, che era sorto da poco. Un commentatore della Bibbia del primo secolo paragona questo abbassamento a un ‘gettare Satana nel Tartaro’, a un disapprovato stato di tenebre spirituali senza nessuna luce da Dio. — 2 Pietro 2:4.
PREDETTO L’UNTO DI DIO
18. Quale cosa nuova fu qui annunciata, con quali inerenti caratteristiche?
18 Qui Geova Dio formò un nuovo proposito, e l’annunciò. Era sorto il mentitore Satana il Diavolo, e ora Dio ebbe il proposito di suscitare un Unto, un Ma·shiʹahh (Messia) secondo la lingua di Adamo. (Daniele 9:25) Dio parlò di questo Unto, di questo Messia, come del “seme” della “donna”. Dio avrebbe posto inimicizia fra questo Unto e Satana il Diavolo, ora simboleggiato dal serpente. Questa inimicizia si sarebbe estesa anche fra l’Unto e il “seme” del grande Serpente.
19. (a) A quale conflitto questa “inimicizia” avrebbe dato luogo? (b) Perché l’Unto del proposito di Geova avrebbe dovuto esser celeste?
19 La predetta inimicizia doveva dar luogo a una battaglia che avrebbe avuto penosi effetti, ma sarebbe finita con la vittoria del “seme” della “donna”. Come un serpente che morde il calcagno della gamba (Genesi 49:17), il grande Serpente, Satana il Diavolo, avrebbe ferito il calcagno del “seme” della donna. Questa ferita al calcagno non sarebbe stata mortale. Sarebbe stata sanata, per permettere al “seme” della donna di ferire la testa del grande Serpente in maniera mortale. Così il grande Serpente sarebbe perito, e il suo “seme” con lui. Una cosa essenziale da notare in questo conflitto è questo: Affinché il “seme” della donna ferisse e schiacciasse la testa del grande Serpente, Satana il Diavolo, il “seme” della donna avrebbe dovuto essere una celeste persona spirituale, non un semplice figlio umano di una donna sulla terra. Perché mai? Perché il grande Serpente è una sovrumana persona spirituale, un ribelle figlio celeste di Dio. Un mero “seme” umano di donna terrestre non sarebbe stato abbastanza potente da distruggere l’invisibile Satana il Diavolo nel reame spirituale. Pertanto l’Unto del proposito di Geova doveva essere un Messia celeste.
20. Chi è, quindi, la “donna” di Genesi 3:15?
20 Or dunque, che dire della “donna” di cui l’Unto o Messia è il “seme”? Essa pure doveva esser celeste. Proprio come il serpente che fu condannato ad avere la testa schiacciata non fu quel serpente letterale che era stato impiegato per ingannare Eva, così la “donna” della profezia di Geova contenuta in Genesi 3:15 non fu una donna letterale sulla terra. Eva fu una trasgressora personale della legge di Dio e allettò suo marito Adamo nella trasgressione. Essa stessa fu dunque indegna d’essere la madre personale del “seme” promesso. La “donna” della profezia di Dio dev’essere una donna simbolica. È esattamente come quando Geova Dio parla del suo popolo eletto come se fosse sua moglie, la sua donna, dicendo loro: “Tornate, o figli traviati, dice il Signore; poiché io sono divenuto tuo marito”. (Geremia 3:14; 31:31, Leeser [31:32, NM]) In modo simile la celeste organizzazione dei santi angeli di Dio è per Geova Dio come una moglie, ed essa è la celeste madre del “seme”. Essa è “la donna”. È fra questa “donna” e il Serpente che Dio pone inimicizia.
L’ORIGINALE PROPOSITO NON DOVRÀ ESSERE UN FALLIMENTO
21. Doveva ora l’originale proposito di Dio riguardo alla terra fallire a causa del sorgere della trasgressione?
21 Che dire, però, del proposito di Dio riguardo alla terra come fu dichiarato ad Adamo ed Eva al termine del sesto “giorno” creativo? Doveva ora fallire a causa della trasgressione di Eva e Adamo, che meritavano d’esser messi a morte? Questo proposito originale era quello di fare di tutta la superficie della terra un Paradiso, popolato dai discendenti dei primi uomo e donna originali sulla terra, Adamo ed Eva. Il fallimento non poteva avvenire col dichiarato proposito di Dio. Nessun Satana il Diavolo può far fallire il proposito di Dio e ricoprirLo d’ignominia. Che l’originale proposito di Dio dovesse ancora progredire verso il trionfante adempimento è indicato in ciò che ora alla donna Eva fu detto da Geova Dio il Supremo Giudice.
22. (a) Da parte di chi doveva continuare a popolarsi la terra? (b) Era ragionevole credere che la ferita alla testa del serpente avrebbe recato beneficio al genere umano?
22 “Alla donna disse: ‘Aumenterò grandemente la pena della tua gravidanza; con doglie partorirai figli, e la tua brama si volgerà verso tuo marito, ed egli ti dominerà’”. (Genesi 3:16) Questo significò che si doveva permettere che da questa originale coppia umana si generassero altri abitanti della terra. Ciò è continuato finora, e oggi si fanno preoccupanti discorsi sull’“esplosione della popolazione”. Poiché il grande Serpente, Satana il Diavolo, aveva fatto venire la morte su tutti i discendenti della prima coppia umana, è evidente che la ferita alla “testa” di questo grande Serpente avrebbe dovuto recare beneficio a quei discendenti che erano stati danneggiati dalla sua trasgressione. Esattamente come? Questo era qualche cosa che Geova Dio avrebbe chiarito a suo tempo. Ciò avrebbe contribuito al successo del Suo originale proposito.
23-25. (a) Quando fu pronunciata su Adamo la sentenza di morte per la sua trasgressione? (b) In che modo, quindi, Adamo morì nel giorno in cui mangiò il frutto proibito, e che ne fu della sua progenie?
23 Infine, venne poi il turno dell’uomo, il terzo nell’ordine della trasgressione. Dio gli aveva detto che nel giorno in cui avesse mangiato del frutto proibito sarebbe positivamente morto. (Genesi 2:17) Affinché sua moglie Eva generasse figli con dolori di parto, Adamo avrebbe dovuto continuare a vivere come suo marito e padre dei suoi figli. Come si adempì dunque l’avvertimento che Dio gli aveva dato?
24 Genesi 3:17-19 lo mostra chiaramente: “E ad Adamo disse: ‘Perché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero circa il quale ti avevo dato questo comando: “Non ne devi mangiare”, la terra è maledetta per causa tua. Con pena ne mangerai i prodotti tutti i giorni della tua vita. Ed essa ti produrrà spine e triboli, e dovrai mangiare la vegetazione del campo. Col sudore della tua faccia mangerai il pane finché tornerai alla terra, poiché da essa sei stato tratto. Poiché polvere sei e in polvere tornerai’”. Con queste parole di giudizio, Geova Dio pronunciò sui trasgressori la sentenza di morte, e questo entro lo stesso giorno in cui Adamo aveva trasgredito.
25 Giudiziariamente, dal punto di vista di Dio, Adamo morì quello stesso giorno, e morì anche la sua moglie trasgressora Eva. Essi furono entrambi stroncati dall’opportunità e dalla prospettiva di vivere per sempre nella felicità nel Paradiso di Delizie. Ora egli era morto nella sua trasgressione. Da questo momento in poi egli poté tramandare alla sua progenie generata mediante Eva solo un’esistenza moritura e una condanna, a causa dell’ereditata imperfezione umana. Tutta la sua progenie avrebbe dovuto dire, come il salmista Davide disse migliaia d’anni dopo: “Ecco, con errore fui dato alla luce con dolori di parto, e mia madre mi concepì nel peccato”. (Salmo 51:5) A tutto il genere umano peccatore Dio può dire, come disse al suo popolo eletto: “Il tuo proprio padre, il primo, ha peccato”. (Isaia 43:27) Tutto il genere umano morì in Adamo il giorno che il Supremo Giudice pronunciò su lui la sentenza per il suo peccato. Dopo che Adamo ebbe ricevuto la sua sentenza, la morte fisica fu per lui inevitabile.
26. Anche quando un “giorno” è considerato come mille anni, come Adamo morì nel giorno della sua trasgressione, e che cosa cessò di essere?
26 Molto appropriatamente, il “libro della storia di Adamo” ci narra: “Generò figli e figlie. Tutti i giorni che Adamo visse ammontarono dunque a novecentotrent’anni e morì”. (Genesi 5:1-5) Egli visse settant’anni meno di mille anni. Nessuno della sua progenie è vissuto per mille anni interi, e Metusela, il più vecchio, visse solo novecentosessantanove anni. (Genesi 5:27) Anche dal punto di vista di Dio che considera mille anni come un giorno, Adamo morì entro il primo “giorno” di mille anni d’esistenza del genere umano. Dove andò alla sua morte fisica? Neanche la sua “anima” (nefʹesh) era stata presa dal cielo, ed egli non vi ‘tornò’. Egli tornò effettivamente alla polvere della terra, perché, come Dio disse, di lì Adamo era stato tratto. Cessò quindi d’essere un’“anima vivente”. (Genesi 2:7) Cessò di esistere. Quando sua moglie Eva morì di morte fisica, ella pure cessò d’essere un’“anima vivente”. Non ci fu nessun’anima che, secondo la mitologia religiosa babilonese, vivesse per i secoli dei secoli.
PERDITA DEL PARADISO
27. A quale parte della terra si applicò la maledizione del suolo, e che cosa significò per Adamo ed Eva che egli lavorasse la terra maledetta?
27 L’espressione della sentenza di Dio su Adamo, specialmente le parole circa la “terra . . . maledetta”, significò che Adamo doveva perdere il Paradiso. Egli lo perse. Il Paradiso non fu maledetto a causa della trasgressione di Eva e Adamo; esso continuò a essere un luogo di vita, avendo ancora entro di sé l’“albero della vita”. Genesi 3:20-24 ci informa:
“Dopo ciò Adamo mise a sua moglie il nome di Eva, perché doveva divenire la madre di tutti i viventi. E Geova Dio faceva lunghe vesti di pelle per Adamo e sua moglie e li vestiva. E Geova Dio proseguì, dicendo: ‘Ecco, l’uomo è divenuto simile a uno di noi conoscendo il bene e il male, e ora onde non stenda la mano ed effettivamente prenda anche il frutto dell’albero della vita e mangi e viva a tempo indefinito, . . .’ Allora Geova Dio lo mandò fuori del giardino d’Eden, perché coltivasse la terra dalla quale era stato tratto. E così cacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino d’Eden i cherubini e la fiammeggiante lama d’una spada che ruotava continuamente per custodire la via dell’albero della vita”.
28. Perché non fu più possibile per Adamo la vita a tempo indefinito?
28 Avendo il potere della morte, Geova Dio pose l’uomo fuori della portata dell’albero della vita, per rendere esecutiva su Adamo la pena di morte. La moglie di Adamo seguì suo marito per divenire la madre dei figli di lui. Se Dio cacciasse il serpente ch’era stato impiegato per tentare Eva, il racconto non lo indica. Per Adamo ed Eva la vita a tempo indefinito non fu più possibile.
29. (a) Come Dio pose ora “inimicizia” fra la “donna” e il “serpente”? (b) Quale effetto ebbe l’annunciato proposito di Dio sul suo originale proposito per la terra, e perché possiamo ora rallegrarci?
29 Non c’è nessuna testimonianza che, fuori del giardino d’Eden, Eva educasse i suoi figli a odiare i serpenti. Ma la celeste organizzazione dei santi angeli di Dio, la vera “donna” a cui la profezia di Dio fa riferimento in Genesi 3:15, cominciò immediatamente a odiare il grande Serpente, Satana il Diavolo. L’amore verso Geova Dio come suo celeste marito spinse l’organizzazione assomigliata a una donna a far questo. Dio pose invero inimicizia fra la Sua “donna” e il grande Serpente. Quando ella dovesse partorire il “seme”, che avrebbe ferito la testa del grande Serpente, venne a far parte del proposito di Geova Dio. Egli aveva ora formato il suo proposito riguardo al suo Unto, al suo Messia, e aveva reso noto questo fatto al cielo e alla terra, quasi seimila anni fa. Ciò avveniva tanto tempo fa. Tale proposito ulteriore rinforzò il proposito originale di Dio riguardo a una terra paradisiaca e ne rese certo l’adempimento. L’immutabile Dio ancora si attiene a tale annunciato proposito del suo Unto, del suo Messia. Possiamo grandemente rallegrarci che esso ora trionfi per il bene dell’uomo.
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Vita umana fuori del Paradiso fino al DiluvioL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo VI
Vita umana fuori del Paradiso fino al Diluvio
1. Quale aspetto relativo al “seme” del suo proposito Dio fece conoscere, e quale domanda questo suscita?
CON l’andar del tempo il celeste Benefattore dell’uomo fece conoscere un aspetto del suo “eterno proposito” che tocca una sensibile corda del nostro cuore. Fu quello che il proposto “seme” della sua celeste “donna” avrebbe avuto una temporanea esistenza fra il genere umano sulla terra. Immediatamente questo suscita nella nostra mente la domanda: Poiché il “seme” sarebbe nato nella nostra razza umana, da quale linea di discendenza di Adamo ed Eva sarebbe dunque venuto il “seme”?
2. A che cosa Dio limitò principalmente il contenuto della Bibbia, e perché abbiamo bisogno di studiare la Bibbia?
2 La storia della linea di discendenza umana del “seme” è per noi la cosa importante da conoscere. La storia dei popoli e delle nazioni che non hanno nulla a che fare con il corso di vita di questo “seme” non ha indispensabile importanza o valore. Ecco perché Geova Dio limitò il contenuto della Sacra Bibbia principalmente per comunicarci come questa linea di discendenza avrebbe portato a questo “seme”. Acquistando conoscenza di questa storia biblica, potremo identificare chi è questo “seme” che ferirà il Serpente, e non ci esporremo in modo da essere ingannati e sviati da un simulatore, un seme falso. L’inganno potrebbe condurci alla distruzione eterna. Il grande Ingannatore, che pose nel giardino di Eden il falso inganno e che è nemico del vero “seme”, ancora ricorre ai suoi vecchi trucchi. Egli vorrebbe ingannarci tutti, sviandoci dal “seme” dell’“eterno proposito” di Dio. Abbiamo perciò bisogno di studiare la Bibbia.
3. Chi fu il figlio primogenito di Adamo, e quale domanda sorge dunque riguardo a Set figlio di Adamo?
3 Nella Bibbia Ebraica, per ultimo sono elencati i due libri di Cronache, e non il libro profetico di Malachia. Ora, se ci rivolgiamo al primo libro di Cronache notiamo che comincia con una linea di dieci generazioni che discendono da Adamo, come segue: “Adamo, [1] Set, [2] Enos, [3] Chenan, [4] Maalalel, [5] Iared, [6] Enoc, [7] Metusela, [8] Lamec, [9] Noè, [10] Sem, Cam e Iafet”. (1 Cronache 1:1-4) Set non fu il figlio primogenito di Adamo fuori del Paradiso di Delizie. Lo fu Caino, e Abele fu il successivo figlio di Adamo ed Eva che viene nominato. (Genesi 4:1-5) Perché, dunque, Set fu quello che venne elencato nella linea di discendenza che condusse a Noè?
4. Che cosa mostra che Dio non predispose che Set fosse il primo a essere elencato nella linea di discendenza da Adamo?
4 Predispose Geova Dio le cose in questo modo? No, poiché questo avrebbe voluto dire che Dio prestabilì che Caino doveva assassinare il suo fratello più giovane Abele e così squalificarsi dall’essere colui per mezzo del quale oggi il genere umano avrebbe potuto tracciare la propria discendenza. Né Dio predispose che, mediante infame assassinio, Abele fosse prematuramente stroncato prima di avere la necessaria progenie e che Set fosse così sostituito al suo posto. (Genesi 4:25) Che Dio non predisponesse l’assassinio di Abele per far posto a Set è evidente dall’avvertimento che Dio diede a Caino per non farlo cadere vittima del grave peccato motivato da risentimento perché la sua offerta a Dio era stata rifiutata ma il sacrificio di suo fratello Abele era stato accettato. — Genesi 4:6, 7.
5, 6. Che cosa significò per Set che egli nacque a somiglianza e immagine di Adamo, e come dando a suo figlio il nome Enos fu mostrata la comprensione di questo fatto?
5 No, Geova Dio non predispose che gli avvenimenti si verificassero in questo modo, ma ci volle molto tempo prima che ad Adamo nascesse un figlio la cui linea di discendenza avrebbe portato fino alla nascita nella carne del promesso “seme”, il Messia. Questo tardo inizio della favorita linea di discendenza di Adamo è mostrato in Genesi 5:3, dove leggiamo: “E Adamo visse ancora centotrent’anni. Quindi generò un figlio a sua somiglianza, a sua immagine, e gli mise nome Set”. Essendo a somiglianza e immagine di Adamo, o, essendo della specie di Adamo, Set fu imperfetto, avendo ereditato il peccato ed essendo perciò sotto la condanna di morte. La comprensione di questo fatto pare sia mostrata dal nome che Set diede a suo figlio, del quale leggiamo: “E anche a Set nacque un figlio e gli mise nome Enos”. (Genesi 4:26) Il nome ha il significato di “malaticcio, malsano, incurabile”.
6 In armonia con ciò la parola ebraica e·noshʹ, quando non è usata come nome proprio, viene tradotta “uomo mortale”. Per esempio, quando Giobbe nella sua dolorosa afflizione dice: “Che cos’è l’uomo mortale [ebraico: e·noshʹ] che tu debba farci tanto caso, e che tu ponga a lui il tuo cuore?” — Si vedano Giobbe 7:17; 15:14; e, Salmo 8:4; 55:13; 144:3; Isaia 8:1.
7-9. (a) Quale pratica religiosa fu iniziata ai giorni di Enos? (b) Che cosa indica se questa pratica fu per l’uomo utile o no?
7 Il tempo della vita di Enos nipote di Adamo fu contrassegnato da qualche cosa di notevole, su cui Genesi 4:26 richiama la nostra attenzione, dicendo con riferimento a Enos che nacque a Set: “In quel tempo si cominciò a invocare il nome di Geova”. Enos nacque quando Set aveva centocinque anni, il che significherebbe duecentotrentacinque anni dopo la creazione di Adamo. (Genesi 5:6, 7) Allora la popolazione umana della terra era aumentata mediante i matrimoni dei molti figli e figlie di Adamo fra loro e mediante i matrimoni della loro progenie. Che fra questa crescente popolazione si cominciasse a “invocare il nome di Geova” fu forse qualche cosa di favorevole per il genere umano e servì a onorare Dio? Fu ciò che i moderni evangelisti chiamerebbero un “risveglio religioso”? L’antica versione greca dei Settanta, fatta dai Giudei di Alessandria d’Egitto, traduce questo passo ebraico: “E Set ebbe un figlio, e gli mise nome Enos: egli sperò d’invocare il nome del Signore Dio”. — Genesi 4:26, LXX, edizione di S. Bagster and Sons Limited.
8 La traduzione della Bibbia di Gerusalemme (edizione inglese) esprime un pensiero simile, dicendo: “Quest’uomo fu il primo a invocare il nome di Yahweh”. Ma questa traduzione non tiene conto dell’accettevole adorazione resa a Geova dal fedele Abele prima d’essere assassinato dal geloso Caino. In quanto alla New English Bible, essa dice: “In quel tempo gli uomini cominciarono a invocare il SIGNORE per nome”. (Anche, The New American Bible) Comunque, l’antico Targum palestinese assume una veduta sfavorevole dell’avvenimento. Il famoso Rashi (rabbino Shelomoh Yitschaki, del 1040-1105 E.V.) rende Genesi 4:26: “Quindi il profano fu chiamato con il Nome del Signore”. A uomini e a oggetti inanimati si attribuirono cioè le qualità di Geova e furon chiamati conformemente. Ciò significherebbe che allora cominciò l’idolatria nel nome di Geova.
9 Che il nome di Geova non fosse invocato nel senso di rivolgersi a Dio è indicato dal fatto che non nacque un uomo che ricevesse il riconoscimento di Dio se non trecentottantasette anni dopo la nascita di Enos. Questi fu Enoc.
CAMMINARE CON DIO FUORI DEL PARADISO
10. Che si dica che Enoc camminò col vero Dio come si riflette su suo padre Iared che visse più a lungo?
10 Di questo pronipote di Enos che nacque nel 3404 a.E.V. (o 622 A.M.), è scritto: “Ed Enoc visse ancora sessantacinque anni. Quindi generò Metusela. E dopo aver generato Metusela, Enoc continuò a camminare col vero Dio per trecento anni. Nel frattempo generò figli e figlie. Tutti i giorni di Enoc ammontarono dunque a trecentosessantacinque anni”. (Genesi 5:21-23) Questa fu una vita comparativamente breve per Enoc, il cui padre Iared visse novecentosessantadue anni e il cui figlio Metusela visse novecentosessantanove anni divenendo l’uomo più vecchio della storia. Eppure Enoc ‘camminò col vero Dio’. Questo non fu detto di suo padre Iared, che dopo la nascita di Enoc continuò a vivere per ottocento anni. (Genesi 5:18, 19) È dunque evidente che la fede di Iared non fu paragonabile alla fede in Dio di Enoc e che egli non camminò secondo la volontà di Dio o non ne annunciò il proposito.
11. Quale profezia fece Enoc, e su quale condizione del popolo questo dovette riflettersi?
11 Accuratamente si narra che Enoc fu un profeta del vero Dio. In una lettera scritta nel primo secolo E.V., è scritto: “Sì, il settimo uomo nella discendenza da Adamo, Enoc, pure profetizzò riguardo a loro, quando disse: ‘Ecco, Geova è venuto con le sue sante miriadi, per eseguir giudizio contro tutti, e per convincere tutti gli empi di tutte le loro empie opere che hanno empiamente fatte e di tutte le cose offensive che gli empi peccatori han dette contro di lui’”. (Giuda 14, 15) Questa profezia si riflette senza dubbio sulla condizione religiosa esistente in quel remoto giorno di Enoc. Altrimenti, qual era la base per fare una tale ispirata profezia che avvertiva della venuta contro tutti gli empi del giudizio di Geova, che era così sicuro come se fosse già avvenuto? Siccome Enoc non era uno degli empi del suo giorno, Dio poté impiegarlo per dichiarare la profezia. Quantunque dimorasse fuori del Paradiso custodito dai cherubini che ancora esisteva al giorno di Enoc, egli “continuò a camminare col vero Dio”.
12, 13. Secondo il pensiero giudaico, e quello della cristianità, dove fu preso Enoc?
12 Perché, dunque, Enoc visse una vita comparativamente così breve per quei tempi? Genesi 5:24 ci informa: “Ed Enoc continuò a camminare col vero Dio. Quindi non fu più, poiché Dio lo prese”.
13 Probabilmente Enoc si trovò in qualche terribile situazione quando Dio lo prese. I nemici di Enoc minacciavano forse di ucciderlo, e Dio lo tolse perciò dalla scena per risparmiargli una morte violenta? Non lo sappiamo. Sorge la domanda: Dove lo prese Dio? Qualche pensiero giudaico è che Dio lo prendesse in cielo. Questo è oggi anche il pensiero della cristianità. Per esempio, in una lettera scritta agli Ebrei del primo secolo E.V., si fa su Enoc un commento ed ecco come A New Translation of the Bible, del dott. James Moffatt, di questo secolo, rende Ebrei 11:5, nella maniera seguente: “Fu per fede che Enoc fu portato in cielo, così che non morì mai (non fu raggiunto dalla morte, poiché Dio lo aveva portato via)”. The New English Bible qui dice: “Per fede Enoc fu portato via in un’altra vita senza passare attraverso la morte; egli non doveva esser trovato, perché Dio l’aveva preso. Poiché la Scrittura attesta che prima d’esser preso egli era piaciuto a Dio”. — Si veda anche La Bibbia di Gerusalemme.
14. Che cosa mostra se l’aver ‘camminato con Dio’ desse a Enoc il diritto di venire assunto in cielo?
14 Comunque, Salmo 89:48 pone la domanda: “Quale uomo robusto che è in vita non vedrà la morte? Può provvedere scampo alla sua anima dalla mano dello Sceol?” Anche Enoc aveva ricevuto dunque dal peccatore Adamo l’eredità della morte, e anche lui fu costretto a morire, nonostante che avesse camminato col vero Dio. Del pronipote di Enoc si scrisse in seguito che questi pure “camminò col vero Dio”; e tuttavia la vita di quest’ultimo non fu abbreviata. Egli visse più di Adamo, novecentocinquant’anni, cinquant’anni meno di mille. (Genesi 6:9; 9:28, 29) Di conseguenza, che Enoc camminasse con Dio per un tempo minore di quanto vi camminasse il suo pronipote non gli diede diritto di andare in cielo o di passare a un’altra vita, come il fatto che Noè camminò con Dio per tanto tempo non gli diede diritto a una tal cosa.
15. Come Enoc poté dunque essere trasferito in modo da non vedere la morte?
15 Il profeta Mosè morì all’età di centovent’anni e Dio lo seppellì, così che fino a questo giorno nessun uomo sa dov’è sepolto Mosè. (Deuteronomio 34:5-7) Così Dio tolse improvvisamente Enoc dalla scena dei suoi contemporanei, e non si sa dove Enoc morì o non si conosce nessuna tomba. Egli non morì di morte violenta per mano dei suoi nemici. Essendo profeta, può darsi che mentre era in un trance profetico avesse una visione del nuovo ordine di cose di Dio nel quale Dio “effettivamente inghiottirà la morte per sempre”. (Isaia 25:8) Enoc attendeva di vivere in quel nuovo ordine su una terra paradisiaca. Mentre Enoc era sotto il potere di una tale visione di dove il genere umano sarà liberato dalla morte mediante il misericordioso provvedimento di Dio, Dio poté toglierlo dalla scena e porre fine alla sua vita attuale, così che Enoc non si rese conto di morire. In tale modo meraviglioso si sarebbe adempiuto ciò che è scritto in Ebrei 11:5:
“Per fede Enoc fu trasferito in modo da non vedere la morte e non fu trovato in nessun luogo perché Dio l’aveva trasferito; poiché prima del suo trasferimento ebbe la testimonianza d’essere stato accetto a Dio”. — Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture.
I GIORNI PRIMA DEL DILUVIO
16. Come stabiliamo che Adamo e Metusela si conoscessero l’un l’altro?
16 Metusela figlio di Enoc nacque 969 anni prima del diluvio universale, e morì così l’anno del Diluvio. Sebbene Metusela fosse l’ottavo nella linea da Adamo, conobbe egli Adamo suo primogenitore umano? Sì. Adamo fu creato 1.656 anni prima del Diluvio. Visse 930 anni. Se aggiungiamo la sua età a quella di Metusela, abbiamo 1.899 anni. Sottraendo 1.656 anni da questo totale, la differenza è di 243 anni. Così le vite di Adamo e Metusela si sovrapposero l’una all’altra di 243 anni. — Genesi 5:5, 21, 25-27.
17. Quale profezia fu proferita da Lamec figlio di Metusela alla nascita di Noè, e perché questo nome fu appropriato?
17 Metusela visse abbastanza a lungo da udire gli avvertimenti proclamati sul diluvio universale avvenire, e quasi vide completare i preparativi fatti per la sopravvivenza di alcuni del genere umano da quella catastrofe mondiale. Egli fu in grado di vedere suo nipote Noè predicare la giustizia e preparare il mezzo per la sopravvivenza umana. Di tutti i figli di Metusela, Lamec fu quello che generò Noè. Fu alla nascita di Noè che Lamec fu ispirato a proferire riguardo a lui una profezia. Questo rivelò che Dio si proponeva di impiegare Noè figlio di Lamec. Su ciò leggiamo: “E Lamec visse ancora centottantadue anni. Quindi generò un figlio. E gli metteva nome Noè, dicendo: ‘Questo ci recherà conforto dalla nostra opera e dalla pena delle nostre mani derivante dalla terra che Geova ha maledetta’”. Lamec continuò a vivere fino a cinque anni dal Diluvio. (Genesi 5:27-31) Il nome Noè fu in armonia con la profezia di Lamec, poiché significa “Riposo” e dà l’idea della consolazione che viene dal riposo. La maledizione di Dio doveva essere tolta dalla terra che Egli aveva maledetta a motivo della trasgressione di Adamo. — Genesi 3:17.
18. Quando, nella vita di Noè, cominciò il diluvio, e in seguito finì?
18 Il diluvio venne entro il seicentesimo anno della vita di Noè e continuò nel suo seicentesimoprimo anno di vita. (Genesi 7:11; 8:13; 7:6) La catastrofe mondiale che avvenne nel giorno di Noè prefigurò la più grande catastrofe mondiale che avverrà fra breve entro la nostra generazione, e per questa ragione merita che la consideriamo. — Proverbi 22:3.
19. Come Noè nel corso della sua vita fu simile a Enoc?
19 Noè, nato nel 2970 a.E.V. (1056 A.M.), fu per secoli senza figli: “E Noè aveva cinquecento anni. Dopo ciò Noè generò Sem, Cam e Iafet”. (Genesi 5:32) Quali furono i precedenti di Noè, prima ancora che divenisse padre? “Questa è la storia di Noè. Noè fu uomo giusto. Egli si mostrò senza difetto fra i suoi contemporanei. Noè camminò col vero Dio”. (Genesi 6:9, 10) Noè fu dunque simile a Enoc.
20. Perché sorge una domanda riguardo ai “figli del vero Dio” che si riferì erano sulla terra ai giorni di Noè?
20 Nonostante che Noè fosse discendente di Set e di Enoc e che inoltre ‘camminasse col vero Dio’, tuttavia Noè non fu chiamato ‘figlio del vero Dio’. Se egli non fu chiamato così, chi altro sulla terra poté esser chiamato così in quei giorni di discendenza dal peccatore Adamo? Chi furono, quindi, quelli che si riferì che apparivano sulla terra ai giorni di Noè, circa i quali ora leggiamo? “Or avvenne che quando gli uomini cominciarono a crescere di numero sulla superficie della terra e nacquero loro delle figlie, i figli del vero Dio notavano che le figlie degli uomini erano di bell’aspetto; e si presero delle mogli, cioè tutte quelle che scelsero. Dopo ciò Geova disse: ‘Il mio spirito non dovrà agire verso l’uomo indefinitamente, in quanto egli è anche carne. Pertanto i suoi giorni dovranno ammontare a centoventi anni’”. — Genesi 6:1-3.
21. Chi erano quei “figli del vero Dio”, e cosa mai desiderarono?
21 Quei “figli del vero Dio” dovettero essere angeli dal cielo, che fino a quel tempo erano stati parte dell’organizzazione celeste di Geova composta dai santi “figli del vero Dio”, la simbolica “donna” di Geova che doveva divenire la madre del promesso “seme”. Alla fondazione della terra come dimora umana, essi avevano osservato l’opera creativa di Geova e avevano emesso urla d’applauso. (Giobbe 38:7; Genesi 3:15) Osservando il matrimonio che si faceva fra il genere umano, specialmente con le donne di bell’aspetto, si fecero allettare dal desiderio di vivere per proprio conto sulla terra la vita sessuale insieme alle donne.
22. Come quei “figli del vero Dio” soddisfecero il loro desiderio e in tal modo peccarono?
22 Come avrebbero potuto da creature spirituali avere essi sulla terra rapporti sessuali con donne carnali? Con la materializzazione in corpi carnali come uomini desiderabili e prendendo mogli umane e avendo con loro rapporti sessuali. Poiché il Creatore e Padre celeste aveva autorizzato il matrimonio fra le carnali creature terrestri di natura simile e non fra creature spirituali e carnali creature umane, questi “figli del vero Dio” non vennero a materializzarsi come uomini carnali per rendere servizio quali messaggeri di Geova Dio, da Lui incaricati e inviati. Essi causavano una confusione delle nature, spirituale e umana, celeste e terrestre. (Levitico 18:22, 23) Manifestamente quei “figli del vero Dio” peccavano.
23. Con quale spirito Dio aveva agito per lungo tempo verso il peccaminoso genere umano, ma ora che cosa dichiarò?
23 Eran passati più di mille anni da quando Adamo si era ribellato in Eden contro la sovranità universale di Geova Dio. Geova aveva agito verso il peccaminoso genere umano con spirito di pazienza e sopportazione, poiché sin dai giorni di Enoc bisnonno di Noè l’umanità in genere era divenuta notoriamente ‘empia’. E ora intraprendevano una nuova forma di corruzione morale e perversione sessuale con i matrimoni fra donne e angeli materializzati. Doveva venire il tempo in cui il paziente Creatore avrebbe smesso di agire con spirito di tolleranza e sopportazione verso il genere umano che si andava degradando. Pienamente giustificato, Dio infine dichiarò: “Il mio spirito non dovrà agire verso l’uomo indefinitamente, in quanto egli è anche carne. Pertanto i suoi giorni dovranno ammontare a centoventi anni”. — Genesi 6:3.
24. (a) Imponeva qui Dio un limite di età all’uomo, come nel caso di Mosè? (b) Quindi che cosa cominciò, e perché fu concesso un generoso periodo di tempo?
24 Questo non fu un limite di età imposto all’uomo come nel caso del profeta Mosè, che visse fino a centovent’anni. Fu un decreto divino secondo cui l’empio mondo del genere umano doveva avere solo altri centovent’anni d’esistenza sino al diluvio universale. Così questo decreto divino fu emanato nel 1536 A.M. o 2490 a.E.V. Ciò volle dire che per quel mondo empio dei giorni di Noè era cominciato il “tempo della fine”. Il Dio di propositi prestabiliva gli avvenimenti. Benché non avesse prestabilito che nel caso dei “figli del vero Dio” si verificasse un avvenimento così sorprendente, ciò nondimeno egli aveva ancora il pieno controllo e poteva mantenersi padrone della situazione. Egli è onnisapiente, onnipotente. Concedendo un tale esteso periodo di tempo prima della fine di quell’empio mondo, mostrò molta considerazione. Perché? Perché il decreto divino fu emanato vent’anni prima che Noè divenisse padre e a lui permise pure d’avere tre figli e a questi tre figli di crescere e sposarsi e di unirsi al loro padre nei preparativi necessari per sopravvivere al sovrastante diluvio. — Genesi 5:32; 7:11.
I NEFILIM
25, 26. Come fu chiamata la progenie dei matrimoni degli angeli e delle donne, e perché?
25 I giorni dei matrimoni fra i passionali “figli del vero Dio” e le donne furono numerati. Ma era possibile che da questa confusione di nature fra spiriti materializzati e carnali creature femminili con facoltà procreative venisse qualche progenie? Riferendoci i fatti, Genesi 6:4 risponde:
“I Nefilim mostrarono d’essere sulla terra in quei giorni, e anche dopo, quando i figli del vero Dio continuarono ad avere relazione con le figlie degli uomini ed esse partorirono loro dei figli: essi furono i potenti dell’antichità, gli uomini famosi”.
26 I figli di questi matrimoni promiscui furono ibridi e furono chiamati Nefilim. Questo nome significa “Abbattitori”, per indicare che tali potenti figli ibridi abbattevano con violenza altri o causavano la caduta degli uomini più deboli. Ci volle considerevole tempo perché questi Nefilim fossero concepiti e nascessero e poi crescessero fino a intraprendere la loro carriera di violenza. Essendo ibridi, normalmente non erano in grado di riprodurre la loro specie promiscua.
27. Che cosa Dio si propose di spazzare via dalla superficie della terra, e perché?
27 La famiglia umana non trasse beneficio da una così intima unione dei disubbidienti materializzati “figli del vero Dio” con le creature umane. “Di conseguenza Geova vide che la malvagità dell’uomo era abbondante sulla terra e che ogni inclinazione dei pensieri del suo cuore era solo male in ogni tempo. E Geova si rammaricò d’aver fatto gli uomini sulla terra, e se ne addolorò nel suo cuore. Dunque Geova disse: ‘Io cancellerò gli uomini che ho creati dalla superficie della terra, dall’uomo all’animale domestico, all’animale che si muove e alla creatura volatile dei cieli, perché in effetti mi rammarico d’averli fatti’. Ma Noè trovò favore agli occhi di Geova”. (Genesi 6:5-8) Geova si rammaricò che l’uomo che Egli aveva creato fosse sceso così in basso moralmente e spiritualmente. Era deplorevole che sulla terra ci fossero uomini con tali personalità degradate. Questi erano quelli che Egli si propose di spazzare via dalla terra, ma non la razza umana di cui Noè era un giusto componente.
28. Perché oggi possiamo esser grati che Dio si proponesse di porre fine a quello stato di violenza antidiluviano sulla terra?
28 In netto contrasto con Noè e la sua famiglia, “la terra si rovinò alla vista del vero Dio e la terra fu piena di violenza. Dio vide dunque la terra, ed ecco, era rovinata, perché ogni carne aveva rovinato la sua via sulla terra”. (Genesi 6:11, 12) In quei giorni prima del Diluvio il mondo del genere umano era entrato nell’èra della violenza. Oggi il mondo è entrato in un’“èra di violenza”, come la chiamano gli osservatori, dall’anno 1914 E.V., anno in cui la prima guerra mondiale si scatenò in tutta la sua violenza. Quindi potremmo ben chiederci: Quale sarebbe oggi la condizione del mondo se Dio Onnipotente avesse fatto continuare senza interruzione l’“èra di violenza” che esisteva prima del Diluvio? Il pensiero delle possibilità ci fa rabbrividire. Molto prima d’ora la terra sarebbe divenuta un luogo troppo pericoloso per viverci. Possiamo esser grati che Dio si propose di porre fine a quell’“èra di violenza” antidiluviana.
UN MONDO FINISCE, UNA RAZZA SOPRAVVIVE
29. I comandi che Geova diede a Noè furono in armonia con quale proposito di Dio per la terra?
29 Geova Dio si attenne al suo originale proposito di far pienamente abitare la terra da discendenti del primo uomo e della prima donna in condizioni paradisiache. Inoltre, la linea di discendenza che portava alla generazione del Messia doveva essere preservata. Conforme a ciò, Geova diede all’ubbidiente Noè comando di costruire un’arca (o, una cassa galleggiante) di tale ampiezza da contenere Noè e la sua famiglia e basilari esemplari di animali terrestri e creature volatili dei cieli come la colomba e il corvo. Nell’arca nessuno spazio fu occupato da un motore a vapore o da un motore Diesel e da provviste di combustibile per sospingere l’arca in qualche luogo; essa semplicemente galleggiò con i suoi occupanti vivi e con provviste di cibo sufficienti per un anno o più. — Genesi 6:13–7:18.
30. Per rendere possibile tale diluvio planetario, quale fu sopra e intorno alla terra lo stato naturale sin dal secondo “giorno” creativo?
30 Per capire le possibilità di un tale planetario diluvio d’acqua, dobbiamo immaginare di vedere lo stato di cose del nostro globo nel suo insieme. Sulla sua superficie erano masse di asciutto grandi e piccole, che emergevano dai mari. Al di sopra di tutto questo era una volta o distesa contenente l’atmosfera che il genere umano e altre creature viventi respiravano. Ma al di fuori di questo c’era una profonda volta acquea che circondava la terra come una fascia e che il Creatore aveva fatto sollevare nel secondo “giorno” creativo a un’altezza scientificamente accurata. Ivi rimase sospesa come un avvolgimento intorno al globo terrestre, per ricadere sulla terra solo secondo il proposito del Creatore e al Suo comando. (Genesi 1:6-8) Un ispirato commentatore biblico del primo secolo E.V. lo descrisse piacevolmente, dicendo: “Nei tempi antichi vi erano i cieli, e la terra era solidamente fuori dell’acqua e nel mezzo dell’acqua mediante la parola di Dio”. — 2 Pietro 3:5.
31, 32. Che cosa mostrarono le statistiche di Noè riguardo al Diluvio?
31 Il diluvio universale non è un mito che venga da fonti babiloniche. È un fatto storico che fino a questo giorno ha lasciato i suoi effetti sulla terra. Furono indicati data e tempo. Secondo il giornale di bordo o dell’arca di Noè, cominciò il diciassettesimo giorno del secondo mese dell’anno lunare, nel seicentesimo anno della sua vita.
32 Quindi Noè annotò che la precipitazione dell’acqua dai cieli continuò per quaranta giorni. Anche le cime dei monti di allora furono coperte dalle acque del diluvio per una profondità di quindici cubiti. Il diciassettesimo giorno del settimo mese lunare l’arca toccò terra sui monti di Ararat. Secondo la potenza del Creatore, nella crosta esterna del globo terrestre si formarono nuovi bacini per raccogliere le acque diluviane che si prosciugavano. Il primo giorno del primo mese del nuovo anno lunare il processo di prosciugamento fu completato. Il ventisettesimo giorno del secondo mese del nuovo anno lunare, o un anno lunare e dieci giorni dopo l’inizio del diluvio, Dio disse a Noè di uscire dall’arca e di farne venire fuori anche tutti gli animali. — Genesi da 7:11 a 8:19.
33. Che cosa perì nel Diluvio, e che cosa sopravvisse?
33 In questo modo, sotto la protezione divina, la razza umana discendente da Adamo sopravvisse al diluvio universale, ma un mondo empio o un mondo di persone empie giunse alla fine. Ciò significò anche che furono distrutti quegli infami ibridi Nefilim, essendo essi carnali come tutto il resto del genere umano. Con linguaggio semplice e comprensibile, l’ispirato commentatore biblico del primo secolo lo descrisse correttamente, dicendo:
“[Dio] non si trattenne dal punire il mondo antico, ma conservò Noè, predicatore di giustizia, con sette altri quando portò il diluvio su un mondo di empi; . . . mediante tali mezzi il mondo di quel tempo subì la distruzione quando fu inondato dall’acqua”. — 2 Pietro 2:5; 3:6.
