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AppendiceTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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Appendice
Geova: il suo incomparabile nome, la sua sovranità e Divinità
1A Il nome divino nelle Scritture Ebraiche
1B Cambiamenti relativi al nome divino fatti dagli scribi
1C Il nome divino in antiche versioni greche
1D Il nome divino nelle Scritture Greche Cristiane
1E “Sovrano Signore” — Ebr. ʼAdhonài
1F “Il [vero] Dio” — Ebr. haʼElohìm
1G “Il [vero] Dio” — Ebr. haʼÈl
1H “Il [vero] Signore” — Ebr. haʼAdhòhn
1J Titoli e termini descrittivi riferiti a Geova
Annotazioni degli scribi ebrei
2A Punti straordinari — Puncta extraordinaria
2B Emendamenti (correzioni) dei soferim — “Tiqqune soferim”
2C Cambiamenti relativi al nome divino fatti dagli scribi
Informazioni sulle lingue bibliche
3A Traslitterazione dell’ebraico e del greco
3B Prefissi e suffissi ebraici
3C Verbi ebraici che indicano azione continua o progressiva
Condizione dei vivi e dei morti
4A “Anima” — Creatura vivente, umana o animale; vita come persona intelligente; altri usi
4B “Sceol”, “Ades” — La comune tomba del genere umano
4C “Geenna” — Simbolo di completa distruzione
Spiegazione di alcuni soggetti scritturali
5A “Fornicazione” — Ogni specie di rapporto sessuale illecito
5B Presenza (Parusia) di Cristo
5D La liberazione per essere con Cristo
Geova e Gesù: due Persone distinte
6A Gesù — Uno simile a Dio; divino
6B ‘Tre che rendono testimonianza’
6C “Col sangue del suo proprio [Figlio]”
6E “Del grande Dio e del Salvatore nostro Cristo Gesù”
6F Gesù — In esistenza prima di Abraamo
Altre informazioni
7A I cobra reagiscono al suono
7B Domande che rivelano avversione o obiezione
7C Gesù risuscitato il giorno “dopo il sabato”
7D “Patto” secondo il suo antico significato ebraico
7E Le espressioni “Vecchio Testamento” e “Nuovo Testamento”
Tavole di conversione
8B I mesi del calendario biblico
Carte geografiche e piantine
9A Territorio delle TRIBÙ D’ISRAELE
9B CARTA PER GENESI — Area di Canaan
9C Il tabernacolo, con planimetria
9D Il tempio all’epoca di Salomone, con planimetria
9E Gerusalemme ai giorni di Salomone, con planimetria
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1A Il nome divino nelle Scritture EbraicheTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1A Il nome divino nelle Scritture Ebraiche
Ebr. יהוה (YHWH)
“Geova” (ebr. יהוה, YHWH), il nome personale di Dio, ricorre la prima volta in Ge 2:4. Il nome divino è un verbo: la forma causativa, all’imperfetto, del verbo ebraico הוה (hawàh, “divenire”). Perciò il nome divino significa “Egli fa divenire”. Geova si rivela così come Colui che, agendo progressivamente, adempie le promesse, Colui che realizza sempre i suoi propositi. Vedi nt. a Ge 2:4, “Geova”; App. 3C. Cfr. nt. a Eso 3:14.
L’azione più indegna che i traduttori moderni compiono nei confronti del divino Autore delle Sacre Scritture è quella di togliere o nascondere il suo caratteristico nome personale. In realtà il suo nome ricorre nel testo ebraico 6.828 volte nella forma יהוה (YHWH o JHVH), a cui in genere si fa riferimento come al Tetragramma (che letteralmente significa “di quattro lettere”). Usando il nome “Geova”, ci siamo strettamente attenuti ai testi nelle lingue originali e non abbiamo seguito la pratica di sostituire il nome divino, il Tetragramma, con titoli come “Signore”, “il Signore”, “Adonai” o “Dio”.
Oggi, a parte alcuni frammenti della primitiva Settanta greca in cui il nome sacro è conservato in ebraico, solo il testo ebraico ha ritenuto questo importantissimo nome nella sua forma originale di quattro lettere, יהוה (YHWH), la cui esatta pronuncia non è stata preservata. I testi attualmente in circolazione della Settanta greca (LXX), della Pescitta siriaca (Sy) e della Vulgata latina (Vg) sostituiscono l’incomparabile nome di Dio col semplice titolo “Signore”. — Vedi App. 1C.
Il codice di Leningrado B 19A, che si trova nell’URSS e il cui testo è stato usato per la Biblia Hebraica Stuttgartensia (BHS), vocalizza il Tetragramma in modo da leggere Yehwàh, Yehwìh e un certo numero di volte Yehowàh, come in Ge 3:14. L’edizione del testo ebraico di Ginsburg (Gins.) vocalizza YHWH in modo da leggere Yehowàh. Benché molti traduttori preferiscano la pronuncia “Yahweh”, la Traduzione del Nuovo Mondo continua a usare la forma “Geova” perché è conosciuta da secoli. — Vedi ad alla voce “Geova”.
La consuetudine invalsa fra gli ebrei di sostituire il nome divino con titoli fu seguita nelle copie posteriori della Settanta greca, nella Vulgata latina e in molte altre traduzioni, antiche e moderne. Perciò, A Greek-English Lexicon, di Liddell e Scott (LSJ), p. 1013, dichiara: “ὁ Κύριος, = ebr. Yahweh, Lxx Ge. 11.5, al.”. Inoltre, il Greek Lexicon of the Roman and Byzantine Periods, di E. A. Sophocles, Cambridge (USA) e Lipsia, 1914, p. 699, alla voce κύριος (Kỳrios) dice: “Signore, che sta per יהוה. Sett. passim [sparso qua e là in vari punti del testo]”. Oltre a ciò, il Dictionnaire de la Bible, di F. Vigouroux, Parigi, 1926, vol. 1, col. 223, dice che “i Settanta e la Vulgata hanno Κύριος e Dominus, ‘Signore’, dove l’originale ha Geova”. Anche Giuseppe Ricciotti, in una nota a Eso 3:14 nella versione da lui annotata (La Sacra Bibbia, Salani, 1955), afferma: “Il nome Jahvè è tradotto nella Vulgata con Dominus”. Riguardo al nome divino, A Compendious Syriac Dictionary, a cura di J. Payne Smith, Oxford, ristampa del 1979, p. 298, dice che Maryaʼ “nella Pescitta [siriaca] del V. T. rappresenta il Tetragramma”.
Una delle prime Bibbie in italiano ad usare il nome di Geova fu la traduzione di Antonio Brucioli. Nell’edizione stampata a Venezia nel 1551 egli usò in Eso 6:3 la forma “Ieova”. Commentando questo stesso versetto, il Brucioli aveva detto: “IEOVA è il sacratissimo nome di Iddio . . . intendendosi sempre pel Signore”. (Commento in tutti i Sacrosanti libri del Vecchio, & Nuovo Testamento, Venezia, 1546) In una revisione della versione del Brucioli, stampata dall’editore Francesco Durone nel 1562, il nome di Dio, nelle forme “Iehova” e “Iehovah”, ricorre decine di volte (es. Ge 28:13; Eso 6:2, 3, 6, 8, 29; Sl 83:18 83:19; Isa 45:5; Os 12:5; Am 5:8). In una nota a Ge 28:13 si legge: “Questo nome IEHOVA s’attribuisce solo e propriamente a Dio”. Invalse comunque fra i traduttori l’abitudine di usare il nome Geova in pochi versetti soltanto e di scrivere “Signore” o “Dio” nella maggior parte degli altri casi in cui nel testo ebraico ricorre il Tetragramma. Questa abitudine fu seguita dai traduttori della “Bibbia del re Giacomo” (inglese) del 1611, dove il nome di Geova ricorre solo quattro volte, cioè in Eso 6:3; Sl 83:18; Isa 12:2; 26:4.
Inoltre il Theological Wordbook of the Old Testament, vol. 1, Chicago (1980), p. 13, dice: “Per non correre il rischio di nominare il nome di Dio (YHWH) invano, giudei devoti cominciarono a sostituire il nome proprio stesso con la parola ʼădōnā(y). Pur lasciando nel testo le quattro consonanti originali, i masoreti vi aggiunsero le vocali ē (in luogo di ă per altre ragioni) e ā per ricordare al lettore di pronunciare ʼădōnā(y) senza tener conto delle consonanti. Questo si ripete più di seimila volte nella Bibbia Ebraica. La maggioranza delle traduzioni [in inglese] usano scrivere il titolo ‘SIGNORE’ in tutte maiuscole. Fanno eccezione l’ASV [American Standard Version] e la Traduzione del Nuovo Mondo che usano ‘Geova’, l’Amplified che usa ‘Signore’ e JB [La Bibbia di Gerusalemme, ed. inglese] che usa ‘Yahweh’. . . . Nei luoghi in cui ricorre ʼădōnā(y) yhwh, quest’ultima parola ha i punti vocalici di ʼēlōhim e così nacquero le versioni . . . come ‘Signore DIO’ (es. Amos 7:1)”.
IL NOME DIVINO NELLE SCRITTURE EBRAICHE (NM)
La frequenza stessa con cui questo nome ricorre dimostra quanto esso sia importante per l’autore della Bibbia, del quale è il nome. Il Tetragramma ricorre 6.828 volte nel testo ebraico (BHK e BHS). Lo conferma il Dizionario Teologico dell’Antico Testamento, di E. Jenni e C. Westermann, Marietti ed., Torino, 1978, vol. I, coll. 609, 610. La Traduzione del Nuovo Mondo rende il Tetragramma “Geova” tutte le volte che ricorre, fuorché in Gdc 19:18 (vedi la relativa nt.).
In base alle lezioni dei LXX, abbiamo ripristinato il Tetragramma in tre luoghi e lo abbiamo reso “Geova”, cioè in De 30:16; 2Sa 15:20 e 2Cr 3:1, dove in BHK le note in calce danno יהוה.
Secondo le note in calce di BHK e BHS, in Isa 34:16 e Zac 6:8 si dovrebbe leggere il nome divino invece del pronome di prima persona singolare ‘mio’. Abbiamo ripristinato il nome divino in questi due luoghi e lo abbiamo reso “Geova”.
Per una spiegazione degli altri 141 casi di ripristino del nome divino, vedi App. 1B.
Il nome “Geova” ricorre 6.973 volte nel testo delle Scritture Ebraiche della Traduzione del Nuovo Mondo, di cui tre in nomi composti (Ge 22:14; Eso 17:15; Gdc 6:24) e sei nelle soprascritte dei Salmi (7; 18 [3 volte]; 36; 102). Questi nove casi sono inclusi nelle 6.828 volte di BHK e BHS.
“Geova” nelle Scr. Ebr. della NM
6.827 YHWH reso “Geova”
146 Ulteriori ripristini
Totale 6.973 “Geova” (da Ge a Mal)
FORMA ABBREVIATA DEL NOME DIVINO
La forma abbreviata del nome divino, Yah (reso “Iah”), ricorre 50 volte nel testo masoretico. Segue un elenco dei luoghi in cui ricorre: Eso 15:2; 17:16; Sl 68:4, 18; 77:11; 89:8; 94:7, 12; 102:18; 104:35; 105:45; 106:1, 48; 111:1; 112:1; 113:1, 9; 115:17, 18, 18; 116:19; 117:2; 118:5, 5, 14, 17, 18, 19; 122:4; 130:3; 135:1, 3, 4, 21; 146:1, 10; 147:1, 20; 148:1, 14; 149:1, 9; 150:1, 6, 6; Ca 8:6; Isa 12:2; 26:4; 38:11, 11.
Per una trattazione dei 237 casi in cui il nome “Geova” è usato nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane, vedi App. 1D.
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1B Cambiamenti relativi al nome divino fatti dagli scribiTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1B Cambiamenti relativi al nome divino fatti dagli scribi
I 134 cambiamenti
In 134 luoghi i soferim (scribi) ebrei cambiarono il testo ebraico originale da YHWH in ʼAdhonài. Gins.Mas, vol. IV, p. 28, § 115, dice: “Abbiamo visto che in molti di questi centotrentaquattro casi in cui il testo oggi accettato legge Adonaī conforme a questa masora, alcuni dei migliori MSS. ed edizioni antiche hanno il Tetragramma, e ci si chiede come si sia pervenuti a questa variazione. La spiegazione non è da cercare lontano. Da tempo immemorabile i canoni giudaici decretavano che il nome ineffabile si dovesse leggere Adonaī, come se fosse scritto אדני [ʼAdhonài] anziché יהוה [YHWH]. Nulla era dunque più naturale per i copisti che sostituire il Tetragramma che era loro proibito pronunciare con l’espressione che ne indicava la pronuncia”.
Segue un elenco di questi 134 luoghi, secondo Gins.Mas, vol. I, pp. 25, 26, § 115:
Ge 18:3, 27, 30, 31, 32; 19:18; 20:4; Eso 4:10, 13; 5:22; 15:17; 34:9, 9; Nu 14:17; Gsè 7:8; Gdc 6:15; 13:8; 1Re 3:10, 15; 22:6; 2Re 7:6; 19:23; Esd 10:3; Ne 1:11; 4:14; Gb 28:28; Sl 2:4; 16:2; 22:30; 30:8; 35:17, 22, 23; 37:13; 38:9, 15, 22; 39:7; 40:17; 44:23; 51:15; 54:4; 55:9; 57:9; 59:11; 62:12; 66:18; 68:11, 17, 19, 22, 26, 32; 73:20; 77:2, 7; 78:65; 79:12; 86:3, 4, 5, 8, 9, 12, 15; 89:49, 50; 90:1, 17; 110:5; 130:2, 3, 6; Isa 3:17, 18; 4:4; 6:1, 8, 11; 7:14, 20; 8:7; 9:8, 17; 10:12; 11:11; 21:6, 8, 16; 28:2; 29:13; 30:20; 37:24; 38:14, 16; 49:14; La 1:14, 15, 15; 2:1, 2, 5, 7, 18, 19, 20; 3:31, 36, 37, 58; Ez 18:25, 29; 21:9; 33:17, 20; Da 1:2; 9:3, 4, 7, 9, 15, 16, 17, 19, 19, 19; Am 5:16; 7:7, 8; 9:1; Mic 1:2; Zac 9:4; Mal 1:12, 14.
Abbiamo ripristinato la lezione originale in 133 luoghi e l’abbiamo resa “Geova”. L’unica eccezione è Sl 68:26, dove BHK e BHS hanno già il Tetragramma. — Vedi nt. a Sl 68:26, “Geova”.
Altri otto cambiamenti
Secondo Gins.Int, pp. 368, 369, in alcuni casi i soferim ebrei sostituirono il Tetragramma con ʼElohìm. Noi abbiamo ripristinato la lezione originale in otto luoghi, cioè in Sl 14:1, 2, 5; 53:1, 2, 4, 5, 6, rendendola “Geova”.
Abbiamo così ripristinato il Tetragramma nei suddetti 141 luoghi e lo abbiamo reso “Geova”.
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1C Il nome divino in antiche versioni grecheTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1C Il nome divino in antiche versioni greche
Negli scorsi decenni sono stati rinvenuti molti frammenti di antiche versioni greche delle Scritture Ebraiche nei quali è stato trovato il nome divino, scritto di solito in lettere ebraiche. Questo indica che il nome divino fu usato nelle versioni greche fin dopo l’inizio del IX secolo E.V. Presentiamo di seguito dieci manoscritti che contengono il nome divino, insieme con informazioni pertinenti.
(1) LXXP. Fouad Inv. 266 rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici quadrati nei seguenti luoghi: De 18:5, 5, 7, 15, 16; 19:8, 14; 20:4, 13, 18; 21:1, 8; 23:5; 24:4, 9; 25:15, 16; De 26:2, 7, 8, 14; 27:2, 3, 7, 10, 15; 28:1, 1, 7, 8, 9, 13, 61, 62, 64, 65; 29:4, 10, 20, 29; 30:9, 20; 31:3, 26, 27, 29; 32:3, 6, 19. Perciò in questa collezione il Tetragramma ricorre 49 volte in luoghi identificati di Deuteronomio. Inoltre, in questa collezione il Tetragramma ricorre tre volte in frammenti non identificati, cioè nei frammenti 116, 117 e 123. Questo papiro, trovato in Egitto, fu datato al I secolo a.E.V.
Nel 1944 fu pubblicato un frammento di questo papiro da W. G. Waddell in JTS, vol. 45, pp. 158-161. Nel 1948, al Cairo, in Egitto, due missionari della Scuola di Galaad della Watch Tower Bible and Tract Society ottennero fotografie di 18 frammenti di questo papiro e il permesso di pubblicarle. In seguito, 12 di questi frammenti furono pubblicati nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane, 1950, ed. inglese, pp. 13, 14. Sulla base delle fotografie di questa pubblicazione, furono fatti i tre studi che seguono: (1) A. Vaccari, “Papiro Fuad, Inv. 266. Analisi critica dei Frammenti pubblicati in: ‘New World Translation of the Christian Greek Scriptures’ [Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane]. Brooklyn (N. Y.) 1950 p. 13s.”, pubblicato in Studia Patristica, vol. I, parte I, a cura di Kurt Aland e F. L. Cross, Berlino, 1957, pp. 339-342; (2) W. Baars, “Papiro Fouad Inv. N. 266”, pubblicato nel Nederlands Theologisch Tijdschrift, vol. XIII, Wageningen, 1959, pp. 442-446; (3) George Howard, “The Oldest Greek Text of Deuteronomy”, pubblicato nell’Hebrew Union College Annual, vol. XLII, Cincinnati, 1971, pp. 125-131.
Commentando questo papiro, Paul Kahle scrisse in Studia Evangelica, a cura di Kurt Aland, F. L. Cross, Jean Danielou, Harald Riesenfeld e W. C. van Unnik, Berlino, 1959, p. 614: “Altre parti dello stesso papiro sono state riprodotte da una fotografia del papiro appartenente alla Watch Tower Bible and Tract Society e che compare nell’introduzione di una traduzione inglese del Nuovo Testamento, Brooklyn, New York, 1950. Una caratteristica del papiro è il fatto che il nome di Dio è reso col Tetragramma in lettere ebraiche quadrate. Un esame dei frammenti del papiro pubblicati, intrapreso su mia richiesta da padre Vaccari, lo ha portato alla conclusione che il papiro, che dovette essere scritto circa 400 anni prima del Codice B, contiene forse il più perfetto testo di Deuteronomio dei Settanta che ci sia pervenuto”.
Un totale di 117 frammenti di LXXP. Fouad Inv. 266 furono pubblicati in Études de Papyrologie, vol. 9, Il Cairo, 1971, pp. 81-150, 227, 228. Un’edizione fotografica di tutti i frammenti di questo papiro fu pubblicata da Zaki Aly e Ludwig Koenen col titolo Three Rolls of the Early Septuagint: Genesis and Deuteronomy, nella serie “Papyrologische Texte und Abhandlungen”, vol. 27, Bonn, 1980.
(2) LXXVTS 10a rende il nome divino col tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi nei seguenti luoghi: Gna 4:2; Mic 1:1, 3; 4:4, 5, 7; 5:4, 4; Aba 2:14, 16, 20; 3:9; Sof 1:3, 14; 2:10; Zac 1:3, 3, 4; 3:5, 6, 7. Questo rotolo di pelle, trovato in una caverna del deserto della Giudea presso Naḥal Ḥever, è stato datato alla fine del I secolo E.V. I frammenti di questo rotolo furono pubblicati in Supplements to Vetus Testamentum, vol. X, Leida, 1963, pp. 170-178.
(3) LXXIEJ 12 rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi in Gna 3:3. Questo frammento di pergamena, trovato in una caverna del deserto della Giudea presso Naḥal Ḥever, è stato datato alla fine del I secolo E.V. Fu pubblicato nell’Israel Exploration Journal, vol. 12, 1962, p. 203.
(4) LXXVTS 10b rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi nei seguenti luoghi: Zac 8:20; 9:1, 1, 4. Questo rotolo di pergamena, trovato in una caverna del deserto della Giudea presso Naḥal Ḥever, è stato datato alla metà del I secolo E.V. Fu pubblicato in Supplements to Vetus Testamentum, vol. X, 1963, p. 178.
(5) 4Q LXX Levb rende il nome divino in lettere greche (IAO) in Le 3:12; 4:27. Questo manoscritto papiraceo, trovato nella Caverna n. 4 di Qumran, è stato datato al I secolo a.E.V. Un resoconto preliminare su questo manoscritto fu presentato in Supplements to Vetus Testamentum, vol. IV, 1957, p. 157.
(6) LXXP. Oxy. VII.1007 rende il nome divino con una doppia yohdh in Ge 2:8, 18. Questo foglio di pergamena, datato al III secolo E.V., fu pubblicato in The Oxyrhynchus Papyri, parte VII, con traduzioni e note a cura di Arthur S. Hunt, Londra, 1910, pp. 1, 2.
(7) AqBurkitt rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi nei seguenti luoghi: 1Re 20:13, 13, 14; 2Re 23:12, 16, 21, 23, 25, 26, 27. Questi frammenti del testo greco della versione di Aquila furono pubblicati da F. Crawford Burkitt nella sua opera Fragments of the Books of Kings According to the Translation of Aquila, Cambridge, 1898, pp. 3-8. Questi frammenti di palinsesto dei libri dei Re furono trovati nella genizah della sinagoga del Cairo, in Egitto. Sono stati datati alla fine del V secolo o al principio del VI secolo E.V.
(8) AqTaylor rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi nei seguenti luoghi: Sl 91:2, 9; 92:1, 4, 5, 8, 9; 96:7, 7, 8, 9, 10, 13; 97:1, 5, 9, 10, 12; 102:15, 16, 19, 21; 103:1, 2, 6, 8. Questi frammenti del testo greco della versione di Aquila furono pubblicati da C. Taylor nella sua opera Hebrew-Greek Cairo Genizah Palimpsests, Cambridge, 1900, pp. 54-65. Sono stati datati alla seconda metà del V secolo E.V. o al massimo al principio del VI secolo E.V.
(9) SymP. Vindob. G. 39777 rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici arcaici nei seguenti luoghi: Sl 69:13, 30, 31. Questo frammento (di cui vedete sotto una riproduzione) di un rotolo di pergamena con parte del Sl 69 nella versione di Simmaco (Sl 68 nei LXX), conservato nella Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, è stato datato al III o IV secolo E.V. Fu pubblicato dal dott. Carl Wessely in Studien zur Palaeographie und Papyruskunde, vol. XI, Lipsia, 1911, p. 171.
(10) L’Ambrosiano O 39 sup. rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici quadrati in tutt’e cinque le colonne nei seguenti luoghi: Sl 18:30, 31, 41, 46; 28:6, 7, 8; 29:1, 1, 2, 2, 3, 3; 30:1, 2, 4, 7, 8, 10, 10, 12; 31:1, 5, 6, 9, 21, 23, 23, 24; 32:10, 11; 35:1, 22, 24, 27; 36:sopr, 5; 46:7, 8, 11; 89:49 (nelle colonne 1, 2 e 4), 51, 52. Questo codice, datato alla fine del IX secolo E.V., ha cinque colonne. La prima contiene una traslitterazione del testo ebraico in greco, la seconda la versione greca di Aquila, la terza la versione greca di Simmaco, la quarta quella dei LXX e la quinta la versione greca Quinta. Un’edizione in facsimile di questo palinsesto, insieme con una trascrizione del testo, a cura di Giovanni Mercati, fu pubblicata a Roma nel 1958 col titolo Psalterii Hexapli reliquiae . . . Pars prima. Codex rescriptus Bybliothecae Ambrosianae O 39 sup. phototypice expressus et transcriptus.
Questi dieci frammenti di manoscritti indicano che i traduttori del testo ebraico in greco usarono il nome divino dove esso ricorreva nel testo ebraico. Inoltre, il fatto che il Tetragramma compaia in Zac 9:4 avvalora la tesi secondo cui i soferim ebrei sostituirono il Tetragramma con ʼAdhonài (Sovrano Signore) in 134 luoghi del testo ebraico. — Vedi App. 1B.
[Illustrazioni a pagina 1565]
LXXP. Fouad Inv. 266, del I secolo a.E.V., conserva il nome divino (יהוה) nella traduzione greca di De 32:3, 6.
Il Codice Alessandrino (A), del V secolo E.V., sostituisce il nome divino (יהוה) con abbreviazioni di Kỳrios nella traduzione greca di De 32:3, 6.
Il Codice di Aleppo (Al), del X secolo E.V., in ebraico, conserva il nome divino (יהוה) che compariva nel testo ebraico antico di De 32:3, 6.a
a Da The Aleppo Codex, a cura di Moshe H. Goshen-Gottstein (Magnes Press, Gerusalemme, 1976). Copyright © Hebrew University Bible Project, riprodotto col loro permesso.
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1D Il nome divino nelle Scritture Greche CristianeTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1D Il nome divino nelle Scritture Greche Cristiane
“Geova”. Ebr. יהוה (YHWH o JHVH)
Dalle App. 1A e 1C si comprende chiaramente che il Tetragramma in caratteri ebraici (יהוה) fu usato sia nel testo ebraico che in quello greco dei Settanta. Perciò, sia che Gesù e i suoi discepoli leggessero le Scritture in ebraico o in greco, avrebbero incontrato il nome divino. Quando nella sinagoga di Nazaret Gesù si alzò e, ricevuto il libro di Isaia, lesse Isaia 61:1, 2 dove c’è il Tetragramma, pronunciò il nome divino. Questo era in armonia con la sua determinazione di far conoscere il nome di Geova, come si può notare dalla preghiera che rivolse al Padre suo: “Ho reso manifesto il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. . . . ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere”. — Gv 17:6, 26.
C’è la prova che i discepoli di Gesù usarono il Tetragramma nei loro scritti. Nella sua opera De viris inlustribus (Sugli uomini illustri), capitolo III, Girolamo, nel IV secolo, scrisse quanto segue: “Matteo, che è anche Levi, e che da pubblicano divenne apostolo, per primo compose un Vangelo di Cristo in Giudea nella lingua e nei caratteri ebraici, a beneficio di quelli della circoncisione che avevano creduto. Non si sa con sufficiente certezza chi l’abbia poi tradotto in greco. Inoltre l’ebraico stesso è conservato fino a questo giorno nella biblioteca di Cesarea, che il martire Panfilo collezionò così diligentemente. Mi è stato anche permesso dai nazareni che usano questo volume nella città sira di Berea di copiarlo”. (Dal testo latino a cura di E. C. Richardson, pubblicato nella serie “Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur”, vol. 14, Lipsia, 1896, pp. 8, 9.).
Matteo fece di più di cento citazioni dalle ispirate Scritture Ebraiche. Dove queste citazioni includevano il nome divino sarebbe stato obbligato a includere fedelmente il Tetragramma nel suo Vangelo in ebraico. Quando il Vangelo fu tradotto in greco, il Tetragramma fu lasciato non tradotto secondo la consuetudine di quel tempo.
Non solo Matteo, ma tutti gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane citarono versetti dal testo ebraico o dai Settanta dove compare il nome divino. Per esempio, nel discorso di Pietro in At 3:22 viene fatta una citazione di De 18:15 dove il Tetragramma compare in un frammento papiraceo dei Settanta datato al I secolo a.E.V. [Vedi App. 1C (1)]. Come seguace di Cristo, Pietro usò il nome di Dio, Geova. Quando il discorso di Pietro fu messo per iscritto, qui fu usato il Tetragramma secondo la consuetudine del I secolo a.E.V. e del I secolo E.V.
In qualche tempo durante il II o il III secolo E.V. gli scribi tolsero il Tetragramma sia dai Settanta che dalle Scritture Greche Cristiane e lo sostituirono con Kỳrios, “Signore” o Theòs, “Dio”.