34. Secondo Mosè, che cosa accadde alle creature viventi che erano sulla terra e a quelle che erano nell’arca?
34 Questo è in armonia con la dichiarazione del profeta Mosè: “Tutto ciò nelle cui narici era attivo l’alito della forza della vita, cioè tutto ciò che era sulla terra asciutta, morì. Così cancellò ogni cosa esistente che era sulla superficie della terra, dall’uomo alla bestia, all’animale che si muoveva e alla creatura volatile dei cieli, ed essi furono cancellati dalla terra; e sopravvivevano solo Noè e quelli che erano con lui nell’arca. E le acque continuarono a prevalere sulla terra per centocinquanta giorni”. — Genesi 7:22-24.
35. Se non vogliamo essere riservati al “giorno cattivo” dell’esecuzione del giudizio di Dio, che cosa dobbiamo ora fare, come Noè?
35 Questo diluvio di proporzioni universali fu davvero un “atto di Dio”. In maniera drammatica illustra un punto che noi oggi dovremmo prendere a cuore. Quale? “Geova sa liberare le persone di santa devozione dalla prova, ma riservare gli ingiusti al giorno del giudizio perché siano stroncati”. (2 Pietro 2:9) “Geova ha fatto ogni cosa per il suo scopo, sì, pure il malvagio per il giorno cattivo”. (Proverbi 16:4) Or dunque, se non desideriamo essere riservati al “giorno cattivo” che si avvicina rapidamente, al “giorno” stabilito da Geova stesso per eseguire il suo giusto giudizio contro tutte le persone ingiuste sulla terra, ci conviene ‘camminare con Dio’, come fece Noè, conformandoci al Suo proposito.
36. (a) Al Diluvio, che cosa accadde ai Nefilim? (b) Inoltre, quali conseguenze subirono i “figli del vero Dio” che erano stati disubbidienti?
36 Al Diluvio, il giudizio divino non fu eseguito solo contro gli uomini ingiusti e i Nefilim, ma il meritato giudizio fu attuato anche contro quei disubbidienti “figli di Dio”. È vero che, quando il Diluvio prevalse sull’intera terra, quei “figli del vero Dio” lasciarono le loro mogli e le loro famiglie e si smaterializzarono senza annegare. Ma che accadde quando tornarono nella loro condizione spirituale, che era il loro proprio luogo di dimora? Ripresero quindi la precedente intimità che avevano avuta con Dio? Fu la loro relazione con Lui uguale a quella precedente? Continuarono a essere nella sua santa organizzazione celeste ancora come “figli del vero Dio”? No; ma in queste disubbidienti creature spirituali vediamo l’origine dei “demoni (indipendentemente da Satana il Diavolo) di cui parla il profeta Mosè. (Deuteronomio 32:17; anche Salmo 106:37) Ma i commentatori biblici del primo secolo sono più specifici in quanto al modo in cui Geova Dio trattò quegli spiriti disubbidienti, dicendo:
“Gli angeli che non mantennero la loro posizione originale ma abbandonarono il proprio luogo di dimora egli li ha riservati al giudizio del gran giorno con legami sempiterni, sotto dense tenebre”. (Giuda 6) “Gli spiriti in prigione, che una volta erano stati disubbidienti quando la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè, mentre era costruita l’arca, in cui alcune persone, cioè otto anime, furono salvate attraverso l’acqua”. (1 Pietro 3:19, 20) “Dio non si trattenne dal punire gli angeli che peccarono, ma, gettandoli nel Tartaro, li consegnò a fosse di dense tenebre per esser riservati al giudizio”. — 2 Pietro 2:4.
37. Tornati che furono nel reame spirituale, in quale stato vennero a trovarsi i “figli del vero Dio” che erano stati disubbidienti?
37 Così la smaterializzazione dei disubbidienti “figli del vero Dio” e il loro ritorno nel reame spirituale non li trasformarono di nuovo in angeli santi. Essi si trovarono dalla parte di Satana il Diavolo, l’originale ribelle contro Geova Dio. Non erano più adatti per un luogo nell’organizzazione celeste di Geova paragonata a una moglie e composta di santi, ubbidienti “figli del vero Dio”. Per questa ragione furono degradati allo stato di “demoni”. Di questo basso stato privo di onore si parlò appropriatamente come del Tartaro, nome preso a prestito dalla lingua greca. La versione siriaca della Bibbia ne parla come dei “luoghi infimi”. (Si veda anche Giobbe 40:15; 41:23 nella versione greca dei Settanta). Quegli spiriti disubbidienti non furono più favoriti con la luce spirituale come quella che Dio ritenne opportuno conferire ai suoi fedeli figli angelici. In questo modo furono gettati in dense tenebre e vi furon tenuti come in “legami sempiterni”, perché fossero riservati al “giudizio del gran giorno”. Così non possono impartire al genere umano nessuna vera luce.
38. Di chi divennero il “seme” quegli spiriti disubbidienti, e in che modo operano per ingannare e asservire gli uomini?
38 Tali spiriti disubbidienti divennero l’invisibile “seme” del grande Serpente, Satana il Diavolo. Che fossero messi in tartaree “fosse di dense tenebre” insieme a Satana il Diavolo non fu la ferita alla testa del serpente per opera del promesso “seme” della celeste “donna” di Dio. Il santo “seme” non era stato ancora generato, e quegli imprigionati spiriti malvagi erano ansiosi di sapere chi sarebbe stato per potersi unire nell’azione di ferire il “calcagno” di quel “seme”. (Genesi 3:15) Per tale motivo quegli spiriti malvagi al comando di Satana loro capo si tennero presso il genere umano, per ingannarlo e farlo volgere contro il “seme” quando fosse arrivato. Essi cercano di comunicare con gli uomini per mezzo di medium spiritici, poiché a loro stessi è impedita l’ulteriore materializzazione carnale. Pretendono d’essere “anime private del corpo” di uomini deceduti. Ossessionano o sconvolgono e importunano le persone di mente debole, e perfino si impossessano delle persone che acconsentono. Il profeta Mosè fu ispirato ad avvertire il popolo di Dio di non avere nulla a che fare con tali demonici nemici di Dio. (Deuteronomio 18:9-13) Guardatevi dunque dallo spiritismo!
39. Se non ai demoni, a chi dovremmo quindi rivolgerci per essere illuminati spiritualmente?
39 Siccome desideriamo essere illuminati sull’“eterno proposito” di Geova Dio, dobbiamo evitare quelle spiritiche potenze delle tenebre che accecano la maggioranza del genere umano rispetto alla verità di Dio. La scritta Parola di Dio, la Sacra Bibbia, è per noi il canale della luce spirituale, secondo le ispirate parole del salmista, che disse a Geova Dio: “La tua parola è una lampada al mio piede, e una luce al mio cammino”. — Salmo 119:105.
40. Nonostante la ribellione degli uomini e degli angeli, che cosa c’è per mostrare la lealtà e la cooperazione dell’organizzazione celeste di Dio?
40 Alla luce della Parola di Dio abbiamo considerato i primi 1.656 anni dell’esistenza umana sulla terra, dalla creazione di Adamo fino al diluvio del giorno di Noè. Nonostante la ribellione sia degli angeli che degli uomini, l’immutabile Dio si attenne al primo proposito che formò riguardo al genere umano sulla terra. Malgrado un taciuto numero di angeli cedesse al desiderio egoistico ed essi peccassero e dovessero venire espulsi dalla sua organizzazione celeste paragonata a una moglie, questi non sono da confrontare con quelli che Gli rimasero fedeli entro la sua santa organizzazione, come una moglie fedele verso un marito amorevole. Millenni dopo il profeta Daniele vide in visione cento milioni di angeli leali che ancora rendevano servizio all’Iddio Altissimo, “l’Antico dei Giorni”. (Daniele 7:9, 10) Questa “donna” celeste, la futura madre del predetto “seme”, era in “inimicizia” con il grande Serpente, Satana il Diavolo, e con il suo “seme”. Essa era decisa a cooperare con Geova Dio perseguendo fermamente il nuovo proposito ch’egli aveva annunciato di generare a suo tempo un “seme”.
41. Che cosa Satana tentò malignamente di provare dinanzi a tutta la creazione, e vi riuscì completamente anche prima del Diluvio?
41 Sulla terra e nel Paradiso di Delizie, alla loro creazione nella perfezione umana Adamo ed Eva erano stati resi parte visibile dell’organizzazione universale di Geova. Sotto la tentazione non avevano mantenuto la loro integrità verso il loro Creatore, il loro Padre celeste. Condannati a morte, furono espulsi dall’organizzazione universale di Geova e non furono più considerati Suoi figli. Ma che ne sarebbe stato della loro progenie? A giudicare da Adamo ed Eva che avevano infranto la loro integrità, la loro progenie nata nell’imperfezione ed erede del peccato non sarebbe stata in grado di mantenere verso il Creatore l’integrità sotto la tentazione e la pressione del grande Serpente, Satana il Diavolo. È ovvio che Satana il Diavolo tentava di provare dinanzi a tutta la creazione in cielo e sulla terra che non ci sarebbe riuscito nessuno d’essi. Lo poté provare, anche prima del Diluvio? Il racconto biblico che esprime sull’argomento il punto di vista di Dio mostra che almeno tre uomini mantennero la loro integrità, cioè Abele, Enoc e Noè.
42, 43. (a) I casi di Abele, Enoc e Noè stabilirono quale prova? (b) Come la previsione di Geova fu accurata in quanto a provvedere ulteriore prova?
42 Quei tre fedeli uomini timorati di Dio sostennero la sovranità universale di Geova loro Creatore. Essi diedero prova che Satana il Diavolo è un presuntuoso bugiardo quando sostiene che Dio Onnipotente non possa mettere sulla terra un uomo che, nemmeno in un ambiente paradisiaco, mantenga verso Geova l’integrità se sottoposto alle tentazioni e alle pressioni di Satana il Diavolo. I casi di Abele, Enoc e Noè provano che Dio il Creatore fu giustificato lasciando continuare a esistere sulla terra la razza umana, discesa dai peccatori Adamo ed Eva. Altri uomini, oltre alle donne, sarebbero comparsi in aggiunta ad Abele, Enoc e Noè nelle file del genere umano mentre la vita umana continuava sulla terra fuori del Paradiso, accumulando così altre prove contro le menzogne e le calunnie del Diavolo contro Dio.
43 La previsione di Geova fu accurata, e il suo proposito doveva avere successo. Il suo proposito messianico che fu annunciato alla presenza del grande Serpente nel giardino di Eden aggiunse forza all’originale proposito di Dio e ne rese sicuro l’adempimento. La sovranità universale di Dio sulla terra, come fu potentemente dimostrato nel diluvio universale, non cesserà mai sul genere umano.
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La linea di discendenza umana del “Seme”L’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo VII
La linea di discendenza umana del “Seme”
1. Perché i casi di Abele, Enoc e Noè resero più disperato Satana il Diavolo nella sua intenzione di rovinare il promesso “seme”?
ALLA base dell’“eterno proposito” di Dio è il “seme” che dev’essere generato dalla “donna” di Dio. La controversia che cominciò nel giardino d’Eden fra Satana e Dio si imperniò su questo misterioso “seme”. Dovette essere così, perché questo “seme” doveva a suo tempo esser generato per ferire la testa del grande Serpente, e Satana il Diavolo sapeva che la “testa” a cui si faceva riferimento era la sua. (Genesi 3:15) Satana era deciso a infrangere l’integrità del “seme” avvenire e a renderlo così inidoneo per il proposito di Dio. Al Diluvio la prima ripresa della contestazione fra Satana e Dio ebbe termine, ma con una esibizione contro Satana. Egli non era riuscito a infrangere l’integrità di almeno tre uomini che eran discesi da quel primo uomo e da quella prima donna di cui aveva tramato di rovinare l’integrità. Abele, Enoc e Noè avevano indebolito il fiducioso atteggiamento di Satana e l’avevan reso più disperato nella sua intenzione di rovinare il “seme”.
2. Oggi il genere umano dovrebbe esser grato che Noè dopo il diluvio gli diede quale specie di inizio nella vita? Come mai?
2 Dopo la fine del Diluvio i successivi seicentocinquantotto anni dovevano risultare molto rivelatori circa i particolari del “seme” della “donna” di Dio. Dopo il diluvio tutto il genere umano ha potuto seguire fino a oggi la sua discendenza a cominciare da Noè il costruttore dell’arca che sopravvisse al diluvio. Così al mondo del genere umano fu dato ora un giusto inizio, poiché Noè “camminò col vero Dio”. (Genesi 6:9) Per eredità egli fu imperfetto, ma, moralmente, fu dinanzi a Dio irreprensibile, senza difetto. Quale gratitudine dovremmo provarne noi, suoi discendenti! Subito dopo che uscì dall’arca e mise piede sul monte Ararat, Noè condusse il genere umano nell’adorazione verso il Preservatore del genere umano, Geova Dio.
“Noè edificava un altare a Geova e prendeva alcune di tutte le bestie pure e di tutte le creature volatili pure e offriva olocausti sull’altare. E Geova sentiva un odore riposante, e Geova disse dunque in cuor suo: ‘Io non invocherò più il male sulla terra a motivo dell’uomo, perché l’inclinazione del cuore dell’uomo è malvagia sin dalla sua giovinezza; e non colpirò più ogni cosa vivente proprio come ho fatto. Per tutti i giorni che la terra durerà, sementa e mietitura, e freddo e caldo, ed estate e inverno e giorno e notte, non cesseranno mai’”. — Genesi 8:20-22; si paragoni Isaia 54:9.
3. Come la profezia che Lamec pronunciò alla nascita di Noè risultò veritiera, e di che cosa l’arcobaleno divenne un simbolo?
3 La profezia che Lamec padre di Noè pronunciò su di lui alla sua nascita risultò giustificata. (Genesi 5:29) La maledizione divina pronunciata sulla terra fuori del giardino d’Eden dopo la trasgressione di Adamo fu tolta, e Noè (il cui nome significa “Riposo”) dai suoi olocausti fece ascendere a Dio un odore riposante, inducendo Dio a invocare per il genere umano un riposo dalla fatica di coltivare la terra maledetta. Dio fece anche apparire il primo arcobaleno di cui si narri alla luce del sole che ora risplendeva direttamente sulla terra a causa della rimozione della volta acquea. Riferendosi a quell’arcobaleno come a un segno di garanzia, Geova promise che “le acque non diverranno più un diluvio per ridurre in rovina ogni carne”. Non ci sarà più un diluvio d’acqua. — Genesi 9:8-15.
4. Essendo i tre figli di Noè e le loro mogli sopravvissuti al diluvio con Noè, quale domanda ora sorse circa il promesso “seme”?
4 Sem, Cam e Iafet, i tre figli di Noè, e le loro mogli sopravvissero con lui e con sua moglie. Quale di questi tre figli sarebbe stato ora colui dal quale sarebbe venuta la linea di discendenza che avrebbe portato alla comparsa del “seme” della “donna” di Dio sulla terra? La scelta da fare avrebbe influito diversamente sulle tre razze che sarebbero discese dai tre patriarchi, Sem Cam e Iafet. La profezia che Dio ispirò Noè a pronunciare sui suoi tre figli in un’occasione critica stabilì in quale modo si sarebbero manifestati il favore e la benedizione divini. Quale ne fu la base?
5. Che cosa indusse Noè a pronunciare una maledizione su Canaan figlio di Cam?
5 Ubbidendo al comando che Dio aveva dato ai figli di Noè onde portassero frutto sulla terra, Sem generò Arpacsad due anni dopo l’inizio del diluvio. (Genesi 11:10) A suo tempo Cam generò Canaan. (Genesi 9:18; 10:6) Qualche tempo dopo la nascita di Canaan ci fu un’occasione in cui Noè, per qualche motivo non dichiarato, si ubriacò col vino della sua vigna. Cam entrò nella tenda di Noè e vide che giaceva scoperto, nudo, ma non fece nulla per nascondere la nudità del padre. Anzi, lo riferì a Sem e a Iafet. Con dovuto rispetto per il loro padre, Sem e Iafet si rifiutarono di guardare la nudità di Noè, e camminando con le spalle voltate verso il loro padre, stesero su di lui un panno. Non approfittarono della nudità del loro padre, e mostrarono e mantennero il loro alto rispetto verso di lui come loro padre e come profeta di Geova.
“Infine Noè si svegliò dal suo vino e seppe ciò che gli aveva fatto il suo figlio più giovane. Allora disse: ‘Maledetto sia Canaan. Divenga il più basso schiavo dei suoi fratelli’. E aggiunse: ‘Benedetto sia Geova, il Dio di Sem, e Canaan gli divenga schiavo. Dio conceda ampio spazio a Iafet, e risieda nelle tende di Sem. Canaan divenga schiavo anche a lui’”. — Genesi 9:20-27.
6. Secondo la profezia di Noè, da quale figlio doveva venire la linea di discendenza del Messia?
6 Noè era sobrio quando pronunciò queste parole. Non maledisse l’intera razza discesa da Cam, a causa della mancanza di rispetto di Cam, specialmente verso il profeta di Dio. Dio ispirò dunque Noè a maledire un solo figlio di Cam, cioè Canaan, i cui discendenti presero residenza nel paese di Canaan in Palestina. I Cananei divennero in effetti schiavi dei discendenti di Sem, quando Dio condusse gli Israeliti nel paese di Canaan secondo la promessa che aveva fatta ad Abraamo l’Ebreo. Sem visse cinquecentodue anni dopo l’inizio del Diluvio, così che la sua vita si sovrappose a quella di Abraamo di centocinquant’anni. (Genesi 11:10, 11) Noè dichiarò che Geova era l’Iddio di Sem. Geova doveva esser benedetto, perché era il Suo timore a far mostrare a Sem dovuto rispetto verso Noè quale profeta di Dio. Iafet doveva esser trattato come un ospite nelle tende di Sem, e non come uno schiavo a somiglianza di Canaan. Così, essendo ospite di suo fratello Iafet, Sem era considerato superiore a lui nell’enunciazione della profezia. In armonia con ciò, la linea di discendenza di Sem doveva condurre al Messia.
FONDATA BABILONIA
7. Quale nipote di Cam stabilì il primo Impero Babilonese, e come?
7 Un altro discendente di Cam che non fece una buona riuscita fu suo nipote Nimrod. Sopravvissuto all’inizio del diluvio per trecentocinquant’anni, Noè visse in modo da vedere l’ascesa e senza dubbio la rovina di questo suo pronipote. (Genesi 9:28, 29) Nimrod fondò un’organizzazione che agiva come la parte visibile del “seme” del grande Serpente, Satana il Diavolo. Genesi 10:8-12 dice: “E Cus generò Nimrod. Egli cominciò a divenire potente sulla terra. Si mostrò potente cacciatore in opposizione a Geova. Perciò c’è un detto: ‘Proprio come Nimrod potente cacciatore in opposizione a Geova’. E il principio del suo regno fu Babele ed Erec e Accad e Calne, nel paese di Sinar. Da quel paese andò in Assiria e si mise a edificare Ninive e Reobot-Ir e Cala e Resen fra Ninive e Cala: questa è la gran città”. Secondo ciò, Nimrod stabilì il primo Impero Babilonese.
8, 9. (a) Perché Geova non scelse Babele come la città su cui porre il suo nome? (b) A Babele la lingua di chi non fu mutata?
8 Fu a Babele (chiamata Babilonia dagli Ebrei di lingua greca) che avvenne la confusione della lingua del genere umano, quando Geova Dio mostrò la sua disapprovazione per la costruzione della città e in essa di una falsa torre religiosa, perché i costruttori si eran proposti di farsi un nome celebre e di non ‘disperdersi in tutta la superficie della terra’. Essi non previdero la decadenza delle città che oggi ha luogo. (Genesi 11:1-9) Benché fosse sulla terra il primo impero, questo Impero Babilonese di Nimrod non divenne la Prima Potenza Mondiale della storia biblica. Lo divenne l’antico Egitto. La potenza politica di Babele si indebolì, perché i suoi costruttori, ora disuniti dalle diverse lingue, furon così da Geova fatti spargere in tutta la terra.
9 Geova Dio non scelse Babilonia come la città su cui porre il suo nome. Noè e il suo figlio benedetto Sem non presero parte alla costruzione di Babele e della sua torre di falsa religione, e la loro lingua non fu confusa.
10, 11. (a) Ai giorni di Sem la linea di discendenza del promesso “seme” fu ristretta a quale dei suoi discendenti? (b) Questo fu indicato da quale rivelazione, a chi?
10 Due anni dopo la morte di Noè nel 2020 a.E.V., Abraamo nacque nella linea di discendenza di Sem, che era ancora vivo. Questo discendente diede prova d’essere un adoratore di Geova, l’Iddio di Sem. Sem poté provare grande soddisfazione quando apprese la rallegrante rivelazione che Geova aveva fatta ad Abraamo. Questo provò che Geova si atteneva al suo “eterno proposito” formato nel giardino di Eden dopo la trasgressione di Eva e Adamo. Ciò restrinse la venuta del “seme” della “donna” di Dio alla linea di discendenza di Abraamo, di fra tutti i discendenti di Sem. Ma quale rivelazione Dio aveva fatta ad Abraamo, che in quel tempo si chiamava Abramo?
11 Abramo (Abraamo) era in Mesopotamia, nella città di Ur dei Caldei non lontano da Babilonia (Babele), quando gli fu fatta la rivelazione. Genesi 12:1-3 ci narra: “E Geova diceva ad Abramo: ‘Esci dal tuo paese e dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre e va al paese che io ti mostrerò; e farò di te una grande nazione e ti benedirò e di sicuro farò grande il tuo nome; e mostrati una benedizione. E di sicuro benedirò quelli che ti benediranno, e maledirò colui che invocherà su di te il male, e tutte le famiglie della terra per certo si benediranno per mezzo di te’”.
12. Per chi quella rivelazione fu una “buona notizia”, e quale èra può dirsi che cominciò a quella rivelazione?
12 “Tutte le famiglie della terra”, questo comprende oggi le nostre famiglie di questo ventesimo secolo! Quelli delle nostre famiglie si possono procurare una benedizione per mezzo di questo antico Abramo (Abraamo)! Questa è una buona notizia, veramente! E fu presentata allora nel ventesimo secolo avanti la nostra Èra Volgare, dopo il Diluvio, a quel remoto mondo del genere umano. Ciò che questo significava è commentato in seguito da queste ispirate parole: “Sicuramente sapete che quelli che aderiscono alla fede, quelli son figli di Abraamo. Ora la Scrittura, vedendo in anticipo che Dio avrebbe dichiarato giuste le persone delle nazioni a motivo della fede, dichiarò in precedenza la buona notizia ad Abraamo, cioè: ‘Per mezzo di te tutte le nazioni saranno benedette’”. (Galati 3:7, 8) In vista di ciò può giustamente dirsi che l’Èra della Buona Notizia (l’Era Evangelica, come alcuni potrebbero volerla chiamare) cominciò in quel tempo poco prima che Abraamo ubbidisse al comando divino.
13. (a) Qual era lo stato della carne di Abraamo quando gli fu rivolto il comando di Dio, e che cosa fu dunque a contare presso Dio? (b) Quando Abraamo attraversò il fiume Eufrate?
13 Un fatto che qui bisogna notare è anche che, al tempo in cui Dio lo scelse perché fosse il canale di benedizione per tutte le famiglie e le nazioni, Abraamo non era circonciso nella carne. Il comando che Dio gli diede di circoncidere se stesso e i maschi della sua casa non giunse che almeno ventiquattro anni dopo, l’anno avanti la nascita del suo figlio Isacco (1918 a.E.V.). Se non fu la condizione carnale di Abraamo, che cosa fu, dunque, a contare presso Dio? Fu la fede di Abraamo. Geova Dio sapeva che Abraamo aveva fede in Lui. Non invano Egli emanò ad Abraamo il comando di lasciare la sua patria. Abraamo partì prontamente e con la sua casa si trasferì verso nord-ovest ad Haran, e di lì, dopo la morte in Haran di suo padre Tera, attraversò il fiume Eufrate e si spostò verso il paese che Dio stava per mostrargli. Egli attraversò il fiume Eufrate il 14 Nisan nella primavera dell’anno 1943 a.E.V., o 430 anni prima della celebrazione della prima Pasqua dei discendenti di Abraamo in Egitto. — Esodo 12:40-42; Galati 3:17.
14. Geova che cosa disse ad Abraamo nel paese di Canaan, e dopo ciò che cosa fece Abraamo?
14 Il profeta Mosè ne fece la narrazione, scrivendo: “Allora Abramo andò proprio come Geova gli aveva parlato, e Lot andò con lui. E Abramo aveva settantacinque anni quando uscì da Haran. Abramo prese dunque Sarai sua moglie e Lot figlio di suo fratello e tutti i beni che avevano accumulati e le anime che avevano acquistate in Haran, e uscirono per andare al paese di Canaan. Infine giunsero nel paese di Canaan. E Abramo attraversò il paese fino al luogo di Sichem, vicino ai grossi alberi di More; e in quel tempo i Cananei erano nel paese. Geova apparve ora ad Abramo e disse: ‘Darò questo paese al tuo seme’. Dopo ciò edificò lì un altare a Geova, che gli era apparso”. — Genesi 12:4-7; Atti 7:4, 5.
15. Perché la promessa di un “seme” che Dio fece ad Abraamo richiedeva un miracolo, e questo esigeva quale miracolo ancora più grande?
15 Così, nonostante che in quel tempo Abramo, all’età di settantacinque anni, non avesse nessun figlio, nessun bambino dalla sua moglie sessantacinquenne Sarai, tuttavia Geova promise che Abramo avrebbe avuto un seme o progenie, a cui Geova avrebbe dato il paese di Canaan. Abramo accettò con fede questa promessa divina. Dato che, secondo le femminili facoltà di riproduzione di quel tempo, questo era come promettere un miracolo. Ventiquattro anni dopo, quando Abraamo udì che doveva avere un figlio da sua moglie Sara rise e in cuor suo disse: “Nascerà un figlio a un uomo di cent’anni, e Sara, sì, una donna di novanta anni, partorirà?” (Genesi 17:17; 18:12-14) Se questo era “straordinario”, ancor più meraviglioso sarebbe stato il miracolo che avrebbe adempiuto la profezia divina di Genesi 3:15. Questo accadeva perché la “donna” di Dio era celeste e il promesso “seme” di lei sarebbe stato celeste e ciò nondimeno quel “seme” sarebbe stato collegato con la terrestre linea di discendenza di Abraamo. In questo modo tale “seme” della “donna” di Dio si sarebbe potuto chiamare “il seme di Abraamo”, sì, “figlio di Abraamo”.
16. La promessa di Dio di far venire da Abraamo e Sara nazioni e re quali domande fece sorgere riguardo al “seme”?
16 Al tempo in cui Dio, mediante il suo angelo, assicurò ad Abraamo che doveva avere da sua moglie Sara un figlio, a cui si doveva mettere nome Isacco, Dio disse ad Abraamo: “Davvero ti renderò assai, assai fecondo e ti farò divenire nazioni, e da te usciranno dei re. . . . E io per certo la benedirò [Sara] e anche ti darò da lei un figlio; e io per certo la benedirò ed ella diverrà nazioni; re di popoli verranno da lei”. (Genesi 17:6, 16) Or dunque, quale di quelle “nazioni” sarebbe stata la nazione favorita da Geova? Avrebbe avuto essa un re? Il “seme” della “donna” di Dio sarebbe divenuto quel re? Non è che naturale fare tali domande.
MELCHISEDEC
17. Quale fu il più notevole contatto con i re del paese di Canaan nella carriera di Abraamo, e perché Abraamo gli pagò un decimo?
17 Prima di ciò, Abraamo aveva avuto contatto con re terreni. Il più significativo di tali contatti c’era stato quando aveva incontrato il notevole re del paese di Canaan. Abraamo aveva appena dovuto liberare suo nipote Lot dalle mani di quattro re che avevano invaso il paese di Canaan, sconfiggendo cinque suoi re e portando via prigionieri, compreso Lot. Quando tornò, dopo avere sconfitto quei quattro re predoni, Abraamo si appressò alla città di Salem, sui monti a ovest del mar Morto. “E Melchisedec re di Salem portò pane e vino, ed era sacerdote dell’Iddio Altissimo. Quindi lo benedisse, dicendo: ‘Benedetto sia Abramo dall’Iddio Altissimo, che ha fatto il cielo e la terra; e benedetto sia l’Iddio Altissimo, che ha consegnato i tuoi nemici oppressori nella tua mano!’ Allora Abramo gli diede un decimo di ogni cosa”. (Genesi 14:18-20) Poiché, come Melchisedec disse ad Abraamo, l’Iddio Altissimo aveva consegnato nella mano di Abraamo i suoi oppressori, era più che appropriato che Abraamo desse un decimo di tutte le spoglie a Melchisedec, sacerdote dell’Iddio Altissimo.
18. Perché la benedizione che Melchisedec diede ad Abraamo non fu un’espressione vuota, e come Davide mostrò l’importanza che quel personaggio ha nel proposito di Dio?
18 La benedizione che Melchisedec diede ad Abraamo non fu un’espressione vuota. Valeva per qualche cosa, ed era conforme alla promessa di Geova che Abraamo doveva essere una benedizione per tutte le famiglie della terra: tutte le famiglie si sarebbero dovute procurare una benedizione per mezzo di lui. (Genesi 12:3) Questo misterioso re-sacerdote Melchisedec, sebbene se ne faccia nella storia tale scarsa menzione, non fu perduto di vista. Novecento anni dopo l’Iddio Altissimo ispirò un altro re di Salem, re Davide di Gerusalemme, a profetizzare e a mostrare quanto Melchisedec fosse stato significativo entro il proposito dell’Iddio Altissimo. Secondo ciò, Melchisedec fu la prefigurazione di un re ancor più grande, uno perfino più grande di Davide, uno che lo stesso Davide sarebbe stato costretto a chiamare “mio Signore”. Questo prefigurato re non poté essere altri che il Messia, il “seme” della “donna” di Dio. Così, sotto il potere dello spirito santo di Dio, Davide scrisse, in Salmo 110:1-4:
“Espressione di Geova al mio Signore: ‘Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi’. La verga della tua forza Geova manderà da Sion, dicendo: ‘Sottoponi in mezzo ai tuoi nemici’. Il tuo popolo si offrirà volenterosamente nel giorno delle tue forze militari. Negli splendori della santità, dal seno dell’aurora, hai la tua compagnia di giovani proprio come le gocce di rugiada. Geova ha giurato (e non si rammaricherà): ‘Tu sei sacerdote a tempo indefinito secondo la maniera di Melchisedec!’”
19. Di chi sarebbe stato il discendente colui che secondo la profezia sarebbe stato mandato dal monte Sion a brandire la verga della forza, e perché Davide non profetizzava di re che sarebbero venuti da Salomone a Sedechia?
19 Notate il significato di queste ispirate parole. Il fatto che il re Davide disse che Geova avrebbe mandato da Sion la verga della forza del Re indica come il Re sarebbe stato un discendente carnale di Davide. Secondo il patto che Geova aveva stipulato con Davide per un regno eterno, nessuno si sarebbe assiso come re sul monte Sion per brandire uno scettro di forza simile a una verga eccetto un discendente carnale di Davide. (2 Samuele 7:8-16) Quindi, questi la verga della cui forza sarebbe stata mandata da Sion sarebbe stato chiamato “figlio di Davide”. Ma in questo caso Davide non si riferiva profeticamente a suo figlio, re Salomone, il quale fu il più glorioso re della discendenza di Davide ad assidersi sul trono sopra il monte Sion e a regnare sopra tutte le dodici tribù del suo popolo. Davide non si rivolse mai a suo figlio Salomone come “mio Signore”, né a nessun altro dei re che si assisero su Sion dopo Salomone fino al re Sedechia. Per giunta, né Salomone né alcuno dei successivi re che si assisero sul monte Sion furono sacerdoti e anche re, come lo fu Melchisedec. — 2 Cronache 26:16-23.
20. Come questo personaggio profetico, pur essendo figlio di Davide, sarebbe stato tuttavia “Signore” di Davide?
20 Comunque, poiché questo promesso governante doveva essere un “figlio” del re Davide, perché si sarebbe Davide riferito a lui come al “mio Signore”? Questo era da attribuire al fatto che questo notevole “figlio di Davide” sarebbe stato un re molto più grande di Davide. Sebbene Davide sedesse sul “trono di Geova” sul terrestre monte Sion, egli non ascese mai in cielo, nemmeno alla sua morte, per sedere alla “destra” di Geova. Ma colui che sarebbe divenuto il “Signore” di Davide vi si sarebbe assiso. Al suo posto reale in cielo alla destra di Geova ci si poteva riferire come al monte Sion celeste perché era raffigurato dal monte Sion terrestre, che una volta era entro le mura di Gerusalemme ma oggi non più. Come disse Geova stesso, in Salmo 89:27, riguardo al Messia: “Inoltre, io stesso lo porrò come primogenito, il più alto dei re della terra”. Non solo sarebbe stato un regale Signore più alto di Davide, ma sarebbe anche stato per sempre “sacerdote” dell’Iddio Altissimo, come Melchisedec il re dell’antica Salem. — Salmo 76:2; 110:4.
21. Perché il nome di Abraamo sarebbe dunque divenuto grande?
21 In quel lontano ventesimo secolo a.E.V., Abraamo non si rese conto che i “re” dei quali egli e sua moglie Sara sarebbero divenuti gli antenati avrebbero incluso il re messianico prefigurato da Melchisedec, a cui Abraamo pagò la decima di tutte le spoglie della vittoria. Non c’è da meravigliarsi se il nome di Abraamo doveva divenire grande a causa della sua relazione con un tale Re-Sacerdote! Non c’è da meravigliarsi se per mezzo di questo Re-Sacerdote simile a Melchisedec tutte le famiglie della terra si sarebbero benedette o si sarebbero procurate una benedizione mediante Abraamo! — Genesi 12:3.
“AMICO” DI DIO
22. Come illustrò Dio che la Sua nazione eletta sarebbe venuta dal figlio ed erede naturale di Abraamo?
22 Dopo il vittorioso incontro di Abraamo con i quattro re invasori, Dio promise ad Abraamo la necessaria protezione e anche che il suo “erede” sarebbe stato un suo figlio naturale. Che la nazione eletta di Dio venisse da questo figlio ed erede, Dio lo assicurò ad Abraamo per mezzo di un’illustrazione: “Ora lo fece uscire e gli disse: ‘Guarda in alto, suvvia, nei cieli e conta le stelle, se sei in grado di contarle’. E proseguì, dicendogli: ‘Così diverrà il tuo seme’. E ripose fede in Geova; ed egli glielo attribuiva a giustizia”. — Genesi 15:1-6.
23. In base a che cosa fu attribuita ad Abraamo la giustizia, e per che cosa fu egli giustificato?
23 Non dimentichiamo che, in questo tempo, Abraamo era ancora un Ebreo incirconciso. Quindi, la giustizia non poté essere attribuita ad Abraamo a causa della circoncisione nella carne; gli fu attribuita a causa della sua fede in Geova, che rivelava ad Abraamo parte del Suo proposito. Abraamo fu dunque considerato giusto dinanzi a Dio; fu così giustificato per l’amicizia con Geova Dio. Secoli dopo il re Giosafat di Gerusalemme chiamò Abraamo l’amico o “amante” di Geova. Ancora più tardi, per mezzo del profeta Isaia, Geova parlò di lui come di “Abraamo mio amico”. (2 Cronache 20:7; Isaia 41:8) Questo prova quanto preziosa, quanto vitale sia realmente la fede in Geova riguardo al suo “seme”.
24. Come Abraamo generò Ismaele, e come generò poi Isacco?
24 Nell’anno 1932 a.E.V., per suggerimento della sua sterile moglie anziana Sara, Abraamo ebbe un figlio dalla fanciulla egiziana Agar schiava di lei e gli mise nome Ismaele. (Genesi 16:1-16) Tredici anni dopo, nel 1919 a.E.V., Geova disse ad Abraamo che Ismaele non doveva servire da vero “seme”, ma sarebbe stato scelto come “seme” un figlio della sua vera moglie Sara. Sarebbe stato un figlio della donna libera. E così, l’anno dopo, nacque Isacco quando Sara aveva novant’anni. “E Abraamo aveva cento anni quando gli nacque suo figlio Isacco”. L’ottavo giorno di vita Isacco fu circonciso, proprio come lo era stato suo padre Abraamo appena l’anno prima. — Genesi 21:1-5.
25. Mostra forse il racconto se Geova fece una nazione comprendente tutti i figli naturali di Abraamo?
25 È interessante notare che Dio non fece ora una nazione dei suoi due figli, Ismaele il primogenito e Isacco, una nazione di due tribù. No, ma cinque anni dopo, per urgente richiesta di sua moglie Sara, Abraamo mandò via Agar e suo figlio Ismaele dalla propria casa, perché provvedessero a se stessi, andando ovunque desiderassero. (Genesi 21:8-21) Né in seguito, dopo la morte di Sara nel 1881 a.E.V., Dio fece una nazione di Isacco e degli altri figli che Abraamo ebbe da una concubina, Chetura, una nazione di sette tribù. “Abraamo diede in seguito tutto ciò che aveva a Isacco, ma ai figli delle concubine che Abraamo aveva Abraamo diede dei doni. Quindi, mentre egli era ancora in vita, li mandò via da Isacco suo figlio, verso est, al paese dell’Oriente”. — Genesi 25:1-6.
26. Per quale ammirevole dimostrazione di fede Abraamo ricevette nel paese di Moria una benedizione speciale, e che cosa diceva essa?
26 Un’ammirevolissima dimostrazione di fede da parte di Abraamo portò una grande benedizione per questo “amico” di Geova. Venne dopo una penetrante prova della fede e dell’ubbidienza di Abraamo verso l’Iddio Altissimo. La benedizione dell’approvazione divina fu pronunciata in cima a un monte nel paese di Moria, da molti considerato il luogo dove secoli dopo il re Salomone edificò il magnifico tempio di Geova. (2 Cronache 3:1) Lì, nel posto da Geova designato, e sopra la legna sparsa sull’altare di pietra che aveva appena fatto, giaceva la forma d’un ragazzo nell’età dello sviluppo. Era Isacco. Accanto all’altare, suo padre Abraamo aveva in mano un coltello per scannare. Stava proprio sul punto di adempiere il comando di Dio d’uccidere in sacrificio Isacco, offrendolo come olocausto all’Iddio che gli aveva dato il ragazzo miracolosamente. Allora:
“L’angelo di Geova lo chiamava dai cieli e diceva: ‘Abraamo, Abraamo! . . . Non stendere la mano contro il ragazzo e non gli fare proprio nulla, poiché ora davvero so che temi Dio, in quanto non hai trattenuto tuo figlio, il tuo unico, da me’. . . . E l’angelo di Geova chiamava dai cieli Abraamo la seconda volta, dicendo: ‘Giuro in effetti per me stesso’, è l’espressione di Geova, ‘che siccome hai fatto questo e non hai trattenuto tuo figlio, il tuo unico, di sicuro ti benedirò e di sicuro moltiplicherò il tuo seme come le stelle dei cieli e come i granelli di sabbia che sono sul lido del mare; e il tuo seme prenderà possesso della porta dei suoi nemici. E per mezzo del tuo seme tutte le nazioni della terra di certo si benediranno per il fatto che tu hai ascoltato la mia voce’”. — Genesi 22:1-18.
27. Che cosa mostrò questa dichiarazione divina in quanto all’elezione del “seme” e in quanto a procurarsi per mezzo d’esso una benedizione?
27 Questo significò che il promesso “seme” per mezzo del quale tutte le nazioni si sarebbero procurata una benedizione sarebbe venuto dalla linea di discendenza di Isacco. In tal modo Geova Dio mostrò che faceva l’elezione della linea di discendenza, e che tutti i fratellastri di Isacco non avrebbero avuto nessuna parte nel provvedere quel “seme”. Ciò nondimeno, le nazioni discese dai fratellastri di Isacco avrebbero potuto per mezzo di quel “seme” procurarsi una benedizione. Tutte le nazioni d’oggi, cioè le persone che oggi sono d’ogni nazionalità, possono similmente procurarsi una benedizione per mezzo del “seme” di Abraamo.
28. Sem visse abbastanza a lungo da apprendere quali avvenimenti relativi alla sua linea di discendenza?
28 Il patriarca Sem, superstite del diluvio universale, continuò a vivere e apprese che era stata pronunciata su Abraamo quella benedizione divina; infatti, Sem continuò a vivere e seppe che Isacco aveva sposato la bella Rebecca di Haran in Mesopotamia. Sem visse fino al 1868 a.E.V., dieci anni dopo quel matrimonio, ma non continuò a vivere per vedere la progenie di quel matrimonio. Ma Abraamo la vide. — Genesi 11:11; 25:7.
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Elezione divina secondo l’“eterno proposito”L’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo VIII
Elezione divina secondo l’“eterno proposito”
1. Quale domanda sorse riguardo alla progenie dell’uomo al quale Dio rinnovò la sua promessa del patto?
GEOVA Dio decise di rinnovare a Isacco la promessa del patto fatta a suo padre Abraamo. (Genesi 26:1-5, 23, 24) Benché si sposasse a quarant’anni, Isacco dovette raggiungere i sessant’anni prima di avere figli, due gemelli. Avrebbe Geova, che aveva esaudito la preghiera di Isacco per i figli, fatto un’elezione riguardo a quei due gemelli?