Circa l’uso del Tetragramma nelle Scritture Greche Cristiane, ecco ciò che scrive George Howard, dell’Università della Georgia, nel Journal of Biblical Literature, vol. 96, 1977, p. 63: “Recenti scoperte in Egitto e nel deserto della Giudea ci consentono di vedere con i nostri occhi l’uso del nome di Dio nei tempi precristiani. Queste scoperte sono significative per gli studi nel NT [Nuovo Testamento] in quanto costituiscono un’analogia letteraria con i più antichi documenti cristiani e possono spiegare in che modo gli autori del NT usarono il nome divino. Nelle pagine che seguono esporremo una teoria secondo cui il nome divino, יהוה (e possibili sue abbreviazioni), fu scritto in origine nel NT nelle citazioni e nelle parafrasi del VT [Vecchio Testamento] e secondo cui nel corso del tempo fu sostituito principalmente col surrogato κς [abbreviazione di Kỳrios, “Signore”]. Questa eliminazione del Tetragramma, a nostro avviso, creò una confusione nella mente dei primi cristiani gentili riguardo alla relazione fra il ‘Signore Dio’ e il ‘Signore Cristo’ che si riflette nella tradizione dei mss. del testo stesso del NT”.
Siamo d’accordo con quanto sopra, con una sola eccezione: non la consideriamo una “teoria”, bensì un’esposizione dei fatti storici su come furono trasmessi i manoscritti della Bibbia.
RIPRISTINO DEL NOME DIVINO
Nel corso dei secoli sono state fatte molte traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane o di parti d’esse. Tali traduzioni, contrassegnate in quest’opera dalla lettera “J” seguita da un esponente numerico, hanno ripristinato in vari luoghi il nome divino nelle ispirate Scritture Greche Cristiane. Hanno ripristinato il nome divino non solo nelle citazioni dalle Scritture Ebraiche, ma anche in altri luoghi dove i brani richiedevano tale ripristino.
Per sapere dove il nome divino fu sostituito con le parole greche Κύριος e Θεός, abbiamo determinato dove gli scrittori cristiani ispirati citarono versetti, passi ed espressioni delle Scritture Ebraiche e quindi abbiamo consultato il testo ebraico per appurare se vi compare il nome divino. In questo modo abbiamo determinato quale identità dare a Kỳrios e Theòs e quale personalità attribuire loro.
Per non oltrepassare i limiti del traduttore sconfinando nel campo dell’esegesi, abbiamo cercato di essere estremamente cauti nel rendere il nome divino esaminando sempre attentamente le Scritture Ebraiche come base. A conferma della nostra versione abbiamo cercato sostegno nelle molte versioni ebraiche che abbiamo consultato. È interessante notare che per ognuno dei 237 luoghi in cui il nome Geova è stato ripristinato nella nostra traduzione, abbiamo il sostegno di una o più di tali versioni ebraiche.
Segue un elenco dei 237 luoghi dove il nome “Geova” ricorre nel testo principale della Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane. A sostegno sono citate varie fonti, elencate con i rispettivi simboli. Per una spiegazione dei simboli (i riferimenti “J”), vedi l’Introduzione, sotto “Simboli testuali”.
L’elenco seguente indica anche la parola greca che si trova in questi luoghi nel testo greco di Westcott e Hort. Kỳrios, “Signore”, e le sue varie forme sono indicati da Ky, mentre Theòs, “Dio”, e le sue varie forme sono indicati da Th. Un asterisco (*) che precede l’uno o l’altro di questi simboli indica che la parola greca è accompagnata nel testo greco dall’articolo determinativo. Un più (+) dopo il riferimento al versetto indica che ci sono ulteriori informazioni in una nota in calce a quel versetto.
MATTEO
1:20+ Ky; J3,4,7-14,16-18,22-24,28
1:22 Ky; J1-4,7-14,16-18,22-24,26,28
1:24 Ky; J1-4,7-14,16-18,22-24,28
2:13 Ky; J1-4,6-14,16-18,22-24,28
2:15 Ky; J1,3,4,6-14,16-18,22-24,28
2:19 Ky; J1-4,6-14,16-18,22-24,28
3:3 Ky; J1-4,7-14,16-18,20,22-24,26,28
4:4 Th; J1-14,17,18,20,22,23
4:7 Ky; J1-14,16-18,20,22-24,28
4:10 Ky; J1-14,16-18,20,22-24,28
5:33 *Ky; J1-4,7-14,16-18,22,23,28
21:9 Ky; J1-14,16-18,20-24,28
21:42 Ky; J1-4,7-14,16-18,20-24,28
22:37 Ky; J1-14,16-18,20-24,28
22:44 Ky; J1,3-14,16-18,20-24,28
23:39 Ky; J1-14,16-18,21-24,28
27:10 Ky; J1,3,4,7-14,16,17,22-24,28
28:2 Ky; J1-4,7-13,16-18,22-24,28
MARCO
1:3 Ky; J7-14,16-18,22-24,28
5:19 *Ky; J7-10,17,18,22,28
11:9 Ky; J7,8,10-14,16-18,21-24,28
12:11 Ky; J7-14,16-18,21-24,28
12:29 Ky; J7-14, 16-18,20-24,27,28
12:29 Ky; J7-14,16-18,20-24,28
12:30 Ky; J7-14,16-18,21-24,28
12:36 Ky; J7-14,16-18,21-24,28
13:20 Ky; J7,8,10,13,16-18,22-24,28
LUCA
1:6 *Ky; J7-17,23,28
1:9 *Ky; J7-18,22,23,28
1:11 Ky; J7-13,16-18,22-24,28
1:15 Ky; J7,8,10-18,22,23,28
1:16 Ky; J7-18,22-24,28
1:17 Ky; J7-18,22-24,28
1:25 Ky; J7-18,22,23,28
1:28 *Ky; J5,7-18,22,23
1:32 Ky; J5-18,22-24,28
1:38 Ky; J5,7-18,22-24,28
1:45 Ky; J5-18,22-24,28
1:46 *Ky; J5-18,22,23,28
1:58 Ky; J5-18,22-24
1:66 Ky; J5-18,22-24,28
1:68 Ky; J5-18,22-24,28
1:76 Ky; J5-18,22-24,28
2:9 Ky; J5,7-13,16,17,22-24
2:9 Ky; J5,7,8,10-18,22-24,28
2:15 *Ky; J5,7,8,10-18,22,23,28
2:22 *Ky; J5-18,22,23,28
2:23 Ky; J5-18,22-24,28
2:23 *Ky; J5-18,22,23,28
2:24 Ky; J5-18,22-24,28
2:26 Ky; J5-18,22-24,28
2:39 Ky; J5-18,22-24,28
3:4 Ky; J7-15,17,18,22-24,28
4:8 Ky; J7-18,22-24,28
4:12 Ky; J7-18,22-24,28
4:18 Ky; J7-15,20,23,24
4:19 Ky; J7-18,20,22-24,28
5:17 Ky; J7-18,22-24,28
10:27 Ky; J5-18,21-24,28
13:35 Ky; J7-18,21-24,28
19:38 Ky; J7-18,21-24,28
20:37 Ky; J9,11-18,21-24,27,28
20:42 Ky; J7-18,21-24,28
GIOVANNI
1:23 Ky; J5-14,16-19,22-24,28
6:45 Th; J7,8,10,14,17,19,20,22,23
12:13 Ky; J7-14,16-19,21-24,28
12:38 Ky; J12-14,16-18,22,23
12:38 Ky; J7-14,16-20,22-24,28
ATTI
1:24 Ky; J7,8,10,22,23
2:20 Ky; J7,8,10-18,20,22-24,28
2:21 Ky; J7,8,10-18,20,22-24,28
2:25 *Ky; J7,8,10-18,20,22,23,28
2:34 Ky; J7,8,10-18,21-24,28
2:39 Ky; J7,8,10,17,18,22-24
2:47 *Ky; J7,8,10
3:19 *Ky; J13-18,22,23,28
3:22+ Ky; J7,8,10-18,20,22-24,28
4:26 *Ky; J7,8,10-18,20,22,23,28
4:29 Ky; J7,8,10
5:9 Ky; J7,8,10,13,15-18,22-24
5:19 Ky; J7,8,10,13,15-18,22-24,28
7:31 Ky; J11-18,22-24,28
7:33 *Ky; J11-18,22,23,28
7:49 Ky; J11-18,20,22-24,28
7:60 Ky; J17,18,22,23
8:22+ *Ky; J18,22,23
8:24+ *Ky; J7,8,10,13,15-18,22,23
8:25+ *Ky; J7,8,10,17,18
8:26 Ky; J7,8,10,13,15-18,22-24,28
8:39 Ky; J13,15-18,22-24,28
9:31 *Ky; J7,8,10,13,15,16,18,22
10:33+ *Ky; J17,18,23
11:21 Ky; J7,8,10,13,15-18,22,23,28
12:7 Ky; J7,8,10,13,15-18,22-24,28
12:11 *Ky; J7,8,10,13,15,16,18,23,28
12:17 *Ky; J7,8,10,28
12:23 Ky; J7,8,10,13,15-18,22-24,28
12:24+ *Ky; J7,8,10,23
13:2 *Ky; J7,8,10,13,15-18,22,23
13:10 *Ky; J7,8,10,13,15-18,22,23,28
13:11 Ky; J7,8,10,15-18,22-24,28
13:12 *Ky; J7,8,10
13:44+ *Th; J17,22
13:47 *Ky; J7,8,10,22,23
13:48+ *Th; J7,8,10,13,15-17,22,23
13:49 *Ky; J7,8,10,13,15-18,22,23,28
14:3 *Ky; J7,8,10,15-18,23
14:23 *Ky; J7,8,10,13,15,16
15:17 *Ky; J11-18,22,23,28
15:17 Ky; J7,8,10-18,20,22-24,28
15:35+ *Ky; J17,18,22,23
15:36+ *Ky; J7,8,10,17,18,22,23
15:40+ *Ky; J17,18,22
16:14 *Ky; J7,8,10,17,18,23
16:15+ *Ky; J7,8,10
16:32+ *Th; J7,8,10,17,18,22,23,28
18:21 *Th; J17
18:25 *Ky; J7,8,10,13,15,16,24
19:20+ *Ky; J7,8,10,13,15-18,23
21:14 *Ky; J7,8,10,17,18,23
ROMANI
4:3 *Th; J7,8,10,17,20,22
4:8 Ky; J7,8,10-18,20, 22-25
9:28 Ky; J7,8,10,13,16,20,25
9:29 Ky; J7,8,10-18,20,22-24,28
10:13 Ky; J7,8,10,13,18,22-24,28
10:16 Ky; J7,8,10,13,18,23
11:3 Ky; J7,8,10-18,23,25
11:34 Ky; J7,8,10,13-18,20,22-25,28
12:11 *Ky; J7,8,10,13,16,18
12:19 Ky; J7,8,10-18,22-24
14:4+ *Ky; J18,23
14:6 Ky; J7,8,10,13,16,18,22,24
14:6 Ky; J7,8,10,13,16,18,22,24
14:6 Ky; J7,8,10,13,16,22,24
14:8 *Ky; J7,8,10,13-16,18
14:8 *Ky; J7,8,10,13-16,18
14:8 *Ky; J7,8,10,13-16,18
14:11 Ky; J7,8,10-18,22-25,28
15:11 *Ky; J7,8,10-18,20,22,23,25,28
1 CORINTI
1:31 Ky; J7,8,10-14,16-18,22-24,28
2:16 Ky; J13,14,16-18,22-24,28
3:20 Ky; J7,8,10-14,16-18,20,22-24,28
4:4 Ky; J7,8,10,17,18,23,24,28
4:19 *Ky; J7,8,10,22,23,28
7:17+ *Ky; J28
10:9+ *Ky; J18,22,23
10:21 Ky; J7,8,10,24
10:21 Ky; J7,8,10,24
10:22 *Ky; J7,8,10,14
10:26 *Ky; J7,8,10,11,13,14,16-18,20,22,23,28
11:32 *Ky; J13,16,18
14:21 Ky; J7,8,10-14,16-18,22-24,28
16:7 *Ky; J7,8,10,13,14,16-18,22,23
16:10 Ky; J7,8,10,13,14,16-18,24,28
2 CORINTI
3:16 Ky; J7,8,13,14,16,22,24,28
3:17 *Ky; J7,8,13,14,16,28
3:17 Ky; J7,8,13,14,16,22,24,28
3:18 Ky; J7,8,13,14,16,22,24,28
3:18 Ky; J7,8,13,14,16,22,24,28
6:17 Ky; J7,8,11-14,16-18,22-24,28
6:18 Ky; J7,8,11-14,16-18,22-24,28
8:21+ Ky; J7,8,24
10:17 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
10:18 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23,28
GALATI
3:6 *Th; J7,8
EFESINI
2:21 Ky; J7,8,13,16-18,22-24,28
5:17+ *Ky; J7,8,
5:19 *Ky; J7,8,13,16,23,28
6:4 Ky; J7,8,22,24
6:7 *Ky; J7,8,
6:8 Ky; J22,24
COLOSSESI
1:10+ *Ky; J7,8
3:13+ *Ky; J23
3:16+ *Th; J7,8,13,14,16,17
3:22+ *Ky; J18,22,28
3:23 *Ky; J7,8,17,18,22,23
3:24 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24
1 TESSALONICESI
1:8+ *Ky; J7,8,17,18,22,23
4:6 Ky; J7,8,17,18,22-24
4:15 Ky; J7,8,17,18,24
5:2 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24
2 TESSALONICESI
2:2 *Ky; J18,22,23
2:13+ Ky; J13,16,24
3:1 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23
2 TIMOTEO
1:18 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24
2:19 Ky; J7,8,13,14,16-18,20,22-24,28
2:19 Ky; J18,22-24,28
4:14 *Ky; J7,8,13,16-18,22,23
EBREI
2:13 *Th; J3,7,8,17,20,22
7:21 Ky; J3,7,8,11-18,20,22-24,28
8:2 *Ky; J7,8,13-16,18,22,23
8:8 Ky; J3,7,8,11-18,20,22-24,28
8:9 Ky; J3,7,8,11-18,20,22-24,28
8:10 Ky; J3,7,8,11-18,20,22,24,28
8:11 *Ky; J3,7,8,11-18,20,22,23,28
10:16 Ky; J3,7,8,11-18,22-24,28
10:30 Ky; J3,7,8,11-18,20,22-24,28
12:5 Ky; J7,8,11-18,20,22-24,28
12:6 Ky; J3,7,8,11-18,20,22-24,28
13:6 Ky; J3,7,8,11-18,20,22-24
GIACOMO
1:7 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23,28
1:12+ J7,8,13,16,17
2:23 *Th; J14,17,20,22
2:23 Th; J17
3:9+ *Ky; J18,23,28
4:10 Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23,28
4:15 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23,28
5:4 Ky; J7,8,11-14,16-18,22-24,28
5:10 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
5:11 Ky; J7,8,13,14,16,18,22-24,28
5:11 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
5:14 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22
5:15 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23
1 PIETRO
1:25+ Ky; J7,8,13,14,16-18,20,22,23
3:12 Ky; J7,8,11-14,16-18,20,22-24,28
3:12 Ky; J7,8,11-14,16-18,20,22,24,28
2 PIETRO
2:9 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
2:11+ Ky; J7,8,13,16-18,22-24
3:8 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
3:9 Ky; J7,8,13,16-18,22-24,28
3:10 Ky; J7,8,13,16-18,22-24,28
3:12+ *Th; J7,8,17
GIUDA
5+ Ky; J7,8,11-14,16-18,22,23
9+ Ky; J7,8,11-14,16-18,22-24,28
14 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
RIVELAZIONE
1:8 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
4:8 Ky; J7,8,11-14,16-18,22,24,28
4:11 *Ky; J7,8,13,14,16,18,28
11:17 Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23,28
15:3 Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23,28
15:4 Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23,28
16:7 Ky; J13,14,16-18,22,23,28
18:8+ Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
19:6 Ky; J7,8,13,14,16-18,22-24,28
21:22 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22,23,28
22:5 Ky; J7,8,11-14,16-18,22-24,28
22:6 *Ky; J7,8,13,14,16-18,22,24,28
Segue un elenco dei 72 luoghi dove il nome “Geova” non ricorre nel testo principale della Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane, ma solo nelle note in calce.
Mt 22:32; Mr 11:10; Lu 1:2; 2:11, 29, 38; 4:4, 18; Gv 5:4; At 2:30; 7:30, 37; 10:22; 13:43, 50; 14:25; 19:23; 20:25; 22:17; 26:7; Ro 7:6; 10:17; 11:8; 1Co 7:17; 10:28; 11:23; Gal 2:6; 3:20; 5:10, 12; Flp 4:1, 4, 5, 10, 18; Col 3:15; 1Ts 4:9, 16, 17, 17; 5:27; 1Tm 2:2, 10; 3:16; 4:7, 8; 5:4, 8; 6:2, 3, 6, 11; 2Tm 1:16, 18; 2:14, 22, 24; Tit 2:12; Eb 4:3; 9:20; 10:30; 1Pt 2:13; 3:1, 15; 5:3; 2Pt 1:3; 2Gv 11; Ri 11:1, 19; 16:5; 19:1, 2.
“Iah”, la forma abbreviata del nome divino, ricorre nell’espressione greca hallelouià, traslitterazione dell’ebraico halelu-Yàh, “Lodate Iah!” Ri (4 volte) 19:1, 3, 4, 6. — Vedi nt. a Sl 104:35.
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1E “Sovrano Signore” Ebr. ʼAdhonàiTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1E “Sovrano Signore” Ebr. ʼAdhonài
La parola ebraica ʼAdhonài senza l’aggiunta di suffisso si riferisce sempre a Geova Dio, denotandone il potere sovrano. Perciò è appropriato renderla “Sovrano Signore”. ʼAdhonài ricorre 439 volte in BHK e BHS. Abbiamo ripristinato la lezione originale in 133 luoghi in cui la lezione originale “Geova” fu cambiata dai soferim in ʼAdhonài. (Vedi App. 1B). Perciò questo riduce da 439 a 306 il numero dei luoghi in cui ricorre ʼAdhonài. In questi 306 luoghi la Traduzione del Nuovo Mondo rende ʼAdhonài “Sovrano Signore”.
L’espressione ʼAdhonài Yehwìh, “Sovrano Signore Geova”, si trova 285 volte in BHK e BHS, cioè in Ge 15:2, 8; De 3:24; 9:26; Gsè 7:7; Gdc 6:22; 16:28; 2Sa 7:18, 19, 19, 20, 22, 28, 29; 1Re 2:26; 8:53; Sl 71:5, 16; 73:28; Isa 7:7; 25:8; 28:16; 30:15; 40:10; 48:16; 49:22; 50:4, 5, 7, 9; 52:4; 56:8; 61:1, 11; 65:13, 15; Ger 1:6; 2:22; 4:10; 7:20; 14:13; 32:17, 25; 44:26; Ez 2:4; 3:11, 27; 4:14; 5:5, 7, 8, 11; 6:3, 3, 11; 7:2, 5; 8:1; 9:8; 11:7, 8, 13, 16, 17, 21; 12:10, 19, 23, 25, 28, 28; 13:3, 8, 8, 9, 13, 16, 18, 20; 14:4, 6, 11, 14, 16, 18, 20, 21, 23; 15:6, 8; 16:3, 8, 14, 19, 23, 30, 36, 43, 48, 59, 63; 17:3, 9, 16, 19, 22; 18:3, 9, 23, 30, 32; 20:3, 3, 5, 27, 30, 31, 33, 36, 39, 40, 44, 47, 49; 21:7, 13, 24, 26, 28; 22:3, 12, 19, 28, 31; 23:22, 28, 32, 34, 35, 46, 49; 24:3, 6, 9, 14, 21, 24; 25:3, 3, 6, 8, 12, 13, 14, 15, 16; 26:3, 5, 7, 14, 15, 19, 21; 27:3; 28:2, 6, 10, 12, 22, 24, 25; 29:3, 8, 13, 16, 19, 20; 30:2, 6, 10, 13, 22; 31:10, 15, 18; 32:3, 8, 11, 14, 16, 31, 32; 33:11, 25, 27; 34:2, 8, 10, 11, 15, 17, 20, 30, 31; 35:3, 6, 11, 14; 36:2, 3, 4, 4, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 22, 23, 32, 33, 37; 37:3, 5, 9, 12, 19, 21; 38:3, 10, 14, 17, 18, 21; 38:3, 10, 14, 17, 18, 21; 39:1, 5, 8, 10, 13, 17, 20, 25, 29; 43:18, 19, 27; 44:6, 9, 12, 15, 27; 45:9, 9, 15, 18; 46:1, 16; 47:13, 23; 48:29; Am 1:8; 3:7, 8, 11, 13; 4:2, 5; 5:3; 6:8; 7:1, 2, 4, 4, 5, 6; 8:1, 3, 9, 11; 9:8; Abd 1; Mic 1:2; Sof 1:7; Zac 9:14.
L’espressione Yehwìh ʼAdhonài, “Geova il Sovrano Signore”, si trova cinque volte in BHK e BHS, cioè in Sl 68:20; 109:21; 140:7; 141:8; Aba 3:19.
L’espressione ʼAdhonài Yehwìh tsevaʼòhth, “Sovrano Signore, Geova degli eserciti”, si trova 16 volte in BHK e BHS, cioè in Sl 69:6; Isa 3:15; 10:23, 24; 22:5, 12, 14, 15; 28:22; Ger 2:19; 46:10, 10; 49:5; 50:25, 31; Am 9:5.
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1F “Il [vero] Dio” Ebr. haʼElohìmTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1F “Il [vero] Dio” Ebr. haʼElohìm
Il titolo ʼElohìm, quando è preceduto dall’articolo determinativo ha, forma l’espressione haʼElohìm. Questa espressione ricorre 376 volte nel M. In 368 luoghi si riferisce al vero Dio, Geova, e in 8 luoghi si riferisce ad altri dèi.
ZorellEbr, p. 54, dice: “Nelle Sacre Scritture specialmente il solo vero Dio, Jahve, è designato con questa parola; a) האלהים ὁ θεός Ge 5:22; 6:9, 11; 17:18; 20:6; Eso 3:12; 19:17 e in parecchi libri scritti in prosa; יהוה הוא האלהים ‘Jahve è il [solo vero] Dio’ De 4:35; 4:39; Gsè 22:34; 2Sa 7:28; 1Re 8:60 ecc.”. — Le quadre e il corsivo sono dell’autore.
La Traduzione del Nuovo Mondo rende haʼElohìm “il [vero] Dio” in tutti i 368 luoghi in cui si riferisce a Geova eccetto tre (vedi 1Sa 4:8, 8; 6:20). Segue un elenco delle 368 volte in cui ricorre haʼElohìm riferito a Geova: Ge 5:22, 24; 6:2, 4, 9, 11; 17:18; 20:6, 17; 22:1, 3, 9; 27:28; 31:11; 35:7; 41:25, 28, 32, 32; 42:18; 44:16; 45:8; 48:15, 15; Eso 1:17, 21; 2:23; 3:1, 6, 11, 12, 13; 4:20, 27; 14:19; 17:9; 18:5, 12, 16, 19, 19; 19:3, 17, 19; 20:20, 21; 21:6, 13; 22:8, 9; 24:11, 13; Nu 22:10; 23:27; De 4:35, 39; 7:9; 33:1; Gsè 14:6; 22:34; 24:1; Gdc 6:20, 36, 39; 7:14; 13:6, 6, 8, 9, 9; 16:28; 18:31; 20:2, 27; 21:2; 1Sa 4:4, 8, 8, 13, 17, 18, 19, 21, 22; 5:1, 2, 10, 10, 11; 6:20; 9:7, 8, 10; 10:3, 5, 7; 14:18, 18, 36; 2Sa 2:27; 6:2, 3, 4, 6, 7, 7, 12, 12; 7:2, 28; 12:16; 14:17, 20; 15:24, 24, 25, 29; 16:23; 19:27; 1Re 8:60; 12:22, 22; 13:4, 5, 6, 6, 7, 8, 11, 12, 14, 14, 21, 26, 29, 31; 17:18; 18:21, 24, 24, 37, 39, 39; 19:8; 20:28; 2Re 1:9, 11, 12, 13; 4:7, 16, 21, 22, 25, 25, 27, 27, 40, 42; 5:8, 14, 15, 20; 6:6, 9, 10, 15; 7:2, 17, 18, 19; 8:2, 4, 7, 8, 11; 13:19; 19:15; 23:16, 17; 1Cr 5:22; 6:48, 49; 9:11, 13, 26, 27; 13:5, 6, 7, 8, 12, 12, 14; 14:11, 14, 15, 16; 15:1, 2, 15, 24, 26; 16:1, 1, 6, 42; 17:2, 21, 26; 21:7, 8, 15, 17; 22:1, 2, 19, 19; 23:14, 28; 24:5; 25:5, 5, 6; 26:20, 32; 28:3, 12, 21; 29:7; 2Cr 1:3, 4; 3:3; 4:11, 19; 5:1, 14; 7:5; 8:14; 9:23; 10:15; 11:2; 13:12, 15; 15:18; 18:5; 19:3; 22:12; 23:3, 9; 24:7, 9, 13, 16, 20, 27; 25:7, 8, 9, 9, 20, 24; 26:5, 5, 7; 28:24, 24; 29:36; 30:12, 16, 19; 31:13, 14, 21; 32:16, 31; 33:7, 13; 35:8; 36:16, 18, 19; Esd 1:3, 4, 5; 2:68; 3:2, 8, 9; 6:22; 8:36; 10:1, 6, 9; Ne 4:15; 5:13; 6:10; 7:2; 8:6, 8, 16, 18; 9:7; 10:28, 29, 29; 11:11, 16, 22; 12:24, 36, 40, 43; 13:1, 7, 9, 11; Gb 1:6; 2:1, 10; Sl 87:3; 90:sopr; Ec 2:24, 26; 3:11, 14, 14, 15, 17, 18; 5:1, 2, 2, 6, 7, 18, 19, 20; 6:2, 2; 7:13, 14, 26, 29; 8:12, 15, 17; 9:1, 7; 11:5, 9; 12:7, 13, 14; Isa 37:16; 45:18; Ger 35:4; Ez 31:9; Da 1:2, 9, 17; 9:3, 11; Gna 1:6; 3:9, 10, 10; 4:7.
Nei seguenti otto luoghi haʼelohìm si riferisce ad altri dèi: Eso 18:11; 22:20; De 10:17; Gdc 10:14; 2Cr 2:5; Sl 86:8; 136:2; Ger 11:12.
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1G “Il [vero] Dio” Ebr. haʼÈlTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1G “Il [vero] Dio” Ebr. haʼÈl
Il titolo ʼEl, quando è preceduto dall’articolo determinativo ha, forma l’espressione haʼÈl. Questa espressione ricorre nel M 32 volte al singolare e si riferisce sempre al vero Dio, Geova. La Geseniusʼ Hebrew Grammar (GK), § 126 e, rende haʼElohìm e haʼÈl “il solo vero Dio”.
La Traduzione del Nuovo Mondo rende haʼÈl “il [vero] Dio” nel testo principale o nelle note in calce in tutti i 32 luoghi in cui nel M ricorre al singolare, cioè in Ge 31:13; 35:1, 3; 46:3; De 7:9; 10:17; 33:26; 2Sa 22:31, 33, 48; Ne 1:5; 9:32; Gb 13:8; 21:14; 22:17; 31:28; 33:6; 34:10, 37; 40:9; Sl 18:30, 32, 47; 57:2; 68:19, 20; 77:14; 85:8; Isa 5:16; 42:5; Ger 32:18; Da 9:4.
Il plurale di ʼel è ʼelìm. Nel M ʼelìm ricorre una sola volta preceduto dall’articolo determinativo, cioè in Eso 15:11, dove si riferisce ad altri dèi.