2. Come Geova rivelò quale dei due gemelli avrebbe eletto?
2 Geova indicò la sua elezione durante la gravidanza di Rebecca, dopo che ella lo aveva pregato interrogandolo intorno alla propria condizione: “Geova le diceva: ‘Due nazioni sono nel tuo ventre, e due gruppi nazionali saranno separati dalle tue parti interiori; e un gruppo nazionale sarà più forte dell’altro gruppo nazionale, e il più vecchio servirà il più giovane’”. Esaù fu il primogenito e Giacobbe il secondo gemello. (Genesi 25:20-23) Geova indicò così che non avrebbe fatto di questi due figli gemelli di Isacco una sola nazione, una nazione di due tribù. Piuttosto, dovevano esserci due gruppi nazionali, e il gruppo nazionale del gemello più vecchio doveva essere più debole e doveva servire il gruppo nazionale del gemello più giovane. Questo invertì il diritto naturale del figlio primogenito in quanto alla preminenza. Così Geova rivelò chi avrebbe eletto.
3. Dipese lì l’elezione dalle opere degli uomini o da colui che chiama?
3 L’Iddio Onnipotente e Onnisapiente aveva il diritto di far questo, secondo il suo proposito di benedire tutto il genere umano. Riguardo a ciò, un commentatore biblico del primo secolo scrisse: “Quando Rebecca concepì i gemelli da un solo uomo, Isacco nostro antenato: poiché quando non erano ancora nati né avevano praticato alcuna cosa buona o vile, onde il proposito di Dio riguardo all’elezione continuasse a dipendere non dalle opere, ma da Colui che chiama, le fu detto: ‘Il più vecchio sarà lo schiavo del più giovane’. Come è scritto: ‘Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù’”. — Romani 9:10-13; citazione anche di Malachia 1:2, 3.
4. Perché Geova provò verso Esaù meno amore di quanto ne provò verso Giacobbe, anche prima della loro nascita?
4 Per certo l’Iddio Onnipotente e Onnisapiente non fece una scelta cattiva. Senza dubbio Egli, essendo in grado di leggere nel seno di Rebecca il modello genetico dei gemelli, previde come i due figli avrebbero seguito la direttiva della propria vita. Elesse perciò il gemello giusto, nonostante che questi fosse il gemello più giovane. Sebbene facesse l’elezione secondo il suo proposito, Geova non forzò la situazione. Non predispose che in un giorno di critica decisione il più vecchio Esaù vendesse la propria primogenitura al fratello più giovane Giacobbe per una semplice scodella di minestra di lenticchie. È evidente, comunque, che Geova previde come il nascituro Esaù non avrebbe avuto per le cose spirituali l’apprezzamento e l’amore che avrebbe avuto Giacobbe. Per questo motivo Egli provò verso Esaù meno amore di quanto ne provò verso Giacobbe e fece conformemente la sua elezione, già quando i due gemelli non erano ancora nati ed erano nel seno materno. — Genesi 25:24-34.
5. Predispose Geova come Giacobbe dovesse ottenere la benedizione pronunciata da Isacco, e la invertì Egli?
5 Geova non predispose le tattiche che Giacobbe e sua madre Rebecca infine adottarono per ottenere la benedizione proferita da Isacco, ma Geova permise all’anziano cieco Isacco di pronunciare la benedizione del primogenito su Giacobbe, poiché Giacobbe meritava di averla. (Genesi 27:1-30) Geova non permise a Isacco di invertire tale benedizione, ma, quando Giacobbe fuggiva l’ira omicida del suo fratello gemello Esaù, Dio confermò la benedizione di Isacco su Giacobbe. Questo sostenne l’elezione di Dio, che aveva scelto Giacobbe prima della sua nascita. In che modo?
6. Come l’elezione che Dio aveva fatto di Giacobbe fu sostenuta nel sogno che Giacobbe ebbe della scala usata dagli angeli?
6 Nel luogo della Terra Promessa chiamato Betel, il fuggitivo Giacobbe “sognava, ed ecco, sulla terra era poggiata una scala e la sua cima giungeva fino ai cieli; ed ecco, su di essa salivano e scendevano gli angeli di Dio. Ed ecco, al di sopra d’essa stava Geova, e gli diceva: ‘Io sono Geova l’Iddio di Abraamo tuo padre e l’Iddio di Isacco. La terra sulla quale giaci la darò a te e al tuo seme. E per certo il tuo seme diverrà come le particelle di polvere della terra, e per certo ti estenderai all’occidente e all’oriente e al settentrione e al meridione, e per mezzo di te e per mezzo del tuo seme tutte le famiglie della terra per certo si benediranno. Ed ecco, io sono con te e di sicuro ti custodirò in tutta la via per la quale andrai e di sicuro ti farò tornare in questa terra, perché non ti lascerò finché non avrò realmente fatto ciò che ti ho proferito’”. — Genesi 28:12-15.
7, 8. (a) Che cosa significò questa dichiarazione divina per la linea di discendenza del Messia? (b) A differenza di Esaù, per l’adorazione di chi si distinse Giacobbe?
7 Secondo questa irreversibile dichiarazione dell’Iddio che non mente, la Promessa Abraamica contenuta in Genesi 12:1-7 doveva essere adempiuta da Dio per mezzo dei discendenti o seme di Giacobbe.
8 Questo significava che il Messia, il “seme” della celeste “donna” di Dio, doveva venire dalla linea di discendenza di Giacobbe. Per questo noi seguiamo specialmente la storia dei discendenti di Giacobbe anziché seguire la storia delle nazioni e delle famiglie della terra che devono ancora benedirsi mediante il “seme” messianico. Inoltre, l’Iddio di Abraamo e di Isacco fu chiamato l’“Iddio di Giacobbe”. Questo non può dirsi di Esaù (o, Edom), che non si distinse nell’adorazione di Geova e i cui discendenti divennero nemici degli adoratori di Geova. Il ‘dio di Edom’ fu l’idolo Qos. (2 Cronache 25:14; Ezechiele, capitolo trentacinque) Il tempio in seguito edificato a Gerusalemme fu chiamato “casa dell’Iddio di Giacobbe”. (Isaia 2:3) Come esempio per noi che ora siamo in questi giorni difficoltosi, l’ispirato salmista dice: “Geova degli eserciti è con noi; l’Iddio di Giacobbe è per noi una sicura altezza”. — Salmo 46:11.
ELEZIONE DELLA TRIBÙ REALE
9. (a) Perché i discendenti di Giacobbe si chiamano Israeliti? (b) In quale luogo Giacobbe generò il suo dodicesimo figlio?
9 Mentre per vent’anni era a Paddan-Aram nella valle mesopotamica, Giacobbe si sposò entro la parentela familiare approvata da suo padre Isacco e generò undici figli. Quindi Dio gli disse di tornare nella Terra Promessa, da cui era fuggito. (Genesi 31:3) Fu mentre Giacobbe faceva il viaggio di ritorno che gli fu dato il soprannome di Israele. L’angelo di Dio gli disse: “Il tuo nome non sarà più Giacobbe ma Israele, poiché hai conteso con Dio e con gli uomini così che alla fine hai prevalso”. (Genesi 32:28) Da allora in poi, i discendenti di Giacobbe furono chiamati Israeliti. (Esodo 17:11) Quando Giacobbe o Israele tornava in seguito da una visita ulteriore a Betel, dove aveva avuto il sogno della scala, generò il suo dodicesimo figlio, Beniamino. Ma quando diede alla luce questo suo secondo figlio, Rachele, diletta moglie di Giacobbe, morì. Come narra Genesi 35:19, “così Rachele morì e fu sepolta sulla via di Efrata, vale a dire Betleem”.
10. Durante l’ulteriore permanenza di Giacobbe nella Terra Promessa, a quali squalifiche fu soggetto Ruben?
10 Dopo che nel 1761 a.E.V. Giacobbe fu tornato nella Terra Promessa, continuò a dimorarvi come residente forestiero per trentatré anni. In quel tempo avvennero parecchie cose significative, ma non secondo alcun piano di Dio. Isacco, padre di Giacobbe, morì all’età di centottant’anni. (Genesi 35:27-29) Ruben, il più vecchio figlio di Giacobbe, violentò sessualmente Bila la concubina di suo padre e serva di Rachele. (Genesi 35:22) Questo squalificò Ruben dal diritto di primogenito del padre Giacobbe e anche dal privilegio che il Messia reale venisse dalla sua linea di discendenza. Questo non fu per certo predisposto da Geova Dio, poiché Egli non partecipò in nessun modo a tale fornicazione incestuosa. — Genesi 49:1-4.
11, 12. (a) Come Simeone e Levi si squalificarono per ogni opportunità circa la linea di discendenza messianica? (b) Dio che cosa dovette ora fare riguardo all’elezione?
11 Prima della morte di Rachele e dell’atto di scandalosa immoralità di Ruben, Dina la figlia di Giacobbe fu sessualmente violentata da un abitante della Terra Promessa, cioè da Sichem figlio di Emor l’Ivveo, che abitava nella città di Sichem. Tra i figli di Giacobbe ci fu grande indignazione a causa di questa “vergognosa follia contro Israele”. Quindi, allorché gli abitanti maschi di Sichem furon resi inabili perché si conformarono alla richiesta di circoncisione, Simeone secondo figlio di Giacobbe e Levi suo terzo figlio presero le spade e massacrarono tutti quei fiduciosi Sichemiti, dopo di che la città fu saccheggiata.
12 Giacobbe come profeta di Dio disapprovò questa violenza. Egli disse a Simeone e a Levi che in quel modo l’avevano reso “una puzza agli abitanti del paese” e avevano esposto lui e la sua casa all’annientamento per mano dei più numerosi popoli del paese. (Genesi 34:1-30) A causa di tale crudele massacro nell’ira e nel furore, Simeone e Levi si squalificarono entrambi dall’avere il “seme” messianico nella propria linea di discendenza. Questo onorevole privilegio dovette ora andare perciò a qualche altro figlio che non fosse Simeone e Levi e il naturale figlio primogenito Ruben. (Genesi 49:5-7) Geova Dio non aveva certamente predisposto che le cose andassero in questo modo. Ora dovette adattarsi alle nuove circostanze. L’elezione che avrebbe fatta tra i figli di Giacobbe ancora rimanenti Egli l’avrebbe indicata per mezzo del suo profeta, Giacobbe o Israele.
13, 14. Come Giacobbe e la sua casa scesero in Egitto per esservi con Giuseppe?
13 Il figlio primogenito di Rachele, seconda moglie prediletta di Giacobbe, era l’undicesimo figlio della famiglia, cioè Giuseppe. A questo figlio della sua vecchiaia Giacobbe mostrava speciale affetto. Per tale motivo i fratellastri di Giuseppe ne divennero gelosi. Senza che il loro padre lo sapesse, fecero in modo di vendere Giuseppe a mercanti viaggiatori che erano in cammino verso l’Egitto. Al loro padre Giacobbe fecero credere che Giuseppe fosse stato ucciso da una bestia selvaggia.
14 Giuseppe fu venduto schiavo in Egitto, ma grazie al favore dell’Iddio che fedelmente adorava e a cui ubbidiva fu elevato all’incarico di amministratore annonario e primo ministro d’Egitto sotto Faraone. Nell’anno 1728 a.E.V. Giuseppe si riconciliò con i suoi pentiti fratellastri, che erano scesi in Egitto ad acquistare provviste di viveri durante la carestia mondiale. In seguito, per disposizione di Giuseppe, suo padre Giacobbe o Israele si trasferì con tutta la sua casa in Egitto e si stabilì in quello che si chiamava Paese di Gosen. Giacobbe continuò a vivervi per diciassette anni. — Genesi, capitoli 37–47.
15, 16. Giacobbe entrò quindi in Egitto ancora come erede di che cosa, e come Salmo 105:7-15 richiama su ciò l’attenzione?
15 Fu per istruzione di Dio che Giacobbe partì dalla Terra Promessa e scese in Egitto su invito di Giuseppe. (Genesi 46:1-4) Vi scese come ancora erede della Promessa Abraamica e colui che l’avrebbe trasmessa. Salmo 105:7-15 addita questo fatto e dice:
16 “Egli è Geova nostro Dio. Le sue decisioni giudiziarie sono in tutta la terra. Ha ricordato il suo patto fino a tempo indefinito, la parola che comandò, a mille generazioni, il quale patto egli concluse con Abraamo, e la sua dichiarazione giurata a Isacco, e la quale dichiarazione tenne in vigore come regolamento pure per Giacobbe, come patto di durata indefinita pure per Israele, dicendo: ‘A te darò il paese di Canaan come parte assegnata della vostra eredità’. Questo avvenne quando erano pochi di numero, sì, pochissimi, e residenti forestieri in esso. E camminavano di nazione in nazione, da un regno a un altro popolo. Egli non permise ad alcun uomo di defraudarli, ma a motivo d’essi riprese dei re, dicendo: ‘Non toccate i miei unti [in ebraico il numero plurale di ma·shiʹahh, o messia], e non fate nulla di male ai miei profeti’”.
17. Perché Geova parlò ad Abraamo, Isacco e Giacobbe come a “profeti” e come a suoi “unti”?
17 Così Geova chiamò Abraamo, Isacco e Giacobbe suoi profeti, e realmente lo furono. (Genesi 20:7) Di un profeta poteva dirsi che era unto perché era stato designato e nominato, anche senza che si versasse su di lui olio ufficiale. (1 Re 19:16, 19; 2 Re 2:14) Similmente, malgrado Abraamo, Isacco e Giacobbe non fossero stati unti con olio nel modo in cui Giacobbe unse la colonna nel luogo chiamato Betel, furono appropriatamente chiamati “unti” a motivo dell’azione di Geova verso di loro. (Genesi 28:18, 19; 31:13) Il fatto che Geova li chiamò “miei unti” indica che li nominò, li elesse. La traduzione (inglese) della Bibbia di Moffatt rende Salmo 105:15: “Non toccate mai i miei eletti, non danneggiate mai i miei profeti”. (Anche 1 Cronache 16:22) Geova elegge chi vuole; la sua elezione è motivata da un proposito.
18. Conformemente, la nazione che doveva venire da Abraamo, Isacco e Giacobbe come fu inoltre designata, e perché questo fu appropriato?
18 Abraamo, Isacco e Giacobbe furono “messia” di Geova, ed è in armonia con questo che da essi venne la nazione messianica. Le Sacre Scritture parlano di questa nazione eletta come del “messia” o “unto” di Geova. In Salmo 28:8, 9, il salmista Davide dice: “Geova è una forza per il suo popolo, ed è una fortezza della grande salvezza del suo unto [ebraico: ma·shiʹahh]. Salva il tuo popolo, e benedici la tua eredità; e pascili e portali a tempo indefinito”. Il profeta Abacuc disse successivamente a Geova in preghiera: “Uscisti per la salvezza del tuo popolo, per salvare il tuo unto [ma·shiʹahh]”. (Abacuc 3:13) Fu conforme a ciò che, da questo “unto” popolo o nazione, doveva venire nel tempo stabilito da Dio il vero Messia, il “seme” della celeste “donna” di Dio. — Genesi 3:15.
19. Essendo capi di dodici tribù, i figli di Giacobbe come furono chiamati?
19 Fu laggiù in Egitto che i discendenti di Giacobbe crebbero fino a divenire un popolo numeroso, pronto a costituire una nazione. Riguardo al tempo in cui Giacobbe era sul suo letto di morte (nel 1711 a.E.V.) e proferì le sue parole di addio ai propri figli si disse: “Tutti questi sono le dodici tribù d’Israele, e questo è ciò che il loro padre proferì loro quando li benediceva. Egli li benedisse ciascuno secondo la sua propria benedizione”. (Genesi 49:28) Divenendo ciascuno capo di una tribù, questi dodici figli di Giacobbe furon chiamati “patriarchi”, o “capi dei padri”. Come disse una volta un oratore davanti al Sinedrio di Gerusalemme: “Quindi gli diede il patto della circoncisione, e così, dopo nacque Isacco, lo circoncise l’ottavo giorno; e Isacco generò Giacobbe, e Giacobbe i dodici patriarchi. Per gelosia i patriarchi vendettero Giuseppe schiavo in Egitto, ma Dio era con lui”. (Atti 7:8, 9, New English Bible) Appropriatamente, i Giudei di lingua greca parlarono di “Abraamo il patriarca”, e anche del “patriarca Davide”. — Ebrei 7:4; Atti 2:29, NEB.
20. Fu così istituito in Israele un patriarcato religioso?
20 Comunque, questo non significa che fra i discendenti di Giacobbe si istituisse lì in Egitto un patriarcato religioso. Dopo che Giacobbe morì nel paese di Gosen, Giuseppe quale primo ministro d’Egitto per Faraone non si costituì capo patriarcale delle “dodici tribù d’Israele”, sebbene la finale benedizione che gli diede suo padre indicasse che il diritto del primogenito era stato trasferito a Giuseppe. — Genesi 49:22-26; 50:15-26.
21. (a) Giacobbe indicò che il diritto del primogenito era ora trasferito a chi? (b) Da chi dipendeva l’elezione del capo della linea di discendenza che avrebbe condotto al re messianico?
21 Con le benedizioni profetiche che diede ai suoi dodici figli il patriarca Giacobbe diede più che l’indicazione che la primogenitura o il diritto del primogenito era stato trasferito da Ruben, figlio primogenito di Giacobbe avuto dalla sua prima moglie Lea, a Giuseppe, figlio primogenito della sua seconda moglie Rachele. (Genesi 29:21-32) Prima di vendere Giuseppe come schiavo in Egitto, i suoi fratellastri si risentirono al pensiero che egli potesse divenire re su di loro. (Genesi 37:8) Ma molto prima di ciò, quando Dio diede al patriarca Abraamo il patto della circoncisione, Dio aveva preannunciato che da Abraamo sarebbero venuti dei re, e questo sarebbe avvenuto per mezzo di sua moglie Sara, il cui nome Dio quindi cambiò da Sarai a Sara, che significa “Principessa”. (Genesi 17:16) Inoltre, quando Dio cambiò il nome di Giacobbe in Israele, promise che dei re sarebbero venuti da Giacobbe. (Genesi 35:10, 11) Comunque, il diritto del figlio primogenito della famiglia non recava automaticamente con sé il diritto e l’onore d’essere l’antenato della discendenza di re che avrebbe condotto al Re messianico, il “seme” della celeste “donna” di Dio. Questa condizione essenziale dipendeva dall’elezione di Dio. Egli fece indicare a Giacobbe quale figlio sarebbe stato l’antenato di tale Re.
22. In una benedizione, su quale figlio Giacobbe si riferì a uno “scettro” e a un “bastone del comandante”?
22 Dopo aver espresso la sua disapprovazione a Ruben, a Simeone e a Levi, il morente Giacobbe si riferì al suo quarto figlio avuto dalla prima moglie Lea e disse: “In quanto a te, Giuda, i tuoi fratelli ti loderanno. La tua mano sarà sulla parte posteriore del collo dei tuoi nemici. I figli di tuo padre ti si prostreranno. Giuda è un leoncello. Per certo salirai dalla preda, figlio mio. Egli si è chinato, s’è steso come un leone e, come un leone, chi osa farlo levare? Lo scettro non si allontanerà da Giuda, né il bastone del comandante di fra i suoi piedi, finché venga Silo; e a lui apparterrà l’ubbidienza dei popoli”. — Genesi 49:8-10, New World Translation of the Holy Scriptures.
23. Tutti questi aspetti, lo scettro, il bastone del comandante, l’ubbidienza dei popoli, il paragone con un leone, che cosa denotano in quanto a Giuda?
23 Notiamo che Giacobbe paragona Giuda a un leone. Michea 5:8 assomiglia il leone a un animale re della foresta. Ezechiele 19:1-9 assomiglia i re del regno di Giuda a leoni. Così il paragone di Giacobbe che assomiglia Giuda a un leone è in armonia con il fatto che lo scettro non doveva ‘allontanarsi da Giuda’, e questo implicava che Giuda aveva già lo scettro e non l’avrebbe perduto o non ne sarebbe stato privato. Che questo fosse lo scettro reale è confermato dal fatto che lo scettro fu paragonato al “bastone del comandante”, che nemmeno doveva allontanarsi da Giuda prima che venisse Silo. Per giunta, a Giuda, come fu rappresentato da questo Silo, “apparterrà l’ubbidienza dei popoli”. (Genesi 49:10, NW) Tutti questi aspetti di Giuda ne denotano la regalità!
24, 25. (a) Che cosa significa il nome Silo, e a chi si applica? (b) Perché lo scettro reale non dovrà allontanarsi da Giuda?
24 Si comprende che il nome Silo significa “Colui al quale appartiene”. L’antica Vulgata latina, che fu tradotta dal testo originale ebraico del giorno, dice: “Finché venga colui che dev’esser mandato”.
25 La venuta di questo Silo (“Colui del quale esso è”) si riferisce allo stesso la cui venuta è preannunciata dalle parole che il Sovrano Signore Geova rivolge all’ultimo re giudeo di Gerusalemme: “Una rovina, una rovina, una rovina ne farò. Anche in quanto a questo, per certo non diverrà di nessuno finché venga colui che ha il diritto legale, e a lui lo devo dare”. (Ezechiele 21:27) Questo si riferisce senza dubbio alla venuta del Re messianico, il “seme” della figurativa “donna” di Dio, poiché con la sua venuta non c’è bisogno di un’ulteriore successione di re dopo di lui. Quindi il regno della tribù di Giuda giunge al suo culmine e rimane per sempre nelle mani di Silo. Questi è il Re messianico che sederà nei cieli alla destra di Geova e sarà un re come Melchisedec, al quale il patriarca Abraamo pagò le decime delle spoglie della vittoria. (Salmo 110:1-4) Così lo scettro reale non si sarebbe allontanato da Giuda.
26. (a) Come I Cronache 5:1, 2 mostra che il diritto del primogenito è una cosa e le relazioni reali ne sono un’altra? (b) Nonostante gli sviluppi non prestabiliti, Geova che cosa fu libero e in grado di fare?
26 Che il diritto del figlio primogenito della famiglia fosse una cosa e l’assegnazione della direttiva reale ne fosse un’altra, e che Dio per mezzo del morente patriarca Giacobbe assegnasse la direttiva reale a Giuda, è dichiarato con chiarezza nella Scrittura. In I Cronache 5:1, 2 leggiamo riguardo ai figli di Giacobbe: “E i figli di Ruben primogenito d’Israele poiché egli era il primogenito; ma per aver profanato il giaciglio di suo padre il suo diritto di primogenito fu dato ai figli di Giuseppe figlio d’Israele, così che [Ruben] non dovette essere registrato secondo la genealogia per il diritto del primogenito. Poiché Giuda stesso mostrò d’esser superiore tra i suoi fratelli, e il condottiero era da lui [e il principe discese da lui (Leeser); e da lui venne colui che è il principe (Jewish Publication Society)]; ma il diritto come primogenito era di Giuseppe”. (NW) Qui non possiamo dire che l’Iddio Onnipotente e Onnisapiente predisponesse le cose in questo modo, poiché non indusse Ruben, Simeone e Levi a compiere azioni errate e a subirne le conseguenze. Piuttosto, dal modo in cui ebbero luogo i non predisposti avvenimenti egli fu libero di fare l’elezione di Giuda. Non tenendo conto di ciò che accadde, poté attenersi al suo originale proposito e adempierlo senza arrecare nessun cambiamento.
27, 28. (a) Su quale nazione, quindi, manterremo gli occhi esercitati, e su quale sua parte in particolare? (b) Agendo secondo le prove che Dio fornisce, quali benefici ne avremo?
27 Le scelte e gli atti di Dio ci sono di sicura guida allorché consideriamo il Suo “eterno proposito” che formò riguardo all’Unto, il Messia. Dalle parole profetiche che egli ispirò il morente patriarca Giacobbe a pronunciare su Giuda, apprendiamo il corso che dobbiamo seguire. Dobbiamo mantenere i nostri occhi esercitati non solo sulle dodici tribù d’Israele in genere, ma sulla tribù di Giuda in particolare a causa della sua diretta relazione con il Messia di Geova, il “seme” della Sua celeste “donna”. Sempre più prove si accumulano per aiutarci a identificare questo Re messianico in cui si racchiude l”‘eterno proposito” di Dio.
28 Agendo secondo le prove che il Sovrano Signore Geova ci fornisce, eviteremo di divenire seguaci di un deludente Messia falso. Invece, proveremo la gioia di riconoscere il Messia vero venuto da Dio e di seguire colui per mezzo del quale tutte le nazioni della terra si procureranno una benedizione eterna.
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Una nazione che fece un patto con DioL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo IX
Una nazione che fece un patto con Dio
1. Le nazioni sono oggi troppo materialistiche perché formino l’organizzazione di un trattato con chi?
NEI rapporti internazionali c’è la consuetudine che uno stato faccia un trattato con un altro stato per mutua difesa o relazioni pacifiche o scambi culturali o altre considerazioni. Diversi stati politici possono entrare a far parte di un’organizzazione secondo un trattato, come oggi l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico Settentrionale (NATO), l’Organizzazione del Trattato di Varsavia (o, Patto di Varsavia), o l’Organizzazione del Trattato per l’Asia Sud-Orientale (SEATO). Ma quale stato politico o nazione è oggi in un patto con Dio? Le nazioni sono oggi troppo materialistiche perché formino l’organizzazione di un trattato con un invisibile Essere celeste come una parte del trattato.
2. A quali domande desideriamo una risposta circa una nazione che fece un patto con Dio?
2 Anticamente ci fu comunque sulla terra una vera nazione vivente che fece un patto con l’Altissimo Dio del cielo. Questo significò un patto fra una parte terrestre e una parte celeste, una parte visibile e una parte invisibile. Ogni patto si fa per un espresso proposito. Quale fu lo scopo di quello storico patto fra una nazione della terra e il solo vivente e vero Dio del cielo? Come fu stipulato un patto apparentemente così privo d’equilibrio? Queste sono domande alle quali desideriamo ora una risposta.
3. Chi sarebbe stata la persona giusta per stabilire i termini, il mediatore, le condizioni e il tempo di un tale patto?
3 Essendo onnisapiente e onnipotente, l’Iddio Altissimo sarebbe stato la Persona giusta per offrire o anche proporre un tale patto con una nazione di persone imperfette e peccaminose. Date le circostanze, sarebbe stato appropriato che Egli dichiarasse lo scopo del patto e ne stabilisse i termini e nominasse un mediatore che avrebbe agito fra Lui e gli uomini. Egli avrebbe stabilito le condizioni secondo cui il patto sarebbe stato tenuto in vigore e avrebbe anche scelto il tempo per stipulare un tale patto o accordo. Il tempo fissato da Dio molto in anticipo fu il sedicesimo secolo avanti la nostra Èra Volgare (o a.E.V.).
4. Nell’occasione in cui fece un formale patto con Abraamo su sacrificio, quale periodo di tempo predisse Dio per il suo seme?
4 Dio aveva fatto un formale patto su sacrificio con il progenitore di questa intera nazione che a suo tempo doveva essere portata in un patto nazionale. Dopo che Melchisedec, re di Salem e sacerdote dell’Iddio Altissimo, pronunciò una benedizione su Abraamo che tornava da una vittoria militare, Dio fece entrare Abraamo in questo patto formale con Lui su sacrificio. Quando diede ad Abraamo la forte assicurazione che la promessa divina si sarebbe adempiuta sui discendenti di Abraamo, Dio gli disse: “Di sicuro sappi che il tuo seme diverrà residente forestiero in un paese non loro, e dovranno servirli, e questi certamente li affliggeranno per quattrocento anni. Ma la nazione che serviranno io la giudicherò, e ne usciranno quindi con molti beni. In quanto a te, andrai dai tuoi antenati in pace; sarai sepolto in una buona vecchiaia. Ma alla quarta generazione torneranno qui, perché l’errore degli Amorrei non è ancora giunto a compimento”. — Genesi 15:13-16.
5. Il lungo tempo che doveva passare prima che il seme di Abraamo occupasse la Terra Promessa che cosa consentì che accadesse?
5 Così l’occupazione del paese da parte del seme naturale di Abraamo fu differita di oltre quattrocento anni. Questo lungo periodo di tempo avrebbe consentito all’eletto seme naturale di Abraamo di crescere fino a formare un popolo di molti componenti, abbastanza numeroso da cacciare gli Amorrei che occupavano il paese di Canaan i quali andavano di male in peggio nell’“errore” delle loro vie pagane. Nonostante che il seme naturale di Abraamo crescesse fino a divenire un popolo di grande proporzione in un paese estraneo a quello di Canaan, tuttavia Dio avrebbe tenuto il paese in serbo per loro finché l’“errore” degli abitanti della terra promessa non fosse divenuto così grande da meritare l’espulsione dal paese. Che Dio avrebbe dato il territorio al seme naturale di Abraamo al tempo per esso maturo, Geova lo garantì ora con un patto formale.
“In quel giorno Geova concluse con Abramo un patto, dicendo: ‘Al tuo seme darò per certo questo paese, dal fiume d’Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate, i Cheniti e i Chenizei e i Cadmonei e gli Ittiti e i Ferezei e i Refaim e gli Amorrei e i Cananei e i Ghirgasei e i Gebusei’”. — Genesi 15:18-21.
6. Il patto nazionale avrebbe cancellato forse la Promessa Abraamica, e a quale scopo sarebbe servito riguardo ai discendenti di Abraamo?
6 In contrasto con quel patto divino con un solo uomo, Abraamo, il patto che Dio prevedeva era con una grande nazione di discendenti da Abraamo secondo un’eletta linea di discendenza. Quel patto nazionale doveva aggiungersi alla Promessa Abraamica, che divenne vincolante quando Abraamo attraversò il fiume Eufrate verso nord ed entrò nel territorio incluso nei confini dichiarati nel formale patto di Dio concluso con Abraamo su sacrificio. (Genesi 12:1-7) Il patto stipulato con i discendenti della nazione di Abraamo non cancellò la Promessa Abraamica ma le fu semplicemente aggiunto. Questo fu saggio, poiché non tutti i discendenti carnali di Abraamo si sarebbero mostrati idonei per partecipare alla Promessa Abraamica riguardo all’adempimento d’essa per la benedizione di tutte le nazioni e le famiglie della terra. Quindi, l’ulteriore patto nazionale sarebbe servito bene come un ausilio o mezzo per preparare i degni a ricevere e seguire lealmente il vero Messia, il promesso “seme” della celeste “donna” di Dio, quando Dio lo mandò e lo unse.
7. Per quali motivi Dio non avrebbe concluso il patto con i discendenti di Abraamo prima della fine di quei quattrocento anni?
7 La stipulazione di quell’ulteriore patto nazionale non avrebbe avuto luogo prima che passassero più di quattrocento anni da che Dio concluse questo patto con Abraamo su sacrificio, perché in quel tempo Abraamo non aveva nessuna progenie dalla sua moglie Sara allora sterile. Per giunta, Dio non avrebbe concluso un patto con i discendenti di Abraamo quando erano in servitù e afflitti da una nazione straniera. Questo non poteva avvenire, specialmente se si considera che la stipulazione del patto richiedeva quel tipo di sacrifici che era detestabile e dubbio per la nazione che li affliggeva e li teneva come schiavi. (Esodo 8:25-27) Prima Dio avrebbe giudicato avversamente la nazione oppressiva e avrebbe liberato il suo popolo e lo avrebbe reso libero di fare un patto con Lui, e poi Dio avrebbe concluso un patto con loro. Questo sarebbe avvenuto alla fine dei predetti “quattrocento anni”. Notiamo così che Geova Dio ha contrassegnato i propri periodi di tempo per la realizzazione del suo “eterno proposito” riguardo al suo Unto, al suo Messia.
8, 9. (a) Quale periodo di tempo cominciò allo svezzamento di Isacco, e come mai? (b) La fine di quel periodo fu il tempo per che cosa riguardo al seme naturale di Abraamo?
8 Venticinque anni dopo che Abraamo era entrato nella Terra Promessa, o all’età di cento anni, egli generò il suo solo e unico figlio, che la sua vera moglie Sara partorì, naturalmente, per miracolo divino. Ciò accadde nel paese che non apparteneva ancora ad Abraamo o a suo figlio Isacco. Quando Isacco fu svezzato, cominciò l’afflizione del “seme” naturale da cui doveva venire il Messia. Questo accadde quando il diciannovenne Ismaele fratellastro di Isacco schernì irrispettosamente Isacco poco dopo ch’era stato svezzato. Tale condotta che mostrava gelosia sarebbe potuta divenire una minaccia per la vita di Isacco, l’erede che Abraamo aveva avuto da Dio. — Genesi 16:11, 12.
9 Secondo il calcolo del tempo, questo inizio dell’afflizione del “seme” di Abraamo in un paese non loro si ebbe quando Abraamo aveva centocinque anni e Isacco aveva cinque anni. Questo accadde nell’anno 1913 a.E.V. (Genesi 21:1-9; Galati 4:29) Conformemente, i “quattrocento anni” d’afflizione sul “seme” naturale di Abraamo sarebbero finiti nel 1513 a.E.V. Questo sarebbe stato l’anno in cui il seme di Abraamo sarebbe dovuto uscire dal paese della nazione oppressiva e avrebbe dovuto cominciare a tornare nel paese dei suoi antenati, la Terra Promessa. Era il tempo giusto perché Dio stipulasse un patto nazionale con il “seme” di Abraamo, per poterli condurre nella Terra Promessa come una nazione vincolata in un patto con Lui. Quando ciò avvenne, alla fine dei quattrocento anni, fu anche il tempo in cui eran passati quattrocentotrent’anni da che Abraamo aveva attraversato il fiume Eufrate e la Promessa Abraamica era entrata in vigore. — Esodo 12:40-42; Galati 3:17-19.
STIPULATO UN PATTO NAZIONALE
10. Fino a qual punto crebbe in Egitto il seme naturale di Abraamo, ma infine in quale condizione?
10 Da quando Giacobbe nipote di Abraamo si trasferì con la sua casa fuori del paese di Canaan, e sino alla fine dei quattrocento anni, i discendenti di Giacobbe, le dodici tribù d’Israele, si trovarono nel paese del camitico Egitto (non nell’Egitto arabico, come oggi). Come era stato predetto da Geova Dio, l’afflizione era venuta sul “seme” naturale di Abraamo ed ora era divenuta molto grave. L’obiettivo di ciò era quello di sterminare il popolo di Abraamo amico di Dio. Nonostante ciò, essi erano cresciuti fino a divenire come le stelle dei cieli e come i granelli di sabbia che sono innumerevoli sulla spiaggia del mare, conforme alla promessa di Dio. Infine, si poterono riunire “seicentomila uomini robusti a piedi”, idonei per il servizio militare. (Esodo 12:37) No, Dio non aveva dimenticato il suo patto con il suo amico Abraamo. Egli si attenne inoltre al tempo del suo annunciato programma. Fu dunque pronto a compiere a suo tempo l’azione dovuta.
11. Chi suscitò Dio affinché fosse un condottiero per Israele, e come questi aveva cercato di mostrarsi condottiero?
11 Chi doveva essere ora il loro condottiero visibile? Dio non elesse il capotribù della tribù di Giuda come se questo fosse obbligatorio a causa della benedizione del Regno che Giacobbe aveva pronunciata su Giuda. (Genesi 49:10; 1 Cronache 5:1, 2) Invece, l’Iddio Altissimo, con il suo insito diritto di elezione, scelse un uomo adatto della tribù di Levi, Mosè pronipote di Levi. (Esodo 6:20; Numeri 26:58, 59) Quarant’anni prima della fine dei quattrocento anni, Mosè abbandonò la vita di corte di Faraone d’Egitto e gettò la sua sorte con i propri fratelli israeliti offrendosi loro come condottiero per trarli fuori della schiavitù. “Egli supponeva che i suoi fratelli comprendessero che Dio dava loro salvezza per sua mano, ma essi non lo compresero”. Dio non aveva allora mandato Mosè a liberare il popolo schiavo. Mosè fu costretto a fuggire da Faraone perché tentava d’ucciderlo. Si rifugiò nel paese di Madian e si sposò e divenne pastore per conto di suo suocero. — Esodo da 2:11 a 3:1; Atti 7:23-29.
12. Quando e dove Mosè divenne “unto” di Geova, e con quale missione?
12 Passarono quarant’anni, e Mosè compì ottant’anni. Quindi allorché Mosè pasceva le pecore nella penisola del Sinai, l’angelo di Dio fece a Mosè una manifestazione miracolosa ai piedi del monte Horeb, circa trecento chilometri a sud-est dell’attuale Canale di Suez. Qui, in Horeb, Geova Dio pronunciò per così dire compitando il proprio nome a Mosè e disse “‘Io mostrerò d’essere ciò che mostrerò d’essere’. . . . Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘Io mostrerò d’essere mi ha mandato a voi’”. (Esodo 3:2-14) Così Dio costituì Mosè come Suo profeta e rappresentante, e Mosè poté ora correttamente chiamarsi “unto”, o “messia”, allo stesso modo dei suoi antenati Abraamo, Isacco e Giacobbe. (Salmo 105:15; Atti 7:30-35; Ebrei 11:23-26) Geova indicò che avrebbe concluso un patto con il popolo di Mosè al monte Horeb, poiché disse che Mosè l’avrebbe tratto fuori d’Egitto per condurlo a questo monte, dove avrebbe servito Geova. — Esodo 3:12.
13. Come Faraone fu portato al punto di ordinare che gli Israeliti partissero dall’Egitto?
13 Siccome Faraone si rifiutò ripetutamente di lasciar andare via gli Israeliti, Geova fece abbattere su lui e sul suo popolo una serie di piaghe. La decima e ultima piaga fu quella che spezzò l’ostinato cuore di Faraone e la sua resistenza. Questa piaga fece morire tutti i primogeniti delle famiglie egiziane e dei loro animali domestici. I primogeniti degli Israeliti non morirono perché essi ubbidirono a Geova Dio e celebrarono il pasto pasquale, il primo che fecero, nelle loro case. L’angelo che eseguiva il giudizio di Geova, visto il sangue dell’agnello pasquale spruzzato sugli stipiti e sull’architrave della porta delle loro case, passava oltre, e la morte non invadeva la cerchia familiare. Naasson, padre di Salmon, della tribù di Giuda, fu risparmiato e restò in vita, anche Nadab, figlio primogenito di Aaronne, fratello maggiore di Mosè. Ma il figlio primogenito di Faraone morì. Preso dall’afflizione e per insistenza degli orbati Egiziani, Faraone ordinò di far uscire gli inermi Israeliti dal paese. — Esodo da 5:1 a 12:51.
14. Quali periodi di tempo finirono quel primo giorno di Pasqua, e che cosa ordinò Dio riguardo a quella notte?
14 Quella memorabile notte di Pasqua dell’anno 1513 a.E.V. pose simultaneamente fine a diversi segnati periodi di tempo. Finirono i quattrocento anni d’afflizione del seme naturale di Abraamo in un paese non suo. Finirono i duecentoquindici anni di residenza in Egitto dall’entrata del patriarca Giacobbe. Finirono i quattrocentotrent’anni da quando Abraamo attraversò il fiume Eufrate e cominciò a dimorare nella Terra Promessa. Non c’è da meravigliarsi se leggiamo: “E la dimora dei figli d’Israele, che avevan dimorato in Egitto, fu di quattrocentotrent’anni. E avvenne alla fine dei quattrocentotrent’anni, in quel medesimo giorno, pure avvenne che tutti gli eserciti di Geova uscirono dal paese d’Egitto. È una notte di osservanza riguardo a Geova per averli fatti uscire dal paese d’Egitto. Riguardo a Geova questa è una notte di osservanza da parte di tutti i figli d’Israele in tutte le loro generazioni”. — Esodo 12:40-42.
15. Come Dio liberò gli Israeliti dagli Egiziani che li inseguivano, e allora che cosa cantarono?
15 Con ingegnosa strategia, Geova per mezzo di Mosè condusse il suo popolo liberato alla sponda del superiore braccio occidentale del mar Rosso. Immaginando che gli Israeliti fossero intrappolati, Faraone e i suoi guidatori di carri e i suoi cavalieri si lanciarono all’inseguimento e circondarono i loro sfuggiti schiavi. Ma l’Iddio Onnipotente fece aprire un passaggio e durante la notte gli Israeliti attraversarono il letto prosciugato del mare passando alla spiaggia della penisola del Sinai. Quando agli Egiziani fu permesso di entrare nel corridoio della fuga, Dio fece ricadere su di loro le acque del mar Rosso e annegò essi e i loro cavalli. Non era venuta meno la parola di Dio, che Egli avrebbe giudicato quella nazione di oppressori del “seme” naturale di Abraamo. (Genesi 15:13, 14) Al sicuro sulla sponda del Sinai, i testimoni del giudizio di Geova cantarono: “Geova regnerà a tempo indefinito, sì, per sempre. . . . Cantate a Geova, poiché si è altamente esaltato. Egli ha lanciato in mare il cavallo e il suo cavaliere”. — Esodo 15:1-21.
16. Dio che cosa propose a Israele mentre era accampato in Horeb, e quale ne fu lo scopo?
16 Nel terzo mese lunare (Sivan) dopo l’uscita dall’Egitto, quando gli Israeliti giunsero nel deserto del Sinai e si accamparono alla base del “monte del vero Dio”, Horeb, fu un giorno speciale. Fu qui che Geova disse a Mosè che lo dovevano servire. (Esodo 3:1, 12; 19:1) Il profeta Mosè fu ora invitato ad agire come mediatore fra Dio e il popolo accampato. Geova ora propose un patto fra Lui e il popolo ed espresse lo scopo del patto. A Mosè, sul monte Horeb, Egli disse: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e dichiarerai ai figli d’Israele: ‘Voi stessi avete visto ciò che io feci agli Egiziani, per portarvi su ali d’aquile e condurvi a me. E ora se ubbidirete strettamente alla mia voce e osserverete in realtà il mio patto, per certo diverrete di fra tutti gli altri popoli la mia speciale proprietà, perché l’intera terra appartiene a me. E voi stessi mi diverrete un regno di sacerdoti e una nazione santa’”. — Esodo 19:3-6.
17. Quale procedura mostra se Geova imponesse il patto agli Israeliti portati in salvo?
17 L’Iddio Altissimo non impose questo patto agli Israeliti. Li lasciò liberi di decidere se fare un patto con lui o no, benché li avesse salvati dall’Egitto e dal mar Rosso. Divenire per Geova una “speciale proprietà”? DivenirGli “un regno di sacerdoti e una nazione santa”? Sì, fu ciò che gli Israeliti allora desiderarono fare. Infatti, quando Mosè disse agli uomini rappresentativi del popolo che Dio aveva proposto un patto, allora, come leggiamo, “tutto il popolo rispose unanimemente e disse: ‘Siamo disposti a fare tutto ciò che Geova ha proferito’”. Mosè riferì ora la decisione del popolo a Geova, che quindi stipulava il patto come era stato convenuto. — Esodo 19:7-9.
18. Il terzo giorno dopo ciò, che cosa dichiarò Dio a Israele?
18 Il terzo giorno dopo ciò Geova, per mezzo del suo angelo sul monte Sion lì in Horeb, dichiarò agli Israeliti radunati in assemblea le Dieci Parole o Dieci Comandamenti. Questi comandamenti possiamo leggerli per nostro conto in Esodo 20:2-17.
PREANNUNCIATO UN MEDIATORE PIÙ GRANDE
19. (a) A causa dello spettacolo, che cosa chiesero gli Israeliti a Mosè? (b) Che cosa disse per risposta Mosè?
19 L’occasione fu spettacolare! “Ora tutto il popolo vedeva i tuoni e lo sfolgorio dei lampi e il suono del corno e il monte fumante. Quando il popolo lo vide, tremava e se ne stava a distanza. E dicevano a Mosè: ‘Parla tu con noi, e lasciaci ascoltare; ma non parli Dio con noi affinché non moriamo’”. (Esodo 20:18, 19) La risposta che Dio diede a questa domanda degli spaventati Israeliti è riportata più pienamente in Deuteronomio 18:14-19. Qui, dopo aver detto agli Israeliti che Dio non aveva dato loro maghi o divinatori perché facessero da mediatori fra Lui e loro, Mosè continuò a dire:
“Ma in quanto a te, Geova tuo Dio non ti ha dato nulla di simile. Dal tuo proprio mezzo, dai tuoi fratelli, Geova tuo Dio susciterà per te un profeta come me — lui dovreste ascoltare — secondo tutto ciò che chiedesti a Geova tuo Dio in Horeb il giorno della congregazione, dicendo: ‘Non farmi udire di nuovo la voce di Geova mio Dio, e non farmi vedere più questo gran fuoco, affinché io non muoia’. Allora Geova mi disse: ‘Hanno fatto bene a parlare come han parlato. Susciterò per loro di mezzo ai loro fratelli un profeta come te; e in realtà metterò le mie parole nella sua bocca, ed egli per certo pronuncerà loro tutto ciò che io gli comanderò. E deve accadere che l’uomo il quale non avrà ascoltato le mie parole ch’egli avrà pronunciate nel mio nome, io stesso gliene chiederò conto’”.
20, 21. (a) Fu facile per Israele credere che ci sarebbe stato un altro profeta come Mosè? (b) In che modo questo profeta futuro doveva essere come Mosè, e in quali proporzioni?
20 Un profeta come Mosè, con il quale Dio parlava, per così dire “a faccia a faccia”? Poté esser difficile per gli Israeliti accettare tale idea, quando Mosè stesso disse loro ciò che Dio aveva proferito. Tuttavia, questo è quanto l’Iddio Onnipotente disse che avrebbe suscitato per il suo popolo. ‘Come Mosè’ non significava semplicemente uguale a Mosè. Il profeta promesso avrebbe potuto essere simile a Mosè, e per giunta maggiore di Mosè.
21 Dai profeti israeliti dopo Mosè e fino a Malachia, non ci fu nessun profeta come Mosè e nessuno più grande di Mosè. (Deuteronomio 34:1-12) Ma che dire del promesso Unto, il Messia, che sarebbe stato il “seme” della celeste “donna” di Dio? (Genesi 3:15) Dio parlava evidentemente di questi quando, al monte Sion, disse a Mosè che sarebbe venuto un futuro profeta simile a Mosè. Come Mosè, questo “seme” messianico sarebbe stato un Mediatore fra Dio e gli uomini, ma più grande di Mosè. Per certo gli adoratori del solo vivente e vero Dio hanno ora bisogno che si faccia per loro più di quanto Mosè fece per l’antico Israele. Quindi Mosè prefigurò il più grande Profeta di Geova che doveva venire.
22. Perché il profeta simile a Mosè che doveva venire sarebbe stato contrario all’uso delle immagini nell’adorazione di Dio?
22 In quel tempo Geova Dio disse inoltre a Mosè: “Dirai questo ai figli d’Israele: ‘Voi stessi avete visto che io vi ho parlato dai cieli. Non dovete fare con me dèi d’argento, e non vi dovete fare dèi d’oro’”. (Esodo 20:22, 23) Al di là di ogni diniego, questo è un comando contro l’uso di inanimate, mute immagini fatte dagli uomini nell’adorazione dell’Iddio che ha parlato dal cielo stesso. Dà vigorosamente enfasi a ciò che Dio disse nel secondo dei Dieci Comandamenti, come dichiara Esodo 20:4-6. Il messianico Profeta come Mosè sarebbe stato contrario a tale uso di immagini religiose.
23. Perché quel patto con Israele è comunemente chiamato Patto della Legge?
23 Prima di istituire il patto per mezzo del suo mediatore Mosè, Dio gli diede altre leggi in aggiunta ai Dieci Comandamenti. Queste furono esposte in Esodo, capitoli da ventuno a ventitré. Furono scritte in un rotolo o “libro”, che fu disponibile quando il patto doveva stipularsi in maniera formale. Poiché questo patto fu specialmente contrassegnato dall’emanazione della legge divina onde fosse osservata dal popolo eletto di Dio, fu un patto legale e comunemente si chiama il Patto della Legge. Del suo codice legale o insieme di leggi in forma ordinata si parla scritturalmente come de “La Legge”.
24. Quanto tempo dopo il patto abraamico fu fatto il patto della Legge, ed è la Promessa Abraamica ancora valida?
24 Poiché la Legge di questo patto con Israele fu presentata nella forma dei Dieci Comandamenti solo cinquanta o cinquantuno giorni circa dopo la notte di Pasqua in Egitto, potrebbe appropriatamente dirsi che la Legge “è venuta all’esistenza quattrocentotrent’anni dopo [in seguito al patto abraamico del 1943 a.E.V.]”. Che la Legge fosse data a Israele dopo tale lungo intervallo non privò di valore il patto abraamico, “in modo da abolire la promessa”. (Galati 3:17) La promessa di Dio di benedire tutte le nazioni e le famiglie della terra nel “seme” di Abraamo è ancora in vigore. Non verrà meno!
25. Per chi il patto della Legge fu reso vincolante, e con l’applicazione a esso di che cosa?
25 Non manchiamo di notare che il patto della Legge con Israele fu reso valido, solennemente vincolante per le parti del patto, con l’applicazione del sangue delle vittime di sacrificio. In Esodo 24:6-8, il racconto ci narra: “Mosè [in qualità di mediatore] prese quindi metà del sangue e lo mise in bacini, e metà del sangue asperse sull’altare. Infine prese il libro del patto e lo lesse agli orecchi del popolo. Allora essi dissero: ‘Noi siamo disposti a fare tutto ciò che Geova ha proferito e a ubbidire’. Mosè prese dunque il sangue e lo asperse sul popolo e disse: ‘Ecco il sangue del patto che Geova ha concluso con voi rispetto a tutte queste parole’”. — Si noti anche Esodo 24:3.
26. Che cosa fu rappresentato dall’applicazione del sangue all’altare di Dio, e che cosa dall’aspersione del sangue sul popolo?
26 L’altare che Mosè aveva costruito alla base del monte Sinai rappresentò Geova Dio, a cui i sacrifici erano stati offerti su tale altare. Per cui, applicando metà del sangue delle vittime animali all’altare, Geova Dio fu rappresentativamente portato nel patto e da esso vincolato come sua parte. D’altro canto, mediante l’aspersione dell’altra porzione del sangue del sacrificio sul popolo, esso pure fu portato nel patto come l’altra sua parte e ne fu solennemente vincolato perché adempisse quei termini che gli si applicavano. Così mediante il sangue le due parti, Dio e la nazione d’Israele, furono unite in un patto.
27. Rispetto alla conclusione del patto della Legge, che cosa prova che gli Israeliti non camminarono in essa per ignoranza o costrizione?
27 La nazione d’Israele non fece questo patto per ignoranza o pressione o costrizione. Il giorno prima che il patto fosse solennemente concluso con sangue erano state loro riferite le parole e le decisioni di Dio ed essi le avevano accettate. Come afferma Esodo 24:3: “Quindi Mosè venne e narrò al popolo tutte le parole di Geova e tutte le decisioni giudiziarie e tutto il popolo rispose con una sola voce e disse: ‘Noi siamo disposti a mettere in pratica tutte le parole che Geova ha proferite’”. Il giorno dopo, avendo Mosè letto il “libro del patto” agli orecchi di tutto il popolo, essi ripeterono che accettavano la Legge di Dio, dopo di che furono aspersi col sangue dei sacrifici. Ora era obbligatorio che l’intera nazione d’Israele mettesse in pratica ciò che Dio aveva dichiarato quando aveva proposto il patto, dicendo: “Ora se ubbidirete strettamente alla mia voce e osserverete in realtà il mio patto, . . .” — Esodo 19:5, 6.
28. Quale parte del patto della Legge fu messa in dubbio in quanto alla lealtà verso i suoi termini, e, per essere santi, che cosa si richiedeva?
28 Si poteva attendere che l’Iddio Onnipotente fosse fedele alla Sua parte di questo patto bilaterale, poiché Egli non muta. (Malachia 3:6) Erano gli Israeliti a suscitar dubbio. Sarebbero stati essi leali verso Dio, adempiendo ciò che avevano detto di voler fare? Sarebbero stati fra i leali che dovevano radunarsi presso Geova, in adempimento di Salmo 50:4, 5: “Egli chiama i cieli di sopra e la terra in modo da eseguire il giudizio sul suo popolo: ‘Raccogli a me i miei leali, quelli che concludono il mio patto sul sacrificio”’? Non come individui, ma come un intero popolo, come una nazione, avevano fatto questo patto della Legge su un insieme di sacrifici per tutto il popolo. Avrebbero dato prova d’essere “una nazione santa”? Per fare questo si sarebbero dovuti mantenere separati da questo mondo.
29, 30. (a) Solo perché aveva fatto il patto della Legge fu reso Israele un “regno di sacerdoti”, o qual era la disposizione per i sacerdoti? (b) Che cosa si fece dei componenti maschi idonei delle altre famiglie della tribù di Levi?
29 Solo perché avevano fatto questo patto con l’Iddio Altissimo non divennero subito un “regno di sacerdoti”. Allora non furono affatto un regno in cui ogni componente maschio fosse un sacerdote di Dio a favore di tutte le altre nazioni della terra. Non si era ancora adempiuta verso di loro la profezia di Isaia 61:6: “In quanto a voi, sarete chiamati sacerdoti di Geova; si dirà che siete ministri del nostro Dio. Mangerete le risorse delle nazioni, e vi vanterete della loro gloria”. Piuttosto, secondo i termini del patto della Legge, i componenti maschi qualificati di una sola famiglia d’Israele erano stati costituiti sacerdoti, perché prestassero servizio a favore di tutto il resto della nazione. Questa fu la famiglia di Aaronne, fratello più vecchio di Mosè, appartenente alla tribù di Levi. Egli fu fatto sommo sacerdote di Dio, e i suoi figli furon fatti sottosacerdoti. Così costituirono un sacerdozio aaronnico.
30 I componenti maschi idonei di tutto il resto delle famiglie della tribù di Levi furon fatti ministri del sacerdozio aaronnico, perché li aiutassero a compiere i servizi religiosi presso la casa di Dio, o tenda di adunanza, che era stata prestabilita nel patto della Legge. — Esodo da 27:20 a 28:4; Numeri 3:1-13.
31. Perché i sacerdoti aaronnici non furono fatti anche re in Israele?
31 Così la tribù di Giuda non ebbe nessuna parte nel sacerdozio dell’antico Israele, perché da questa tribù doveva venire il “condottiero” messianico, colui che fu chiamato “Silo” al quale “apparterrà l’ubbidienza dei popoli”. (Genesi 49:10; 1 Cronache 5:2, NW) Quindi, nell’antico Israele, il regno e il sacerdozio furono tenuti separati. Aaronne e i suoi figli non furono fatti re-sacerdoti, non essendo così simili a Melchisedec.
32. Quali feste dovevano essere celebrate annualmente da Israele?
32 Secondo il patto della Legge, ogni anno tutto il popolo doveva celebrare presso la tenda o tabernacolo di adorazione tre feste nazionali. “Tre volte l’anno ogni tuo maschio dovrebbe comparire dinanzi a Geova tuo Dio nel luogo che sceglierà: nella festa dei pani non fermentati e nella festa delle settimane e nella festa delle capanne, e nessuno dovrebbe comparire dinanzi a Geova a mani vuote. Il dono della mano di ciascuno dovrebbe essere in proporzione alla benedizione di Geova tuo Dio che egli ti ha data”. (Deuteronomio 16:16, 17; Esodo 34:1, 22-24) La festa dei pani non lievitati era tenuta in relazione con l’annuale cena di Pasqua che commemorava la liberazione d’Israele dall’Egitto. La festa delle settimane si teneva il cinquantesimo giorno, cioè dopo che erano passate le sette settimane iniziate il 16 Nisan; e le primizie della raccolta del frumento si presentavano a Geova in quel cinquantesimo giorno (o, giorno di Pentecoste). La festa delle capanne (o, tabernacoli) era pure chiamata “festa della raccolta” al volgere dell’anno. Queste feste annuali avevano i loro prescritti sacrifici a Geova. — Levitico 23:4-21, 33-43.
33. Quando si teneva il Giorno di Espiazione, e perché i suoi sacrifici dovevano ripetersi di anno in anno?
33 Cinque giorni prima che cominciasse la festa delle capanne, si doveva tenere l’annuale “giorno d’espiazione” (Yom Kippur), il decimo giorno del settimo mese lunare a contare dal mese primaverile di Nisan o Abib. Questo sarebbe stato il 10 Tishri. In questo giorno si sarebbe fatta un’espiazione per i peccati dell’intera nazione che era in una relazione di patto con Geova, essendo questo il solo giorno dell’anno in cui il sommo sacerdote aaronnico sarebbe entrato nel Santissimo della tenda di adunanza e avrebbe asperso il sangue delle vittime di espiazione (un toro e un capro) dinanzi alla sacra arca del patto, che conteneva la scritta Legge di Geova. (Levitico 23:26-32; 16:2-34) Naturalmente, la morte e il sangue asperso di queste subumane vittime animali non potevano realmente togliere i peccati degli uomini a cui tali animali erano sottoposti. Proprio per la ragione che la morte e il sangue di quegli animali sacrificati non toglievano in effetti i peccati della specie umana i sacrifici del Giorno di Espiazione dovevano ripetersi di anno in anno.
34. Come mostrava il patto della Legge, che cosa era richiesto da Dio per togliere il peccato umano, e perché nessun Israelita poteva offrire quanto era richiesto?
34 Possiamo vederne la ragione. Nel patto della Legge, Dio chiaramente comandò: “Se dovesse accadere un incidente mortale, devi dare anima per anima, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, marchio per marchio, ferita per ferita, colpo per colpo”. (Esodo 21:23-25; Deuteronomio 19:21) In altre parole, si doveva rendere tanto per tanto, qualche cosa di pari valore per qualche cosa di pari valore. Così una vita umana non condannata si sarebbe dovuta dare per una vita umana che era venuta sotto la condanna. Ecco perché in Salmo 49:6-10 è scritto: “Quelli che confidano nei loro mezzi di sostentamento, e che continuano a vantarsi dell’abbondanza delle loro ricchezze, nemmeno uno d’essi può con alcun mezzo redimere sia pure un fratello, né dare a Dio un riscatto per lui; (e il prezzo di redenzione della loro anima è così prezioso che è cessato a tempo indefinito) perché ancora viva per sempre e non veda la fossa. Poiché vede che pure il saggio muore”. Doveva esserci un riscatto corrispondente, e nessuno degli Israeliti carichi di peccati poteva provvederlo per redimere la perfetta vita perduta da Adamo.
35. Che cosa è accaduto al sacerdozio aaronnico, e dove si dovrebbe cercare dunque il redentivo sacrificio di riscatto?
35 Il sacerdozio aaronnico che offriva semplici sacrifici animali nella sacra casa di Dio scomparve diciannove secoli fa, nell’anno 70 E.V. quando Gerusalemme e il suo tempio furono distrutti dagli eserciti romani. Non c’è da fare altro che volgere lo sguardo al Re messianico che Geova Dio giurò di fare “sacerdote a tempo indefinito secondo la maniera di Melchisedec!” (Salmo 110:1-4) Questi dovrebbe essere il “seme” della celeste “donna” di Dio, il seme che Dio nomina e mette nella condizione per ferire la testa del malvagio simboleggiato in Eden da quel “serpente”. Se questi non provvedesse il redentivo riscatto per tutto il genere umano, non ci sarebbe per noi umani nessun aiuto, nessuna prospettiva di vita eterna in un giusto nuovo ordine sotto Geova Dio. Or dunque, i sacrifici animali che nel “giorno d’espiazione” di Israele si offrirono fino al primo secolo E.V. dovettero essere figurativi; dovettero prefigurare in senso profetico il necessario sacrificio di riscatto che doveva essere offerto dal Messia il quale diviene il sacerdote melchisedechiano, Colui che ferisce la testa del serpente.
36. Similmente, come si devono considerare le feste che si tenevano sotto il patto della Legge?
36 La stessa cosa può dirsi di quelle feste annuali che il patto di Dio imponeva all’antico Israele. Esse non erano semplici occasioni di trattenimento e rilassamento nazionale prive di significato. Avevano un significato profetico. Essendo occasioni felici, raffiguravano i felici provvedimenti futuri che Dio ha preso per il genere umano. Dio ne fa conoscere il benedetto significato al tempo stabilito secondo il suo “eterno proposito”.
UNA NAZIONE CON MERAVIGLIOSE OPPORTUNITÀ
37. Quale opportunità offriva agli Israeliti il patto della Legge?
37 Comunque, poteva qualche Israelita ottenere per sé la vita eterna osservando la Legge del patto con Dio in maniera perfetta, senza violarne nemmeno la più piccola parte? Il patto della Legge offriva a ciascun Israelita l’opportunità di provare che lo poteva. In Levitico 18:5 si fa riferimento a questa opportunità, con queste parole: “Dovete osservare i miei statuti e le mie decisioni giudiziarie, che se un uomo li mette in pratica, deve pure vivere per mezzo d’essi. Io sono Geova”. Così, se qualche Israelita avesse osservato la Legge senza difetto e avesse con le proprie opere ottenuto la vita eterna, non aveva bisogno del beneficio dei sacrifici del patto della Legge. Né aveva bisogno della benedizione della Promessa Abraamica. (Genesi 12:3; 22:18) Tale perfetto osservatore della Legge avrebbe potuto stabilire la propria giustizia e merito vitale.
38, 39. (a) Che cosa mostra se qualche Israelita guadagnasse la vita osservando perfettamente la Legge? (b) I servizi sacerdotali di chi sono perciò necessari dinanzi a Dio?
38 Tuttavia, morì anche il profeta Mosè. Morì pure il sommo sacerdote Aaronne. E son morti tutti gli altri Israeliti da che fu stipulato il patto della Legge fino a che scomparve il sacerdozio aaronnico nell’anno 70 E.V., sì, fino a oggi. Perfino a diciannove secoli di distanza dalla distruzione del tempio di Gerusalemme per opera dei Romani, gli odierni Israeliti ortodossi seguono una forma di celebrazione del Giorno di Espiazione o Yom Kippur. Questo è in sé un’ammissione che hanno bisogno di purificarsi dal peccato, sì, che non sono in grado di osservare perfettamente la Legge e di ottenere la vita eterna con le proprie giuste opere. E se essi non poterono far questo sotto il patto della Legge, come lo potrebbe alcun altro di noi uomini imperfetti?
39 In vista di ciò che il patto della Legge rese chiaramente manifesto, siamo tutti condannati dinanzi all’Iddio la cui attività è perfetta. (Deuteronomio 32:4) Come il profeta Isaia disse più di settecento anni dopo che il patto della Legge era stato fatto con Israele: “Come veste immonda erano tutte le nostre azioni di giustizia”. (Isaia 64:5, Na) Tutti abbiamo bisogno dei servizi del promesso Sacerdote melchisedechiano, che dovrà essere sacerdote per sempre.
40. Che fece Mosè il 1º Nisan 1512 a.E.V., riguardo all’adorazione di Dio, e quindi cosa accadde?
40 Torniamo ora all’anno della stipulazione di quel patto fra Geova Dio e Israele per mezzo del mediatore Mosè. Quell’anno lunare finì, e giunse il 1º Nisan dell’anno 1512 del calendario a.E.V. Quel giorno Mosè ubbidì al comando di Dio e fece erigere il “tabernacolo della tenda di adunanza” perché vi iniziasse l’adorazione di Dio. Quindi Mosè vestì suo fratello più vecchio Aaronne e i figli di Aaronne con le loro vesti ufficiali e li unse con l’olio di santa unzione, affinché prestassero servizio come sommo sacerdote e sottosacerdoti. “Mosè finì dunque l’opera. E la nuvola copriva la tenda di adunanza, e la gloria di Geova empì il tabernacolo. E Mosè non poteva entrare nella tenda di adunanza, perché la nuvola risiedeva al di sopra d’essa e la gloria di Geova empiva il tabernacolo”. — Esodo 40:1-35.
41. Di che cosa quella manifestazione fu una prova, e quando fu completato l’insediamento del sacerdozio?
41 C’era la prova visibile che Geova aveva accettato questa costruzione per l’adorazione e l’aveva santificata per il Suo proposito. Il settimo giorno di quel primo mese di Nisan (o, Abib) furono completati l’insediamento e l’investitura del sacerdozio aaronnico, e nel sacro tabernacolo poterono ufficialmente soprintendere da allora in poi a tutti gli aspetti dell’adorazione divina. — Levitico da 8:1 a 9:24.
42. Oltre a essere il loro Dio da adorare, che cos’altro era allora Geova per Israele, senza bisogno di un rappresentante visibile?
42 Geova era l’Iddio a cui quella nazione d’Israele aveva il comando e l’obbligo di rendere adorazione. Egli era non soltanto il loro Dio. Era anche il loro reale Governante, il loro Re, a cui dovevano sottomissione e lealtà. La disubbidienza alle Sue leggi e ai Suoi comandamenti sarebbe stata perciò insubordinazione e slealtà. Confermando questo fatto, in Deuteronomio 33:5 il profeta Mosè si riferisce alla nazione d’Israele come a Iesurun o “Il Retto” perché fece il patto della Legge e dice: “E ci fu un re in Iesurun, quando furono radunati i capi del popolo, tutte le tribù d’Israele insieme”. (Traduzione della Jewish Publication Society of America) E, la nota editoriale in calce a questo versetto del defunto dott. J. H. Hertz, C. H., dice: “Così cominciò il Regno di Dio su Israele”. (Pentateuch and Haftorahs, Soncino Press, pagina 910) Geova era il loro invisibile Re celeste. Egli non aveva bisogno sulla terra di nessun visibile re umano che Lo rappresentasse in Israele. — Genesi 36:31.
43, 44. Come l’antico Israele era stato incomparabilmente favorito in paragone con tutte le altre nazioni terrene, e come potevano perciò lodare Geova?
43 Quanto altamente favorita fu questa nazione formata dai discendenti di Abraamo, Isacco e Giacobbe (Israele) e che era stata portata in un patto con il solo vivente e vero Dio! Essi avevano la sua vera adorazione e la prospettiva di divenirGli un “regno di sacerdoti e una nazione santa”.
44 Il profeta Amos disse: “Udite questa parola che Geova ha proferita riguardo a voi, o figli d’Israele, riguardo all’intera famiglia che trassi fuori del paese d’Egitto, dicendo: ‘Voi soli ho conosciuto di tutte le famiglie della terra’”. (Amos 3:1, 2) Fu un paragone accurato quello che il salmista espresse in uno dei salmi di Alleluia, dicendo: “Annuncia la sua parola a Giacobbe, i suoi regolamenti e le sue decisioni giudiziarie a Israele. Non ha fatto in tal modo a nessun’altra nazione; e in quanto alle sue decisioni giudiziarie, non le hanno conosciute. Lodate Iah!” (Salmo 147:19, 20) La nazione favorita ebbe davvero buon motivo di lodare Geova osservandone il patto. Se lo avrebbero lodato doveva ora esser mostrato in quella che poteva chiamarsi l’Èra del Patto della Legge che ora appena cominciava.
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Patto per un Regno stipulato con DavideL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo X
Patto per un Regno stipulato con Davide
1. Quale periodo di tempo è indicato in I Re 6:1, e perché questa misurazione del tempo è appropriata?
DIO indica i suoi propri periodi di tempo secondo il Suo “eterno proposito”. Un tale periodo di tempo ci è indicato nel libro di I Re, capitolo sei, versetto uno, dov’è scritto: “E avvenne il quattrocentottantesimo anno dopo l’uscita dei figli di Israele dal paese d’Egitto, nel quarto anno, nel mese di Ziv, cioè il secondo mese, dopo che Salomone era divenuto re su Israele, che egli edificava la casa di Geova”. Questa fu un’appropriata misurazione del tempo, poiché andava da quando gli Israeliti furono liberati dall’Egitto, poco dopo che cominciarono a costruire la casa di adorazione nel deserto del Sinai, fino a quando il re Salomone figlio di Davide cominciò a costruire il tempio a Gerusalemme. Questo intercorse dal 15 Nisan 1513 a.E.V. al 1º Ziv (o, Iyyar) 1034 a.E.V. — Numeri 33:1-4; 1 Re 6:37.
2, 3. (a) Perché gli Israeliti vagarono così a lungo nel deserto del Sinai? (b) Quanto tempo impiegarono a soggiogare la Terra Promessa, dopo di che come furono governati per secoli?
2 Naturalmente, in quei cinque secoli circa erano accadute molte cose. A causa della mancanza di fede nella capacità di Dio di soggiogare le nazioni che allora abitavano la Terra Promessa, gli Israeliti furon costretti a vagare per quasi quarant’anni nel deserto del Sinai. In quel tempo morirono gli Israeliti più vecchi, che si erano ribellati contro l’invasione della Terra Promessa sotto la direttiva di Dio nel secondo anno del loro esodo. (Numeri da 13:1 a 14:38) Alla fine di quarant’anni Dio fece attraversare loro miracolosamente il fiume Giordano in piena e li fece entrare nella Terra Promessa, il paese di Canaan.
3 Quindi, sotto la direttiva di Giosuè, successore di Mosè, cominciarono anni di guerra per assoggettare il paese. Secondo le parole del fedele Caleb, figlio di Iefunne della tribù di Giuda, allorché la terra occupata si ripartiva alle famiglie d’Israele, gli Israeliti impiegarono sei anni a soggiogare il paese e spodestarne gli abitanti. (Giosuè 14:1-10) Dopo ciò, agli Israeliti ora stabilitisi nel paese Dio diede per secoli una successione di giudici, finché ai giorni del profeta Samuele fu introdotto un cambiamento nella forma di governo nazionale. Un cronologo giudeo di millenovecento anni fa ci misurò brevemente questo periodo. Un giorno di sabato, parlando in una sinagoga di Antiochia di Pisidia, in Asia Minore, questo cronologo disse:
4, 5. (a) Quale periodo di tempo quel cronologo biblico indicò nella storia d’Israele prima che avessero i giudici? (b) Con quali avvenimenti cominciò e finì quel periodo di tempo?
4 “Uomini d’Israele e voi che temete Iddio, ascoltate. Il Dio del nostro popolo d’Israele elesse i nostri padri ed esaltò il nostro popolo durante la sua dimora nella terra di Egitto, e con forte braccio li trasse di là, e per un tempo di circa quarant’anni li nutrì nel deserto, e, distrutti sette popoli nel paese di Canaan, ne assegnò loro la terra nel giro di circa quattrocentocinquant’anni [tutto questo durante circa quattrocentocinquant’anni, NM]. E dopo questo diede loro i giudici fino a Samuele profeta. In seguito, chiesero un re, e Dio diede loro Saul figlio di Cis, della tribù di Beniamino, per anni quaranta”. — Atti 13:14-21, La Sacra Bibbia a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma, edita nel 1961. Si veda anche la Versione Riveduta del dott. Giovanni Luzzi.
5 La distribuzione della terra a Caleb e agli altri Israeliti in eredità avvenne l’anno 1467 a.E.V. Se torniamo indietro di “circa quattrocentocinquant’anni” arriviamo all’anno 1918 a.E.V. Questo fu l’anno in cui nacque Isacco, il figlio che Abraamo ebbe da Sara, e Dio elesse Isacco invece di Ismaele, il figlio più vecchio che Abraamo ebbe da Agar serva egiziana di Sara. Con una dichiarazione giurata Dio confermò a Isacco il patto che Egli aveva stipulato con Abraamo per il possesso del paese di Canaan, e qui alla fine di questo periodo di quattrocentocinquant’anni Dio assegnò ora alla progenie di Isacco l’eredità di quella Terra Promessa. Geova Dio aderiva con fedeltà al suo “eterno proposito” di benedire tutto il genere umano.
6. (a) Come il giudice Gedeone mostrò lealtà verso la sovranità di Dio? (b) Quale re, come andò a finire Abimelec figlio di Gedeone?
6 Nel periodo dei quindici giudici da Giosuè a Samuele, gli uomini d’Israele cercarono di persuadere il sesto giudice, Gedeone, figlio di Ioas della tribù di Manasse, affinché istituisse nella sua famiglia una dinastia di governanti, invece di avere come Re Geova Dio. Ma Gedeone fu leale al Sovrano Governante d’Israele e rifiutò l’offerta del governo, dicendo: “Io stesso non vi governerò, né mio figlio vi governerà, Geova è colui che vi governerà”. (Giudici 8:22, 23) Uno dei molti figli di Gedeone, chiamato Abimelec (che significa “Mio padre è re”), influenzò i proprietari di terre di Sichem perché lo insediassero come re su di loro. Egli venne a trovarsi sotto gli avversi giudizi di Dio e, dopo aver regnato per tre anni, una donna gli causò la morte in battaglia. — Giudici 9:1-57.
UN RE SU TUTTO ISRAELE
7. Quando e come Israele ebbe un re umano eletto da Dio, e per quanto tempo regnò?
7 Nella vecchiaia del quindicesimo giudice, Samuele il profeta, gli anziani d’Israele vennero da lui con la richiesta: “Ora costituisci per noi un re che ci giudichi come tutte le nazioni”. Samuele ritenne che lo rigettassero come giudice nominato da Dio, ma Geova gli disse: “Ascolta la voce del popolo in tutto ciò che ti dicono; poiché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me dall’esser re su di loro”. Dio disse a Samuele di avvertire gli Israeliti di tutte le difficoltà che avrebbero incontrato avendo un visibile re umano, ma essi espressero ancora preferenza per un tale re. Dio, come Sovrano Signore su Israele, fece l’elezione dell’uomo che sarebbe stato il primo re umano d’Israele. Mandò Samuele a ungere Saul figlio di Chis della tribù di Beniamino come re. Nell’anno 1117 a.E.V. Saul fu insediato re nella città di Mizpa. “Il popolo urlava e diceva: ‘Viva il re!’” Saul regnò quarant’anni. — 1 Samuele da 8:1 a 10:25; Atti 13:21.a
8. (a) Nell’undicesimo anno del regno di Saul, quale nascita ci fu a Betleem? (b) Che cosa profetizzò Michea riguardo a Betleem?
8 Nell’undicesimo anno del regno di Saul, nella città di Betleem nel territorio della tribù di Giuda, ebbe luogo un avvenimento all’apparenza insignificante. Iesse il Betleemita generò un ottavo figlio, a cui diede nome Davide. Il re Saul o qualsiasi altro in Israele non sapeva che questo bambino neonato sarebbe divenuto un giorno così illustre che il suo luogo di nascita, Betleem, sarebbe stato chiamato “la città di Davide”. Allora nessuno sapeva che, circa trecento anni dopo, si sarebbe profetizzato riguardo a quella città di Davide: “E tu, Betleem Efrata, così piccola fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà Colui che deve regnare in Israele. Le sue origini son dall’inizio, dai giorni antichi”. (Michea 5:1, Nardoni; 5:2, Diodati, NM) I capi religiosi giudei del primo secolo avanti la nostra Èra Volgare compresero che questa profezia si applicava al Messia. Quindi il “seme” della “donna” di Dio doveva nascere a Betleem.
9. In vista dell’avventatezza di Saul, Dio cosa fece dire da Samuele a Saul circa il regno, e Dio chi avrebbe eletto per il trono?
9 Comunque, prima di ciò, quando il re Saul aveva già regnato due anni, egli cedette per mancanza di fede e agì con presunzione e avventatezza nell’incarico. “A ciò Samuele disse a Saul: ‘Hai agito stoltamente. Non hai osservato il comandamento di Geova tuo Dio che egli ti aveva comandato, perché, se tu l’avessi osservato, Geova avrebbe reso fermo il tuo regno su Israele a tempo indefinito. Ed ora il tuo regno non durerà. Geova per certo si troverà un uomo secondo il suo cuore; e Geova gli darà incarico come condottiero sul suo popolo, perché tu non hai osservato ciò che Geova ti ha comandato’”. (1 Samuele 13:1-14) L’“uomo secondo il suo cuore”, cioè secondo il cuore di Dio, non era ancora nato, poiché queste parole furono proferite anni prima che Davide nascesse a Betleem. Questo rese evidente che l’Iddio Altissimo avrebbe esercitato il suo potere e diritto e avrebbe fatto la propria scelta d’un Israelita quale successore del re Saul. Ciò facendo, egli si sarebbe attenuto al suo “eterno proposito” riguardo al Messia.
10, 11. (a) Come Davide fu designato futuro re d’Israele? (b) Come Davide incorse nell’omicida gelosia di Saul, e dove in principio divenne re?
10 Quando Davide era solo un pastore adolescente a Betleem, Dio lo designò come l’uomo secondo il suo cuore. Pur non essendo Davide il primogenito di Iesse, ma semplicemente l’ottavo figlio, Dio mandò a Betleem Samuele perché ungesse Davide come futuro re d’Israele.
11 Davide venne alla luce della ribalta quando di tutti gli Israeliti fu l’unico a offrirsi volontario per andare incontro nel campo di battaglia allo sfidante gigante filisteo Golia e lo uccise con una pietra di fionda che colpì Golia alla fronte. (1 Samuele da 16:1 a 17:58) Davide fu preso nell’esercito del re Saul, e la sua popolarità crebbe presso il popolo più di quella del re. Questo rese molto geloso Saul, che cercò di uccidere Davide e d’impedirgli così di soppiantare uno dei suoi propri figli sul trono d’Israele. Dopo aver riportato una ferita mortale in battaglia, egli si gettò infine sulla propria spada per affrettare la propria morte, e così terminò il regno di Saul. Is-Boset, superstite figlio di Saul, fu fatto re da quelli che aderivano alla linea di discendenza della famiglia di Saul, ma solo su undici tribù d’Israele. A Ebron nel territorio di Giuda, gli uomini della tribù di Giuda unsero Davide re su di loro. Questo avvenne nell’anno 1077 a.E.V. — 2 Samuele 2:1-11; Atti 13:21, 22.
12. Quando e come Davide fu fatto re su tutto Israele, e quale domanda sorge ora in quanto allo “scettro” e al “bastone del comandante”?
12 Is-Boset figlio di Saul sedette sul trono d’Israele forse sette anni e sei mesi e poi fu assassinato dai suoi sudditi. (2 Samuele da 2:11 a 4:8) Tutte le tribù riconobbero ora Davide come l’eletto di Geova e unsero Davide re su tutto Israele, a Ebron. Ciò avvenne l’anno 1070 a.E.V. (2 Samuele da 4:9 a 5:5) Così, in armonia con la profezia pronunciata da Giacobbe sul suo letto di morte com’è riportata in Genesi 49:10, lo “scettro” e il “bastone del comandante” eran venuti nella tribù di Giuda. In base a che cosa, ora, quegli emblemi di regalità non si sarebbero allontanati “da Giuda . . . finché venga Silo”?
13. Come Davide fu realmente “unto”, e di chi fu fatto un tipo profetico?
13 A causa di tre unzioni per il regno, il re Davide poteva realmente chiamarsi “unto” o “messia” (ebraico: ma·shiʹahh), come in II Samuele 19:21, 22; 22:51; 23:1. In maniera notevole, Davide fu impiegato come un tipo profetico del Messia preminente, il “seme” della celeste “donna” di Dio. (Si veda Ezechiele 34:23). Infatti, Dio ritenne bene eleggere Davide onde fosse nella linea di discendenza che giunse al culmine con il Messia dell’“eterno proposito” di Dio. Come accadde questo?
14. Di quale città Davide fece la capitale di tutto Israele, e quale sacro oggetto vi fece quindi situare?
14 Nel 1070 a.E.V., poco tempo dopo essere stato unto re sull’Israele riunito, Davide catturò la città di Gebus che prese ai Gebusei e la chiamò Gerusalemme. Vi trasferì il suo governo e fece di questa elevata città la sua capitale, essendo situata in un luogo più centrale di Ebron, poiché era sulla linea di confine fra i territori di Giuda e Beniamino. (Giudici 1:21; 2 Samuele 5:6-10; 1 Cronache 11:4-9) Non molto tempo dopo, il re Davide prese in considerazione la sacra Arca di Geova. Per decenni era stata lasciata in un posto diverso dal Santissimo della tenda di adunanza a Silo nel territorio di Efraim. (1 Samuele 1:24; 4:3-18; da 6:1 a 7:2) Davide sentì che l’Arca doveva essere nella città capitale. La fece dunque portare e situare in una tenda vicino al suo palazzo. — 2 Samuele 6:1-19.
15. Quale patto Geova stipulò ora con Davide, e per apprezzamento di che cosa da parte di Davide?
15 Comunque, Davide finì per provare imbarazzo, perché lui, un semplice re umano, dimorava in un palazzo reale mentre l’Arca di Geova, il vero Dio ed effettivo Re d’Israele, dimorava in una modesta tenda. Per mettere le cose nel giusto ordine, Davide concepì l’idea di edificare una casa degna, un tempio, per l’Altissimo Dio e Sovrano Universale. Ma Geova disapprovò la costruzione di un tale tempio da parte di Davide. Mediante il Suo profeta Natan disse a Davide che un suo figlio pacifico avrebbe avuto il privilegio di edificare il tempio a Gerusalemme. Quindi, come apprezzamento per la devozione di cuore mostrata da Davide verso la pura adorazione di Dio, Geova fece una cosa meravigliosa a quest’uomo che era “secondo il suo cuore”. Di Sua propria volontà, stipulò un patto con Davide per un regno eterno. Egli disse:
“Geova ti ha dichiarato che una casa è ciò che Geova ti farà. Quando i tuoi giorni saranno compiuti, e tu dovrai giacere con i tuoi antenati, quindi per certo susciterò dopo di te il tuo seme, che uscirà dalle tue parti interiori e in realtà stabilirò fermamente il suo regno. Egli è colui che edificherà una casa al mio nome, e io per certo stabilirò fermamente il trono del suo regno a tempo indefinito. Io stesso diverrò suo padre, ed egli stesso diverrà mio figlio. Quando farà torto, anch’io di sicuro lo riprenderò con la verga degli uomini e con i colpi dei figli di Adamo. In quanto alla mia amorevole benignità, non si dipartirà da lui come la rimossi da Saul, che rimossi a motivo tuo. E la tua casa e il tuo regno saranno per certo saldi a tempo indefinito dinanzi a te; il tuo medesimo trono diverrà fermamente stabile a tempo indefinito”. — 2 Samuele 7:1-16; 1 Cronache 17:1-15.
16. Quale preghiera di gratitudine Davide offrì per questo a Geova?
16 Davide offrì una preghiera di gratitudine e la terminò, dicendo:
“E ora, o Signore Geova, tu sei il vero Dio; e in quanto alle tue parole, siano verità, giacché prometti al tuo servitore questa bontà. E ora assumi l’impegno di benedire la casa del tuo servitore perché essa duri a tempo indefinito dinanzi a te; poiché tu stesso, o Signore Geova, hai promesso, e a motivo della tua benedizione sia la casa del tuo servitore benedetta a tempo indefinito”. — 2 Samuele 7:18-29; 1 Cronache 17:16-27.
17. Questo patto da che cosa fu anche sostenuto da parte di Dio?
17 Questa promessa del patto che fu fatta a Davide venne sostenuta dal giuramento di Dio:
“Geova ha giurato a Davide, veramente non se ne ritrarrà: ‘Del frutto del tuo ventre porrò sul tuo trono. Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e i miei rammemoratori che io insegnerò loro, anche i loro figli per sempre sederanno sul tuo trono’”.— Salmo 132:11, 12.
“A tempo indefinito conserverò verso di lui la mia amorevole benignità, e il mio patto gli sarà fedele. E per certo stabilirò il suo seme per sempre e il suo trono come i giorni del cielo. . . . non profanerò il mio patto, e l’espressione dalle mie labbra non cambierò. Una volta ho giurato nella mia santità, a Davide di sicuro non dirò menzogne. Il suo stesso seme sarà fino a tempo indefinito, e il suo trono come il sole di fronte a me”. — Salmo 89:28-36. Si veda anche Geremia 33:20, 21.