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1H “Il [vero] Signore” Ebr. haʼAdhòhnTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1H “Il [vero] Signore” Ebr. haʼAdhòhn
Il titolo ʼAdhòhn, “Signore; Padrone”, quando è preceduto dall’articolo determinativo ha, “il”, forma l’espressione haʼAdhòhn, “il [vero] Signore”. Nel M l’uso dell’articolo determinativo ha davanti al titolo ʼAdhòhn limita l’applicazione di questo titolo esclusivamente a Geova Dio.
Nel M l’espressione haʼAdhòhn ricorre nove volte, cioè in Eso 23:17; 34:23; Isa 1:24; 3:1; 10:16, 33; 19:4; Mic 4:13; Mal 3:1.
Il plurale di ʼadhòhn è ʼadhonìm. Nel M l’espressione haʼadhonìm, “i signori”, ricorre due volte, cioè in De 10:17 e Sl 136:3.
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1J Titoli e termini descrittivi riferiti a GeovaTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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1J Titoli e termini descrittivi riferiti a Geova
ALTISSIMO. Ebr. ʽElyòhn. — De 32:8; Sl 9:2; 83:18.
ANTICO DI GIORNI. Aram. ʽAttìq Yohmìn, che significa “Uno avanti [o, anziano] nei giorni”. — Da 7:9, 13, 22.
CREATORE. Ebr. Bohrèʼ. (Isa 40:28; 42:5) GRANDE CREATORE. — Ec 12:1.
DIO (IDDIO). Ebr. ʼEl, senza l’articolo determinativo, probabilmente significa “potente, forte”. — Ge 14:18.
DIO. Ebr. ʼElòhah, singolare di ʼElohìm, senza l’articolo determinativo. Ricorre 41 volte in Gb e 16 volte in altri libri. — Gb 3:4.
DIO. Ebr. ʼElohìm, senza l’articolo determinativo. Nell’American Journal of Semitic Languages and Literatures, vol. XXI, Chicago e New York, 1905, p. 208, Aaron Ember scrisse: “Che la lingua del VT [Vecchio Testamento] abbia interamente rinunciato all’idea della pluralità in אלהים [ʼElohìm] (quando è riferito all’Iddio d’Israele) è dimostrato specialmente dal fatto che esso si costruisce quasi invariabilmente con un predicato verbale singolare e prende un attributo aggettivale singolare. . . . אלהים [ʼElohìm] dev’essere piuttosto spiegato come un plurale intensivo, che denota grandezza e maestà, equivalente a Il grande Dio. Rientra nella categoria dei plurali אדנים [ʼadhonìm, “signore”] e בעלים [beʽalìm, “proprietario; signore”], impiegati in riferimento ad esseri umani”. ʼElohìm richiama l’attenzione sulla forza di Geova come Creatore e ricorre 35 volte nel racconto della creazione. — Ge 1:1–2:4.
DIO DI (IDDIO DEGLI) DÈI (SIGNORE DEI SIGNORI). — De 10:17; Da 2:47.
DIO DI VERITÀ. Ebr. ʼEl ʼemèth, indicante che Geova è verace e fedele in tutte le sue azioni. — Sl 31:5.
DIO SANTO. Ebr. ʼElohìm qedhoshìm. — Gsè 24:19.
FATTORE. Ebr. ʽOsèh. (Sl 115:15; Ger 10:12) GRANDE FATTORE. — Isa 54:5.
FELICE DIO. Gr. makàrios Theòs. — Cfr. 1Tm 1:11.
GELOSO. Ebr. Qannàʼ: significa “che insiste sull’esclusiva devozione”. — Eso 34:14; vedi anche Ez 5:13.
GEOVA DEGLI ESERCITI. Questa espressione, con lievi variazioni, ricorre 283 volte nel M. È usata due volte anche nelle Scritture Greche Cristiane, in luoghi dove Paolo e Giacomo citano profezie delle Scritture Ebraiche o vi fanno riferimento. (Vedi Ro 9:29; Gc 5:4). L’espressione “Geova degli eserciti” indica il potere di cui è dotato il Sovrano dell’universo, il quale ha al suo comando vaste forze di creature spirituali. — Sl 103:20, 21; 148:2; Isa 1:24; Ger 32:17, 18. Vedi App. 1E.
GEOVA DIO. — Ge 2:4. Vedi App. 1A.
GRANDE DIO. Aram. ʼElàh rav. — Da 2:45.
IDDIO DI DURATA INDEFINITA. Ebr. ʼEl ʽohlàm. — Ge 21:33.
IDDIO VIVENTE. Ebr. ʼElohìm, con l’aggettivo plurale chaiyìm (De 5:26), o con l’aggettivo singolare chai (Isa 37:4, 17); gr. Theòs zon. — Cfr. Eb 3:12.
IL [VERO] DIO. Ebr. haʼElohìm. — Vedi App. 1F.
IL [VERO] DIO. Ebr. haʼÈl. — Vedi App. 1G.
IL [VERO] SIGNORE. Ebr. haʼAdhòhn. — Vedi App. 1H.
INSEGNANTE. Ebr. Mohrèh. (Gb 36:22) GRANDE INSEGNANTE. — Isa 30:20.
IO MOSTRERÒ D’ESSERE CIÒ CHE MOSTRERÒ D’ESSERE. — Vedi nt. a Eso 3:14.
LA ROCCIA. Ebr. hatsTsùr. (De 32:4) Termine usato figurativamente per indicare le qualità di Geova in quanto perfetto, fedele, giusto e retto e per descriverlo come padre (De 32:18), come fortezza (2Sa 22:32; Isa 17:10), come sicura altezza e rifugio (Sl 62:7; 94:22), come fonte di salvezza. — De 32:15; Sl 95:1.
MAESTÀ. Gr. Megalosỳne, che denota la sua posizione alta, superiore. (Cfr. Eb 1:3; 8:1). MAESTOSO. Ebr. ʼAddìr. — Isa 33:21.
ONNIPOTENTE. Ebr. Shaddài, plurale di maestà, ricorre 41 volte ed è tradotto “Onnipotente”. (Ge 49:25; Sl 68:14) Nelle Scritture Greche Cristiane la parola corrispondente è Pantokràtor, che significa “Onnipotente” o “Dominatore di tutto; Colui che detiene ogni potere”. (2Co 6:18; Ri 15:3) L’espressione ʼEl Shaddài, “Dio Onnipotente”, ricorre sette volte nel M e sottolinea l’irresistibile potere di Geova. — Ge 17:1; Eso 6:3.
PADRE. Ebr. ʼAv; gr. Patèr; lat. Pater; come Creatore (Isa 64:8), come datore di vita eterna a tutti quelli che esercitano fede. (Gv 5:21) L’espressione “Padre santo” è usata esclusivamente con riferimento a Geova. — Gv 17:11. Cfr. Mt 23:9.
RE DELLE NAZIONI. Ebr. Mèlekh haggohyìm. — Ger 10:7.
RE D’ETERNITÀ. Gr. Basilèus ton aiònon. — Cfr. 1Tm 1:17.
SALVATORE. Ebr. Mohshìaʽ (Isa 43:11; 45:21); gr. Sotèr. — Cfr. Lu 1:47.
SANTISSIMO. Ebr. Qedhoshìm, plurale di maestà ed eccellenza. — Pr 30:3.
SANTO, SANTO, SANTO. Ebr. qadhòhsh, qadhòhsh, qadhòhsh. Questa espressione, riferita a Geova, include santità, purezza e sacralità al grado superlativo. — Isa 6:3; Ri 4:8.
SORVEGLIANTE DELLE VOSTRE ANIME. — 1Pt 2:25.
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2A Punti straordinari Puncta extraordinariaTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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2A Punti straordinari Puncta extraordinaria
In 15 passi del M certe parole sono contrassegnate da punti. Alcuni manoscritti ebraici hanno segni verticali o orizzontali invece dei punti o puncta. I 15 luoghi in cui ricorrono i punti straordinari sono: Ge 16:5; 18:9; 19:33; 33:4; 37:12; Nu 3:39; 9:10; 21:30; 29:15; De 29:29; 2Sa 19:19; Sl 27:13; Isa 44:9; Ez 41:20; 46:22. Per un esame di questi passi vedi le relative note in calce.
L’esatto significato dei punti è controverso. Alcuni li considerano segni di cancellature. Secondo altri i punti indicherebbero che in alcuni manoscritti comparati le parole così contrassegnate fossero mancanti, e che quindi la lezione sia dubbia. Altri ancora pensano che i punti siano semplicemente un espediente per aiutare il lettore a ricordare qualche spiegazione che gli antichi ebrei avevano posto in relazione con queste parole. C’è anche chi sostiene che i punti servissero a prevenire l’omissione da parte dei copisti di elementi del testo ebraico che, a prima vista o in seguito a paragone con passi paralleli delle Scritture, sembravano superflui.
Riguardo ai punti straordinari, Gins.Int, pp. 320, 321, dice: “Si vedrà così che i punti furono considerati dagli eruditi antichi qualcosa che contrassegnava le lettere e le parole in questione come spurie e che il profeta Elia, che deve chiarire tutti i dubbi e risolvere le difficoltà, esprimerà la sua decisione su di essi quando apparirà. L’abitudine di usare i punti per contrassegnare le parole come spurie non è limitata a quei giorni. Come può notare chi studia i mss. ebraici, scribi successivi continuarono a seguire l’esempio degli antichi soferim”.
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2B Emendamenti (correzioni) dei soferim “Tiqqune soferim”Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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2B Emendamenti (correzioni) dei soferim “Tiqqune soferim”
Diciotto emendamenti dei soferim
A margine di certi manoscritti ebraici del testo masoretico ci sono annotazioni che leggono: “Questo è uno dei diciotto emendamenti dei soferim”, o espressioni simili. Questi emendamenti (correzioni) furono fatti con buone intenzioni perché il passo originale sembrava indicare irriverenza nei confronti di Dio o mancanza di rispetto per i suoi rappresentanti terreni. Segue un elenco dei Diciotto Emendamenti dei soferim, secondo Gins.Int, pp. 347-363: Ge 18:22; Nu 11:15; 12:12; 1Sa 3:13; 2Sa 16:12; 20:1; 1Re 12:16; 2Cr 10:16; Gb 7:20; 32:3; Sl 106:20; Ger 2:11; La 3:20; Ez 8:17; Os 4:7; Aba 1:12; Zac 2:8; Mal 1:13.
Altri emendamenti dei soferim
Secondo Gins.Int, pp. 362, 363, il Codice di Pietroburgo del 916 E.V. registra altri due cambiamenti fatti dai soferim, che si trovano in Mal 1:12 e 3:9. In questi due luoghi abbiamo ripristinato il testo secondo la lezione originale. Le relative note in calce indicano sia la lezione originale che quella attuale nel M.
Emendamenti testuali non indicati nelle note masoretiche
Secondo Gins.Int, p. 363, ci sono “alcuni passi in cui sono stati introdotti cambiamenti dai redattori autorizzati del testo, ma che non sono espressamente menzionati negli Elenchi ufficiali. I principali fra questi sono casi nei quali la lezione originale descriveva la bestemmia o il maledire Dio. Tali frasi blasfeme suonavano offensive agli orecchi dei devoti adoratori quando le Scritture venivano lette pubblicamente davanti alla congregazione”. Noi abbiamo ripristinato il testo secondo la lezione originale nei sette luoghi seguenti: 2Sa 12:14; 1Re 21:10, 13; Gb 1:5, 11; 2:5, 9. Le relative note in calce indicano sia la lezione originale che quella attuale nel M.
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2C Cambiamenti relativi al nome divino fatti dagli scribiTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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2C Cambiamenti relativi al nome divino fatti dagli scribi
Vedi Appendice 1B.
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3A Traslitterazione dell’ebraico e del grecoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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3A Traslitterazione dell’ebraico e del greco
La traslitterazione consiste nel trascrivere i caratteri di una lingua in quelli di un’altra per consentirne la pronuncia. — Vedi Ausiliario per capire la Bibbia (ad) alle voci “Ebraico” e “Greco”.
EBRAICO — Tabella di traslitterazione
L’ebraico si scrive da destra a sinistra, ma la traslitterazione in italiano si legge da sinistra a destra. Riportiamo di seguito l’alfabeto ebraico e alcune regole generali seguite in questa Bibbia con riferimenti.
Carattere
Consonanti
Equivalente
א
ʼàlef
ʼ (spirito dolce)
בּ
behth
b
ב
v
גּ
ghìmel
g (con suono duro)
ג
gh (aspirata)
דּ
dàleth
d
ד
dh
ה
heʼ
h
ו
waw
w
ז
zàyin
z
ח
chehth
ch
ט
tehth
t
י
yohdh
y
כּ
kaf
k
כ Finale: ך
kh
ל
làmedh
l
מ Finale: ם
mem
m
נ Finale: ן
nun
n
ס
sàmekh
s
ע
ʽàyin
ʽ (spirito aspro)
פּ
peʼ
p
פ Finale: ף
f
צ Finale: ץ
tsadhèh
ts
ק
qohf
q
ר
rehsh
r
שׂ
sin
s
שׁ
shin
sh (= sci)
תּ
taw
t
ת
th
Vocali
ָ
qàmets
a (lunga)
ַ
pàthach
a (breve)
ֵ
tsèreh
e (lunga)
ֶ
sèghohl
e (breve)
ִ
chìreq
i (lunga)
ֹ
chòhlem
o (lunga)
ָ
qàmets chatùf
o (breve)
ֻ
qibbùtz
u (breve)
ִ
shùreq
u (lunga)
Semivocali
ְ
shewàʼ
e, con suono indistinto; oppure e muta
ֲ
chatèf pàthach
a
ֱ
chatèf sèghohl
e
ֳ
chatèf qàmets
o
Combinazioni speciali
י ָ = ai
י ִ = i
י ַ = ai
וֹ = oh
י ֵ = eh
וּ = u
י ֶ = ei
יו ָ = av
VOCALI: Tutte le vocali di questa tabella vengono poste sotto la riga tranne chòhlem ( ֹ), che si mette sopra, e shùreq ( ִ), che si trova a metà della waw (וּ = u). Il segno vocalico ( ָ) è usato per rappresentare sia il qàmets “a” che il qàmets chatùf “o”. Se il segno vocalico ( ָ) ricorre in una sillaba chiusa non accentata, dev’essere breve e si pronuncia “o”. Il segno vocalico ( ָ) si pronuncia “o” quando è seguito da uno shewàʼ muto (es. החָכְמָ, chokhmàh), quando è seguito da un daghesh forte (il punto al centro della consonante che la raddoppia) ma ancora non accentato (es. יחָנֵּנִ, chonnèni), o quando è seguito da un maqqef (simile a un trattino posto in alto) che ha l’effetto di cancellare qualsiasi accento precedente (es. ר־אֲשֶׁלכָּ, kol-ʼashèr). Se è seguito da un chatèf qàmets, è pure breve e si pronuncia “o”.