18. La profezia di Isaia dichiara che il regno di Davide avrebbe provveduto la base per quale regno più grande?
18 Secondo quel patto con il re Davide, il suo regno doveva provvedere la base per la venuta del regno del più grande Messia. Ecco perché, secoli dopo, il profeta Isaia fu ispirato a profetizzare: “Poiché ci è nato un fanciullo, ci è stato dato un figlio; e il dominio principesco sarà sulle sue spalle. E il suo nome si chiamerà Consigliere meraviglioso, Dio possente, Padre eterno, Principe della pace. Dell’abbondanza del dominio principesco e della pace non ci sarà fine, sul trono di Davide e sul suo regno per stabilirlo fermamente e per sostenerlo mediante il diritto e mediante la giustizia, sin da ora e a tempo indefinito. Il medesimo zelo di Geova degli eserciti farà questo”.— Isaia 9:6, 7. Si vedano anche la Versione Riveduta e La Bibbia di Gerusalemme.
19. Secondo la profezia di Michea, in quale città doveva nascere questo “fanciullo”, e questo come un segno di identificazione di chi?
19 Secondo la profezia di Michea 5:1 (PIB; 5:2, Authorized Version; NM), questo fanciullo messianico doveva nascere, questo figlio reale doveva essere dato, a Betleem di Efrata, nel territorio di Giuda. Questo luogo di nascita umana doveva essere uno dei segni di identificazione del vero Messia, il “seme” della figurativa “donna” di Dio. Betleem, e non la città reale di Gerusalemme, fu il luogo di nascita del suo antenato, re Davide, e perciò venne chiamata città di Davide.
DINASTIA DI RE DAVIDICI
20. Quanto durò sul trono la dinastia di Davide, e per quanto tempo gli Israeliti ebbero dei re?
20 In adempimento di questo patto del regno stipulato con Davide, ci fu in seguito a Gerusalemme una discendenza di re tutta nella linea genealogica della famiglia del re Davide. Cominciando con il regno di Davide a Gerusalemme nel 1070 a.E.V., questo regno con una dinastia di re davidici a Gerusalemme durò 463 anni, o fino al 607 a.E.V. Quindi questo significa che, contando dall’anno 1117 a.E.V., in cui il profeta Samuele unse Saul come re su tutto Israele, la nazione d’Israele ebbe re visibili per 510 anni. Comunque, Geova era il Re invisibile.
21. Alla morte ascese Davide al cielo, e Davide chi profetizzò che sarebbe stato invitato a sedere alla destra di Dio?
21 Come rappresentante reale di Dio che l’aveva eletto e unto re su Israele, il re Davide sedette sul “trono di Geova” a Gerusalemme. (1 Cronache 29:23) Ma egli non sedette alla destra di Geova, poiché il trono di Geova è nei cieli. (Isaia 66:1) Alla sua morte nel 1037 a.E.V., Davide non ascese ai cieli spirituali e non si mise a sedere lassù alla destra di Geova. Non fu invitato a farlo; ma fino al primo secolo della nostra Èra Volgare gli Israeliti poterono trovare e identificare il luogo di sepoltura di Davide. Piuttosto, Davide stesso fu da Dio ispirato a profetizzare, nel Salmo 110:1-4, che il suo discendente messianico che sarebbe stato simile al re-sacerdote Melchisedec sarebbe stato colui che Geova avrebbe invitato a sedere alla Sua destra nei cieli.
22. Salomone e la maggioranza dei suoi successori sul trono come andarono a finire, e da quando Gerusalemme non ha avuto sul trono un re davidico?
22 Salomone, giovane figlio di Davide, gli successe sul trono di Gerusalemme, il “trono di Geova”. Secondo la promessa divina, egli fu colui che venne preferito per la costruzione del tempio sul monte Moria di Gerusalemme, e che completò nell’anno 1027 a.E.V. (1 Re 6:1-38) Nella vecchiaia Salomone divenne infedele verso l’Iddio del quale aveva costruito il tempio. La maggioranza dei suoi successori sul trono di Gerusalemme pure andarono a finire male. L’ultimo di questi re davidici a sedere sul trono di Gerusalemme fu Sedechia. Per la sua ribellione contro il re di Babilonia, che aveva reso Sedechia re tributario, egli fu deportato a Babilonia come prigioniero, ma lasciando la città di Gerusalemme e il suo sontuoso tempio in rovina. (2 Re da 24:17 a 25:21) Da quel tragico anno del 607 a.E.V. non c’è più stato un re davidico sul trono di Gerusalemme.
23. È venuto meno o è stato annullato il patto del regno, e quale assicurazione ne diede Dio per mezzo di Ezechiele?
23 Significò questo che il patto del regno stipulato con Davide era venuto meno o era stato annullato? In nessuno modo! Dio diede assicurazione contro ciò. Verso il quarto anno prima della detronizzazione di Sedechia e della sua deportazione nell’esilio di Babilonia, Dio ispirò il suo profeta Ezechiele a dire a quest’ultimo re sul trono di Gerusalemme:
“In quanto a te, o ferito a morte, malvagio capotribù d’Israele, il cui giorno è venuto nel tempo dell’errore della fine, il Signore Geova ha detto questo: ‘Rimuovi il turbante, e togli la corona. Questa non sarà la stessa. Innalza pure ciò che è basso, e abbassa pure l’alto. Una rovina, una rovina, una rovina ne farò. Anche in quanto a questo, per certo non diverrà di nessuno finché venga colui che ha il diritto legale e a lui lo devo dare’”. — Ezechiele 21:25-27.
24. Che cosa doveva essere abbassato, e quando questa situazione si sarebbe dovuta invertire, e come?
24 Ne afferriamo il senso? Geova stesso avrebbe fatto una rovina del regno della famiglia reale di Davide a Gerusalemme. Le cose non sarebbero più state le stesse. Le potenze governanti gentili che alla vista di Dio erano state basse sarebbero state innalzate, e il regno terreno dell’eletto popolo di Geova sarebbe stato abbassato, in sottomissione alle potenze mondiali gentili. Il periodo della supremazia mondiale dei Gentili senza interferenza da parte di un regno tipico di Dio in Gerusalemme sarebbe continuato fino alla venuta di colui “che ha il diritto legale”, vale a dire il promesso vero Messia, e il Sovrano Signore Geova gli avrebbe dato il regno. Allora le potenze mondiali gentili non sarebbero state più in alto per dominare la terra. Il regno messianico avrebbe assunto il controllo del mondo. Così, secondo il patto stipulato con Davide, il suo regno sarebbe stato un governo eterno. Il suo trono sarebbe durato per sempre!
25. Sebbene nel 607 a.E.V. Gerusalemme fosse desolata, quali patti e proposito erano ancora in vigore?
25 Così, sebbene fino a questo medesimo giorno non sia stato ristabilito a Gerusalemme nel Medio Oriente nessun trono davidico, non tutto è perduto per quelli che sperano nel promesso Messia, il “seme” della celeste “donna” di Dio. È vero che nell’autunno del 607 a.E.V. la città del trono di Gerusalemme e il suo tempio caddero in rovina. La vicina città di Betleem, la città di Davide, fu ridotta in rovina per mano dei conquistatori babilonesi. Tuttavia, il patto della Legge stipulato con Israele al monte Sinai in Arabia continuò a essere in vigore. Inoltre, il patto per un regno eterno stabilito con Davide continuò a esser valido. L‘“eterno proposito” di Dio riguardo al suo Messia sussisté. Il patto del regno di Dio non fallirà. Né verrà meno il suo proposito!
[Nota in calce]
a In Antichità giudaiche, Libro 10, capitolo 8, paragrafo 4, Giuseppe Flavio del primo secolo E.V. assegna al re Saul venti anni. Ma nel Libro 6, capitolo 14, paragrafo 9, Giuseppe Flavio scrisse: “Ora Saul regnò diciotto anni mentre Samuele era vivo, e due dopo la sua morte”, a cui alcuni manoscritti di Giuseppe Flavio aggiungono: “e venti”; facendo un totale di quarant’anni.
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Il Messia dell’“eterno proposito” di DioL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo XI
Il Messia dell’“eterno proposito” di Dio
1. Quando avvenne la rinascita di un paese e di una nazione?
L’ANNO 537 a.E.V. risuscitò una città morta e in rovina da settant’anni! La città fu Gerusalemme che era stata distrutta nel 607 a.E.V. dai Babilonesi. Quando questa città santa sorse dalla polvere, ci fu una rinascita del paese di Giuda, sì, la rinascita di una nazione, il rimpatriato popolo di Geova Dio. (Isaia 66:8) Agli occhi di tutti gli osservatori fu meraviglioso.
2. (a) Il promesso Messia avvenire doveva essere successivo a quale unto agente di Geova? (b) Come si compirono settant’anni di esilio pur essendo caduta Babilonia nel 539 a.E.V.?
2 Insieme a questa risurrezione nazionale furono ravvivate le speranze nella venuta del promesso Messia. (Ezechiele 37:1-14) Anche durante i settant’anni che il popolo del regno di Giuda fu in esilio nel paese di Babilonia fu indicato loro il tempo fissato per l’arrivo del Messia. Questo Messia doveva essere qualcuno successivo al conquistatore persiano, Ciro il Grande, di cui il profeta Isaia era stato ispirato a dire: “Questo è ciò che Geova ha detto al suo unto [ebraico: ma·shiʹahh], a Ciro, di cui ho preso la destra, per soggiogare dinanzi a lui le nazioni, così che io sciolga pure i fianchi dei re; per aprire dinanzi a lui gli usci a due battenti; così che nemmeno le porte saranno chiuse”. (Isaia 45:1) Quale unto agente di Geova, Ciro era venuto ed era passato per le porte della città di Babilonia cinta da alte mura, rovesciandone e uccidendone il governante imperiale Baldassarre, figlio di Nabonedo. Questo avvenne nel 539 a.E.V. Ma Ciro non liberò subito gli esuli Israeliti. Egli assunse il regno di Babilonia e tenne i Giudei prigionieri per altri due anni circa, fino al 537 a.E.V. Così si compirono settant’anni!
3. Per quanto tempo il desolato paese di Giuda osservò il sabato?
3 Avvenne esattamente come era stato preannunciato in Geremia 25:11. E II Cronache 36:20, 21 ne fece il racconto storico, dicendo: “Per giunta, portò prigionieri a Babilonia quelli che rimanevano dalla spada, ed essi furono servitori suoi e dei suoi figli finché cominciarono a regnare i reali di Persia; per adempiere la parola di Geova per bocca di Geremia, finché il paese [di Giuda] non ebbe scontato i suoi sabati. Tutti i giorni che giacque desolato osservò il sabato, per adempiere settant’anni”, dal 607 a.E.V. al 537 a.E.V.
4. (a) Quando Daniele calcolò che sarebbe giunta la fine dell’esilio giudaico? (b) Quali informazioni Gabriele diede a Daniele circa il tempo della venuta del Messia?
4 Fra gli esuli Giudei c’era a Babilonia il profeta Daniele. In base agli ispirati scritti di Geremia, Daniele non si attendeva che i Giudei fossero liberati dall’esilio prima della fine dei settant’anni di desolazione che Gerusalemme scontava osservando il sabato. (Daniele 9:1, 2) Così nel primo anno del nuovo regime medo-persiano sull’Impero Babilonese, Daniele fece al riguardo una preghiera. Fu allora che Gabriele l’angelo di Geova arrivò e diede a Daniele le seguenti informazioni circa il tempo in cui sarebbe venuto il Messia:
“Settanta settimane (di anni) sono state fissate al tuo popolo e alla tua santa città, per reprimere l’apostasia e porre fine al peccato, e fare espiazione per l’errore, e recare salvezza eterna, affinché siano suggellate visione e profezia, e sia unto il Santissimo.
“E puoi conoscere e capire: Dall’emanazione del decreto di riedificare Gerusalemme fino all’Unto, il Principe, ci sono sette settimane (di anni); inoltre sessantadue settimane (di anni), così saranno riedificati luogo di mercato e fossato, e questo in tempi di pressione.
“E dopo le sessantadue settimane (di anni) un Unto sarà distrutto, ed egli non ha nessun (successore), e un popolo del principe che verrà distruggerà la città e il santuario, e la sua fine verrà come mediante lacerazione, e sino alla fine si ordinano guerra e desolazione.
“Ed egli concluderà un forte patto con molti, per una settimana (di anni), e alla metà della settimana (di anni) cancellerà sacrificio e oblazione, e accanto a (i luoghi de) l’ala una spaventevole abominazione, e questo finché la desolazione, quella fermamente determinata, non sia versata sul desolatore”. — Daniele 9:24-27, secondo la traduzione dell’erudito ebreo rabbino Leopold Pheinkard Zunz, tedesca, sedicesima edizione del 1913 E.V.; si veda anche Moffatt.
COMINCIA LA “MATTINA” DEL SETTIMO “GIORNO” CREATIVO, 526 A.E.V.
5. Come si fa il calcolo di quando finirono le sette più sessantadue “settimane di anni”?
5 La prima metà del periodo della “sera” del settimo “giorno” creativo di Dio ora terminava, 3.500 anni dopo la creazione di Adamo ed Eva. La mattina di questo “giorno” creativo doveva cominciare verso il 526 a.E.V. Da allora in poi le cose si sarebbero dovute rischiarare riguardo al proposito di Dio e per il Suo popolo. Secondo la profezia di Daniele, da un certo aspetto della riedificazione della risuscitata città di Gerusalemme si sarebbero contate settanta “settimane (di anni)” per un totale di 490 anni. “Sette settimane (di anni)” più “sessantadue settimane (di anni)” sarebbero trascorse per un totale di 483 anni fino alla venuta dell’Unto (ebraico: ma·shiʹahh). Contando da quando il governatore giudeo Neemia riedificò le mura di Gerusalemme, queste sessantanove settimane di anni sarebbero finite la prima metà del primo secolo della nostra Èra Volgare. Contando dal ventesimo anno del re Artaserse (455 a.E.V.), anno in cui Neemia riedificò quelle mura, i 483 anni sarebbero finiti nell’anno 29 della nostra Èra Volgare. (Neemia 2:1-18) Questo accadeva circa quarantuno anni prima della seconda distruzione di Gerusalemme, questa volta per opera dei Romani. Accadde nel 29 E.V. qualche cosa di storico?
6. Come fu rovesciato l’Impero Persiano, e come Alessandria d’Egitto ebbe una parte nella vita giudaica?
6 Sia il primo secolo E.V. che il primo secolo a.E.V. furono anni critici per gli Israeliti della Palestina. Nel quarto secolo a.E.V. il controllo dei rimpatriati Israeliti o Giudei era passato dalle mani dell’imperatore persiano a quelle dell’Impero Greco, a causa delle conquiste del macedone Alessandro Magno. Nell’anno 332 a.E.V. egli assunse il controllo della Palestina e lasciò intatta Gerusalemme. Quindi rovesciò l’imperatore persiano e stabilì la Potenza Mondiale Greca, la quinta della storia biblica. Quello stesso anno Alessandro diede ordine di costruire nel conquistato Egitto la città di Alessandria. Questa divenne una città fiorente e vi crebbe una grande popolazione giudaica. Questi finirono per parlare la comune lingua greca, che ora era divenuta la lingua nota internazionalmente e usata in seguito alle conquiste di Alessandro. Essi desiderarono anche la conoscenza della Bibbia.
7. Come fu prodotta la versione greca dei Settanta, e che cosa dice in Daniele 9:25, 26?
7 Così, nel secolo che seguì, verso il 280 a.E.V., cominciarono a lavorare alle loro ispirate sacre Scritture, da Genesi a Malachia, per tradurle nella loro propria lingua greca comune. Furono completate nel primo secolo a.E.V. e si chiamarono “Versione greca dei Settanta”. In vista dell’esteso uso del greco comune già nei primi secoli dell’Impero Romano, questa traduzione di quei Giudei alessandrini poteva usarsi internazionalmente. Essa rifletteva il testo ebraico della Bibbia con molta fedeltà. Per esempio, il greco che rende Daniele 9:25, 26 (secondo la traduzione italiana di mons. Garofalo) dice riguardo al Messia (Ma·shiʹahh):
“Sappi e comprendi: dalla pronuncia del verdetto sul ritorno e sulla ricostruzione di Gerusalemme fino a un unto-capo: sette settimane. Entro sessantadue settimane, di nuovo si ricostruiranno piazza e fossa, e ciò per l’angustia dei tempi. Dopo sessantadue settimane sarà eliminato un unto, e nulla più a lui”.
8. (a) Come Gerusalemme venne sotto il controllo romano e in seguito fu distrutta? (b) Per quanto tempo i Giudei non hanno avuto a Gerusalemme nessun tempio o non hanno riconosciuto un profeta come da Dio?
8 Il greco comune continuò a essere la lingua internazionale del mondo antico anche dopo la caduta della Potenza Mondiale Greca dinanzi alla Potenza Mondiale Romana nel primo secolo a.E.V. Un’ala dei contendenti maccabei che a Gerusalemme lottavano per il potere si rivolsero a Roma per avere aiuto contro l’altra ala, e così nell’anno 63 a.E.V. il generale romano Pompeo invase Gerusalemme e ne assunse il controllo, e la Palestina venne a trovarsi sotto il dominio romano. Nel 40 a.E.V. i giudei riguadagnarono il regno. Comunque, nel 37 a.E.V. Erode il Grande, discendente di Esaù o Edom, attaccò Gerusalemme e la catturò e regnò in qualità di governante nominato da Roma. Nel primo secolo E.V., i Giudei si ribellarono di nuovo contro Roma, nel 66 E.V., ma alla loro indipendenza di breve durata fu posto fine nel 70 E.V. con la distruzione di Gerusalemme e del suo glorioso tempio riedificato da Erode il Grande. Da allora, o per più di diciannove secoli, i Giudei non hanno avuto a Gerusalemme nessun tempio, nemmeno da che la Repubblica d’Israele fu stabilita nel 1948 E.V. Oltre a ciò, gli Israeliani non riconoscono nessun profeta come da Dio a cominciare da Malachia del quinto secolo a.E.V., o più di 2.400 anni fa. Non è strano questo? Che cosa non va?
L’ADEMPIMENTO DELLA PROFEZIA BIBLICA FORNISCE LA SPIEGAZIONE
9. Quando nel 537 a.E.V. Gerusalemme fu ristabilita, quale altra città importante fu restaurata?
9 Quando nel 537 a.E.V. fu ristabilita l’antica Gerusalemme, fu restaurata nel paese di Giuda un’altra città, Betleem. In Neemia 7:5-26, il governatore di Gerusalemme ci parla del rimanente dei Giudei che tornarono nella loro patria nel 537 a.E.V., dicendo:
“Quindi trovai il libro della registrazione genealogica di quelli che erano saliti la prima volta, e vi trovai scritto:
“Questi sono i figli del distretto giurisdizionale che salirono dalla cattività del popolo esiliato che Nabucodonosor re di Babilonia aveva portato in esilio e che in seguito tornò a Gerusalemme e a Giuda, ciascuno alla sua propria città; quelli che vennero con Zorobabele, Iesua [Settanta greca: Gesù], Neemia, . . . Il numero degli uomini del popolo d’Israele: . . . gli uomini di Betleem e Netofa, centottantotto; . . .” — Si veda anche Esdra 2:21.
10. (a) Betleem fu così disponibile per adempiere quale profezia? (b) Perché non dovrebbe essere incredibile che la nascita ch’era stato promesso dovervi aver luogo fosse annunciata dagli angeli?
10 Così venne di nuovo all’esistenza la città di Betleem, “la città di Davide”, in cui poté adempiersi la profezia messianica di Michea 5:1 (PIB; 5:2, Settanta greca). Poiché da Caino e Abele tutta l’indipendente vita umana comincia alla nascita, la profezia di Michea ci fa cercare una certa nascita nella Betleem riedificata. Questa dev’essere una nascita preannunciata. Ora, quando per miracolo doveva nascere Isacco figlio di Abraamo e Sara, tre angeli di Dio li visitarono e annunciarono la nascita per l’anno seguente, e l’angelo che prendeva la direttiva disse: “È alcuna cosa troppo straordinaria per Geova?” (Genesi 18:1-14) Secoli dopo, quando Sansone, l’uomo fisicamente più forte che sia mai vissuto sulla terra, doveva nascere da un’Israelita fino ad allora sterile, l’angelo di Dio apparve prima alla futura madre e poi sia a lei che al marito senza figli, per annunciare la nascita avvenire di un notevole giudice d’Israele. (Giudici 13:1-20) Dovrebbe alcuno considerare strano, incredibile, che quella che doveva essere la nascita di tutte le nascite umane, la miracolosa nascita del Messia, fosse annunciata agli uomini da angeli celesti?
11. Secondo Genesi 3:15, da dove sarebbe stato preso l’eletto per il terreno ruolo messianico?
11 Secondo la profezia di Geova in Genesi 3:15, il “seme” che avrebbe ferito mortalmente la testa del Serpente doveva essere dalla celeste “donna” di Dio, cioè dalla sua organizzazione assomigliata a una moglie composta di santi, celesti “figli del vero Dio”. Da quell’organizzazione Dio poteva scegliere il particolare figlio spirituale per il terreno ruolo messianico.
12. Quali domande ora sorgono circa la fanciulla che sarebbe divenuta la madre umana del Messia, e anche circa suo marito?
12 Qual era il nome di questo figlio favorito? Una domanda interessante! Ma per la nascita di questo eletto figlio che doveva esser generato nella famiglia umana a Betleem del paese di Giuda, era necessaria una madre umana. Non solo ella avrebbe dovuto essere della tribù di Giuda, ma avrebbe dovuto essere una discendente del re Davide e così essere in grado di trasmettere il naturale diritto al regno di Davide. Quale fanciulla la cui città natia era Betleem di Giuda soddisfece questi requisiti? E che dire di un marito umano per lei, pure della linea di discendenza della famiglia reale di Davide? E ci fu un annuncio angelico della nascita di uno più grande di Isacco? Il racconto storico, scritto da amici personali della fanciulla, risponde a queste essenziali domande.
13, 14. (a) Dove si trovò la vergine Giudea idonea? (b) Dopo averla salutata, che cosa disse l’angelo Gabriele?
13 Il tempo è ora verso la fine del primo secolo avanti la nostra Èra Volgare. Erode il Grande, figlio di Antipatro II, era ancora re a Gerusalemme. Eli, uomo della discendenza davidica, si era trasferito da Betleem della provincia di Giudea verso nord a Nazaret della provincia di Galilea. Qui una sua figlia, chiamata Miriam (ebraico) o Mariam (anche Maria) in greco, crebbe fino a raggiungere l’età da marito. Si fidanzò per sposare un uomo della discendenza reale di Davide, chiamato Giuseppe, che faceva il falegname a Nazaret ma era pure nativo di Betleem. Questo la obbligava a rimanere vergine. Ma mesi prima della notte nuziale, accadde qualche cosa di rimarchevole. A Maria apparve un angelo, che si identificò come Gabriele. Dopo averla salutata, egli disse:
14 “Non aver timore, Maria, poiché hai trovato favore presso Dio; ed ecco, concepirai nel tuo seno e partorirai un figlio, e dovrai mettergli nome Gesù [ebraico: Jeshua]. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e Geova Dio gli darà il trono di Davide suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe per sempre e del suo regno non vi sarà fine”. — Luca 1:26-33.
15. (a) Quale patto stipulato con Davide si doveva adempiere nel figlio di Maria? (b) Che cosa significò che fosse il “Figlio dell’Altissimo”?
15 Secondo la dichiarazione dell’angelo, il figlio di Maria doveva essere realmente il promesso Messia. Egli doveva chiamarsi con lo stesso nome di quel sommo sacerdote che nel 537 a.E.V. tornò da Babilonia con Zorobabele, cioè Giosuè, o, in greco, Gesù. A causa della nascita da Maria si sarebbe dovuto chiamare figlio di “Davide suo padre”. Conformemente, Geova Dio gli avrebbe dato il trono o seggio reale del re Davide. Come per Davide, il suo dominio reale sarebbe stato sulla “casa di Giacobbe”, cioè su tutto Israele. Poiché il suo dominio reale sarebbe durato per sempre e “del suo regno non vi sarà fine”, questo significava che Geova Dio avrebbe adempiuto in lui il patto che Geova aveva stipulato con Davide per un regno eterno. Così non avrebbe avuto bisogno di nessun successore. (2 Samuele 7:11-16) Ma come, e perché, poteva chiamarsi “Figlio dell’Altissimo”? Questi non sarebbe stato lo stesso Dio Altissimo, che è Geova, ma sarebbe stato un Figlio di quel Supremo; e tuttavia, come?
16. Rispondendo alla domanda di Maria circa come questo potesse avvenire, che cosa disse Gabriele?
16 Maria stessa fece domanda su ciò, dicendo: “Come avverrà questo, giacché non ho relazione con uomo?” Gabriele rispose: “Lo spirito santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. E per questa ragione quello che nascerà sarà chiamato santo, Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta tua parente ha anch’essa concepito un figlio, nella sua vecchiaia, e questo è il sesto mese per lei, la cosiddetta donna sterile; perché presso Dio nessuna dichiarazione sarà un’impossibilità”. — Luca 1:34-37.
17. Quando ebbe luogo in Maria la concezione miracolosa?
17 Ciò che lì fu dichiarato a Maria risultò forse un’impossibilità? Questa vergine giudea fu per noi di oggi un esempio in quanto credette che esso non sarebbe stato impossibile all’Iddio Altissimo. Quindi rispose all’angelo Gabriele: “Ecco, la schiava di Geova! Mi avvenga secondo la tua dichiarazione”. (Luca 1:38) Senza dubbio, allorché Maria ebbe accettato quella ch’era per lei la volontà di Dio, la concezione in lei ebbe luogo, ancora vergine. Spirito santo scese su di lei, e potenza dell’Iddio Altissimo la coprì con la sua ombra. In che modo avvenne così la concezione miracolosa?
18, 19. (a) Perché, alla concezione di Maria, non si diede inizio a una creatura assolutamente nuova senza precedenti? (b) Di chi poté egli giustamente chiamarsi figlio?
18 In questo caso non fu portata all’esistenza una creatura vivente assolutamente nuova senza alcuna anteriore esperienza o precedente, come nel caso di una comune concezione umana per mezzo di un padre umano. Si dovette tener conto della celeste “donna” di Dio, della celeste organizzazione di Dio assomigliata a una donna. In realtà il “seme” menzionato in Genesi 3:15 doveva venire da lei. Per questo incarico terreno essa dovette dunque provvedere uno dei suoi figli spirituali, perché il calcagno del “seme” fosse ferito dal Serpente.
19 Questo non significò che, onde la vergine fanciulla giudea Maria concepisse, uno dei celesti figli spirituali di Dio dovesse essere mandato a rannicchiarsi nel microscopico ovulo o cellula uovo nel corpo di Maria e fecondarla. Una tal cosa è irragionevole, un’assurdità! Piuttosto, l’Iddio Onnipotente, il Padre celeste, per mezzo del suo spirito santo, trasferì la forza vitale del suo eletto figlio celeste dall’invisibile reame spirituale alla cellula uovo nel corpo di Maria e la fecondò. In questo modo Maria rimase incinta, e il figlio in lei concepito fu “santo”. Fu in realtà ciò che l’angelo Gabriele lo chiamò, “Figlio dell’Altissimo”. — Luca 1:32.
20. (a) Quale figlio della celeste organizzazione di Dio fu eletto? (b) Come fu reso disponibile per l’adempimento di Isaia 53:10?
20 Chi fu, però, il figlio che Dio elesse perché nascesse come creatura umana perfetta? Non fu l’angelo Gabriele, poiché egli fu colui che si materializzò e apparve a Maria annunciandole la sua futura maternità. Le Sacre Scritture indicano in effetti che fu colui che un angelo, parlando al profeta Daniele, chiamò “il vostro principe”, “il gran principe che sta a favore dei figli del tuo popolo”, cioè Michele. (Daniele 10:21; 12:1) Egli aveva agito come un principesco angelo sovrintendente a favore della nazione d’Israele, ed era senza dubbio l’angelo che si manifestò a Mosè nel rovo ardente ai piedi del monte Horeb nel lontano sedicesimo secolo a.E.V. È stato giustamente chiamato Michele l’arcangelo.a Che la sua forza vitale fosse trasferita nella cellula uovo di Maria dalla potenza dell’Iddio Altissimo che coprì Maria della sua ombra significò che egli, Michele, scomparve dal cielo. Con la nascita umana da Maria, la vergine giudea, egli doveva divenire un’anima umana. Questo lo rese disponibile per adempiere Isaia 53:10 riguardo al ‘sofferente servitore’ di Geova:
“Tuttavia piacque al SIGNORE fiaccarlo con l’infermità; per vedere se la sua anima si sarebbe offerta in restituzione, affinché vedesse il suo seme, prolungasse i suoi giorni, e affinché il proposito del SIGNORE prosperasse per sua mano”. — Jewish Publication Society; si veda anche Zunz.
TESTIMONI OCULARI DELLA NASCITA MIRACOLOSA
21. Come fu spiegata a Giuseppe la gravidanza di Maria, e quale azione fu quindi compiuta?
21 A suo tempo la sorprendente gravidanza della vergine fanciulla giudea divenne manifesta ad altri di Nazaret. Il fidanzato di Maria lo scoprì e ne fu profondamente turbato. Per la gravidanza di lei non si poteva dare a lui la colpa. A Nazaret la comune opinione giudaica avrebbe dubitato della concezione miracolosa di Maria; i rigidi Giudei aderenti alla Legge di Mosè l’avrebbero condannata ad essere lapidata a morte come adultera per aver violato il proprio fidanzamento con Giuseppe. Chi sarebbe potuto venire in aiuto di Maria e salvare lei e il nascituro di lei dalla morte per lapidazione? Chi avrebbe potuto chiarire le cose a Giuseppe? Ascoltate:
“Nel tempo in cui sua madre Maria era promessa sposa a Giuseppe, fu trovata incinta per opera dello spirito santo, prima che si unissero. Comunque, Giuseppe suo marito, essendo giusto e non volendo farne un pubblico spettacolo, intendeva divorziare segretamente da lei. Ma dopo aver pensato a queste cose, ecco, l’angelo di Geova gli apparve, in sogno, dicendo: ‘Giuseppe, figlio di Davide, non temere di condurre a casa tua moglie Maria, poiché ciò che è stato generato in lei è dallo spirito santo. Ella partorirà un figlio, e tu dovrai mettergli nome Gesù [ebraico: Jeshua], poiché egli salverà il suo popolo dai loro peccati’.
“Tutto questo effettivamente accadde, affinché si adempisse ciò che era stato dichiarato da Geova per mezzo del suo profeta, dicendo: ‘Ecco, la vergine [secondo la Settanta greca] sarà incinta e partorirà un figlio, e gli sarà posto nome Emmanuele’, che tradotto significa: ‘Con noi è Dio’.
“Quindi Giuseppe si svegliò dal suo sonno e fece come l’angelo di Geova gli aveva prescritto, conducendo sua moglie a casa. Ma egli non ebbe rapporti con lei finché partorì un figlio; e gli mise nome Gesù [Jeshua]”. — Matteo 1:18-25.
22. (a) Parlando a Maria, a quale aspetto del figlio messianico di lei Gabriele diede enfasi? (b) A Giuseppe, a quale altro aspetto del figlio di Maria l’angelo diede enfasi?
22 Paragonando ciò che Gabriele disse a Maria con ciò che l’angelo disse nel sogno a Giuseppe, Gabriele diede maggiore enfasi al ruolo che il Messia avrebbe svolto come Re disceso da Davide per adempiere il patto che Geova aveva stipulato con Davide per un regno eterno. L’angelo che apparve a Giuseppe diede enfasi al ruolo del Messia come sacerdote, che avrebbe portato e rimosso il peccato. Questo angelo si soffermò sul nome da dare al Messia, nome che in ebraico significa “Salvezza di Geova”. Il Messia sarebbe vissuto in modo degno del suo nome personale in quanto avrebbe ‘salvato il suo popolo dai loro peccati’. Questo è in armonia col fatto che il Messia, il Discendente di Davide, doveva divenire “sacerdote a tempo indefinito secondo la maniera di Melchisedec!” — Salmo 110:1-4.
23. Come la nascita di Gesù non ebbe luogo a Nazaret?
23 Ebbe luogo la nascita a Nazaret dopo che Giuseppe vi condusse a casa sua Maria? No, non secondo il racconto ispirato. La nascita avvenne nella città di Davide, Betleem di Giuda. Come? Un decreto imperiale emanato da Roma fece adempiere Michea 5:2, riguardo al luogo di nascita del Messia. Eccone il racconto:
“Or in quei giorni fu emanato da Cesare Augusto il decreto che si registrasse tutta la terra abitata; (questa prima registrazione ebbe luogo quando Quirino era governatore della Siria); e tutti andavano a farsi registrare, ciascuno nella propria città. Naturalmente, anche Giuseppe salì dalla Galilea, dalla città di Nazaret, in Giudea, nella città di Davide, che si chiama Betleem, perché era membro della casa e della famiglia di Davide, per essere registrato con Maria, che gli era stata data in matrimonio come promesso, ora incinta. Mentre erano ivi, si compirono i giorni in cui ella doveva partorire. E partorì il suo figlio, il primogenito, e lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché nell’alloggio non vi era posto per loro”. — Luca 2:1-7.
24, 25. Come si calcola la data approssimativa della nascita di Gesù?
24 Il mese e il giorno della nascita non sono indicati, proprio come nella Sacra Bibbia non sono mai indicati i giorni della nascita degli appartenenti al popolo di Dio.
25 Con buona ragione si può dire comunque che Gesù, figlio primogenito di Maria, non nacque nella falsa data del 25 dicembre, né verso il tempo della festa invernale dell’Hhanukkah (Dedicazione), che cominciava il 25º giorno del mese lunare di Chisleu. (Giovanni 10:22) Secondo calcoli basati su Daniele 9:24-27 inerenti alla comparsa, alla carriera pubblica e allo stroncamento del Messia, Gesù nacque verso il 14º giorno del mese lunare di Tishri. Questo fu un giorno prima dell’inizio della festa della durata di una settimana di Succot (Capanne, Tabernacoli), durante la cui festa i Giudei dimoravano all’aperto in capanne e durante le veglie della notte i pastori erano fuori nei campi a custodire i loro greggi. (Levitico 23:34-43; Numeri 29:12-38; Deuteronomio 16:13-16) Poiché Gesù visse trentatré anni e mezzo e morì il giorno di Pasqua del 33 E.V., o il 14 Nisan di quell’anno, questo pone il giorno della sua nascita verso il principio dell’autunno dell’anno 2 a.E.V., o verso il 14 Tishri di quell’anno.
26. A chi fu mandato l’angelo di Dio ad annunciare la nascita di Gesù, e con quale accompagnamento celeste?
26 Essendo questa la nascita del Messia da lungo tempo atteso, era troppo importante perché passasse inosservata senza testimoni oculari. Dio fece in modo di occuparsene, inviando il suo angelo ad annunciare la vergine nascita miracolosa. Ma a chi? A Erode il Grande nel suo palazzo reale solo dieci chilometri a nord di Gerusalemme? O al capotribù del tempio, sommo sacerdote Ioazar, che era stato nominato dal re Erode? No, di certo. Pensando alla sicurezza del neonato bambino Gesù, Geova mandò il suo angelo agli uomini che seguivano l’occupazione di Davide quando era ragazzo, lì nei campi vicino a Betleem. Non fece apparire nessuna cosiddetta “Stella di Betleem” perché tutti la vedessero. Leggiamo:
“In quello stesso paese vi erano anche dei pastori che dimoravano all’aperto e di notte facevano la guardia ai loro greggi. E improvvisamente l’angelo di Geova fu presso di loro, e la gloria di Geova rifulse loro intorno, ed essi ebbero moltissimo timore. Ma l’angelo disse loro: ‘Non abbiate timore, poiché, ecco, vi dichiaro la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà, perché vi è nato oggi un Salvatore, che è Cristo il Signore, nella città di Davide. E questo è per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce e a giacere in una mangiatoia’. E improvvisamente vi fu con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e sulla terra pace fra gli uomini di buona volontà’”. — Luca 2:8-14.
27. Quali termini l’angelo applicò al neonato Gesù, e come furono appropriati?
27 L’angelo chiamò il bambino neonato che giaceva in una mangiatoia di Betleem un “Salvatore”, che è una delle ragioni per cui gli fu messo nome Jeshua o Gesù, che significa “Salvezza di Geova”. Questo bambino doveva anche divenire l’unto di Geova, o Messia o Cristo (greco). Doveva essere inoltre “Signore”, Colui che pure il re Davide parlando profeticamente sotto ispirazione chiamò “mio Signore”. — Salmo 110:1.
28. A chi era dovuta in quell’occasione la gloria, e per chi erano la pace e anche la “buona notizia di una grande gioia”?
28 Solo Dio Onnipotente, mediante un miracolo, avrebbe potuto provvedere un figlio con un tale incarico come Messia. Quale meraviglia, dunque, che un’angelica “moltitudine dell’esercito celeste” apparisse e cantasse insieme gloria a Dio! Questa miracolosa nascita di tutte le nascite umane fu un’amorevole espressione della Sua buona volontà verso gli uomini che Egli approva. Avendo tali uomini la buona volontà di Dio, potrebbero avere pace di cuore e di mente. Questa nascita sarà ancora per “tutto il popolo” motivo di “grande gioia”. Non c’è da meravigliarsi se la comunicazione angelica della nascita fu una buona notizia non solo per il cielo, ma anche per gli uomini sulla terra!
29. Come i pastori divennero testimoni oculari della nascita del Messia?
29 L’angelo aveva dato ai pastori il “segno” di identificazione, e così ora potevano divenire testimoni oculari della nascita del Messia.
“E quando gli angeli furon partiti da loro nel cielo, i pastori dicevano l’uno all’altro: ‘Andiamo in ogni modo fino a Betleem e vediamo questa cosa che è avvenuta, la quale Geova ci ha fatta conoscere’. E andarono in fretta e trovarono Maria e Giuseppe, e il bambino a giacere nella mangiatoia. Avendolo visto, fecero sapere la parola che era stata loro detta riguardo a questo fanciullino. E tutti quelli che udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai pastori, ma Maria custodiva tutte queste parole, traendone conclusioni nel suo cuore. Quindi i pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutte le cose che avevano udite e vedute, secondo come queste erano state dette loro”. — Luca 2:15-20.
30. Rifiutando questa autentica “buona notizia di una grande gioia”, come influiremmo su noi stessi?
30 Così questa vergine nascita miracolosa non è un mito. È stata attestata da angeli celesti ed è stata confermata da testimoni oculari umani. Il dottore in medicina Luca fece un’investigazione personale e raccolse per noi queste vitali informazioni. (Luca 1:1-4; Colossesi 4:14) Semplicemente facciamo male a noi stessi se non accettiamo questa autentica testimonianza. Solo ci rendiamo infelici se rifiutiamo per alterigia questa “buona notizia di una grande gioia”.
31. Quando Giuseppe adottò Gesù come suo figlio adottivo e quindi si purificò con la madre del bambino?
31 L’ottavo giorno dopo la sua nascita il bambino fu circonciso nella carne, come tutti gli altri bambini giudei nati sotto la Legge di Mosè. (Luca 2:21; Galati 4:4, 5) In quel tempo, Giuseppe indicò che adottava Gesù come suo figlio adottivo. Egli non adottò nessun figlio illegittimo, ma protesse Gesù dalla falsa accusa d’essere un figlio di fornicazione. Il quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù, Giuseppe e Maria portarono il figlio primogenito di lei a Gerusalemme per presentarlo a Geova nel tempio e per far compiere un sacrificio di purificazione per lei e per il padre adottivo del bambino. (Luca 2:22-24; Levitico 12:1-8) Il re Erode non era consapevole di tutto questo.
32. (a) Ebbe Maria altri figli e anche figlie? (b) L’adottato Gesù quali diritti ebbe ora rispetto all’interrotto regno di Davide?
32 A suo tempo Maria ebbe rapporti con suo marito Giuseppe e gli generò figli. La storia mostra che, per almeno dodici anni dopo la nascita di Gesù, Giuseppe continuò a vivere con Maria. Questo gli consentì d’avere da lei dei figli. La storia parla di quattro figli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda, e anche di figlie di Maria. Questi divennero fratellastri e sorellastre di Gesù primogenito di lei. (Luca 2:41-52; Matteo 13:53-56, Marco 6:1-3; Atti 1:14) Comunque, siccome Giuseppe adottò il figlio primogenito di Maria come suo proprio, Giuseppe trasmise a Gesù il diritto legale che aveva rispetto al regno di Davide suo antenato. Inoltre, essendo il primogenito naturale di Maria per miracolo di Dio, Gesù ereditò il diritto naturale al regno allora interrotto di Davide. Facendo la genealogia del suo padre putativo Giuseppe, lo storico Matteo lo chiama Messia, dicendo: “Libro della storia di Gesù Cristo [ebraico: Messia], figlio di Davide, figlio di Abraamo”. — Matteo 1:1. Si veda Luca 3:23-38, che mostra la discendenza di Maria.
33, 34. Perché il re Erode non riuscì a uccidere il Messia, e perché Gesù fu chiamato “Nazareno”?
33 La nascita di Gesù non molto tempo prima che morisse il re Erode il Grande non fu per quel governante edomita di Gerusalemme una buona notizia. La sua attenzione fu richiamata sulla nascita non dall’angelo di Geova o dai pastori di Betleem, ma dagli astrologici contemplatori delle stelle venuti dall’oriente, uomini sotto l’influenza demonica condannati dalla Legge di Mosè. — Deuteronomio 18:9-14; Isaia 47:12-14; Daniele 2:27; 4:7; 5:7.
34 Nella corte di Erode gli astrologi dovettero avere prima l’indicazione di Michea 5:2 perché quella cosa luminosa che immaginavano fosse una “stella” li guidasse a Betleem e dove abitava Gesù. In un sogno Dio diede loro divino avvertimento di non tornare a riferirlo all’omicida Erode. Per non essere frustrato nel complotto di uccidere il Messia, Erode fece uccidere a Betleem i bambini dai due anni in giù, ma non Gesù. Per avvertimento angelico, Giuseppe e Maria lo avevano portato in Egitto. Erode morì, lasciando così suo figlio Archelao come re della Giudea, compresa Betleem. Pertanto, Gesù non fu riportato a Betleem ma fu condotto nel settentrione a Nazaret di Galilea, dove crebbe. Ecco perché fu chiamato Gesù di Nazaret, non Gesù di Betleem. — Matteo 2:1-23; 21:11.
UN PRECURSORE PRESENTA IL MESSIA
35. Il Messia doveva essere presentato da chi, e questi che cosa predicò?
35 Il Messia doveva essere presentato alla nazione d’Israele da un precursore, secondo la profezia di Malachia 3:1. Questi provò d’essere il figlio che l’angelo Gabriele disse sarebbe stato dato all’anziano sacerdote Zaccaria e alla sua anziana moglie Elisabetta e che Zaccaria avrebbe dovuto chiamare Giovanni. (Luca 1:5-25, 57-80) All’inizio della primavera dell’anno 29 E.V., nel quindicesimo anno del regno di Tiberio Cesare, “la dichiarazione di Dio fu rivolta a Giovanni figlio di Zaccaria nel deserto. Ed egli venne in tutto il paese intorno al Giordano, predicando il battesimo come simbolo di pentimento per il perdono dei peccati”. (Luca 3:1-3) Egli predicò a quelli che andavano a udirlo, dicendo: “Pentitevi, poiché il regno dei cieli si è avvicinato”. (Matteo 3:1, 2) Questo predicatore fu chiamato “Giovanni il Battista”. — Marco 1:1-4, VR.
36. Quando e perché Gesù andò da Giovanni per farsi battezzare, e quale prova celeste fu data come approvazione di ciò?
36 Dopo avere osservato Giovanni impegnato a predicare e a battezzare per circa sei mesi, Gesù prese ad agire. Riconobbe che egli doveva essere il rappresentante terreno di quel “regno dei cieli”. Nell’autunno di quell’anno, 29 E.V., Gesù compì trent’anni. Smise di fare il falegname lì a Nazaret e vi lasciò sua madre con gli altri figli e figlie di lei e andò a trovare il suo precursore, Giovanni. Egli pensava alle parole profetiche del re Davide come sono scritte in Salmo 40:6-8. (Ebrei 10:1-10) Quindi andò non a battezzarsi in simbolo di pentimento per il perdono dei peccati, ma a battezzarsi in simbolo della sua presentazione per fare la volontà di Dio inerente al suo futuro. Come mostrò Dio d’accettarlo? Leggiamo:
“Gesù venne quindi dalla Galilea al Giordano da Giovanni, per esser da lui battezzato. Ma questi cercava d’impedirglielo, dicendo: ‘Son io che ho bisogno d’esser battezzato da te, e tu vieni a me?’ Rispondendo, Gesù gli disse: ‘Lascia fare, questa volta, poiché conviene che adempiamo in questo modo tutto ciò che è giusto’. Quindi egli cessò d’impedirglielo. Ed essendo stato battezzato, Gesù uscì immediatamente dall’acqua; ed ecco, i cieli si aprirono, ed egli vide lo spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco, vi fu una voce dai cieli che disse: ‘Questo è il mio Figlio, il diletto, che io ho approvato’”. — Matteo 3:13-17.
37. Che cosa testimoniò Giovanni ai suoi discepoli in quanto a chi era Gesù, e come si riferì a lui come a una vittima di sacrificio?
37 Giovanni Battista vide ciò che accadde e udì la voce del Padre celeste. In seguito egli rese testimonianza ai suoi discepoli di ciò che aveva visto e udito dire da Dio in cielo, e attestò, dicendo: “Ed io l’ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio”. Giovanni additò inoltre il battezzato Gesù come colui che doveva essere sacrificato per la salvezza del genere umano, dicendo: “Ecco, l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!” (Giovanni 1:29-34) Non è la testimonianza di Giovanni Battista oggi degna d’essere da noi accettata e creduta? Sì, certamente!
38. (a) Che cosa significò per lui la discesa dello spirito di Dio su Gesù? (b) Qual è il numero delle “settimane di anni” che qui finirono, e che cosa doveva accadere durante la successiva settimana?
38 Quella discesa dello spirito santo di Dio sul battezzato Gesù significò più che solo il suo divenire da allora in poi un Figlio spirituale di Dio in vista della sua restaurazione alla celeste vita spirituale. Significò anche che era unto con lo spinto di Dio. Ora egli divenne in realtà l’Unto, il Messia, o, in greco, il Cristo. Qui, proprio in tempo, era l’adempimento della profezia. Nell’anno 29 E.V., qui finirono le sette settimane (di anni) e le sessantadue settimane (di anni) per (un totale di 483 anni) con la generazione dell’Unto, il Messia, il Cristo. (Daniele 9:25) Ora doveva cominciare la settantesima settimana (di anni), a metà della quale il Messia avrebbe fatto “cessare sacrificio e offerta di dono”, offrendosi come sacrificio umano per essere “stroncato” nella morte di sacrificio quale Agnello di Dio. — Daniele 9:26, 27.
39. Dove e in quale occasione Gesù Cristo richiamò l’attenzione sull’adempimento in lui di Isaia 61:1-3?
39 Così fu adempiuta anche la profezia di Isaia 61:1-3 riguardo all’unzione del Messia con lo spirito di Geova. Davide era stato unto con semplice olio vegetale, ma qui il Figlio e Signore di Davide fu unto con spirito santo. L’anno dopo, quando Gesù tornò a Nazaret non per fare di nuovo il falegname, ma per predicare nella loro sinagoga, richiamò l’attenzione sull’adempimento in lui della profezia di Isaia. Il racconto di Luca 4:16-21 ci dice:
“E gli fu consegnato il rotolo del profeta Isaia, ed egli, aperto il rotolo, trovò il luogo dov’era scritto: ‘Lo spirito di Geova è su di me, perché egli mi ha unto per dichiarare la buona notizia ai poveri, mi ha mandato per predicare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi, per mettere in libertà gli oppressi, per predicare l’anno accettevole di Geova’. Quindi avvolse il rotolo, lo riconsegnò al servitore e si mise a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga eran fissi attentamente su di lui. Quindi cominciò a dir loro: ‘Oggi, questa scrittura che avete appena udita si è adempiuta’”.
40, 41. (a) Perché Satana volle infrangere specialmente l’integrità dell’unto Gesù? (b) Come finì la prova a cui il Tentatore sottopose Gesù?
40 Il grande Serpente, Satana il Diavolo, sapeva che questo unto Gesù era il messianico “seme” della celeste “donna” di Dio. Ora, di tutti i “figli del vero Dio” qui era quello particolare la cui integrità il grande Serpente avrebbe voluto infrangere, per recare su Dio il massimo biasimo. Si rivolse dunque a Gesù nel deserto della Giudea, dove Gesù era andato immediatamente dopo il suo battesimo e la sua unzione con lo spirito di Geova, per trascorrervi quaranta giorni. Il grande Serpente cercò di tentare Gesù: Per provare al Diavolo con una dimostrazione che era un figlio di Dio egli avrebbe dovuto mutare miracolosamente le pietre in pane o si sarebbe dovuto far portare da invisibili angeli sulle loro mani dopo essersi gettato dal parapetto del tempio di Gerusalemme.
41 Infine, in un terzo e ultimo sforzo disperato, il Tentatore offrì a Gesù “tutti i regni del mondo e la loro gloria” in compenso d’un solo atto di adorazione di Gesù. Per la terza volta Gesù citò la scritta Parola di Dio e disse: “È scritto: ‘Devi adorare Geova il tuo Dio, e a lui solo devi rendere sacro servizio’”. — Matteo 4:1-10.
42. Come l’esperienza di Gesù corrispose qui ai quaranta giorni che l’angelo di Dio trascorse con Mosè sul monte Horeb?
42 Gli angeli guardavano questa prova d’integrità del Messia verso l’Iddio Altissimo. Così ora, quando il Diavolo se ne andò via sconfitto, “ecco, vennero degli angeli e lo servivano”. (Matteo 4:11; Marco 1:13) Molto tempo prima Mosè era stato per quaranta giorni sul monte Horeb nel deserto del Sinai con l’angelo di Geova; e ora Gesù il Messia, dopo quaranta giorni di digiuno e meditazione nel deserto della Giudea, fu pronto a intraprendere fiduciosamente nel paese d’Israele la sua carriera pubblica. — Esodo 24:18.
[Nota in calce]
a Si vedano Giuda, versetto 9, Rivelazione 12:7. Per un’anteriore e più piena considerazione di ciò, si veda l’opera di E. W. Hengstenberg, intitolata “Christology of the Old Testament and Commentary”, Volume 4, pagine 301-304 (edito nel 1836-1839 E.V.).
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Glorificazione del MessiaL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo XII
Glorificazione del Messia
1. Geova cosa ispirò il profeta Isaia (53:7-12) a dire riguardo a ciò che avrebbe dovuto precedere la glorificazione del Messia?
PRIMA della glorificazione doveva venire la sofferenza. Questo doveva accadere al messianico “servitore” di Dio. Preannunciando che questo era il proposito divino riguardo al Messia, Dio ispirò il suo profeta Isaia dell’ottavo secolo avanti la nostra Èra Volgare a dire:
“Egli fu messo alle strette, e si lasciava affliggere; eppure non apriva la bocca. Era portato proprio come una pecora allo scannatoio; e come un’agnella che dinanzi ai suoi tosatori sia divenuta muta, neanche apriva la bocca. . . . Per tale ragione gli darò una porzione fra i molti, e ripartirà le spoglie coi potenti, per il fatto che versò la sua anima alla medesima morte, e fu contato coi trasgressori; ed egli stesso portò il medesimo peccato di molti, e s’interponeva per i trasgressori”. — Isaia 53:7-12; Atti 8:32-35.
2. Dopo aver udito che Giovanni era stato messo in prigione, quale messaggio riprese Gesù?
2 Anche il precursore del Messia fu costretto a soffrire per la propria fedeltà alla legge di Dio. Dopo avere indirizzato molti battezzati discepoli a Gesù, fu messo in prigione dal governante distrettuale della Galilea, Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, e in seguito, durante una celebrazione del compleanno di Erode, fu decapitato. (Matteo 14:1-12) Udito che Giovanni era stato arrestato e messo in prigione, Gesù riprese il messaggio di Giovanni. “Da allora in poi Gesù cominciò a predicare, dicendo: ‘Pentitevi, poiché il regno dei cieli si è avvicinato’”. — Matteo 4:12-17.
3. Mosè soffrì per aver preferito essere che cosa, e come l’esperienza di Gesù dovrebbe corrispondere a questo?
3 Come Giovanni Battista, Gesù non predicava il regno terrestre dei Maccabei, che molti Giudei volevano fosse restaurato. Egli predicava il “regno dei cieli”, il regno di Dio che aveva relazione con il re Davide dell’antichità. Nella sua sofferenza non fu diverso dal profeta Mosè. Sulla forte fede di Mosè, in Ebrei 11:25, 26 è scritto: “Scegliendo d’essere maltrattato col popolo di Dio piuttosto che avere il temporaneo godimento del peccato, perché stimò il biasimo del Cristo come ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto; poiché guardava attentamente la ricompensa”. Siccome il Messia doveva essere un profeta simile a Mosè, e Mosè soffrì prima e dopo che fu costituito (unto) come profeta di Geova, era normale che anche il Messia Gesù dovesse soffrire. Infatti, le sue sofferenze dovevano essere maggiori di quelle di Mosè. — Deuteronomio 18:15.
4. In nome di chi Mosè andò dal suo popolo, e come questo corrisponde nel caso di Gesù Cristo?
4 Fu nel nome dell’Iddio Onnipotente, Geova, che Mosè fu rimandato in Egitto per trarne il suo popolo dalla schiavitù. (Esodo 3:13-15; 5:22, 23) Proprio come Mosè incontrò opposizione, così la incontrò la sua controparte del primo secolo. A quelli che non riponevano in lui come Messia mandato da Dio nessuna fede, Gesù disse:
“Sono venuto nel nome del Padre mio, ma voi non mi ricevete; se qualche altro arrivasse nel proprio nome, quello ricevereste. Come potete credere, quando accettate la gloria gli uni dagli altri e non cercate la gloria che viene dal solo Dio? Non pensate che io vi accusi al Padre; vi è uno che vi accusa, Mosè, in cui avete riposto la vostra speranza. Infatti, se credeste a Mosè credereste a me, poiché egli ha scritto di me. Ma se non credete agli scritti di lui, come crederete alle mie parole?” — Giovanni 5:43-47.
5. Perché i Giudei avrebbero dovuto credere che Gesù veniva nel nome del suo Padre celeste, e quando una folla espresse tale credenza?
5 Notiamo come Gesù rispose a quelli che non lo accettavano come Messia e gli dissero: “Per quanto tempo ci terrai con l’animo sospeso? Se tu sei il Cristo [Ma·shiʹahh], diccelo francamente”. Gesù chiese loro di far parlare per lui le proprie opere messianiche, dicendo: “Ve l’ho detto, e non credete. Le opere che faccio nel nome del Padre mio, queste rendono testimonianza di me. Ma voi non credete, perché non siete delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono”. (Giovanni 10:24-27) Ma alcuni Giudei credettero che Gesù veniva nel nome del suo Padre celeste. Così, cinque giorni prima della Pasqua del 33 E.V., quando Gesù, a cavallo di un asino, entrò cavalcando a Gerusalemme per adempiere la profezia di Zaccaria 9:9, una folla d’essi lo acclamò, dicendo: “Salva, ti preghiamo! Benedetto colui che viene nel nome di Geova, il re d’Israele!” — Giovanni 12:1, 12, 13; Matteo 21:4-9; Marco 11:7-11; Luca 19:35-38; Salmo 118:26.
6. Nel nome di chi Gesù vigilò sui suoi fedeli apostoli?
6 Infine, la sera di Pasqua, dopo averla celebrata con i suoi discepoli o apostoli fedeli, Gesù pregò Geova e disse:
“Io ho reso manifesto il tuo nome agli uomini che mi hai dati dal mondo. Eran tuoi, e tu li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. . . . Padre santo, vigila su di loro a motivo del tuo nome che tu mi hai dato, onde essi siano uno come lo siamo noi. Quando ero con loro io vigilavo su di loro a motivo del tuo nome che tu mi hai dato, e li ho custoditi”. — Giovanni 17:6, 11, 12
Quindi, venendo nel nome di Geova, Gesù fu un profeta come Mosè.
IDENTIFICATO ANCHE DA MIRACOLI E PROFEZIE
7. Perché Mosè compì segni dinanzi agli Egiziani e agli Israeliti, e i suoi segni come sono per numero in paragone con quelli del Messia?
7 Sia agli Israeliti che agli Egiziani il profeta Mosè diede prova con molti miracoli di venire nel nome del solo vivente e vero Dio. Questi furono “segni” che erano stati dati da Dio per provare che Geova aveva inviato Mosè. (Esodo 4:1-30; 7:1-3; 8:22, 23; 10:1, 2; Deuteronomio 34:10, 11) Gli antichi Israeliti non chiesero a Mosè un “segno dal cielo”, e conformemente gli Israeliti del primo secolo E.V. erano fuori posto chiedendo a Gesù un tale segno. (Matteo 16:1-4) Non è un discredito dire che i segni miracolosi compiuti da Mosè furono di gran lunga superati per numero da quelli compiuti da Gesù a prova della propria opera messianica.
8. Con che cosa Gesù cominciò i suoi “segni”, e quale effetto ebbero i “segni” sui suoi discepoli e su Nicodemo?
8 Gesù non fece come Mosè e non mutò l’acqua in sangue, ma mutò in effetti l’acqua nel miglior vino quando a una festa nuziale a Cana di Galilea se ne esaurirono le provviste. Questo fu solo l’inizio, secondo ciò che è scritto in Giovanni 2:11: “Gesù compì questo in Cana di Galilea come principio dei suoi segni, e rese la sua gloria manifesta; e i suoi discepoli riposero la loro fede in lui”. Riguardo alla Pasqua del 30 E.V., il racconto ci dice: “Quando egli era in Gerusalemme alla pasqua, alla sua festa, molti riposero fede nel suo nome, vedendo i segni che compiva”. (Giovanni 2:23) Per esempio, il fariseo Nicodemo, governante dei Giudei e membro del Sinedrio di Gerusalemme, visitò Gesù di notte e disse: “Rabbi, sappiamo che come maestro sei venuto da Dio; poiché nessuno può compiere questi segni che tu compi a meno che Dio non sia con lui”. — Giovanni 3:1, 2; 7:50, 51; 19:39, 40.
9. In quanto alla specie come furono i miracoli di Gesù in paragone con quelli di Mosè?
9 Mosè guarì la lebbra? Gesù guarì molti lebbrosi nel paese d’Israele. Mosè divise le acque del mar Rosso per la salvezza del suo popolo? Gesù camminò sulle acque del mare di Galilea e ne calmò le acque durante un pericoloso turbine. Nel deserto gli Israeliti si nutrirono per quarant’anni di manna caduta dal cielo e poi morirono. Gesù provvide una manna dal cielo nel sacrificio della sua propria umanità perfetta, affinché tutti quelli che ne mangiano con fede vivano per sempre. (Giovanni 6:48-51) Mosè non guarì mai tutti i casi di malattie e infermità che guarì Gesù. Mosè non destò mai nessuno dai morti. Gesù destò dai morti più persone di quante non ne destarono i profeti Elia ed Eliseo, e uno di questi fu Lazzaro di Betania, che era stato morto e nella tomba per quattro giorni. (Giovanni 11:1-45; 12:1-9) Anche i nemici di Gesù dovettero ammettere che egli compiva molti segni, poiché dissero: “Che faremo, poiché quest’uomo compie molti segni? Se lo lasciamo stare così, riporranno tutti fede in lui, e verranno i Romani e toglieranno sia il nostro luogo che la nostra nazione”. — Giovanni 11:46-48; 12:37.
10. Come Pietro attestò che Gesù aveva fatto miracoli, sia ai Giudei al tempo della Pentecoste in Gerusalemme che ai Gentili in Cesarea?
10 Senza esagerare, dunque, l’apostolo Pietro poté dire alle migliaia di Giudei il giorno festivo di Shavuoth (Settimane) del 33 E.V.: “Uomini d’Israele, udite queste parole: Gesù il Nazareno, uomo pubblicamente mostratovi da Dio per mezzo di potenti opere e portenti e segni che Dio fece in mezzo a voi mediante lui, come voi stessi sapete”. (Atti 2:22) Alcuni anni dopo questo stesso Pietro, quando a Cesarea dichiarò i fatti del caso ad alcuni Gentili favorevoli ai Giudei, disse:
“Voi conoscete il soggetto di cui si è parlato in tutta la Giudea, a cominciare dalla Galilea dopo il battesimo predicato da Giovanni, cioè Gesù di Nazaret, come Dio lo unse con spirito santo e potenza, ed egli andò per il paese facendo il bene e sanando tutti quelli che erano oppressi dal Diavolo; perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose che egli fece nel paese dei Giudei e in Gerusalemme”. — Atti 10:37-39.
11, 12. (a) In che modo Gesù somiglia a Mosè come profeta? (b) Che dire circa l’adempimento della più ampia profezia di Gesù?
11 Fu Mosè un profeta? Sì, certo! E tale fu il Messia Gesù. Egli proferì molte parabole o illustrazioni profetiche. Preannunciò il suo tradimento per opera del suo proprio apostolo Giuda e come sarebbe avvenuta la sua morte e per mano di chi, e inoltre che sarebbe stato destato dalla tomba il terzo giorno dopo la sua morte. Predisse la distruzione di Gerusalemme, che doveva avvenire per mano dei Romani nel 70 E.V. La sua profezia più ampia fu quella riportata nei racconti preservati in Matteo, capitoli ventiquattro e venticinque, Marco, capitolo tredici, e Luca, capitolo ventuno. Questa profezia fu pronunciata in risposta alla domanda dei suoi discepoli su quando sarebbe avvenuta la distruzione di Gerusalemme col suo tempio, e quale sarebbe stato il “segno” del suo ritorno e “presenza” (parousia) messianica e del “termine del sistema di cose”.
12 A testimonianza dell’accuratezza di questa profezia, gli aspetti della profezia si adempirono in quella generazione del primo secolo, e, ancor più rimarchevolmente, gli aspetti corrispondenti e altri particolari si sono adempiuti nella nostra generazione dal 1914 E.V., anno dal quale abbiamo avuto guerre, penurie di viveri, terremoti, pestilenze, persecuzione dei suoi seguaci, afflizione mondiale, e ci sovrasta una “grande tribolazione” senza precedenti. — Matteo 24:21.
13. Come Gesù risulta dal paragone con Mosè in quanto ad avere profezie che lo preannunciavano e si adempirono su di lui?
13 Il profeta Mosè non ebbe nessuna profezia che lo preannunciasse e si adempisse su di lui. Ma in tutte le Scritture Ebraiche, da Genesi a Malachia, ci sono centinaia di profezie che si adempirono su Gesù dalla sua nascita alla sua morte e risurrezione, per provare che era invero il Messia, il “seme” a cui il grande Serpente, Satana il Diavolo, doveva ferire “il calcagno”. Egli stesso richiamò su questo l’attenzione dei suoi discepoli dopo che Dio lo risuscitò dai morti. In Luca 24:25-48, il racconto ci dice:
“Ed egli disse loro: ‘O insensati e tardi di cuore a credere tutte le cose pronunciate dai profeti! Non era necessario che il Cristo [Ma·shiʹahh] soffrisse queste cose ed entrasse nella sua gloria?’ E cominciando da Mosè e da tutti i Profeti interpretò loro le cose che lo concernevano in tutte le Scritture. . . .
“Ora disse loro ‘Queste sono le parole che vi dissi quando ero ancora con voi, che tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè e nei Profeti e nei Salmi dovevano adempiersi’. Quindi aprì pienamente le loro menti perché afferrassero il significato delle Scritture, e disse loro: ‘Così è scritto che il Cristo [Ma·shiʹahh] avrebbe sofferto e che sarebbe sorto dai morti il terzo giorno, e in base al suo nome il ravvedimento per il perdono dei peccati sarebbe stato predicato in tutte le nazioni: cominciando da Gerusalemme, sarete testimoni di queste cose”’.
14. Che cosa scrisse Mosè delle maledizioni su Israele e in quanto a fare di un criminale qualche cosa di maledetto dinanzi a Dio? In vista di chi?
14 In Levitico, capitolo ventisei, e in Deuteronomio 28:15-68, il profeta Mosè scrisse tutte le maledizioni e le calamità che sarebbero venute sulla nazione d’Israele se non avesse messo in pratica il proprio patto della Legge stipulato con Geova Dio. Mosè inoltre scrisse:
“E nel caso che in un uomo ci sia un peccato che meriti la sentenza di morte, ed egli sia stato messo a morte, e tu l’abbia appeso a un palo, il suo corpo morto non dovrebbe restare sul palo per tutta la notte, ma lo dovresti senz’altro seppellire quel giorno, perché colui che è appeso è qualche cosa di maledetto da Dio; e tu non devi contaminare il tuo suolo, che Geova tuo Dio ti dà in eredità”. — Deuteronomio 21:22, 23.
È evidente che questa legge fu data da Dio con la mente volta al suo Messia. Perché? Affinché la nazione d’Israele fosse salvata dalla maledizione che sarebbe venuta su di essa per aver violato il proprio patto della Legge con Dio, il Messia sarebbe dovuto morire su un palo come maledetto in luogo d’Israele.
MORTE E GLORIFICAZIONE
15. Il giorno di Pasqua del 33 E.V., che cosa si fece per far giustiziare l’Agnello di Dio da non Giudei?
15 Il 14 Nisan, giorno di Pasqua, dell’anno 33 E.V., fu ucciso e preparato l’agnello pasquale perché fosse mangiato, anche dagli apostoli di Gesù. (Matteo 26:1-30; Marco 14:1-26; Luca 22:1-39) Ma che dire di colui che Giovanni Battista chiamò “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”? (Giovanni 1:29, 36) A tarda ora quella sera dopo la cena pasquale egli fu tradito dall’apostolo Giuda Iscariota e fu arrestato da un gruppo armato che lo prese e lo consegnò ai capi religiosi di Gerusalemme. Fu sottoposto a processo dal Sinedrio giudiziario e fu condannato a morte secondo la loro interpretazione della Legge. In vista delle loro limitazioni circa l’esecuzione della pena di morte, quel corpo giudiziario consegnò il condannato Gesù al governatore gentile, Ponzio Pilato, come perturbatore della pace e criminale sedizioso. I suoi accusatori insisterono di farlo morire appeso a un palo.
16. Dinanzi a Pilato, che cosa disse Gesù del regno e della verità?
16 Quando veniva processato dinanzi a Ponzio Pilato, Gesù indicò che il suo regno messianico doveva essere celeste, non terrestre nella Gerusalemme del Medio Oriente. Avendo Pilato chiesto: “Sei tu il re dei Giudei?” Gesù rispose: “Il mio regno non fa parte di questo mondo. Se il mio regno facesse parte di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei. Ma ora il mio regno non è di qui”. A questa risposta, Pilato chiese: “Dunque, sei tu re?” Gesù rispose: “Tu stesso dici che io sono re. Per questo sono nato e per questo son venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chi è dalla parte della verità ascolta la mia voce”. — Giovanni 18:33-37.
17. Come Gesù fu quindi “contato coi trasgressori”, e quale speranza diede a uno dei trasgressori?
17 Senza volerlo, Pilato cedette alle richieste degli accusatori onde Gesù fosse appeso a un palo. Il luogo dell’esecuzione risultò il Golgota (“Luogo del Teschio”), o Calvario, fuori delle mura di Gerusalemme. Egli fu appeso fra due malfattori, “trasgressori”. Quelli che erano versati nella Legge di Mosè considerarono Gesù sul palo come “qualche cosa di maledetto da Dio”. Benché così ‘fosse contato con i trasgressori’, Gesù aveva ancora in mente la speranza di un Paradiso terrestre per il genere umano sotto il suo futuro governo messianico. Di conseguenza, quando un trasgressore, che aveva compreso che Gesù era un uomo innocente e un capro espiatorio per i peccatori, gli disse: “Gesù, ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno”, Gesù rispose: “Veramente ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso”. — Luca 23:39-43; 22:37.
18. Come Gesù fece la sua tomba con i malvagi e con i ricchi, e in quale condizione fu nello Sceol?
18 A metà pomeriggio di quel giorno di Pasqua, Gesù morì. “Ha dato la sua anima alla morte”. “Versò la sua anima alla medesima morte”. (Isaia 53:12, Na; NM) Secondo Deuteronomio 21:22, 23, fu seppellito quello stesso pomeriggio. Fu posto in una tomba scavata da poco che apparteneva a un uomo ricco, facendo così “il suo luogo di sepoltura pure coi malvagi, e con la classe del ricco alla sua morte, nonostante il fatto che non avesse operato nessuna violenza e che non ci fosse nessun inganno nella sua bocca”. (Isaia 53:9) Così anche l’anima di Gesù andò nello Sceol, la comune tomba del genere umano. Lì si avverò sul morto Gesù che “i morti non sanno nulla . . . sotterra [Sceol, NM], ove tu vai, non vi è né opera, né ragione, né conoscimento, né sapienza alcuna”. — Ecclesiaste 9:5, 10, Diodati.
19. Quando e come Geova adempì la sua propria ispirata profezia di Salmo 16:10, e perché sorse la domanda circa dove era stato posto Gesù?
19 Comunque, il re Davide profeticamente aveva scritto: “Tu non lascerai l’anima mia nel sepolcro [Sceol, NM], e non permetterai che il tuo Santo senta la corruzione della fossa. Tu mi mostrerai il sentier della vita; sazietà d’ogni gioia è col tuo volto; ogni diletto è nella tua destra in sempiterno”. (Salmo 16:10, 11, Di) Conforme a questa profezia che Egli stesso aveva ispirata, Geova l’Iddio Onnipotente destò il Messia Gesù il terzo giorno, 16 Nisan, il giorno in cui il sommo sacerdote Caiafa offrì a Geova nel tempio un “covone dei primi frutti” della mietitura dell’orzo. (Levitico 23:9-14; 1 Corinti 15:20, 23) È vero che la tomba in cui era stato posto Gesù fu trovata vuota, ma perché non fu trovato in nessun luogo dai suoi propri discepoli? Perché nei quaranta giorni dopo la sua risurrezione appariva loro all’improvviso e all’improvviso scompariva, per provare loro che era vivente dai morti? — Atti 1:1-3; Giovanni 20:1-31; Matteo 28:1-18.
20. Come Pietro spiega la risurrezione di Gesù, e come Paolo descrive la corrispondente risurrezione dei discepoli di Gesù?
20 L’apostolo Pietro, a cui il risuscitato Gesù una volta apparve in privato, ci dà la spiegazione di queste materializzazioni come quelle fatte dagli angeli spirituali ai giorni degli antichi profeti. Pietro dice: “Anche Cristo morì una volta per sempre in quanto ai peccati, persona giusta per ingiusti, affinché vi conducesse a Dio, essendo messo a morte nella carne, ma essendo reso vivente nello spirito. In questo stato pure andò a predicare agli spiriti in prigione”. (1 Pietro 3:18, 19; 1 Corinti 15:5; Luca 24:34) Alla sua risurrezione gli si fece come è predetto che avviene ai suoi fedeli discepoli allorché risuscitano:
“È seminato nel disonore, è destato nella gloria. È seminato nella debolezza, è destato nella potenza. È seminato corpo fisico, è destato corpo spirituale. Se vi è un corpo fisico, ve n’è anche uno spirituale. Così è anche scritto: ‘Il primo uomo Adamo divenne anima vivente’. L’ultimo Adamo divenne spirito vivificante.
“Comunque, dico questo, fratelli, che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né la corruzione eredita l’incorruzione. . . . Poiché questo che è corruttibile deve rivestire l’incorruzione, e questo che è mortale deve rivestire l’immortalità. Ma quando questo che è corruttibile avrà rivestito l’incorruzione e questo che è mortale avrà rivestito l’immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: ‘La morte è inghiottita per sempre’”. — 1 Corinti 15:43-45, 50-54.
“Poiché se siamo stati uniti a lui nella somiglianza della sua morte, saremo certamente anche uniti a lui nella somiglianza della sua risurrezione”. — Romani 6:5.
21. Dio risuscitò Gesù perché fosse quale specie di persona, e così in che modo Gesù ritenne il merito del suo sacrificio umano?
21 Conformemente, le prove scritturali mostrano che Gesù Cristo fu risuscitato come Figlio spirituale di Dio nell’immortalità e nell’incorruzione. (Atti 13:32-37) Quindi, alla sua risurrezione dai morti, Gesù Cristo non ritrasse il suo corpo umano come sacrificio dall’altare di Dio per riprendere il suo corpo umano. (Ebrei 10:1-10) Proprio come nell’annuale Giorno di Espiazione i corpi di quelle vittime animali il cui sangue era portato nel Santissimo per il peccato venivano eliminati, così Dio accettò il sacrificio della natura umana di Gesù ed eliminò il corpo umano di Gesù. In che modo? Non lo sappiamo. (Ebrei 13:10-13; Levitico, capitolo sedici) Sebbene Dio Onnipotente non risuscitasse il suo Figlio Gesù Cristo in un corpo umano, il risuscitato Figlio di Dio ritenne in effetti il valore o merito del suo sacrificio umano, che era come il sangue di sacrificio che il sommo sacerdote giudeo portava nel Santissimo del tempio per fare espiazione per il peccato.
22, 23. (a) Come persona spirituale dopo la risurrezione, cosa poté ora fare Gesù com’era stato prefigurato dal sommo sacerdote nel Giorno di Espiazione? (b) Come Gesù fu ora in una posizione più potente per ferire “la testa” del Serpente?
22 Come Figlio spirituale di Dio, Gesù Cristo poté ascendere di nuovo in cielo il quarantesimo giorno dopo la sua risurrezione dai morti. Parecchi suoi fedeli discepoli furono testimoni di quell’ascensione. (Atti 1:1-11) Proprio come il sommo sacerdote giudeo aspergeva nel Santissimo il sangue di Espiazione verso l’aurea Arca del Patto, così Gesù entrò alla celeste presenza di Dio e presentò il valore o merito del suo perfetto sacrificio umano. (Ebrei 9:11-14, 24-26) Quindi l’Iddio Altissimo lo fece sedere alla Sua propria destra come “sacerdote a tempo indefinito secondo la maniera di Melchisedec”. — Salmo 110:1-4; Atti 2:31-36; Ebrei 5:10; 10:11-13.
23 In questo modo il Figlio di Dio fu compensato con un posto celeste più alto di quello che occupava prima di divenire uomo perfetto e d’esser ferito al “calcagno” dal grande Serpente. Egli riprese il suo nome preumano, Michele, così che in cielo ci fu di nuovo un “arcangelo Michele”. (Giuda 9; Rivelazione 12:7) Il glorificato “seme” della “donna” di Dio fu ora in una posizione assai più potente per ferire la testa del Serpente nel tempo stabilito da Dio. — Genesi 3:15.
24, 25. (a) Giudei e Gentili possono similmente esser lieti che il Figlio di Dio non è quale specie di Messia? (b) In Filippesi 2:5-11, quale attitudine mentale siamo esortati ad avere?
24 Come dovrebbe esser grata e lieta tutta l’umanità, sia Giudei naturali che Gentili, perché il promesso Messia di Dio sarà un immortale Messia celeste e non un semplice uomo terrestre “unto” come il re Davide! Sotto ispirazione profetica, con umiltà Davide riconobbe questo altamente esaltato come suo Signore, e questa dovrebbe essere anche la nostra attitudine. Siamo esortati ad avere questa sottomessa attitudine mentale nelle seguenti parole ispirate:
25 “Mantenete in voi questa attitudine mentale che fu anche in Cristo [Ma·shiʹahh] Gesù, il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non la considerò una cosa da afferrare, cioè che dovesse essere uguale a Dio [tuttavia egli non pensò di rapire l’uguaglianza con Dio, NEB]. No, ma vuotò se stesso e prese la forma d’uno schiavo, divenendo simile agli uomini. Per di più, quando si trovò nella forma d’un uomo, umiliò se stesso e divenne ubbidiente fino alla morte, sì, la morte su un palo di tortura. E per questa stessa ragione Dio l’ha esaltato a una posizione superiore e gli ha benignamente dato il nome ch’è al di sopra d’ogni altro nome, onde nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio di quelli che sono in cielo e di quelli che sono sulla terra e di quelli che sono sotto il suolo, e ogni lingua confessi apertamente che Gesù Cristo [Ma·shiʹahh] è il Signore alla gloria di Dio Padre”. — Filippesi 2:5-11. Si veda anche II Corinti 5:16.
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Rivelati altri misteri relativi al MessiaL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo XIII
Rivelati altri misteri relativi al Messia
1, 2. (a) Com’è stata definita la parola “mistero”? (b) Di quale proposito riguardo al Cristo ha Dio fatto per noi un segreto svelato?
IL MISTERO è stato definito come “qualsiasi verità che non si può conoscere se non mediante la rivelazione di Dio”. È un “sacro segreto” che viene rivelato a suo tempo da Dio. (Romani 16:25, 26) Per lunghi periodi di tempo fu un mistero o sacro segreto chi sarebbe stato esattamente il Messia, il “seme” della celeste “donna” di Dio. Inoltre, il proposito divino riguardo al Messia o Cristo fu un mistero o sacro segreto di lunga durata. Ma al tempo stabilito Dio rivelò, o non tenne più segreto, che era suo proposito impiegare il Messia o Cristo rispetto a un’amministrazione di tutte le cose, come nella gestione di una casa per mezzo di un economo. Tale amministrazione per l’unità significava che Dio avrebbe sottoposto ogni cosa al Messia (Cristo) o avrebbe radunato di nuovo ogni cosa sotto l’autorità del Messia o Cristo. Fu una benignità che Dio rivelasse questo in qualità di Amministratore, proprio come leggiamo:
2 “Questa egli fece abbondare verso di noi in ogni sapienza e buon senno, in quanto ci fece conoscere il sacro segreto della sua volontà. Esso è secondo il suo beneplacito, che egli propose in se stesso per l’amministrazione [gestione come quella di un economo] al pieno limite dei tempi fissati, cioè per radunare di nuovo tutte le cose nel Cristo [Ma·shiʹahh], le cose che sono nei cieli e le cose che sono sulla terra. Sì, in lui, uniti al quale [noi discepoli di Cristo] fummo anche assegnati come eredi, in quanto fummo preordinati secondo il proposito [greco: proʹthe·sis] di colui che opera tutte le cose secondo il modo che la sua volontà consiglia, affinché servissimo alla lode della sua gloria, noi che siamo stati i primi a sperare nel Cristo”. — Efesini 1:8-12.
3. Che cosa significò la promessa divina di un “nuovo patto” per il vecchio patto della Legge mosaica e il suo scopo?
3 Fu in armonia con questo proposito di Dio che il Messia Gesù cominciò a porre il fondamento di una congregazione di cui egli sarebbe stato il capo divinamente costituito. Gli individuali membri di questa congregazione sotto Cristo non furono preordinati o predestinati personalmente; furono preordinati solo il numero dei membri e le loro caratteristiche cristiane. Proprio come mostrò con i suoi insegnamenti, Gesù sapeva che la profezia di Geremia 31:31-34 aveva preannunciato che Geova Dio avrebbe fatto con il Suo popolo un “nuovo patto”. Conformemente, il vecchio patto della Legge di cui Mosè era stato il mediatore per i Giudei naturali sarebbe pervenuto a una fine. Come si dice in Ebrei 8:13: “Dicendo ‘un nuovo patto’ egli [Dio] ha reso il precedente antiquato. Ora ciò che è reso antiquato e invecchia è presso a sparire”. Al tempo della carriera pubblica di Gesù quel patto della Legge di Mosè era vecchio di oltre 1.540 anni. Eppure dopo tutto quel tempo non era riuscito a generare un “regno di sacerdoti e una nazione santa”. (Esodo 19:6) Nemmeno fino a oggi, millenovecento anni dopo, quei Giudei naturali che asseriscono d’essere ancora sotto il patto della Legge mosaica sono riusciti a fornire a Dio un “regno di sacerdoti e una nazione santa”, essendo scomparso dal 70 E.V. perfino il loro sacerdozio aaronnico.
4. Che cosa si deve dire del fondamento della congregazione cristiana, e in principio quando fu fondata?
4 Gesù tenne a mente che la nazione d’Israele si fondava sui dodici patriarchi, i dodici figli di Giacobbe. (Genesi 49:28) Così, di fra i suoi discepoli, Gesù elesse dodici uomini che chiamò “apostoli” (mandati) e che dovevano essere fondamenta secondarie su di lui fondamento principale della congregazione. (Marco 3:14; Luca 6:13; Efesini 2:20) Riferendosi a se stesso come a un fondamento roccioso, disse in modo da farsi udire dai dodici apostoli: “Su questo masso di roccia edificherò la mia congregazione, e le porte dell’Ades non la sopraffaranno”. (Matteo 16:18) Comunque, fino al giorno della sua morte Gesù ancora riconobbe la nazione d’Israele come la congregazione di Dio, predicando nelle sue sinagoghe e insegnando a Gerusalemme nel suo tempio. Fu dapprima nel cinquantesimo giorno dopo quello della sua risurrezione dai morti che si formò la congregazione di cui era il capo e principale fondamento. In base a che cosa può dirsi questo? In base alle buone ragioni che seguono:
5. Che cosa fu versato quel festivo giorno delle Settimane, e su chi, e quale fu la spiegazione di Pietro del modo in cui esso fu versato?
5 Quel giorno festivo di Shavuoth o Pentecoste e in adempimento della profezia di Gioele 2:28, 29, fu versato lo spirito santo di Dio. Su chi? Sulla nazione d’Israele che celebrava la sua festa delle Settimane (Shavuoth) lì a Gerusalemme? No; ma su circa centoventi fedeli discepoli di Gesù Cristo, che erano congregati in una stanza superiore di Gerusalemme. Quale visibile e udibile prova di ciò, “lingue come di fuoco” si sospesero sulle loro teste e parlavano lingue diverse dalla loro lingua nativa. Alle migliaia di sorpresi Giudei che si radunarono, l’apostolo Pietro spiegò che aveva luogo l’adempimento di Gioele 2:28, 29 circa il versamento dello spirito di Dio e quindi aggiunse:
“Questo Gesù ha Dio risuscitato, del quale fatto noi siamo tutti testimoni. Perciò, perché è stato esaltato alla destra di Dio e ha ricevuto dal Padre il promesso spirito santo, egli ha versato questo che vedete e udite. Effettivamente Davide non ascese ai cieli, ma egli stesso dice: ‘Geova ha detto al mio Signore: “Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi”’. Perciò sappia per certo tutta la casa d’Israele che Dio l’ha fatto Signore e Cristo [Ma·shiʹahh], questo Gesù che voi avete messo al palo”. — Atti 2:1-36.
6. (a) Cosa significò che Gesù versò lo spirito in quanto ai suoi discepoli? (b) Cosa significò questo per la nazione d’Israele e per il suo patto della Legge?