Se però il segno vocalico ( ָ) compare in una sillaba aperta (es. קוּםיָ, yaqùm) o in una sillaba che, benché chiusa, sia accentata (es. ה״מָּל, làmmah), allora è una a lunga. Si noti inoltre che un methegh (una lineetta verticale che serve come una specie di mezzo accento) unito a un qàmets lascia la sillaba aperta e rende lo shewàʼ sonoro (es. ה״כְלָא, ʼakhelàh).
SEMIVOCALI: Gli equivalenti italiani indicati sopra sono solo approssimativi. La pronuncia ebraica delle semivocali è in ogni caso un suono molto breve.
Lo shewàʼ si pronuncia e si traslittera come una e quando si trova sotto una consonante all’inizio di una sillaba (es. לקְטֹ, qetòl), quando si trova sotto una consonante che segue una sillaba aperta identificata da un methegh (es. ה״טְלָק, qatelàh), quando è posto dopo una vocale lunga (es. יםוֹמְרִשׁ, shohmerìm), quando segue un altro shewàʼ in mezzo a una parola, nel qual caso il primo è muto e il secondo è sonoro (es. לוּיִקְטְ, yiqtelù), e quando è sotto una consonante doppia (es. לוּקִטְּ, qittelù). Comunque, quando lo shewàʼ segue una vocale breve o quando sta sotto una consonante che conclude una sillaba, è muto ed è considerato un divisore di sillaba (es. ליִקְטֹ, yiqtòl).
GRECO — Tabella di traslitterazione
Lettera
Nome
Traslitterazione e pronunciaa
Α α
alfa
a
Β β
beta
b
Γ γ
gamma
g, dura, gutturaleb
Δ δ
delta
d
Ε ε
èpsilon
e, breve
Ζ ζ
zeta
z
Η η
eta
e, lunga
Θ θ
theta
th
Ι ι
iota
i
Κ κ
kappa
k
Λ λ
lambda
l
Μ μ
my
m
Ν ν
ny
n
Ξ ξ
xi
x
Ο ο
òmicron
o, breve
Π π
pi
p
Ρ ρ
rho
r
Σ σ, ςc
sigma
s
Τ τ
tau
t
Υ υ
ỳpsilon
y o u,d come “u” francese
Φ φ
fi
f
Χ χ
chi
ch, aspirata
Ψ ψ
psi
ps
Ω ω
omèga
o, lunga
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3B Prefissi e suffissi ebraiciTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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3B Prefissi e suffissi ebraici
Una caratteristica dell’ebraico è il suo uso di prefissi e suffissi per formare parole composte. Per esempio, in Ge 1:26 troviamo betsalmènu, “a nostra immagine”. La parola ebraica per “immagine” è preceduta dal prefisso be, “a” (lett. “in”), e seguita dal suffisso ènu, “nostra”, formando così l’espressione composta “a nostra immagine”.
Nell’apparato delle note in calce incontrerete molti prefissi (fra cui congiunzioni e articoli) e suffissi uniti a parole basilari ebraiche. Seguono alcuni dei più comuni prefissi e suffissi che si trovano nell’apparato delle note in calce di questa Bibbia con riferimenti.
PREFISSI ebraici (particelle aggiunte davanti alla parola basilare ebraica)
ha, he, ho
= articolo determinativo, o a volte particella che indica una domanda
we, u
= e, ma, anche (congiunzione)
be, ve
= in, dentro, mediante, con
ke, khe
= come, secondo
le
= a, per, di, contro
me
= da, di
SUFFISSI ebraici (particelle aggiunte dopo la parola basilare ebraica)
Aggiunti a parole singolari
—-i
= di me
—-(e)kha
= di te (masch.)
—-ekh
= di te (femm.)
—-oh
= di lui
—-ah
= di lei
—-ènu
= di noi
—-(e)khem
= di voi (masch.)
—-(e)khen
= di voi (femm.)
—-am
= di loro (masch.)
—-an
= di loro (femm.)
Aggiunti a parole plurali
—-ai
= di me
—-èikha
= di te (masch.)
—-àyikh
= di te (femm.)
—-àv
= di lui
—-èiha
= di lei
—-èhnu
= di noi
—-ehkhèm
= di voi (masch.)
—-ehkhèn
= di voi (femm.)
—-ehhèm
= di loro (masch.)
—-ehhèn
= di loro (femm.)
Terminazioni plurali
—-im
= pl. di nomi masch. (es. susìm, “cavalli”)
—-ohth, oth
= pl. di nomi femm.
—-eh, ai
= pl. di nomi masch. allo stato costrutto ebr.
Terminazioni duali
—-àyim
= es. susàyim, “paio di cavalli”
Particella locativa indicante direzione (accusativo)
—-ah
= es. nèghbah, “verso il sud” (Vedi ntt. a 1Re 7:25)
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3C Verbi ebraici che indicano azione continua o progressivaTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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3C Verbi ebraici che indicano azione continua o progressiva
Il verbo ebraico ha due stati, il perfetto e l’imperfetto. Il perfetto indica l’azione finita. L’imperfetto indica l’azione incompleta o continua, o l’azione in corso. In Ge 1:1 “creò” in ebraico è un verbo al perfetto, a indicare che l’azione di creare i cieli e la terra era stata completata. In Ge 2:2 “si riposava” in ebraico è un verbo all’imperfetto, il che indica un’azione incompleta o continua, o un’azione in corso. (Cfr. Eb 4:4-7). Perciò in ebraico un’azione che ha avuto luogo nel passato potrebbe essere indicata da verbi all’imperfetto se tale azione si considera incompleta, mentre un’azione che ha luogo nel futuro si potrebbe indicare con verbi al perfetto se tale azione si considera completata. L’imperfetto del verbo ebraico potrebbe essere reso in italiano con l’imperfetto o con l’uso di verbi ausiliari come “proseguì”, “continuò”, “seguitò”, ecc.
Riguardo alla caratteristica fondamentale dell’imperfetto ebraico, James Washington Watts,a nella sua opera A Distinctive Translation of Genesis, Grand Rapids, Michigan (USA, 1963), pp. 129, 130, scrive: “La caratteristica fondamentale di tutti gli imperfetti è l’incompletezza. . . . L’incompletezza di questi imperfetti, quando sono all’indicativo, si esprime o con una forma progressiva o con una forma frequentativa. Ci si basa sul contesto per determinare se si tratta dell’una o dell’altra, poiché la struttura del verbo è la stessa in entrambi i casi.
“Se il contesto indica una singola azione o condizione, il valore è progressivo. L’azione è descritta nel suo svolgimento. In tal caso l’idea primaria del verbo inglese non è sufficiente a renderne il pieno significato. È necessario aggiungere un ausiliare come ‘proseguì’ o un avverbio come ‘gradualmente’ se il traduttore ritiene opportuno esprimerne il pieno significato. Quando una narrazione si svolge rapidamente e il susseguirsi degli avvenimenti è più importante della vivace descrizione dello sviluppo di qualche particolare avvenimento, il traduttore può dipendere solo da locuzioni avverbiali come ‘in seguito’ per indicare sia la successione che lo sviluppo dei fatti, sviluppo che in questo caso non viene reso pienamente. C’è solo passaggio da un’azione o condizione all’altra senza una precisa descrizione degli sviluppi nell’ambito della seconda. L’uso di questa traduzione limitata sta a indicare che il traduttore non vede nessuna speciale ragione per rendere a quel punto in maniera più completa l’idea della progressione. Se lo facesse, il racconto in inglese diverrebbe tedioso. D’altra parte, se il traduttore vede che, rendendo il pieno vigore del verbo, il racconto ne è arricchito, è libero di farlo.
“Se il contesto indica che l’azione o la condizione si ripete, il valore è frequentativo. Di nuovo l’idea primaria del verbo inglese non è sufficiente a renderne il pieno significato. Per mettere bene in evidenza il significato di ripetizione o di frequenza abituale è necessario aggiungere un ausiliare come ‘continuò’ o un avverbio come ‘frequentemente’”.
Nel corso dei secoli gli eruditi si sono sorpresi della capacità della lingua ebraica di esprimere avvenimenti passati mediante l’uso di verbi all’imperfetto, e di esprimere avvenimenti futuri mediante l’uso di verbi al perfetto. Nel tentativo di spiegare questa peculiarità, fu formulata la teoria della waw consecutiva. Circa questa teoria, O. L. Barnes, nella sua opera A New Approach to the Problem of the Hebrew Tenses and Its Solution Without Recourse to Waw-Consecutive, Oxford (1965), pp. 4, 5, scrive: “La cosa è stata inutilmente complicata dall’introduzione e dalla pedissequa osservanza della dottrina della waw consecutiva, o della sua precorritrice, la waw conversiva (il nome più recente proposto per essa è waw conservativa). Molto brevemente, nonostante ci sia stato un certo numero di variazioni sul tema, questa afferma che la ‘e - waw ו’ che compare davanti al primo di una serie di verbi ebraici consecutivi all’imperfetto, se preceduta da un verbo ebraico al perfetto, indica che si dovrebbero leggere o considerare tutti come perfetti (invece di ciò che realmente sono: imperfetti) e viceversa, purché siano naturalmente presenti certe vocali associate alla waw ו nell’imperfetto”.
Riguardo alla validità di questa teoria, O. L. Barnes scrive a p. 1 della sua opera: “Possiamo giustamente chiederci perché la ‘e - waw ו’ abbia questo strano potere conversivo. Alcune recenti grammatiche, nel tentativo di superare l’assurdità, affermano che non sia in realtà la ‘e - waw ו’ ad avere questo potere conversivo, ma che essa sia la chiave o guida da cercare per individuare la conversione; il risultato, dunque, è esattamente lo stesso. Confido si comprenda da quanto è qui dichiarato che in realtà la ‘e - waw ו’ non ha questo potere, né è necessario supporre che lo abbia per spiegare il rapido, a volte improvviso, cambiamento nella successione dei tempi ebraici. In altre parole, possiamo mettere completamente da parte la mitica teoria della waw consecutiva inventata dai grammatici”.
Circa cento anni fa, Benjamin Wills Newton, nella sua opera The Altered Translation of Genesis ii. 5, Londra, 1888, pp. 49-51, si schierò decisamente contro la teoria della waw consecutiva. Dopo aver fatto un esempio di traduzione di Ge 1:3-8, Newton concluse alle pp. 50, 51: “In tutto il capitolo si usa il futuro per indicare progressione. Nella nostra traduzione usiamo abbastanza giustamente il passato, poiché col nostro tempo futuro non siamo in grado di indicare altrettanto bene la progressione. C’è un’ampiezza di significato nell’uso ebraico del futuro che il nostro futuro non ha; e, di conseguenza, c’è una maggiore accuratezza di espressione. Posso aggiungere che di certo non c’è posto in questo capitolo per la teoria della vav conversiva, e non c’è base per dire (perché il nostro futuro non si può adattare all’elasticità del futuro ebraico) che il futuro ebraico debba perciò essere privato delle sue prerogative e trasformato in un passato. È incredibile che qualcuno abbia osato proporre qualcosa di così assurdo”.
Seguono tre diverse versioni di Ge 1:3-8: La traduzione di Benjamin Wills Newton, la Traduzione del Nuovo Mondo e la traduzione di James Washington Watts.
Traduzione di Benjamin Wills Newton (1888) (le quadre sono sue)
E Dio diceva [futuro]: Si faccia Luce, e si faceva Luce [futuro].
New World Translation (1953) (Traduzione del Nuovo Mondo)
3 E Dio diceva: “Si faccia luce”. Quindi si fece luce.
Traduzione di James Washington Watts (1963) (le quadre sono sue)
3 Poi Dio diceva: “Ci sia luce”; e la luce venne gradualmente all’esistenza.
Traduzione di Benjamin Wills Newton (1888) (le quadre sono sue)
E Dio osservava [futuro] la Luce, che [era] buona; e Dio divideva [futuro] fra la Luce e le tenebre;
New World Translation (1953) (Traduzione del Nuovo Mondo)
4 Dopo ciò Dio vide che la luce era buona, e Dio operò una divisione fra la luce e le tenebre.
Traduzione di James Washington Watts (1963) (le quadre sono sue)
4 E Dio osservava la luce, [vedendo] che era buona; così divideva la luce e le tenebre.
Traduzione di Benjamin Wills Newton (1888) (le quadre sono sue)
e Dio chiamava [futuro] la luce Giorno, e chiamò [non “chiamava”; è usato il passato remoto] le tenebre Notte; e si faceva [futuro] sera e si faceva [futuro] mattina, un primo Giorno.
New World Translation (1953) (Traduzione del Nuovo Mondo)
5 E Dio chiamava la luce Giorno, ma chiamò le tenebre Notte. E si faceva sera e si faceva mattina, un primo giorno.
Traduzione di James Washington Watts (1963) (le quadre sono sue)
5 Quindi Dio chiamava la luce Giorno, e chiamò le tenebre Notte. Così si faceva sera e mattina, sì, un giorno.
Traduzione di Benjamin Wills Newton (1888) (le quadre sono sue)
E Dio diceva [futuro]: Si faccia un firmamento nel mezzo delle acque, e divenga divisorio fra acque e acque.