6 Così, versando spirito santo da Dio sui suoi fedeli discepoli, Gesù li ungeva con spirito santo ed edificava la sua congregazione. Cosa significò dunque questo per la nazione d’Israele, che aveva messo al palo il Messia o Cristo? Significò che non era più la congregazione di Geova Dio. Significò che il loro vecchio patto della Legge era scomparso. Era stato annullato, avendolo Dio stesso, per così dire, inchiodato al palo al quale il giorno di Pasqua era stato appeso Gesù Cristo come una maledizione per la nazione d’Israele. (Colossesi 2:13, 14; Galati 3:13) Accettando questo Figlio di Dio come loro sacrificato Messia, i Giudei nati sotto quel patto della Legge avrebbero potuto sottrarsi alla sua maledizione e ricevere la benedizione di Geova Dio. — Atti 3:25, 26.
7. Di che cosa Gesù fece ora la mediazione per mezzo del suo sangue, e in quale posizione questo lasciò la nazione d’Israele secondo la carne?
7 Per giunta, quando Gesù Cristo presentò al suo Padre celeste il merito o valore del suo vitale sangue umano, convalidò un nuovo patto, il patto promesso in Geremia 31:31-34. Proprio come Mosè aveva fatto il mediatore del vecchio patto della Legge col sangue di semplici sacrifici animali, così Gesù Cristo fece ora alla presenza di Dio il mediatore del nuovo patto con il sangue del suo proprio sacrificio. Anche sotto questo aspetto egli fu un Profeta simile a Mosè. (Deuteronomio 18:15-18) Così un nuovo patto aveva sostituito il vecchio patto della Legge, e la nazione d’Israele secondo la carne non era in quel nuovo patto. Di conseguenza la nazione non fu più la congregazione di Geova Dio, non fu più l’“Israele di Dio”. Quindi tutti i Giudei naturali nati da che fu annullato il patto della Legge non sono mai stati sotto quel vecchio patto, benché i loro rabbini dicano che vi siano.
8. Quale specie d’Israele venne all’esistenza quel giorno di Pentecoste, e come Pietro mostra il contrasto fra esso e l’Israele naturale?
8 Con quel giorno di Pentecoste del 33 E.V. venne all’esistenza uno spirituale “Israele di Dio”, edificato sul Messia Gesù come masso di roccia di fondamenta. “Poiché”, come afferma Galati 6:15, 16, “né è alcuna cosa la circoncisione né lo è l’incirconcisione, ma una nuova creazione è qualche cosa. E tutti quelli che cammineranno ordinatamente secondo questa regola di condotta, su di essi siano pace e misericordia, e sull’Israele di Dio”. Mostrando il contrasto fra questi e la nazione che rigettò il Messia Gesù, l’apostolo Pietro scrisse ai discepoli del Messia: “Ma voi siete ‘una razza eletta, un regal sacerdozio, una nazione santa, un popolo di speciale possesso, affinché dichiariate le eccellenze’ di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce”. — 1 Pietro 2:8, 9.
9. Quale nuova cena iniziò Gesù per i suoi discepoli, e di quale patto parlò?
9 Non essendo sotto il vecchio patto della Legge mosaica, questo spirituale “Israele di Dio” non celebra la Pasqua annuale. Terminando l’ultima Pasqua che Gesù celebrò con i suoi apostoli a Gerusalemme, Gesù prese una pagnotta di pane non lievitato e un calice di vino e diede inizio a una nuova cena annuale per i suoi discepoli in commemorazione della sua propria morte come l’Agnello di Dio e come il Mediatore del nuovo patto. Dopo aver pronunciato una benedizione sul calice del vino, egli disse ai suoi fedeli apostoli: “Bevetene, voi tutti; poiché questo significa il mio ‘sangue del patto’, che dev’essere sparso a favore di molti per il perdono dei peccati”. (Matteo 26:27, 28; si paragoni Esodo 24:8) Ma di quale patto parlava Gesù? Il racconto che fa Luca delle parole di Gesù ci narra, dicendo: “Questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue, che sarà versato in vostro favore”. — Luca 22:20; 1 Corinti 11:20-26.
10. Come fu quel patto in paragone con quello di cui fece la mediazione Mosè, e perché certi circoncisi Giudei naturali non furono accolti in quel nuovo patto?
10 Era il “nuovo patto” predetto in Geremia 31:31-34 che il sangue di Gesù doveva mettere in vigore, al fine di recare il perdono di Dio per i peccati di quelli accolti nel nuovo patto. Questo nuovo patto Gesù lo mise in vigore quando presentò a Geova Dio il valore o merito del suo sangue dopo essere ‘asceso in cielo. In virtù di questo egli divenne il Mediatore del nuovo patto, che era un patto migliore di quello di cui nel 1513 a.E.V. Mosè aveva fatto il mediatore al monte Sinai. (Ebrei 8:6-13; 9:15-20; 12:24; 13:20; 1 Timoteo 2:5, 6) Infelicemente, i circoncisi Giudei naturali che si erano rifiutati d’accettare Gesù come Messia non furono portati nel nuovo patto e non divennero quindi parte dello spirituale “Israele di Dio”.
11. Alla nuova cena, che cosa disse Gesù ai suoi apostoli circa un regno, e questo assicurò che il nuovo patto sarebbe riuscito ad avere che cosa?
11 Dopo che Gesù ebbe fatto bere ai suoi apostoli il calice del vino che rappresentava il suo sangue da applicare al nuovo patto, continuò a parlar loro dicendo: “Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io faccio un patto con voi, come il Padre mio ha fatto un patto con me, per un regno, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno, e sediate su troni per giudicare le dodici tribù d’Israele”. (Luca 22:28-30) Questo fu un’assicurazione che il nuovo patto reso valido dal sangue di Gesù sarebbe riuscito a generare un “regno di sacerdoti e una nazione santa”. I fedeli membri dello spirituale “Israele di Dio” accolti nel nuovo patto parteciperanno con Gesù Cristo al regno celeste che doveva dominare su più del territorio terrestre del re Davide. Questi presteranno servizio anche come sottosacerdoti del Signore Gesù Cristo, che doveva essere costituito “sacerdote a tempo indefinito secondo la maniera di Melchisedec!” — Salmo 110:4.
SVELATO IL MISTERO RELATIVO AL “SEME” DI ABRAAMO
12. Alla Pentecoste del 33 E.V., quale mistero fu svelato riguardo al “seme” di Abraamo, e che specie di “seme” doveva essere?
12 Da quando nel remoto 1943 a.E.V. fu rivolta al patriarca Abraamo la promessa del patto di Dio, esisteva il mistero: Da chi sarà composto il promesso “seme” di Abraamo, per la benedizione di tutte le famiglie della terra? (Genesi 12:1-3) Il giorno di Pentecoste del 33 E.V. questo mistero fu svelato. Il “seme” doveva essere composto naturalmente di più del solo Messia Gesù, poiché Dio aveva promesso ad Abraamo che il suo seme sarebbe divenuto come le stelle dei cieli e come i granelli di sabbia che sono nella spiaggia del mare. Il circonciso Israele naturale lo divenne, ma il vero seme di Abraamo doveva essere composto non dell’Israele naturale secondo la carne, ma dell’Israele spirituale, che è generato mediante lo spirito di Dio per divenire figli spirituali di Dio in vista di un’eredità celeste. Dio è il più Grande Abraamo, nome che significa “Padre di una moltitudine”.
13. Alla Pentecoste, a chi fu data l’opportunità di divenire parte del “seme” spirituale di Abraamo, e per quanto tempo questa opportunità fu offerta esclusivamente a loro, e perché?
13 Comunque, al popolo dell’Israele naturale fu data la prima opportunità di divenire membri del “seme” spirituale di Abraamo. Il giorno di Pentecoste del 33 E.V. furono i circoncisi Giudei naturali, discendenti naturali di Abraamo, ad esser generati dallo spirito santo di Dio come Suoi figli e ad essere accolti nel nuovo patto. In tal modo Geova Dio divenne il più Grande Abraamo di questo “seme” spirituale. Quantunque la nazione d’Israele avesse preso parte allo stroncamento del Messia nella morte a metà della ‘settantesima settimana d’anni’ (dal 29 al 36 E.V.), tuttavia Geova Dio continuò a mostrar loro favore nella seconda metà di quella settantesima settimana d’anni per riguardo verso il suo patto con Abraamo, di cui la nazione d’Israele era discendente carnale. (Daniele 9:24-27) Così l’opportunità di divenire “seme” spirituale di Abraamo continuò a offrirsi prima a loro sino alla fine della settantesima settimana.
14. Come Pietro, nel tempio di Gerusalemme, additò questo benevolo provvedimento per il seme naturale di Abramo?
14 Alcuni giorni dopo la Pentecoste l’apostolo Pietro additò questo benevolo provvedimento di Dio, quando parlò nel tempio di Gerusalemme a una folla di Giudei: “E tutti i profeti, infatti, da Samuele in poi e quelli in successione, quanti hanno parlato, han pure chiaramente dichiarato questi giorni. Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio stipulò con i vostri antenati, dicendo ad Abraamo: ‘E nel tuo seme tutte le famiglie della terra saranno benedette’. A voi per primi Dio, dopo aver suscitato il suo Servitore, l’ha mandato per benedirvi, allontanando ciascuno dalle sue opere malvage”. — Atti 3:24-26.
15. A chi, quindi, venne per prima la benedizione del “seme” di Abraamo, e come i benedetti furono liberati dalla schiavitù?
15 Alcuni anni dopo un ex Fariseo, che era stato molto zelante per le tradizioni giudaiche, scrisse le seguenti parole:
“Cristo [Ma·shiʹahh] ci liberò mediante acquisto dalla maledizione della Legge, divenendo una maledizione invece di noi, perché è scritto: ‘Maledetto ogni uomo appeso al legno’. Lo scopo era che la benedizione di Abraamo avvenisse mediante Gesù Cristo per le nazioni, acciocché ricevessimo lo spirito promesso per mezzo della nostra fede”.
“Ma quando arrivò il pieno limite del tempo, Dio mandò il suo Figlio, che nacque da una donna e che nacque sotto la legge, affinché liberasse mediante acquisto quelli che erano sotto la legge, acciocché noi, a nostra volta, ricevessimo l’adozione di figli. Ora perché siete figli, Dio ha mandato nei nostri cuori lo spirito del suo Figlio, che grida: ‘Abba, Padre!’ Così, quindi, non sei più schiavo ma figlio; e se figlio, anche erede per mezzo di Dio”. — Galati 3:13, 14; 4:4-7.
16. L’appartenenza al “seme” spirituale di Abraamo si basa sulla relazione carnale, o su che cosa?
16 Spiegando che l’appartenenza al “seme di Abraamo” si basa non sulla relazione carnale con Abraamo ma sull’esercizio di una fede come quella che ebbe Abraamo, il precedente scrittore, l’apostolo Paolo, disse: “Sicuramente sapete che quelli che aderiscono alla fede, quelli son figli di Abraamo. Ora la Scrittura, vedendo in anticipo che Dio avrebbe dichiarato giuste le persone delle nazioni a motivo della fede, dichiarò in precedenza la buona notizia ad Abraamo, cioè: ‘Per mezzo di te tutte le nazioni saranno benedette’. Infatti, siete tutti figli di Dio per mezzo della vostra fede in Cristo Gesù. Poiché tutti voi che foste battezzati in Cristo avete rivestito Cristo. Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina; poiché siete tutti una persona unitamente a Cristo Gesù. Inoltre, se appartenete a Cristo, siete realmente seme di Abraamo, eredi secondo la promessa”. — Galati 3:7, 8, 26-29; Genesi 12:3.
MISTERO SVELATO GENERAZIONI PIÙ TARDI
17. Quanti Giudei ebbero una fede simile a quella di Abraamo e trassero profitto dalla ‘settantesima settimana d’anni’ del favore divino verso di loro?
17 Non tutti i discendenti carnali di Abraamo ebbero la fede che ebbe lui e che lo fece chiamare giusto e “amico” di Dio prima ancora che fosse circonciso nella carne. (Genesi 15:6; Romani 4:9-12; Giacomo 2:21-23) Quindi non molti dei Giudei naturali trassero profitto dalla ‘settantesima settimana d’anni’ in cui il patto abraamico fu ‘tenuto in vigore’ a favore dei discendenti carnali di Abraamo, Isacco e Giacobbe. (Daniele 9:27) Solo un piccolo rimanente fece questo. L’ultima cifra che fu indicata di quei Giudei di Gerusalemme che accettarono il Messia Gesù prima della fine della ‘settantesima settimana d’anni’ nel 36 E.V. fu di circa cinquemila. — Atti 4:4.
18. Quanti Israeliti spirituali Dio si propose di avere, e quali domande sorsero dunque alla fine della ‘settantesima settimana’?
18 Dio aveva preordinato un numero assai più grande di questo per il suo ‘regno di sacerdoti e nazione santa’ che doveva essere generato dal nuovo patto. Il numero esatto che egli si era proposto d’avere non lo rivelò fin dopo la distruzione di Gerusalemme del 70 E.V. e verso la fine del primo secolo. Quindi all’anziano apostolo superstite Giovanni rivelò che il proposto numero stabilito degli Israeliti spirituali era di 144.000. (Rivelazione 7:4-8; 14:1-3) Quando nell’autunno del 36 E.V. finì la ‘settantesima settimana’, il numero dei Giudei che aveva accettato Gesù come Messia e che si era battezzato con spirito santo era evidentemente assai inferiore a 144.000. Che accadeva dunque? Era fallito il proposito di Dio? O, quale sorprendente azione doveva ora compiere perché non venisse meno il suo “eterno proposito” in Cristo?
19. Quale rivelazione fece ora Dio riguardo al corpo dei battezzati credenti a Capo del quale era il Messia Gesù?
19 Fino all’autunno del 36 E.V. la congregazione dei battezzati seguaci del Messia Gesù consisté esclusivamente di Giudei naturali, di circoncisi Samaritani e di altri che eran divenuti circoncisi proseliti della fede giudaica. (Atti 2:10; da 8:1 a 9:30; 11:19) Il resto del genere umano erano increduli, “senza Cristo, alienati dallo stato d’Israele ed estranei ai patti della promessa”, non avendo “nessuna speranza” ed essendo “senza Dio nel mondo”. (Efesini 2:11, 12) Ora venne una rivelazione: Il corpo dei credenti a Capo del quale era il Messia Gesù non doveva più comporsi esclusivamente di persone tratte dalla razza giudaica e dai proseliti giudei. Da ora in poi, nel corpo degli incirconcisi messianisti, dovevano accogliersi persone proprio così incirconcise come lo era Abraamo quando Dio lo chiamò e stipulò quindi con lui un patto giustificandolo per l’amicizia con Dio a causa della fede. Così ebbero fede anche questi accettati non Giudei.
20. (a) Quindi che cosa non doveva più ergersi come una barriera fra Giudei e non Giudei? (b) A chi dunque Dio rivolse ora favorevole attenzione?
20 A metà della ‘settantesima settimana’ del 33 E.V., Dio aveva abolito il patto della Legge mosaica e aveva inaugurato con l’Israele spirituale il migliore “nuovo patto”. Così il vecchio patto della Legge non doveva più ergersi fra Giudei e Gentili come una barriera. Seguendo dunque un sentiero sgombrato, come afferma Efesini 2:13-18, Geova Dio rivolse con favore l’attenzione alle incirconcise nazioni gentili per “trarne un popolo per il suo nome”. — Atti 15:14; Amos 9:11, 12, NM; PIB.
21. A chi Dio mandò quindi il suo angelo, e questi che cosa fece?
21 Alla fine della settantesima settimana d’anni, Geova Dio a chi mandò il suo angelo? A un Gentile incirconciso nella città capitale del governatore romano della provincia di Giudea. Questo Gentile fu Cornelio, centurione della coorte italica, ma uomo devoto che temeva Dio insieme a tutta la sua casa, e faceva al popolo molti doni di misericordia e faceva di continuo supplicazione a Dio”. Fu detto a Cornelio di mandare nella meridionale città costiera di Ioppe a chiamare Simon Pietro per farlo venire di là. Simon Pietro andò con i tre uomini che furono mandati a prenderlo, avendo ricevuto istruzione di andare con loro e di ‘smettere di chiamare contaminate le cose che Dio ha purificate’.
22. Che cosa predicò Pietro nella casa gentile a quelli che vi erano radunati e che cosa disse sul perdono dei peccati?
22 Sopprimendo dunque il suo pregiudizio di non entrare in una casa gentile, Simon Pietro entrò a Cesarea nella casa di Cornelio. Invitato, egli predicò a questo Gentile e a quelli che aveva invitati nella propria casa per udire l’apostolo Pietro. Pietro predicò loro intorno al Messia che Dio aveva mandato a Israele. Pietro proseguì, dicendo: “Ed egli ci ordinò di predicare al popolo e di dare una completa testimonianza secondo cui questi è Colui che Dio ha decretato esser giudice dei vivi e dei morti. A lui tutti i profeti rendono testimonianza, che chiunque ripone fede in lui ottiene per mezzo del suo nome il perdono dei peccati”. — Atti 10:1-43; 11:4-14.
23. A quale miracolo Pietro comandò ai suoi ascoltatori di battezzarsi e in nome di chi?
23 Quelle parole furono abbastanza per Cornelio e per quelli che ascoltavano con lui. Inoltre, Dio lesse i loro cuori e agì. Leggiamo:
“Mentre Pietro parlava ancora di queste cose lo spirito santo scese su tutti quelli che udivano la parola. E i fedeli venuti con Pietro [sei credenti giudei circoncisi] che erano di quelli circoncisi si meravigliarono, perché il gratuito dono dello spirito santo era versato anche su persone delle nazioni. Poiché li udivano parlare in lingue e [magnificare] Dio. Quindi Pietro rispose: ‘Può alcuno proibire l’acqua così che non siano battezzati questi che hanno ricevuto lo spirito santo come noi?’ Allora comandò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di rimanere alcuni giorni”. — Atti 10:44-48; 11:1-17.
24. Avendo udito la spiegazione di Pietro, che fecero quei Giudei a Gerusalemme?
24 In seguito, tornato che fu a Gerusalemme, Pietro spiegò lì ai credenti giudei circoncisi la sua condotta, dicendo: “Se Dio ha dato perciò lo stesso gratuito dono a loro come anche a noi che abbiam creduto al Signore Gesù Cristo, chi ero io da poter impedire Dio?” Noi dovremmo essere oggi come quelli che allora udirono la spiegazione di Pietro: “Or avendo udito queste cose, si acquietarono e glorificarono Dio, dicendo: ‘Dunque, Dio ha concesso anche alle persone delle nazioni il pentimento a vita’”. — Atti 11:17, 18.
25. A quale comando del risuscitato Gesù ubbidirono quindi i circoncisi Giudei credenti?
25 Da allora in poi, gli apostoli e i conservi giudei credenti non si limitarono solo ai Giudei e ai proseliti, ma fecero ciò che il risuscitato Gesù aveva detto loro di fare: “Andate dunque e fate discepoli” — di chi? — “delle persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al termine del sistema di cose”. — Matteo 28:19, 20.
26. In particolare quale apostolo scrisse del mistero di Dio, riferendosi ai Gentili credenti?
26 Prima della conversione di Cornelio al proselitismo del Messia, Saulo di Tarso, che era stato un coscienzioso persecutore dei credenti messianici appartenenti al suo proprio popolo giudeo, si convertì anche lui. Cominciò prontamente a predicare ad altri circoncisi Giudei, mostrando loro dalle ispirate Scritture Ebraiche che questo Gesù, figlio di Davide, era il predetto Messia o Cristo. Con l’andar del tempo gli fu dato l’incarico di apostolo e fu chiamato Paolo, e fu reso specialmente “apostolo delle nazioni”. Fu lui in particolare a scrivere quale meraviglioso mistero, o “sacro segreto”, Dio rivelò lì nel 36 E.V. con la Sua ammissione dei Gentili credenti nel corpo dei discepoli di Cristo, come membri del “seme di Abraamo”. — Romani 11:13.
27. Quale splendido “sacro segreto” fece conoscere Paolo fra le nazioni gentili?
27 Per esempio, riguardo all’aspetto per lungo tempo segreto della congregazione messianica Paolo scrisse: “Io son divenuto ministro di questa congregazione secondo la gestione di Dio che mi fu affidata nel vostro interesse, di predicare pienamente la parola di Dio, il sacro segreto [o, il mistero] che fu nascosto ai passati sistemi di cose e alle passate generazioni. Ma ora è stato reso manifesto ai suoi santi, ai quali Dio si è compiaciuto di far conoscere quali siano le gloriose ricchezze di questo sacro segreto fra le nazioni. Esso è Cristo unitamente a voi, la speranza della sua gloria”. (Colossesi 1:25-27) Quale splendido “sacro segreto”, da rivelare dopo tali lunghi periodi di tempo, affinché ai credenti di fra le nazioni gentili fosse data la “speranza” celeste d’esser glorificati con il Messia, Cristo! Fu invero un onore e un privilegio esser ministro di una congregazione con tale speranza!
28, 29. (a) Questa amorevole considerazione per i credenti gentili fu inclusa nel proposito di Dio riguardo a chi? (b) Esprimendo gratitudine per la parte che aveva rispetto a ciò, che cosa scrisse Paolo sull’“eterno proposito” di Dio?
28 Oh si pensi che tutta questa amorevole considerazione è inclusa nel sublime proposito che Dio formò riguardo al suo Messia, per far partecipare i Gentili credenti allo spirituale “seme” di Abraamo per la benedizione di tutto il genere umano! Com’è ammirevole che l’amorevole Dio si sia attenuto a questo generoso aspetto della sua volontà, perché fa parte del suo “eterno proposito”! Esprimendo apprezzamento per la parte che rispetto a ciò gli era stata affidata da Dio, Paolo dice:
29 “A me, uomo da meno del minimo di tutti i santi, fu data questa immeritata benignità, che dichiarassi alle nazioni la buona notizia intorno all’insondabile ricchezza del Cristo e facessi vedere agli uomini come è amministrato il sacro segreto che dall’indefinito passato è stato nascosto in Dio, il quale creò tutte le cose. Questo [procedimento] avvenne affinché ora ai governi e alle autorità nei luoghi celesti sia fatta conoscere per mezzo della congregazione la grandemente varia sapienza di Dio, secondo l’eterno proposito [greco: proʹthe·sis] che egli formò riguardo al Cristo, Gesù nostro Signore”. — Efesini 3:8-11.
30. (a) Secondo il Suo “eterno proposito”, come Dio procedette per rendere manifesta la sua “grandemente varia sapienza”? (b) Perché siamo altamente favoriti vivendo in questo tempo?
30 Così Dio procedette in tal modo con il suo “sacro segreto” affinché, “secondo l’eterno proposito che egli formò riguardo al Cristo”, si manifestasse ora in questo tempo a governi e autorità nei luoghi celesti la “grandemente varia sapienza di Dio” generando per mezzo d’essa la congregazione cristiana. Non siamo noi altamente favoriti giacché viviamo in questo tempo in cui si comprende il “sacro segreto” di Dio secondo il suo “eterno proposito”? Paolo dice:
“In altre generazioni questo segreto non fu fatto conoscere ai figli degli uomini come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti mediante lo spirito, cioè che persone delle nazioni sarebbero stati coeredi e membra dello stesso corpo e partecipi con noi della promessa unitamente a Cristo Gesù per mezzo della buona notizia”. — Efesini 3:5, 6.
31, 32. (a) Nei tempi precristiani chi si interessò per capire queste cose? (b) Quindi da chi sarà composto il “corpo” di Cristo?
31 Gli antichi profeti precristiani, sì, anche gli angeli, si interessarono al modo in cui questo “sacro segreto” sarebbe stato esattamente amministrato da Geova Dio.
“Circa questa salvezza una diligente investigazione e un’attenta ricerca furono fatte dai profeti che profetizzarono intorno all’immeritata benignità a voi riservata. Essi continuarono a investigare quale particolare stagione o quale sorta di stagione lo spirito che era in loro indicasse circa Cristo, quando rendeva anticipatamente testimonianza delle sofferenze [destinate, riservate] per Cristo e delle glorie che le avrebbero seguite. Fu loro rivelato che non a se stessi, ma a voi, essi servivano le cose che vi sono state ora annunciate da coloro che vi han dichiarato la buona notizia con spirito santo inviato dal cielo. In queste cose gli angeli desiderano penetrare con lo sguardo”. — 1 Pietro 1:10-12.
32 Nel tempo stabilito da Dio fu dunque rivelato che il completo “corpo” di Cristo sarebbe stato composto da membri sia gentili che giudei. L’“eterno proposito” di Dio, come si formò in principio nel Giardino d’Eden, tenne conto che questa congregazione avrebbe avuto come suo Capo il Messia. In essi si unirono sia i Giudei che i Gentili.
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L’“eterno proposito” trionfaL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo XIV
L’“eterno proposito” trionfa
1. Chi sono stati gli oppositori spirituali dell’“eterno proposito” di Dio, e da quando?
L’“ETERNO proposito” di Dio ha i suoi oppositori in cielo e sulla terra. Essi han combattuto e ancora continuano a combattere per impedire il finale trionfo di tale “eterno proposito”. Nel Giardino d’Eden, quando Dio annunciò il suo “eterno proposito” agli orecchi del grande Serpente e dei peccatori Adamo ed Eva, Dio disse al Serpente: “E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei. Egli ti ferirà la testa e tu gli ferirai il calcagno”. (Genesi 3:15) Da allora Satana il Diavolo e i suoi angeli disubbidienti che son divenuti demoni hanno unitamente combattuto contro il dichiarato proposito di Dio.
2. (a) Con quali mezzi furono compiuti tentativi diabolici per distruggere la “razza eletta” subito dopo che era stata creata? (b) Che cosa scrisse Pietro avvertendo contro l’invasione di elementi corruttori?
2 Dopo che era stato fondato sulle sue dodici fondamenta apostoliche nel festivo giorno di Pentecoste del 33 E.V. lo spirituale “Israele di Dio”, furono compiuti sulla terra tentativi diabolici per distruggere questa “razza eletta”, questo “regal sacerdozio”, questa “nazione santa”, appena creata. (1 Pietro 2:9) Prima, fu usata la persecuzione violenta, ma fallì. (Atti da 7:59 a 8:4; 9:1-5, 21; 11:19) Quindi si tentò di corrompere l’Israele spirituale nei suoi insegnamenti e nel suo modo di vivere, e ciò recò grande rovina. L’apostolo Pietro, scrivendo verso l’anno 64 E.V. ai sostenitori della fede cristiana, preavvertì i cristiani del primo secolo di questa invasione di corruzione spirituale che stava per venire, dicendo:
“La profezia non fu mai recata dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini parlarono da parte di Dio mentre erano sospinti dallo spirito santo. Comunque, vi furono anche falsi profeti fra il popolo, come pure fra voi vi saranno falsi maestri. Questi introdurranno quietamente distruttive sette e rinnegheranno anche il proprietario che li ha comprati, recando su se stessi subitanea distruzione. Inoltre, molti seguiranno i loro atti di condotta dissoluta e a motivo di questi si parlerà oltraggiosamente della via della verità. E per concupiscenza vi sfrutteranno con parole finte. Ma in quanto a loro, il giudizio dei tempi antichi non procede lentamente e la loro distruzione non sonnecchia”. — 2 Pietro da 1:21 a 2:3; si veda anche Giuda 4.
3. (a) Come Paolo avvertì di guardarsi dai corruttori della congregazione? (b) Chi è “l’uomo dell’illegalità”, e quando questi fu rivelato?
3 In modo simile, l’apostolo Paolo, quando fece il suo ultimo viaggio a Gerusalemme, avvertì gli anziani della congregazione cristiana: “So che dopo la mia partenza entreranno fra voi oppressivi lupi e non tratteranno il gregge con tenerezza, e che fra voi stessi sorgeranno uomini che diranno cose storte per trarsi dietro i discepoli. (Atti 20:29, 30) Inoltre, in una lettera scritta in precedenza alla congregazione di Tessalonica, in Macedonia, diede l’avvertimento che sarebbe scoppiata nella congregazione una ribellione religiosa e che si sarebbe rivelato “l’uomo dell’illegalità”, “il figlio della distruzione”. Paolo avvertì che “il mistero di questa illegalità è già all’opera”. Questo “illegale” doveva essere una persona composita, la classe del clero della cristianità. (2 Tessalonicesi 2:3-9) Questo composito “uomo dell’illegalità” si rivelò nel quarto secolo E.V., quando l’imperatore romano, Costantino il Grande, trattò con i “vescovi” corrotti e fece della loro religione la religione di stato dell’Impero Romano. Costantino istituì una classe del clero ufficiale. Così venne all’esistenza la cristianità.
4. Nei secoli successivi alla sua fondazione, quale testimonianza ha dato di sé il clero della cristianità, eppure la cristianità che cosa pretende d’essere?
4 Nei successivi sedici secoli, fino a questo secolo ventesimo, quale specie di testimonianza ha dato di sé la cristianità? La testimonianza che i suoi ecclesiastici si sono immischiati nella politica, hanno introdotto nella loro fede religiosa sempre più insegnamenti pagani, hanno accumulato per sé ricchezza e potere, hanno oppresso i loro greggi religiosi, hanno fomentato guerre religiose, crudeli crociate e persecuzioni, hanno stabilito centinaia di confuse sette, han benedetto gli eserciti delle cosiddette nazioni “cristiane” in guerra l’una contro l’altra, han corrotto la morale degli aderenti alle loro chiese, han nascosto l’“eterno proposito” di Dio e operato realmente contro di esso, proprio come terrestre “seme” visibile del grande Serpente. Non c’è stata dentro di lei nessuna vera unità cristiana. Sulle sue vesti religiose erano enormi macchie di sangue. Dentro di lei non si è coltivato il frutto dello spirito santo di Dio, specialmente l’amore fraterno! Piuttosto, in lei sono abbondate le “opere della carne”. (Giovanni 13:34, 35; Galati 5:19-24) Eppure, nonostante la condanna della prova biblica contro di lei, ha preteso d’essere l’“Israele di Dio”.
5. Nonostante l’errata rappresentazione della cristianità, che cosa è andato facendo Dio secondo il suo “eterno proposito”?
5 Tutta questa errata rappresentazione di Dio e del suo Israele spirituale ha forse impedito che Egli adempisse con successo il Suo “eterno proposito”? Nemmeno per un istante! Egli aveva previsto tutto questo e l’aveva preannunciato nella sua Parola scritta, la Sacra Bibbia. Il suo nuovo patto con l’Israele spirituale continuò a essere in vigore, e, senza dubbio, egli continuò a selezionare e a preparare gli Israeliti spirituali che avrebbero partecipato con il Messia Gesù al promesso regno celeste.
6. In quale condizione sarebbero portati gli ultimi dei 144.000 che si troveranno sulla terra?
6 Poiché il numero degli Israeliti spirituali suggellati per divenire coeredi del Messia nel regno celeste è limitato a 144.000, secondo Rivelazione 7:4-8; 14:1-3, deve venire il tempo in cui si troveranno qui sulla terra gli ultimi che occorrono per completare il pieno numero della classe del Regno. Invece d’essere religiosamente divisi come le sette religiose della cristianità, saranno radunati nell’unità spirituale nonostante razza, colore, nazionalità o legami tribali. Poiché non sono parte di questo mondo, saranno raccolti fuori di questo mondo. — Giovanni 17:14-23.
7. A che cosa Gesù paragonò l’opera di radunamento, e dove la situò?
7 Il Signore Gesù, quando spiegava ai suoi apostoli i misteri o “sacri segreti del regno”, parlò di questa finale raccolta di tali “figli del regno” come di una “mietitura”. Egli indicò quando questa “mietitura” spirituale sarebbe avvenuta, dicendo:
“La mietitura è il termine di un sistema di cose, e i mietitori sono gli angeli. Perciò, come le zizzanie sono raccolte e bruciate col fuoco, così avverrà al termine del sistema di cose. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, ed essi raccoglieranno fuori del suo regno tutte le cose che causano inciampo e le persone che fanno illegalità, e le lanceranno nella fornace ardente. Ivi saranno il loro pianto e lo stridor dei loro denti. In quel tempo i giusti risplenderanno così fulgidamente come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi ascolti”. — Matteo 13:11, 39-43.
8. Fu questa “mietitura” spirituale la sola cosa che doveva accadere al “termine del sistema di cose”, e rispondendo a quale domanda Gesù diede la risposta?
8 Fu predetto che in quel “termine del sistema di cose”, oltre a questa raccolta dei “figli del regno”, sarebbero accadute altre cose. (Matteo 24:31) Tutte queste altre cose insieme alla mietitura spirituale sarebbero state contrassegni per identificare il tempo in cui viviamo, che è il preannunciato “termine del sistema di cose”. Il Messia Gesù, il profeta simile a Mosè, enumerò queste cose rispondendo alla domanda dei suoi apostoli subito dopo aver predetto la distruzione del tempio di Gerusalemme. Essi gli chiesero: “Quando avverranno queste cose, e quale sarà il segno della tua presenza [greco: parousia] e del termine del sistema di cose?” — Matteo da 23:37 a 24:3.
9. Che cosa predisse Gesù per quel tempo, e quando cominciò e finì il “tempo della fine” di Gerusalemme?
9 Nel racconto di Matteo 24:4-22 possiamo leggere come, rispondendo, Gesù predisse di nuovo la distruzione di Gerusalemme, e guerre, carestie, terremoti, persecuzione dei suoi fedeli discepoli, aumento dell’illegalità e raffreddarsi dell’amore, attività di predicazione da parte dei suoi discepoli, e la loro fuga dalla Giudea e da Gerusalemme dopo aver visto il luogo sacro profanato dalla “cosa disgustante che causa desolazione”. Questo doveva accadere entro “questa generazione” di cui egli e i suoi apostoli facevano parte. Questo significò che Gerusalemme e il sistema di cose basato su di essa come centro religioso nazionale erano nel loro “tempo della fine”. Quel “tempo della fine” cominciò nell’anno 29 E.V., quando Giovanni il Battista cominciò a predicare: “Pentitevi, poiché il regno dei cieli si è avvicinato”, e quindi battezzò Gesù, e finì nell’anno 70 E.V. con la desolazione di Gerusalemme e del suo tempio e con la scomparsa del sacerdozio aaronnico. Da allora ebraismo e giudaismo non sono più stati gli stessi.
SEGNO DEL “TEMPO DELLA FINE”
10. Nella sua profezia, come Gesù usò la Gerusalemme del primo secolo, così che la sua profezia si applica oggi?
10 Comunque, Gesù parlò di molte cose che sarebbero accadute dopo la distruzione di Gerusalemme, aggiungendo: “E Gerusalemme sarà calpestata dalle nazioni, finché i fissati tempi delle nazioni non siano compiuti”. (Luca 21:20-24) Si comprende, dopo attento studio della completa profezia di Gesù, come si trova in Matteo, capitoli ventiquattro e venticinque, Marco, capitolo tredici, e Luca, capitolo ventuno, che Gesù si serviva della Gerusalemme del primo secolo anche come quadro profetico della sua controparte moderna, la cristianità, e del sistema di cose formatosi fra i Giudei sparsi in tutto il mondo come quadro nel mondiale sistema di cose attuale, dominato dalla cristianità. Così la profezia di Gesù sul “termine del sistema di cose” si applica anche oggi, per il suo adempimento completo. Perché diciamo “oggi”? Intendiamo noi che oggi viviamo nel predetto “termine del sistema di cose”? Sì!
11. In quale periodo di tempo si trova questo mondo, e a quali anteriori periodi simili questo corrisponde?
11 Il mondo vive oggi nel suo “tempo della fine”. Ricordiamo come, quando quel “mondo antico”, il “mondo di empi”, “il mondo di quel tempo”, del tempo di Noè, fu sommerso dalle acque del diluvio universale, il suo “tempo della fine” cominciò centoventi anni prima del cataclisma acqueo del 2370 a.E.V. (2 Pietro 2:5; 3:6; Genesi 6:1-3; Matteo 24:37-39) Prima della distruzione di Gerusalemme del 607 a.E.V. per opera dei Babilonesi, Dio parlò all’ultimo re davidico sul trono di Gerusalemme, Sedechia, e si riferì al “tempo dell’errore della fine”. Il “tempo della fine” di Gerusalemme durò allora quarant’anni, poiché cominciò quando Dio suscitò Geremia come suo profeta nel tredicesimo anno del regno di Giosia. (Ezechiele 21:25; Geremia 1:1, 2; Ezechiele 4:6, 7) Gerusalemme del primo secolo E.V. pure ebbe il suo “tempo della fine”, di quarantuno anni (29-70 E.V.). — Luca 19:41-44; 1 Tessalonicesi 2:16.
12. Quale profeta impiegò Geova per menzionare il “tempo della fine” e, dal 1914 E.V., che cosa mostra che siamo in tale periodo?
12 Molti anni dopo la prima distruzione di Gerusalemme per opera dei Babilonesi, l’angelo di Dio parlò al profeta Daniele del “tempo della fine” che doveva venire sul sistema di cose mondiale. (Daniele da 11:35 a 12:4) Noi siamo stati in tale “tempo della fine” dall’anno 1914 E.V. Diciamo questo non solo perché quell’anno scoppiò la prima guerra mondiale, introducendo un’èra di violenza e potenziale bellico che minaccia di spazzare via l’intera razza umana. È anche vero che da quel memorabile anno la profezia di Gesù inerente al “segno” del termine del sistema di cose è stata nel corso del suo completo adempimento. E poiché questo “termine del sistema di cose” perverrà al culmine in quella che Gesù chiamò la “grande tribolazione come non v’è stata dal principio del mondo fino ad ora, no, né vi sarà più”, significa che ci stiamo accostando alla fine completa di questo sistema di cose, e con essa alla distruzione di un “mondo di empi”. — Matteo 24:21.
13. (a) Come Matteo 24:14 mostra che la “presenza” di Cristo doveva essere in relazione con il regno di Dio? (b) Benché Cristo non indicasse nessuna data, quale problema sorge?
13 Tuttavia, la ragione per cui si deve fissare l’anno 1914 E.V. è che quell’anno ebbe inizio la “presenza” (parousia) del Signore Gesù nell’autorità del regno messianico. Che sotto questo aspetto la sua invisibile “presenza” fosse vera è indicato da un particolare avvenimento che disse si sarebbe verificato, rispondendo alla domanda degli apostoli sul “segno della tua presenza”. Si tratta di quanto segue, come narra Matteo 24:14: “E questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terrà abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. Nella risposta che diede ai suoi apostoli, Gesù non indicò nessuna data, eppure dall’anno 1914 fino a ora il “segno” che si è manifestato ha suggellato quell’anno come il tempo della nascita del messianico regno di Dio nelle mani del suo Figlio Gesù Cristo nei cieli. Ma c’è un altro modo di giungere a tale data per confermare che è il preordinato tempo della nascita del Regno in cui è la “presenza” di Cristo. Qual è questo altro modo di confermare il 1914?
14. Quando cominciarono i Tempi dei Gentili menzionati da Gesù, e dopo quale avvenimento dovevano continuare?
14 Nella sua profezia circa “Quando avverranno queste cose?” egli preannunciò la sovrastante distruzione di Gerusalemme e aggiunse: “E Gerusalemme sarà calpestata dalle nazioni, finché i fissati tempi delle nazioni non siano compiuti”. (Luca 21:20-24) Quei “fissati tempi delle nazioni [non giudaiche, gentili]” cominciarono nel remoto 607 a.E.V. quando i Babilonesi distrussero Gerusalemme e rovesciarono il regnante discendente del re Davide, erede del patto divino per un regno eterno. Questi Tempi dei Gentili, come sono spesso chiamati, continuarono fino al giorno di Gesù e dovevano continuare ancora dopo la seconda distruzione della città santa. È un fatto che dopo settant’anni di desolazione di Gerusalemme e del paese di Giuda un fedele rimanente dei Giudei tornò dall’esilio nel paese di Babilonia e riedificò Gerusalemme e altre città nella terra da lungo tempo desolata. Ma questo non significò che Gerusalemme non venisse più calpestata dalle nazioni gentili, prima dai Babilonesi e poi dai Medo-persiani che conquistarono Babilonia.
15. (a) Perché i Tempi dei Gentili continuarono dopo la riedificazione di Gerusalemme del 537 a.E.V.? (b) Perché quei Tempi continuarono dopo il processo di Gesù dinanzi a Ponzio Pilato?
15 Perché no? Perché, con la riedificazione di Gerusalemme dal 537 a.E.V. in poi, il trono e il regno messianico della linea di discendenza reale di Davide non furono restaurati a Gerusalemme. Gerusalemme era ora in una provincia dell’Impero Medo-persiano e si trovava sotto il dominio di Dario il Medo e di Ciro il Grande, il Persiano. Ciò che Gerusalemme aveva dunque rappresentato da quando nell’anno 1070 a.E.V. era stata catturata dal re Davide era ancora calpestato, cioè il ruolo di Gerusalemme come capitale del regno messianico dei figli e successori del re Davide. Il regno maccabeo dei governanti leviti (104–63 e 40–37 a.E.V.) non alterò questo fatto. Quindi, allorché Gesù il “figlio di Davide” venne e si presentò come l’unto con spirito di Dio, la maggioranza dei capi religiosi giudei e i loro seguaci non lo vollero come loro Messia e Re. Al governatore romano Ponzio Pilato gridarono: “Noi non abbiamo nessun re eccetto Cesare”. (Giovanni 19:15) Così i Tempi dei Gentili perdurarono, e il diritto al regno messianico fu ancora ulteriormente calpestato.
16, 17. (a) A causa dell’adempimento della profezia di Gesù, quando diciamo che si adempirono i Tempi dei Gentili? (b) A quale antico re Dio rivelò la durata del tempo, e come Dio aveva impiegato questo re?
16 Comunque, Gesù disse: “Finché i fissati tempi delle nazioni non siano compiuti”. Dopo che Babilonia rovesciò nel 607 a.E.V. il trono del re Davide a Gerusalemme, quanto dovevano durare quei tempi d’interferenza gentile con il messianico regno di Dio?