New World Translation (1953) (Traduzione del Nuovo Mondo)
6 E Dio proseguì, dicendo: “Si faccia una distesa fra le acque e avvenga una divisione fra le acque e le acque”.
Traduzione di James Washington Watts (1963) (le quadre sono sue)
6 Quindi Dio continuò, dicendo: “Ci sia una distesa nel mezzo delle acque, inoltre ci sia una separazione fra le acque”.
Traduzione di Benjamin Wills Newton (1888) (le quadre sono sue)
E Dio faceva [futuro] il firmamento, e divideva [futuro] fra le acque che [sono] sotto rispetto al firmamento e le acque che [sono] sopra rispetto al firmamento;
New World Translation (1953) (Traduzione del Nuovo Mondo)
7 Quindi Dio faceva la distesa e faceva una divisione fra le acque che dovevano essere sotto la distesa e le acque che dovevano essere sopra la distesa. E così si fece.
Traduzione di James Washington Watts (1963) (le quadre sono sue)
7 Conformemente, Dio divideva le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa; e gradualmente avvenne così.
Traduzione di Benjamin Wills Newton (1888) (le quadre sono sue)
e Dio chiamava [futuro] il firmamento Cieli; e diveniva [futuro] sera e diveniva [futuro] mattina, un secondo Giorno.
New World Translation (1953) (Traduzione del Nuovo Mondo)
8 E Dio chiamava la distesa Cielo. E si faceva sera e si faceva mattina, un secondo giorno.
Traduzione di James Washington Watts (1963) (le quadre sono sue)
8 Poi Dio chiamava la distesa Cieli. Così si faceva sera e mattina, un secondo giorno.
La Traduzione del Nuovo Mondo non ha seguito la teoria della waw consecutiva nel tradurre i verbi ebraici. Questa teoria vecchia di secoli non rende il vigore e la forza dei verbi ebraici nel loro stato originale. Perciò la Traduzione del Nuovo Mondo presenta i verbi ebraici con accuratezza di significato e dinamismo mantenendo il più possibile una distinzione fra il perfetto e l’imperfetto dei verbi ebraici.
a Autore di A Distinctive Translation of Genesis (1963), of Exodus (1977) e of Isaiah (1979).
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4A “Anima” — Creatura vivente, umana o animale; vita come persona intelligente; altri usiTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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4A “Anima” — Creatura vivente, umana o animale; vita come persona intelligente; altri usi
Ebr. נפש (nèfesh); gr. ψυχή (psychè); lat. anima
Nelle Scritture Ebraiche la parola ebraica nèfesh ricorre 754 volte, la prima delle quali in Ge 1:20. La Traduzione del Nuovo Mondo la rende coerentemente “anima” e in ciascun caso risulta comprensibile alla luce del contesto. L’uso di questa stessa parola ebraica in molti diversi contesti ci aiuta a comprendere il concetto principale insito nella parola così come fu usata dagli scrittori della Bibbia, vale a dire che l’anima è una persona, un individuo o una creatura inferiore, o anche la vita che una persona o un animale possiede come tale. Questo è del tutto diverso da ciò che gli antichi egiziani, babilonesi, greci e romani chiamavano in senso religioso e filosofico anima.
Nelle Scritture Greche Cristiane la parola psychè ricorre da sola 102 volte, la prima delle quali in Mt 2:20. Inoltre è usata in molte parole composte greche, come in Flp 2:2, 19 e in 1Ts 5:14. La Traduzione del Nuovo Mondo rende coerentemente psychè con “anima”. Questa versione uniforme che utilizza la stessa parola italiana si rivela molto illuminante circa l’uso che gli scrittori ispirati fecero di psychè e le proprietà che le attribuirono.
Per facilitare la comprensione del modo in cui è usata la parola “anima”, abbiamo raggruppato di seguito, sotto varie intestazioni, versetti in cui essa ricorre.
Gli animali sono anime
Ge 1:20, 21, 24, 30; 2:19; 9:10, 12, 15, 16; Le 11:10, 46, 46; 24:18; Nu 31:28; Gb 41:21; Ez 47:9.
Una persona o individuo vivente è un’anima
Ge 2:7; 12:5; 14:21; 36:6; 46:15, 18, 22, 25, 26, 26, 27, 27; Eso 1:5, 5; 12:4, 16; 16:16; Le 2:1; 4:2, 27; 5:1, 2, 4, 15, 17; 6:2; 7:18, 20, 21, 25, 27; 17:10, 12, 15; 18:29; 20:6, 6; 22:6, 11; 23:29, 30; 27:2; Nu 5:6; 15:27, 28, 30; 19:18, 22; 31:35, 35, 40, 40, 46; 35:30; De 10:22; 24:6, 7; 1Sa 22:22; 2Sa 14:14; 2Re 12:4; 1Cr 5:21; Sl 19:7; Pr 11:25, 30; 16:24; 19:2, 15; 25:25; 27:7, 7, 9; Ger 43:6; 52:29; La 3:25; Ez 27:13; At 2:41, 43; 7:14; 27:37; Ro 13:1; 1Co 15:45; 1Pt 3:20; 2Pt 2:14.
L’anima, la creatura, è mortale, distruttibile
Ge 12:13; 17:14; 19:19, 20; 37:21; Eso 12:15, 19; 31:14; Le 7:20, 21, 27; 19:8; 22:3; 23:30; 24:17; Nu 9:13; 15:30, 31; 19:13, 20; 23:10; 31:19; 35:11, 15, 30; De 19:6, 11; 22:26; 27:25; Gsè 2:13, 14; 10:28, 30, 32, 35, 37, 37, 39; 11:11; 20:3, 9; Gdc 5:18; 16:16, 30; 1Re 19:4; 20:31; Gb 7:15; 11:20; 18:4; 33:22; 36:14; Sl 7:2; 22:29; 66:9; 69:1; 78:50; 94:17; 106:15; 124:4; Pr 28:17; Isa 55:3; Ger 2:34; 4:10; 18:20; 38:17; 40:14; Ez 13:19; 17:17; 18:4; 22:25, 27; 33:6; Mt 2:20; 10:28, 28; 26:38; Mr 3:4; 14:34; Lu 6:9; 17:33; Gv 12:25; At 3:23; Ro 11:3; Eb 10:39; Gc 5:20; Ri 8:9; 12:11; 16:3.
Vita come persona intelligente
Ge 35:18; Eso 4:19; 21:23; 30:12; Gsè 9:24; Gdc 9:17; 12:3; 18:25; 2Re 7:7; 2Cr 1:11; Gb 2:4; 6:11; Pr 1:18; 7:23; 22:23; 25:13; Mt 6:25; 10:39; 16:25; Lu 12:20; Gv 10:15; 13:38; 15:13; At 20:10; Ro 16:4; Flp 2:30; 1Ts 2:8; Gc 1:21; 1Pt 1:22; 2:11, 25; 1Gv 3:16.
Anima liberata dallo Sceol o Ades (“inferno”)
Sl 16:10; 30:3; 49:15; 86:13; 89:48; Pr 23:14; At 2:27.
Anima morta, o cadavere
Le 19:28; 21:1, 11; 22:4; Nu 5:2; 6:6, 11; 9:6, 7, 10; 19:11, 13; Ag 2:13.
Anima distinta dallo spirito
Dio ha anima
1Sa 2:35; Sl 11:5; 24:4; Pr 6:16; Isa 1:14; 42:1; Ger 5:9; 6:8; 12:7; 14:19; 15:1; 32:41; 51:14; La 3:20; Ez 23:18; Am 6:8; Mt 12:18; Eb 10:38.
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4B “Sceol”, “Ades” — La comune tomba del genere umanoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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4B “Sceol”, “Ades” — La comune tomba del genere umano
Ebr. שאול (sheʼòhl); gr. ᾅδης (hàides); lat. infernus; sir. shiul
I sessantasei luoghi in cui compare Sceol
Nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Ebraiche, “Sceol” ricorre 66 volte, cioè in Ge 37:35; 42:38; 44:29, 31; Nu 16:30, 33; De 32:22; 1Sa 2:6; 2Sa 22:6; 1Re 2:6, 9; Gb 7:9; 11:8; 14:13; 17:13, 16; 21:13; 24:19; 26:6; Sl 6:5; 9:17; 16:10; 18:5; 30:3; 31:17; 49:14, 14, 15; 55:15; 86:13; 88:3; 89:48; 116:3; 139:8; 141:7; Pr 1:12; 5:5; 7:27; 9:18; 15:11, 24; 23:14; 27:20; 30:16; Ec 9:10; Ca 8:6; Isa 5:14; [7:11]; 14:9, 11, 15; 28:15, 18; 38:10, 18; 57:9; Ez 31:15, 16, 17; 32:21, 27; Os 13:14, 14; Am 9:2; Gna 2:2; Aba 2:5.
Nelle Scritture Ebraiche “Sceol” compare le 65 volte in cui ricorre nel M, come pure in Isa 7:11 (vedi la relativa nt.). In tutti i casi la Traduzione del Nuovo Mondo usa “Sceol” per rendere la parola ebraica sheʼòhl. La versione greca dei Settanta in genere rende sheʼòhl con hàides.
Benché siano state avanzate varie ipotesi sulla derivazione della parola ebraica sheʼòhl, essa sembra derivare dal verbo ebraico שׁאל (shaʼàl), che significa “chiedere” o “richiedere”. Questo a indicare che lo Sceol è il luogo (non una condizione) che chiede o reclama tutti senza distinzione, giacché accoglie dentro di sé i morti del genere umano. (Vedi ntt. a Ge 37:35 e Isa 7:11). Lo Sceol è nella terra, è sempre posto in relazione con i morti e chiaramente significa la comune tomba del genere umano, o la regione terrestre (non marina) dei morti. In contrasto con ciò, la parola ebraica qèver significa una singola tomba o luogo di sepoltura. — Ge 23:4, 6, 9, 20.
I dieci luoghi in cui compare Ades
“Ades”, che forse significa “luogo non visto”, ricorre dieci volte nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane, cioè in Mt 11:23; 16:18; Lu 10:15; 16:23; At 2:27, 31; Ri 1:18; 6:8; 20:13, 14.
In At 2:27, la citazione che Pietro fa di Sl 16:10 mostra che Ades è l’equivalente di Sceol e si riferisce alla comune tomba del genere umano (a differenza della parola greca tàfos, una singola tomba). La parola latina corrispondente ad Ades è infernus (a volte inferus). Significa “ciò che giace di sotto; la regione inferiore”, e ben si applica alla tomba. È dunque un’appropriata approssimazione dei termini greco ed ebraico.
Nelle Scritture ispirate le parole “Sceol” e “Ades” sono poste in relazione con la morte e i morti, non con la vita e i vivi. (Ri 20:13) In se stesse queste parole non contengono il concetto di piacere o di dolore, né vi alludono.
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4C “Geenna” — Simbolo di completa distruzioneTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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4C “Geenna” — Simbolo di completa distruzione
Ebr. גי הנם (geh hinnòm, “valle di Innom”);
gr. γέεννα (gèenna); lat. gehènna
“Geenna” significa “valle di Innom”, essendo la forma greca dell’ebraico geh hinnòm. In Gsè 18:16, dove ricorre “valle di Innom”, i LXX leggono “Geenna”. Nelle Scritture Greche Cristiane ricorre 12 volte, la prima delle quali in Mt 5:22. La Traduzione del Nuovo Mondo la rende “Geenna” tutte le volte che ricorre, cioè in Mt 5:22, 29, 30; 10:28; 18:9; 23:15, 33; Mr 9:43, 45, 47; Lu 12:5; Gc 3:6.
La valle di Innom si trova a ovest e a sud dell’antica Gerusalemme. (Gsè 15:8; 18:16; Ger 19:2, 6) Sotto gli ultimi re di Giuda fu usata per il culto idolatrico del dio pagano Molec, al quale erano offerti mediante il fuoco sacrifici umani. (2Cr 28:3; 33:6; Ger 7:31, 32; 32:35) Per impedirne l’ulteriore uso per tali scopi religiosi, il fedele re Giosia fece contaminare la valle, particolarmente la parte chiamata Tofet. — 2Re 23:10.
Il commentatore ebreo David Kimhi (1160?–1235?), nel suo commento a Sl 27:13, fornisce le seguenti informazioni storiche su “Gehinnom”: “Ed è un luogo nei dintorni di Gerusalemme, ed è un luogo detestabile, e vi gettano cose impure e corpi morti. C’era anche un fuoco che ardeva di continuo per bruciare le cose impure e le ossa dei corpi morti. Pertanto, il giudizio dei malvagi è chiamato metaforicamente Gehinnom”.
La valle di Innom divenne il luogo di scarico in cui si bruciavano i rifiuti di Gerusalemme. I corpi degli animali morti vi erano gettati per farli consumare dal fuoco, a cui si aggiungeva zolfo per alimentare la combustione. Vi erano gettati anche i cadaveri dei criminali giustiziati, considerati immeritevoli di una degna sepoltura in una tomba commemorativa. Se tali corpi morti andavano a finire nel fuoco venivano consumati, ma se i cadaveri cadevano su una sporgenza dello scosceso dirupo la carne in putrefazione veniva infestata dai vermi, che non morivano finché non avevano consumato la carne lasciando solo lo scheletro.
Nella Geenna non si gettava nessun animale o essere umano vivente perché fosse bruciato vivo o tormentato. Quindi il luogo non avrebbe mai potuto simboleggiare una regione invisibile dove le anime umane venissero tormentate per sempre in un fuoco letterale o eternamente rose da vermi immortali. Poiché ai criminali morti che vi erano gettati si negava una degna sepoltura in una tomba commemorativa, simbolo della speranza di una risurrezione, la Geenna fu usata da Gesù e dai suoi discepoli per simboleggiare la distruzione eterna, l’annientamento dall’universo di Dio, cioè la “seconda morte”, una punizione eterna.
Perciò, gettare il cadavere di qualcuno nella Geenna era considerata la peggiore specie di punizione. Dalla Geenna letterale e dal suo significato fu tratto il simbolo del “lago che brucia con fuoco e zolfo”. — Ri 19:20; 20:10, 14, 15; 21:8.