17 Ora, naturalmente, dopo aver visto ciò che era accaduto in adempimento della profezia di Gesù dallo scoppio della prima guerra mondiale, possiamo con fiducia rispondere: Fino al compimento dei Tempi dei Gentili nel 1914 E.V. Sì, ma, per di più, ai giorni del re Nabucodonosor, che nel 607 a.E.V. distrusse Gerusalemme, Dio rivelò d’aver stabilito quanto a lungo quei Tempi dei Gentili che allora cominciavano sarebbero durati senza interferenza da parte del messianico regno di Dio. Dio indicò che sarebbero durati sette “tempi” simbolici. Il sogno in cui Dio rivelò questo periodo di tempo a Nabucodonosor fu interpretato dal profeta Daniele. (Daniele 4:16, 23, 25, 32) Dio impiegò Nabucodonosor come un taglialegna per abbattere a Gerusalemme nel 607 a.E.V. l’espressione terrestre del regno di Dio. Il ceppo di quel simbolico “albero” doveva esser legato e non gli si doveva permettere di germogliare e produrre un nuovo albero fin dopo la fine dei “sette tempi”.
18. (a) Durante quei Tempi dei Gentili da chi, e in qual modo, fu esercitato il dominio del regno che avrebbe dovuto essere esercitato dalla casa reale di Davide? (b) Come fu raffigurato che il dominio messianico sarebbe stato ristabilito?
18 Nel frattempo, durante quei “sette tempi”, i governanti gentili del mondo avrebbero esercitato il dominio che in realtà apparteneva alla discendenza reale del re Davide a causa del patto di Dio con lui per un regno eterno. Ma quei governanti gentili esercitarono tale potere di dominio in modo assai antiteocratico, in modo antimessianico, come con l’irragionevolezza manifestata da Nabucodonosor nei suoi sette anni di pazzia. Ma proprio come il sano Nabucodonosor fu ristabilito nel dominio alla fine di quei sette anni, così l’aspetto messianico del regno di Dio doveva essere ristabilito al termine dei “sette tempi” del dominio gentile del mondo. Allora il ceppo reale doveva essere sciolto dai suoi legami, e dalle sue radici doveva crescere un nuovo albero di dominio. — Daniele 4:1-37.
19. (a) Poiché i Tempi dei Gentili furono sette di numero, quale sarebbe stata la durata di ciascun “tempo”? (b) Verso quale tempo dell’anno cominciarono quei Tempi, e verso quale tempo dell’anno terminarono?
19 Se ora dal 1914 E.V. risaliamo al 607 a.E.V., gli anni ammontano a 2.520. Se, poi, prendiamo il numero dei “tempi”, sette, e lo dividiamo in 2.520 anni, abbiamo 360 anni. Questa è nelle Sacre Scritture la lunghezza di un “tempo” profetico. (Rivelazione 12:6, 14; si paragoni 11:2, 3) I sette anni letterali della pazzia di Nabucodonosor illustrarono quei “sette tempi” di 2.520 anni, essendo un anno rappresentato da ciascun giorno di un “tempo” profetico di 360 giorni. (Ezechiele 4:6; Numeri 14:34) I simbolici “sette tempi” cominciarono quando gli eserciti di Babilonia lasciarono Gerusalemme e il paese di Giuda desolati, senza governatore che sostituisse nel paese l’assassinato governatore Ghedalia, verso la metà del mese lunare di Tishri. Così sarebbero terminati verso quel tempo dell’anno nel 1914 E.V., o verso il 4/5 ottobre 1914.
20. Che cosa significò quando nel 1914 E.V. accadde il contrario di ciò che era accaduto nel 607 a.E.V.?
20 In quest’ultimo tempo sarebbe dovuto accadere il contrario di ciò che accadde nel Tishri del 607 a.E.V., quando cominciarono i Tempi dei Gentili. Il paese di Giuda fu lasciato come una distesa desolata senza un tempio in Gerusalemme, senza “trono di Geova” su cui sedesse lì un unto discendente del re Davide. (1 Cronache 29:23) Questo significò che all’inizio dell’autunno del 1914 E.V. le nazioni gentili avrebbero dovuto smettere di calpestare il regno messianico e che il regno messianico sarebbe dovuto nascere non nella Gerusalemme terrestre, ma lassù nel cielo dove il Figlio e Signore del re Davide ora sedeva alla destra di Geova Dio. (Salmo 110:1, 2) Fu allora che l’unto “che ha il diritto legale” venne e Geova Dio glielo diede. — Ezechiele 21:25-27; Daniele 7:13, 14.
21. Come fu raffigurata la nascita del messianico regno di Dio in cielo, e che cosa avvenne immediatamente dopo?
21 La prima guerra mondiale era già in corso da più di ‘due mesi quando ebbe luogo negli invisibili cieli quel meraviglioso evento. In Rivelazione 12:1-5 quel neonato regno messianico è raffigurato come un figlio maschio che fu partorito dalla celeste “donna” di Dio e fu rapito presso il trono di Dio per condividere con Lui il regno. Così questo maestoso aspetto dell’“eterno proposito” di Dio trionfò, ma contro l’opposizione sovrumana. Su ciò leggiamo:
“E scoppiò la guerra in cielo: Michele e i suoi angeli guerreggiarono contro il dragone, e il dragone e i suoi angeli guerreggiarono ma esso non prevalse, né fu più trovato posto per loro in cielo. E il gran dragone fu scagliato, l’originale serpente, colui che è chiamato Diavolo e Satana, che svia l’intera terra abitata; fu scagliato sulla terra, e i suoi angeli furono scagliati con lui. E udii nel cielo un’alta voce dire:
“‘Ora son venuti la salvezza e la potenza e il regno del nostro Dio e l’autorità del suo Cristo, perché è stato gettato giù l’accusatore dei nostri fratelli, che li accusa giorno e notte davanti al nostro Dio! Ed essi lo vinsero a causa del sangue dell’Agnello e a causa della parola della loro testimonianza, e non amarono la loro anima neppure dinanzi alla morte. Per questo motivo, rallegratevi, o cieli e voi che risiedete in essi! Guai alla terra e al mare, perché il Diavolo è sceso a voi, avendo grande ira, sapendo che ha un breve periodo di tempo’.
“Or quando il dragone vide che era stato scagliato sulla terra, perseguitò la donna che aveva partorito il figlio maschio. . . . E il dragone si adirò contro la donna, e se ne andò a far guerra contro i rimanenti del seme di lei, che osservano i comandamenti di Dio e hanno l’opera di rendere testimonianza a Gesù”. — Rivelazione 12:7-17.
22. (a) Che cosa indica in quanto alla sua identità il fatto che Michele scagliò fuori del cielo Satana e i suoi demoni? (b) Come Gesù preannunciò le persecuzioni che vengono sui “rimanenti del seme [della donna]”?
22 Sì, l’arcangelo Michele fa di nuovo la sua comparsa in cielo, e, come “seme” della “donna” di Dio destinato a ferire la testa del Serpente, vince la battaglia e scaglia l’originale Serpente e i suoi angeli demonici giù sulla terra. Nella sua ira il grande Serpente perseguita la “donna”, perseguitando i “rimanenti del seme di lei” che durante la prima guerra mondiale e da allora in poi si trovano sulla terra. Nella sua profezia Gesù preannunciò tale persecuzione dei suoi unti seguaci come qualche cosa che deve accadere al “termine del sistema di cose”. Ai suoi discepoli disse:
“Quindi vi daranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutte le nazioni a motivo del mio nome. . . . Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato”. — Matteo 24:9-13.
23. (a) L’unto rimanente si è identificato mediante l’ubbidienza a quale comando dato da Gesù? (b) Sin da quando proclamavano essi l’anno della scadenza dei Tempi dei Gentili?
23 Dalla Bibbia e dalla storia del mondo abbiamo così la prova che il “tempo della fine” cominciò all’inizio dell’autunno del 1914. In piena armonia con questo fatto, la persecuzione continua contro l’unto rimanente, che ‘osserva i comandamenti di Dio e ha l’opera di rendere testimonianza a Gesù’. Questi son quelli che osservano il comandamento di Dio dato nella profezia di Gesù: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”. (Matteo 24:14) Dal 1914 E.V. questo rimanente degli unti si è identificato nelle pagine della storia. Prima di questo anno i membri di quest’unto rimanente avevano studiato con diligenza la Parola di Dio separatamente dalla cristianità. Misero la Sacra Bibbia al di sopra delle tradizioni religiose fatte dagli uomini. Già nel 1876 proclamavano che i Tempi dei Gentili di 2.520 anni sarebbero scaduti nell’anno 1914. Gli avvenimenti che si sono verificati da quell’anno in poi provano che non avevano torto.
24. (a) Durante la prima guerra mondiale, perché il rimanente divenne oggetto di odio internazionale? (b) Quale opera del dopoguerra intrapresero, e quale nome cercarono di far conoscere pubblicamente?
24 Durante la prima guerra mondiale divennero oggetto di odio da parte di tutte le nazioni e subirono severe persecuzioni perché favorivano il messianico regno di Dio e cercavano di mantenersi liberi dalla colpa per lo spargimento di sangue di cui si macchiava la cristianità. Nel 1919, primo anno del dopoguerra, compresero il loro obbligo cristiano di proclamare il messianico regno di Dio come non avevano mai fatto prima, essendo stato stabilito nei cieli nel 1914 al termine dei Tempi dei Gentili. (Matteo 24:14) Nell’anno 1925 i loro occhi d’intendimento spirituale furono aperti affinché vedessero che era venuto il tempo in cui Dio si sarebbe fatto un nome. (2 Samuele 7:23; Geremia 32:20; Isaia 63:14; si veda La Torre di Guardia [inglese] del 1º agosto 1925, pagina 226, colonna 2, paragrafo 4; e del 15 settembre 1925, pagina 280, paragrafi 41-43). Così ora si accinsero all’opera per far conoscere in tutto il mondo il nome biblico del solo vivente e vero Dio e anche il Suo “eterno proposito che egli formò riguardo al Cristo, Gesù nostro Signore”. — Efesini 3:11.
25. Da che cosa l’unto rimanente aveva bisogno di distinguersi, e nel 1931 E.V. che cosa dunque abbracciarono?
25 Così nell’anno 1931, senza presunzione ma con piena giustificazione per il passo che ora compivano, abbracciarono un nome che li avrebbe distinti da Babilonia la Grande, l’impero mondiale di falsa religione, da cui erano usciti ubbidendo al comando di Dio in Rivelazione 18:4. Sì, un nome che li avrebbe distinti anche dalla cristianità con le sue centinaia di disunite sette e la sua mondanità ed enorme colpa per lo spargimento di sangue. Invero, un nome che si basava sulla Scrittura (Isaia 43:10, 12) e che avrebbe chiaramente posto loro dinanzi la loro opera cristiana. Era il nome che da allora è divenuto noto in tutto il mondo, un nome sia rispettato che odiato, cioè, testimoni di Geova. Essi si mostrano degni di questo nome!
UNA “GRANDE FOLLA” SOPRAVVIVRÀ AD HAR-MAGHEDON
26. Da quanto tempo fa Dio è andato traendo “un popolo per il suo nome”, e oggi è Egli senza un tale popolo?
26 Fu tutto questo una semplice esplosione di fervore religioso che ebbe breve durata? Fu un semplice avvenimento casuale senza importanza? O questo fu secondo il progressivo proposito di Dio? Guardate i risultati! Di proposito qualche cosa ebbe inizio a Gerusalemme in quello storico giorno di Pentecoste del 33 E.V., quando Dio versò il suo spirito santo e l’apostolo Pietro pieno di spirito si alzò in piedi e citò la profezia di Gioele 2:28-32, dicendo a migliaia di Giudei: “E chiunque invocherà il nome di Geova sarà salvato”. Qui Dio cominciò a formare un popolo per il suo nome”, un Israele spirituale. (Atti 2:1-21; 15:14) Un passo ulteriore fu compiuto alla fine della ‘settantesima settimana di anni’ nel 36 E.V., allorché Dio mandò l’apostolo Pietro a predicare agli incirconcisi Gentili e su questi credenti non Giudei versò il suo spirito santo. Così Dio accrebbe il “popolo per il suo nome” battezzando e ungendo Gentili con spirito santo e aggiungendoli al suo Israele spirituale. (Atti da 10:1 a 11:18; 15:7-11) Ciò accadde allora nel primo secolo. E che dire di oggi, in questo ventesimo secolo? I fatti dell’indisputabile storia provano che Dio è riuscito ad avere ancora un “popolo per il suo nome”!
27. Quindi quale prova abbiamo oggi che Dio si è attenuto al suo proposito a questo riguardo, e ora chi ne riceve le benedizioni?
27 Oggi la presenza sulla terra del finale rimanente dello spirituale “seme” di Abraamo attesta che Dio completa l’intero numero dei 144.000 Israeliti spirituali sotto il loro Capo, Gesù Cristo. Questo nonostante tutta l’opposizione dei diavoli e degli uomini! Il suo “eterno proposito che egli formò riguardo al Cristo” ora trionfa! Egli è come sempre immutabilmente risoluto a portare fino alla piena realizzazione vittoriosa il suo proposito in un futuro prossimo. Oh quale bene sarà questo per l’uomo! Una “grande folla” di persone che apprezza tale fatto aumenta in tutto il mondo. Già ricevono benedizioni per mezzo del divino rimanente dello spirituale “seme” di Abraamo.
28. Chi è principalmente il “seme” di Abraamo, ma che cosa mostra se la benedizione è limitata solo a quelli che sono membri del “seme”?
28 L’antico patriarca Abraamo raffigurò Geova Dio. Geova stesso è il più Grande Abraamo. Il suo “seme” è principalmente il suo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore, che una volta sacrificò se stesso. Per mezzo del suo Principale Componente del “seme” si sono benedetti anche tutti i membri dell’Israele spirituale. Ma cessa con loro la benedizione? No! All’antico Abraamo Dio fece la promessa giurata: “Per mezzo del tuo seme tutte le nazioni della terra di certo si benediranno”. (Genesi 22:18; Atti 3:22-26) Questo “seme” include più di Gesù Cristo, poiché il seme di Abraamo doveva essere come le stelle e la sabbia del lido del mare, innumerevole. Pertanto, il “seme” include tutto l’Israele spirituale. Per mezzo di questo intero “seme” si procureranno una benedizione altri, sì, “tutte le nazioni della terra” fuori del “seme”, fuori dell’Israele spirituale. Così tutto il genere umano sarà benedetto mediante il “seme” del più Grande Abraamo, Geova Dio, il celeste Padre del “seme” spirituale. Con questo fine in vista sotto il messianico regno del “seme” ci sarà una risurrezione dei morti. — Atti 24:15.
29, 30. (a) Da chi furono prefigurati nei tempi precristiani quelli che ora ricevono le benedizioni per mezzo del rimanente del “seme”? (b) Come Gesù si riferì ai sopravvissuti della “grande tribolazione” che si approssima?
29 E fra tutte le nazioni chi sono oggi quelli che ricevono benedizioni per mezzo o in compagnia del “rimanente” del “seme” abraamico? Secondo l’amorevole proposito di Dio, questi furono prefigurati nei tempi antichi. Da chi?
30 Quando, nel remoto 1513 a.E.V., i liberati Israeliti partirono dall’Egitto dopo la notte della prima Pasqua e in seguito attraversarono il mar Rosso per mettersi in salvo sulla sponda della Penisola Sinaitica, insieme con loro era una “numerosa compagnia mista” di non Israeliti. (Esodo 12:38; Numeri 11:4) Quando, nel 607 a.E.V., gli eserciti babilonesi distrussero Gerusalemme per la prima volta, l’eunuco etiope, Ebed-Melec, e i non israeliti Recabiti sopravvissero alla distruzione della città santa e del suo tempio. (Geremia 35:1-19; 38:7-12; 39:16-18) E, l’11 Nisan del 33 E.V., quando Gesù predisse la distruzione che doveva venire su Gerusalemme nell’anno 70 E.V. e che fu un tipo profetico della distruzione della cristianità nella nostra generazione, egli disse:
“Allora vi sarà grande tribolazione come non v’è stata dal principio del mondo fino ad ora, no, né vi sarà più. Infatti, a meno che quei giorni non fossero abbreviati, nessuna carne sarebbe salvata; ma a motivo degli eletti quei giorni saranno abbreviati”. — Matteo 24:21, 22; Marco 13:19, 20.
31. Quale visione fu data all’apostolo Giovanni della “grande folla” che sopravvive alla “tribolazione” con il rimanente spirituale?
31 Oltre al rimanente dell’Israele spirituale, o “eletti”, ci saranno sopravvissuti di quella “grande tribolazione” che si approssima. Verso l’anno 96 E.V., all’anziano apostolo Giovanni fu data una visione di questi che attraversano la “grande tribolazione” in compagnia del “rimanente” dell’Israele spirituale. Immediatamente dopo aver avuto la visione del suggello spirituale dei 144.000 fedeli membri dell’Israele spirituale, Giovanni prosegue, dicendo:
“Dopo queste cose vidi, ed ecco, una grande folla, che nessun uomo poteva numerare, di ogni nazione e tribù e popolo e lingua, che stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, vestiti di lunghe vesti bianche; e nelle loro mani erano rami di alberi delle palme. E continuano a gridare ad alta voce, dicendo: ‘La salvezza la dobbiamo al nostro Dio, che siede sul trono, e all’Agnello’.
“E presa la parola, una delle persone anziane mi disse: ‘Questi che sono vestiti di lunghe vesti bianche, chi sono e da dove sono venuti?’ E subito gli dissi: ‘Signor mio, tu lo sai’. Ed egli mi disse: ‘Questi sono quelli che vengono dalla grande tribolazione, e hanno lavato le loro lunghe vesti e le han rese bianche nel sangue dell’Agnello. Perciò sono davanti al trono di Dio; e gli rendono sacro servizio giorno e notte nel suo tempio; e colui che siede sul trono spiegherà su loro la sua tenda. Non avranno più fame né sete, né li colpirà più il sole né ardore alcuno, perché l’Agnello, che è in mezzo al trono, li pascerà e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lagrima dai loro occhi”. — Rivelazione 7:9, 10, 13-17.
32. (a) Quando fu pubblicata dapprima la spiegazione che corrisponde ai fatti del nostro giorno riguardo a questa visione? (b) Perché c’è da attendersi che quelli di questa “grande folla” non andranno in cielo e non regneranno con l’Agnello di Dio?
32 La spiegazione del significato di questa visione che corrisponde ai fatti del giorno fu pubblicata dapprima nell’anno 1935 E.V., a cominciare dall’assemblea dei cristiani testimoni di Geova tenuta il 31 maggio 1935 a Washington, nel Distretto di Columbia. La “grande folla” vista nella visione non attende di andare in cielo e di regnare sul celeste monte Sion con i 144.000 Israeliti spirituali. Per esempio, in Rivelazione 14:1-3 leggiamo che i soli che stanno sul celeste monte Sion con l’Agnello di Dio sono i 144.000 Israeliti spirituali. Lì non si vede stare la “grande folla”, e per una buona ragione. Solo dei 144.000 si dice: “Questi furono comprati di fra il genere umano come primizie a Dio e all’Agnello”. (Rivelazione 14:4, 5; Giacomo 1:18) Circa i 144.000 che sono “comprati di fra il genere umano”, leggiamo queste parole rivolte all’Agnello di Dio:
“Tu fosti scannato e col tuo sangue comprasti a Dio persone di ogni tribù e lingua e popolo e nazione, e le hai fatte essere un regno e sacerdoti al nostro Dio, ed esse regneranno sulla terra”. — Rivelazione 5:9, 10.
33. In chi si realizza quindi, il proposito del nuovo patto di Dio?
33 Così lo scopo del “nuovo patto” di Dio con l’Israele spirituale si realizza in quei 144.000, perché si intese che il nuovo patto generasse un “regno di sacerdoti e una nazione santa”, il che non fu generato dal vecchio patto della Legge mosaica. (Esodo 19:5, 6) La “grande folla” di Rivelazione 7:9-17 non è portata in questo nuovo patto, ma oggi si associa in effetti con il “rimanente” degli Israeliti spirituali che sono nel nuovo patto.
34. Dove quelli della “grande folla” si attendono di godere la vita eterna, e quale riconoscimento fanno di Dio e del suo Agnello?
34 La “grande folla” non si attende dunque di andare in cielo nemmeno dopo essere sopravvissuta alla “grande tribolazione”. Quelli della “grande folla” si attendono che l’Agnello di Dio li pascoli qui sulla terra dopo la “grande tribolazione”, guidandoli verso la vita eterna su una terra paradisiaca. Riconoscono l’intronizzato Dio del cielo come il Sovrano Universale di tutta la creazione. Riconoscono il Messia Gesù come “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” e ammettono di dovere la loro salvezza a Dio mediante il suo Agnello che una volta fu “scannato” e, con fede e ubbidienza, “hanno lavato le loro lunghe vesti e le han rese bianche nel sangue dell’Agnello”.
35. (a) Dove Lo servono di continuo nel “tempio” di Dio, e perché? (b) Come esprimono lealtà al Sommo Sacerdote di Dio e come li raffigurò Gesù in una parabola?
35 Essi riconoscono come loro Dio solo il Sovrano Signore Geova. Ciò spiega perché si vedono ‘rendergli sacro servizio giorno e notte nel suo tempio’, nei cortili terrestri del suo tempio spirituale, del tempio il cui Santissimo è nei santi cieli. (Ebrei 9:24) Così la “grande folla” è ora in contatto con il rimanente dei 144.000 Israeliti spirituali che sono i futuri sacerdoti reali generati dal nuovo patto. Esprimendo la loro lealtà al reale sommo sacerdote Gesù Cristo, quelli della “grande folla” sono leali ai suoi fratelli spirituali che si trovano ancora sulla terra. Fanno tutto il bene che possono ai fratelli spirituali di Cristo, anche unendosi a loro nella predicazione di “questa buona notizia del regno” in tutto il mondo. Questi leali sono la classe delle “pecore” che Gesù descrisse nella sua parabola, dicendo:
“Quindi il re dirà a quelli alla sua destra: ‘Venite, voi che avete la benedizione del Padre mio, ereditate il regno preparato per voi dalla fondazione del mondo. Poiché ebbi fame e mi deste qualche cosa da mangiare; ebbi sete e mi deste qualche cosa da bere. Fui estraneo e mi accoglieste in modo ospitale; nudo, e mi vestiste. Mi ammalai e aveste cura di me. Fui in prigione e veniste da me’. Quindi i giusti gli risponderanno con le parole: ‘Signore, quando ti vedemmo aver fame e ti demmo da mangiare, o aver sete, e ti demmo qualche cosa da bere? Quando ti vedemmo estraneo e ti accogliemmo in modo ospitale, o nudo, e ti vestimmo? Quando ti vedemmo malato o in prigione e venimmo da te?’ E rispondendo il re dirà loro: ‘Veramente vi dico: In quanto l’avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me’.
“E [la classe dei capri] andranno allo stroncamento eterno, ma i giusti alla vita eterna”. — Matteo 25:34-40, 46.
36. Quando sarà ‘stroncata’ la classe dei capri della parabola, e perché?
36 Quelli che non agiscono come le “pecore” verso i fratelli spirituali del re Gesù Cristo ora dominante saranno stroncati nella “grande tribolazione” che si approssima, poiché non sono a favore del “seme” della celeste “donna” di Dio ma sono a favore del “seme” dell’“originale serpente”, Satana il Diavolo. (Genesi 3:15; Rivelazione 12:9, 17) Essi si sottomettono all’influenza e alla guida dell’“originale serpente, . . . che svia l’intera terra abitata”, e quando fra breve scoppierà la “grande tribolazione” saranno così trovati dalla parte del “seme” del Serpente.
37. In quale periodo è dal 1914 questo sistema mondano, e secondo Daniele 12:1 a che cosa va dunque incontro questa generazione?
37 Da quando nell’anno 1914 nacque nei cieli il messianico regno di Dio, questo sistema di cose mondiale è stato nel suo “tempo della fine”. Questo “tempo della fine” giungerà fra breve al culmine nella “grande tribolazione”, come fu predetto da Gesù Cristo. Tale tribolazione senza paralleli fu annunciata dal profeta Daniele molto tempo prima che Geova Dio mandasse sulla terra il suo primogenito Figlio celeste che fu chiamato Gesù. Perciò, a Daniele l’angelo di Dio espresse la profezia in questo modo:
“E durante quel tempo sorgerà Michele, il gran principe che sta a favore dei figli del tuo popolo. E per certo accadrà un tempo d’angustia tale come non se ne sarà fatto accadere da che ci fu nazione fino a quel tempo”. — Daniele 12:1; si paragoni Matteo 24:21.
Questa generazione del genere umano va ora incontro a quel “tempo d’angustia”.
38. (a) Quali praticanti di religione sopravvivranno alla distruzione di Babilonia la Grande? (b) Per risolvere quale contesa dovrà combattersi la “guerra del gran giorno dell’Iddio Onnipotente”?
38 Durante quel “tempo d’angustia”, quella “grande tribolazione”, le antireligiose forze politiche distruggeranno la moderna Babilonia la Grande, vale a dire l’impero mondiale di falsa religione che cominciò con l’antica Babilonia. (Genesi 10:8-12; Rivelazione da 17:1 a 18:24) Sotto la protezione di Dio i membri del “rimanente” dell’Israele spirituale e della “grande folla” sopravvivranno a quella distruzione come praticanti della vera religione. (Giacomo 1:27) Immediatamente dopo che le forze antireligiose non saranno riuscite a spazzare via dalla terra la “forma di adorazione” pura e incontaminata, la religione pura, verrà la “guerra del gran giorno dell’Iddio Onnipotente” nel luogo che è simbolicamente chiamato Har-Maghedon. (Rivelazione 16:14, 16) Perché? Perché la contesa universale della sovranità di Geova estesa a tutta la creazione, sostenuta dal rimanente e dalla “grande folla”, deve ancora essere risolta. Questa soluzione della contesa fa tutta parte dell’“eterno proposito che [Dio] formò riguardo al Cristo, Gesù nostro Signore”, il quale è il componente principale del promesso “seme” di Dio.
39, 40. (a) Dove avverrà il confronto militare sulla contesa, e chi vediamo radunarvisi? (b) Chi darà lì prova d’esser superiore con la vittoria?
39 Le sovranità nazionali, sulle quale oggi insistono i governi politici, si scontrano con la sovranità Universale del Creatore. Il confronto militare su questa suprema contesa si avvicina mentre questo “tempo della fine” sta per scadere. Alla luce delle previsioni di Rivelazione circa gli avvenimenti futuri, vediamo noi i re della terra e i governati politici e i loro eserciti e sostenitori radunarsi nel campo di battaglia di Har-Maghedon per combatterla sino alla fine? Sì.
40 Comunque, vediamo per fede anche il celeste Re dei re, Gesù Cristo, e i suoi eserciti angelici affrettarsi verso quello stesso campo di battaglia, come se cavalcassero bianchi cavalli da guerra. Possiamo prendere Dio in parola; ad Har-Maghedon la guerra terminerà con la vittoria delle forze di Dio l’Onnipotente, e con la distruzione di tutti i sistemi politici formati dagli uomini e dei loro funzionari in carica, dei loro eserciti e dei loro patriottici sostenitori. Gesù Cristo che una volta fu simile a un Agnello darà prova d’esser lui il Re dei re, poiché Geova Dio sarà alla sua destra come un Guerriero accanto al suo Re-Sacerdote simile a Melchisedec. — Rivelazione 17:12-14; 19:11-21; Salmo 110:4, 5.
41. (a) Dopo Har-Maghedon, perché l’“originale serpente non potrà più far guerra contro il rimanente e la “grande folla”? (b) In qual senso verrà ora per il “seme” della “donna” di Dio il momento supremo?
41 Questo è il grande culmine dei ‘guai per la terra e per il mare’ a cui l’“originale serpente” e i suoi angeli demonici, da quando furono espulsi dal cielo, conducono tutto l’ingannato genere umano! (Rivelazione 12:7-12) Essendo stato distrutto ad Har-Maghedon tutto il suo “seme” terrestre, l’“originale serpente” non potrà più far guerra contro i “rimanenti del seme [della donna]” e contro la “grande folla” dei compagni di adorazione del Sovrano Signore Geova. (Rivelazione 12:13, 17) Dovranno l’“originale serpente” e il suo invisibile “seme” demonico esser lasciati sciolti nelle vicinanze della nostra terra su cui sono stati cacciati dal cielo? No! Poiché ora viene il momento supremo per Gesù Cristo il “seme” celeste della “donna” di Dio, a cui quel Serpente dalla mente omicida una volta ferì il calcagno! La situazione è capovolta, e ora il “seme” della celeste “donna” di Dio deve ferire “la testa” del Serpente, rendendo lui e il suo “seme” demonico come se non fossero mai stati! Come?
42. (a) Come saranno quindi feriti il Serpente e il suo “seme”? (b) Quale cambiamento avverrà poi in quanto alle dominanti potenze celesti e alla società terrestre?
42 Togliendo il Serpente e i suoi demoni dalle vicinanze della terra e scagliandoli nell’“abisso” e suggellandoveli, legati come con catene, per i prossimi mille anni. Rivelazione 20:1-3 lo raffigura non come parte della guerra di Har-Maghedon, ma come un seguito di quella guerra. (Genesi 3:15; Romani 16:20; Luca 10:18-20) Così i “cieli” satanici vecchi di epoche che han sovrastato la terrestre società umana saranno per sempre spazzati via, e i messianici “nuovi cieli” di Dio si estenderanno per la benedizione sopra la nuova terrestre società umana. Quale trionfale realizzazione avranno allora le parole dell’apostolo Pietro, il quale, dopo aver descritto la distruzione dei vecchi cieli e terra simbolici, incoraggia tutti i veri adoratori di Geova Dio, dicendo: “Secondo la sua promessa noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, e in questi dimorerà la giustizia”. — 2 Pietro 3:7-13; Rivelazione 20:11; 21:1; Isaia 65:17.
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Reso sacro il settimo “giorno” creativoL’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
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Capitolo XV
Reso sacro il settimo “giorno” creativo
1, 2. (a) Con la ferita del grande Serpente, perverrà l’“eterno proposito” di Dio al suo pieno adempimento? (b) Secondo il proposito di Dio chi doveva ricevere beneficio dalla ferita del Serpente?
PER IL bene sempiterno del genere umano, il trionfo lungamente atteso dell’“eterno proposito che [Dio] formò riguardo al Cristo, Gesù nostro Signore”, è vicino. Non è questo qualche cosa per cui vale la pena di vivere, qualche cosa da vedere e da cui ricevere beneficio con indicibile gioia? Il sopravvissuto rimanente dell’Israele spirituale e la “grande folla” dei conservi testimoni di Geova vedranno tale trionfo e ne riceveranno i benefici per un tempo che non avrà fine. Ma l’“eterno proposito” di Dio riguardo al “seme” della Sua “donna” celeste non sarà pervenuto allora al suo pieno adempimento. Dovrà conseguire ulteriori trionfi durante i mille anni assegnati al regno del Messia Gesù e ai 144.000 membri associati del “seme di Abraamo” e sino alla fine di tale periodo. (Rivelazione 20:4-6; Galati 3:8, 16, 29) In che modo?
2 Ebbene, fu “eterno proposito” di Dio che il genere umano, che era nato nel peccato e soggetto alla morte, ricevesse beneficio dalla ferita alla testa del grande Serpente. Secondo la promessa che Dio fece ad Abraamo, tutte le famiglie della terra e tutte le nazioni si dovrebbero benedire, procurandosi una benedizione eterna, per mezzo dello spirituale “seme” di Abraamo. (Genesi 12:3; 22:18) I mille anni del regno di Cristo concederanno il tempo per tale opera di benedizione.
3. Per la realizzazione di quale originale proposito di Dio dovrà esserci sulla terra un regno di mille anni, e da parte di chi?
3 Il Messia Gesù e i suoi glorificati 144.000 re e sottosacerdoti con lui associati avranno in mente l’originale proposito che Dio il Creatore si prefisse quando mise l’uomo nel Giardino di Eden sulla terra. Questo consisteva nel far fiorire tutta la terra come un globale Giardino di Eden. In origine fu inalterabile proposito di Dio far empire quest’intera terra paradisiaca di perfetti uomini e donne giusti, onde questi vi dimorassero per i secoli dei secoli in pacifica e amorevole relazione con il loro Padre celeste quali componenti della sua universale famiglia di cielo e terra, componenti della Sua organizzazione universale. Tutti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e tutte le creature viventi che si muovono sulla terra, domestiche e selvagge, sarebbero stati in sicura, innocua sottomissione a questa santa razza umana. (Genesi 1:26-31; Isaia 45:18; Salmo 115:16; 104:5) Per la realizzazione di ciò, l’originale proposito di Dio, il “seme” della celeste “donna” di Dio deve regnare mille anni. L’opera di compiere ciò fu assegnata al Messia Gesù, il quale, quando fu sulla terra, fu chiamato “il Figlio dell’uomo”. — Salmo 8:4-8; Ebrei 2:5-9.
4. Perché dopo la glorificazione del rimanente dell’Israele spirituale, quelli della sopravvissuta “grande folla” non saranno i soli uomini rimasti a occupare la terra?
4 Di conseguenza, dopo che il superstite rimanente dell’Israele spirituale avrà finito il suo corso sulla terra e sarà stato glorificato con il regnante Messia Gesù e tutti i suoi altri coeredi, la “grande folla” degli altri superstiti della “tribolazione” non saranno lasciati soli sulla terra purificata. Essi saranno troppo pochi per ‘empire la terra’. Inoltre, non furono i soli riscattati mediante il perfetto sacrificio umano del Signore Gesù Cristo; gli fu ferito “il calcagno” affinché “gustasse la morte per ogni uomo”; egli “diede se stesso quale riscatto corrispondente per tutti”. (Ebrei 2:9; 1 Timoteo 2:5, 6) La grande maggioranza di tali riscattati è ora morta nella comune tomba del genere umano. Come sarà permesso loro di ricevere il beneficio del riscatto del Messia? Mediante la promessa risurrezione dei morti. (Giobbe 14:13, 14; Isaia 26:19; Matteo 22:31, 32; Giovanni 5:28, 29; Atti 24:15; Rivelazione 20:12-14) Così alla sopravvissuta “grande folla” si uniranno quei miliardi di risuscitati, essendo tutti discendenti di quella originale coppia umana, Adamo ed Eva. Quale globale riunione familiare!
5. (a) Quale altro proposito di Dio c’era che Cristo e i suoi 144.000 avrebbero dovuto adempiere? (b) Come Dio si riposava nel suo settimo “giorno” creativo?
5 Ora c’è uno speciale proposito che il regnante Gesù Cristo e i suoi 144.000 coeredi devono adempiere. Quale? Quello di fare del settimo “giorno” creativo di Dio un giorno benedetto, un giorno sacro. Dopo che Dio creò Adamo ed Eva e diede loro il mandato di lavorare, ponendo dinanzi a loro lo scopo della loro vita nel Paradiso, il sesto “giorno” creativo di Dio finì e cominciò il settimo “giorno” creativo, circa seimila anni fa. Egli ordinò questo “giorno” creativo come un “giorno” di Sabato per Se stesso. In esso egli avrebbe desistito dalla terrestre opera creativa, riposandosi da tale opera non a causa di stanchezza, ma per farsi adorare dalla prima coppia umana e dai loro discendenti come loro solo vivente e vero Dio da servire, adempiendo il servizio che aveva loro assegnato. Sapeva che il suo proposito espresso a loro riguardo poteva essere adempiuto nel successivo periodo di settemila anni, il Suo “giorno” di Sabato.
“Dio benediceva il settimo giorno e lo rendeva sacro, perché in esso effettivamente egli si riposa da tutta la sua opera che Dio ha creata allo scopo di farla”. — Genesi 2:3.
6. (a) Come il settimo “giorno” creativo di Dio è stato profanato come Suo giorno di Sabato? (b) Ciò nondimeno, come Dio ne farà un “giorno” benedetto, sacro?
6 Subito dopo il figlio spirituale di Dio che fece di se stesso Satana il Diavolo profanava quel santo settimo “giorno” creativo di Geova Dio. Per seimila anni è stato permesso a lui e al suo “seme” di continuare a sforzarsi per farlo sembrare un “giorno” maledetto, non sacro, turbando il “riposo” di Dio, nel tentativo di fargli violare il “giorno” di Sabato che si è imposto. Ma invano! Durante i mille anni che il grande Serpente e il suo “seme” demonico sono nell’abisso, Geova Dio capovolgerà tutta la malvagità che tali profanatori del Sabato di Geova han compiuta sulla terra. Per mezzo del regno millenario del suo Figlio Gesù Cristo, Geova Dio eleverà la razza umana, che discese dalla prima originale coppia umana, riportandola alla perfezione e alla purezza umane, essendo stati distrutti soltanto i ribelli e disubbidienti della razza perché non avranno avuto rispetto per il grande “giorno” di Sabato di Geova Dio. (Rivelazione 20:14, 15) Sulla terra il Paradiso sarà restaurato ed esteso alla terra intera. Tutta la terra sarà piena di genere umano disceso dalla prima coppia umana, essendo allora tutta la terra soggiogata. — Genesi 1:28.
7. Quale preghiera insegnata da Gesù sarà così adempiuta, e come egli mostrerà quindi di riconoscere la sovranità universale di Geova?
7 Mediante l’adempimento dell’“eterno proposito che [Dio] formò riguardo al Cristo, Gesù nostro Signore”, il settimo “giorno” creativo di Dio finirà benedetto, sacro, santificato. Avendo Geova benedetto tale “giorno” seimila anni fa e avendolo quindi reso sacro, esso non sarà stato contrastato a Suo eterno biasimo. La preghiera messianica: “Venga il tuo regno. Si compia la tua volontà, come in cielo, anche sulla terra”, si sarà gloriosamente adempiuta. (Matteo 6:10) Essendo servito all’“eterno proposito” di Geova per il trionfo di tale proposito a onore di Dio, quindi Gesù Cristo ‘consegnerà il regno al suo Dio e Padre’, sottoponendosi così al Sovrano Universale, Geova l’Altissimo. (1 Corinti 15:24-28) Lealmente egli rivendica la sovranità universale di Geova.
GIUSTIFICATO L’UBBIDIENTE GENERE UMANO PER LA VITA ETERNA
8. In quale posizione sarà allora dinanzi a Dio il restaurato genere umano, e che cosa farà Egli prima di giustificare chiunque per la vita eterna?
8 Il ristabilito genere umano è ora per proprio conto, esattamente come lo furono gli innocenti Adamo ed Eva perfetti nel Giardino d’Eden quando Dio assegnò loro il sacro servizio che Gli dovevano rendere. Fra il ristabilito genere umano sulla terra paradisiaca, chi rimarrà leale all’universale sovranità e divinità dell’amorevole Creatore, Geova la Fonte di ogni vita? Chi sarà da Lui giustificato o dichiarato giusto perché viva in eterno sulla terra paradisiaca? Per mettere alla prova tutto il restaurato genere umano su questa vitale questione, Geova accetta il regno consegnato da Gesù Cristo e fa rilasciare dal loro abisso il grande Serpente e i suoi demoni. Egli lascia che questi non riformati ribelli spirituali cerchino di tentare e sviare di nuovo il genere umano.
9. (a) Che cosa accadrà ai ristabiliti uomini che cederanno all’inganno del Serpente e dei suoi demoni? (b) Come si compirà la parte finale dell’“eterno proposito” di Dio?
9 Geova non nega che alcuni del restaurato genere umano si faranno sviare da Satana e dai suoi demoni, proprio come fecero nel Giardino d’Eden i perfetti Adamo ed Eva. Egli permette di far questo a una folla non numerata. Quando la prova sarà stata permessa in piena misura e avrà diviso in maniera inalterabile il genere umano in quanto alla posizione assunta dagli individui rispetto alla sovranità universale e alla divinità, la distruzione si abbatterà dal cielo sui ribelli umani. Infine, verrà la volta d’esser distrutti per Satana il Diavolo, il grande profanatore del Sabato di Geova, e per il suo “seme” demonico. Senza dubbio questo sarà compiuto per mezzo del “seme” della celeste “donna” di Dio, poiché a tale “seme” fu dato l’incarico di ferire “la testa” del Serpente, conforme all’“eterno proposito” di Dio espresso nel Giardino d’Eden. (Genesi 3:15) Per Satana il Diavolo e per i suoi demoni non ci sarà nessun ritorno nell’abisso, ma la loro parte sarà la distruzione completa come con fuoco mischiato a zolfo. Non ci sarà nessuna temporanea ripresa da questo stadio finale dello schiacciamento della testa del grande Serpente. Non gli sarà concessa nessuna ulteriore opportunità d’agire come Tentatore. — Rivelazione 20:7-10.
10. Come saranno ricompensati quelli che si saranno mostrati leali alla sovranità e alla divinità di Geova?
10 Quale glorioso trionfo sarà questo per l’“eterno proposito che [Dio] formò riguardo al Cristo, Gesù nostro Signore”! Quelli del restaurato genere umano, che avranno dimostrato la loro immutabile determinazione di rendere servizio e ubbidienza a Geova quale Sovrano Universale e solo vivente e vero Dio, saranno da Lui dichiarati giusti. A questi giustificati egli conferirà in compenso il dono della vita eterna nell’imperituro Paradiso terrestre, lo sgabello dei piedi di Dio. (Isaia 66:1) Egli darà alla loro vita senza fine uno scopo sempre soddisfacente e stimolante, a Sua gloria mediante il Suo Cristo, Gesù nostro Signore. (Rivelazione 21:1-5) Alleluia! — Salmo 150:6.
11. Quale cosa eccellente abbiamo da fare riguardo a questo incomparabile proposito di Dio?
11 Ecco per il genere umano una prospettiva senza paragoni! È per quelli che ora mettono la loro vita in armonia con l’“eterno proposito” di Dio. Non potrebbe esserci nulla di più eccellente che fare del proposito di Dio il nostro proposito.
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