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4D “Tartaro”Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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4D “Tartaro”
2Pt 2:4 — “Gettandoli nel Tartaro”
Gr. Tartaròsas; lat. detractos in Tartarum;
sir. ʽagen ʼenun beThachtayathaʼ
“Tartaro” si trova solo in 2Pt 2:4. È incluso nel verbo greco tartaròo, per cui nel rendere il verbo si è usata la frase “gettandoli nel Tartaro”.
Nell’Iliade, dell’antico poeta Omero, la parola tàrtaros denota una prigione sotterranea tanto al di sotto dell’Ades quanto la terra è al di sotto del cielo. Quelli confinati in esso non erano anime umane, ma gli dèi inferiori, spiriti, cioè Crono e gli altri Titani che si erano ribellati a Zeus (Giove). Era la prigione istituita dagli dèi mitici per gli spiriti da essi cacciati dalle regioni celesti, ed era situato sotto l’Ades, dove si pensava che le anime umane venissero confinate alla morte. Nella mitologia il tàrtaros era la più bassa delle regioni inferiori e un luogo di tenebre. Avvolgeva tutto il mondo sotterraneo proprio come i cieli avvolgevano tutto ciò che era sopra la terra. Perciò, nella mitologia pagana greca il tàrtaros era considerato un luogo in cui confinare non le anime umane, ma gli spiriti titanici, e un luogo di tenebre e degradazione.
Nei LXX, in Gb 40:20, leggiamo del Beemot: “E quando è salito su un monte ripido, ha fatto rallegrare i quadrupedi nell’abisso [ἐν τῷ ταρτάρῳ (“nel tartaro”)]”. In Gb 41:31, 32 (41:23, 24, LXX) leggiamo riguardo al Leviatan: “Fa bollire l’abisso proprio come un calderone di bronzo; e considera il mare come una pentola d’unguento, e la parte più bassa dell’abisso [τὸν δὲ τάρταρον τῆς ἀβύσσου (“il tartaro dell’abisso”)] come un prigioniero: considera l’abisso il suo pascolo”. L’uso di tàrtaros in questi versetti dei LXX rende chiaro che la parola era usata per indicare un luogo basso, sì, la “parte più bassa” dell’abisso.
Le Scritture ispirate non confinano nessun’anima umana nel tàrtaros, ma vi confinano soltanto creature spirituali, cioè “gli angeli che peccarono”. Che siano gettati nel tàrtaros denota la loro più profonda degradazione mentre sono ancora in vita. Questo serve come punizione per il loro peccato di ribellione contro l’Iddio Altissimo. L’apostolo Pietro mette in relazione le tenebre con la loro bassa condizione, dicendo che Dio “li consegnò a fosse di dense tenebre per essere riservati al giudizio”. — 2Pt 2:4.
I pagani nelle loro tradizioni mitologiche relative a Crono e agli dèi titanici ribelli presentarono un concetto distorto della degradazione degli spiriti ribelli. In contrasto, l’uso che Pietro fa del verbo tartaròo, “gettare nel Tartaro”, non significa che “gli angeli che peccarono” fossero gettati nel Tartaro mitologico pagano, ma che l’Iddio Altissimo li degradò dal loro luogo e dai loro privilegi celesti e li confinò in un’infima condizione di tenebre mentali per quanto riguarda gli splendidi propositi di Dio. Inoltre avevano solo una prospettiva tenebrosa circa la loro sorte, che, come mostrano le Scritture, è la distruzione eterna insieme al loro governante, Satana il Diavolo. Perciò il Tartaro denota la più bassa condizione di degradazione per quegli angeli ribelli.
Nelle Scritture ispirate il Tartaro non ha nessuna relazione con l’Ades, che è la comune tomba dei morti umani. Gli angeli peccatori e le anime umane morte non sono messi insieme nel tàrtaros come luogo di tormento cosciente ed eterno delle creature. Il Tartaro scomparirà quando il Giudice supremo distruggerà gli angeli ribelli che al presente si trovano in quella condizione di degradazione.
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5A “Fornicazione” — Ogni specie di rapporto sessuale illecitoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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5A “Fornicazione” — Ogni specie di rapporto sessuale illecito
Mt 5:32 — Gr. πορνεία (pornèia); lat. fornicatio
La parola greca pornèia abbraccia un’ampia gamma di significati. Bauer, p. 693, dice alla voce pornèia che significa “prostituzione, mancanza di castità, fornicazione, ogni specie di rapporto sessuale illecito”.
Commentando le parole di Gesù in Mt 5:32 e 19:9, il GLNT, vol. X, col. 1480, dice che “πορνεία [pornèia] sarà da intendere nel senso di rapporto sessuale extra-coniugale”. Le Scritture usano dunque il termine pornèia in relazione a persone sposate. Comunque, lo stesso lessico (vol. X, col. 1485), trattando Ef 5:3, 5, dice che Paolo “sa che non tutti hanno il dono della continenza (I Cor. 7,7), e perciò chi non l’ha deve percorrere la via, indicata da Dio, di un retto matrimonio, per preservarsi dal peggio, cioè dalla dissolutezza sessuale (I Cor. 7,2)”. Quindi le Scritture usano il termine pornèia anche con riferimento a persone non sposate che si abbandonano a relazioni e pratiche sessuali illecite. — Vedi 1Co 6:9.
B. F. Westcott, coeditore del testo greco di Westcott e Hort, nella sua opera Saint Paul’s Epistle to the Ephesians, Londra e New York, 1906, p. 76, commenta i vari significati di pornèia nelle Scritture in una nota a Ef 5:3, dicendo: “Questo è un termine generale per tutti i rapporti illeciti, (1) adulterio: Os. ii. 2, 4 (LXX.); Matt. v. 32; xix. 9; (2) matrimonio illecito, I Cor. v. I; (3) fornicazione, nel significato comune, come qui [Ef 5:3]”. Con “significato comune” ci si riferisce evidentemente al significato moderno, limitato, che riguarda solo le persone non sposate.
Oltre a questo significato letterale, in certi luoghi delle Scritture Greche Cristiane pornèia ha un significato simbolico. Riguardo a questo significato, ZorellGr, col. 1106, dice alla voce pornèia: “apostasia dalla vera fede, commessa interamente o parzialmente, defezione dal solo vero Dio Jahve a dèi stranieri [4Re 9:22; Ger 3:2, 9; Os 6:10 ecc.; l’unione di Dio col suo popolo era infatti considerata come una specie di matrimonio spirituale]: Ri 14:8; 17:2, 4; 18:3; 19:2”. (Le quadre e il corsivo sono dell’autore; 4Re nei LXX corrisponde a 2Re nel M).
Nel testo greco pornèia ricorre nei seguenti 25 luoghi: Mt 5:32; 15:19; 19:9; Mr 7:21; Gv 8:41; At 15:20, 29; 21:25; 1Co 5:1, 1; 6:13, 18; 7:2; 2Co 12:21; Gal 5:19; Ef 5:3; Col 3:5; 1Ts 4:3; Ri 2:21; 9:21; 14:8; 17:2, 4; 18:3; 19:2.
Il relativo verbo pornèuo, reso in NM “praticare la fornicazione” o “commettere fornicazione”, ricorre nei seguenti otto luoghi: 1Co 6:18; 10:8, 8; Ri 2:14, 20; 17:2; 18:3, 9.
Il verbo affine ekpornèuo, reso in NM “commettere fornicazione in eccesso”, è usato una volta, in Gda 7. — Cfr. nt. a Gdc 2:17.
Il nome affine pòrne, reso “meretrice” in NM, ricorre nei seguenti dodici luoghi: Mt 21:31, 32; Lu 15:30; 1Co 6:15, 16; Eb 11:31; Gc 2:25; Ri 17:1, 5, 15, 16; 19:2.
Il nome affine pòrnos, reso in NM “fornicatore”, ricorre nei seguenti dieci luoghi: 1Co 5:9, 10, 11; 6:9; Ef 5:5; 1Tm 1:10; Eb 12:16; 13:4; Ri 21:8; 22:15. LSJ, p. 1450, definisce questa parola “ganimede, sodomita, fornicatore, idolatra”.
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5B Presenza (Parusia) di CristoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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5B Presenza (Parusia) di Cristo
Mt 24:3 — Gr. τὸ σημεῖον τῆς σῆς παρουσίας (to semèion tes ses parousìas)
1864
“il SEGNO della TUA presenza”
aThe Emphatic Diaglott (J21), di Benjamin Wilson, New York e Londra.
1897
“il segno della tua presenza”
bThe Emphasised Bible, di J. B. Rotherham, Cincinnati (USA).
1903
“il segnale della Tua presenza”
cThe Holy Bible in Modern English, di F. Fenton, Londra.
1950
“il segno della tua presenza”
New World Translation of the Christian Greek Scriptures (Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane), Brooklyn (New York).
1960
“il segno della tua presenza”
La Bibbia, di Fulvio Nardoni, Firenze.
Il sostantivo greco parousìa significa letteralmente “l’essere presso”, essendo l’espressione composta dalla preposizione parà (presso) e da ousìa (“l’essere”). La parola parousìa ricorre 24 volte nelle Scritture Greche Cristiane, cioè in Mt 24:3, 27, 37, 39; 1Co 15:23; 16:17; 2Co 7:6, 7; 10:10; Flp 1:26; 2:12; 1Ts 2:19; 3:13; 4:15; 5:23; 2Ts 2:1, 8, 9; Gc 5:7, 8; 2Pt 1:16; 3:4, 12; 1Gv 2:28. In questi 24 luoghi la Traduzione del Nuovo Mondo rende la parola parousìa “presenza”.
Il relativo verbo pàreimi significa letteralmente “essere presso”. Ricorre 24 volte nelle Scritture Greche Cristiane, cioè in Mt 26:50; Lu 13:1; Gv 7:6; 11:28; At 10:21, 33; 12:20 (nt.); 17:6; 24:19; 1Co 5:3, 3; 2Co 10:2, 11; 11:9; 13:2, 10; Gal 4:18, 20; Col 1:6; Eb 12:11; 13:5; 2Pt 1:9, 12; Ri 17:8. In questi luoghi la Traduzione del Nuovo Mondo rende pàreimi “(esser) presente” o “presentarsi”.
Dal contrasto che si fa tra la presenza e l’assenza di Paolo sia in 2Co 10:10, 11 che in Flp 2:12, il significato di parousìa risulta chiaro. Inoltre, dal paragone della parousìa del Figlio dell’uomo con i “giorni di Noè”, in Mt 24:37-39, risulta evidente che questa parola significa “presenza”.
Il Vocabolario greco-italiano di Lorenzo Rocci, XXVI ed., p. 1441, dà come prima definizione di parousìa la parola italiana presenza. Similmente il GLNT, vol. IX, col. 843, all’intestazione “Il significato generale”, afferma: “παρουσία [parousìa] indica particolarmente la presenza attiva”.
La parola parousìa, “presenza”, è diversa dalla parola greca èleusis, “venuta”, che si trova una sola volta nel testo greco, in At 7:52, nella forma elèuseos (lat. adventu). Le parole parousìa ed èleusis non sono usate scambievolmente. Il GLNT, vol. IX, col. 860, fa notare che “παρουσία [parousìa, come anche pàreimi] non è mai impiegato per indicare la venuta di Cristo nella carne e non significa mai ‘ritorno’. Soltanto nella chiesa antica [non prima di Giustino Martire, II secolo E.V.] si cominciò a parlare di più parusie . . . Una delle premesse indispensabili per comprendere il pensiero protocristiano è che ci si liberi completamente di questa idea [che ci sia più di una parousìa]”.
Riguardo al significato di questa parola, Israel P. Warren, dottore in teologia, scrisse nella sua opera The Parousia (Portland, Maine, USA, 1879), pp. 12-15: “Siamo noi che spesso parliamo del ‘secondo avvento’, della ‘seconda venuta’, ecc., ma le Scritture non parlano mai di una ‘seconda Parusia’. Qualunque dovesse esserne la natura, doveva essere qualcosa di particolare, che non era mai avvenuto prima, e che non sarebbe mai avvenuto di nuovo. Doveva essere una presenza diversa e superiore rispetto a ogni altra manifestazione di se stesso agli uomini, così che sarebbe stato appropriato lasciarla stare a sé, senza alcun epiteto qualificativo diverso dall’articolo: LA PRESENZA.
“Da questo esame della parola risulta evidente, penso, che né la parola inglese ‘venuta’ né quella latina ‘avvento’ siano i termini migliori per rendere l’originale. Essi non si adattano alla sua etimologia; non corrispondono all’idea del verbo da cui essa deriva; né potrebbero appropriatamente sostituire la parola più esatta, ‘presenza’, nei casi in cui i traduttori hanno usato quest’ultima. Neppure l’idea contenuta nella loro radice è la stessa. ‘Venuta’ e ‘avvento’ danno principalmente l’idea di avvicinamento a noi, di moto verso di noi; ‘parusia’ quella di essere con noi, a prescindere da come ciò abbia avuto inizio. Il valore delle prime finisce con l’arrivo; quello di quest’ultima comincia con esso. Quelle sono parole che indicano moto; questa indica stato. L’intervallo di tempo cui si riferisce l’azione delle prime è limitato, può essere istantaneo; quello cui si riferisce quest’ultima è illimitato. . . .
“Se i nostri traduttori avessero fatto con questo termine tecnico ‘parusia’ quello che hanno fatto con ‘baptisma’ — trasferirlo cioè immutato — o se l’avessero tradotto usando il suo esatto equivalente etimologico, presenza, e se fosse stato ben compreso, come lo sarà stato allora, che non esiste una ‘seconda Presenza’, credo che l’intera dottrina sarebbe stata diversa da quella che è ora. Le espressioni ‘secondo avvento’ e ‘seconda venuta’ non si sarebbero mai udite. Alla chiesa sarebbe stato insegnato a parlare della PRESENZA DEL SIGNORE come quella mediante cui sarebbero state realizzate le sue speranze, nel prossimo futuro o nel tempo più lontano, quella sotto la quale il mondo sarebbe stato reso nuovo, sarebbe stata conseguita una risurrezione sia spirituale che corporea, e sarebbero state amministrate giustizia e ricompense eterne”.
Inoltre, Bauer, p. 630, dichiara che parousìa “divenne il termine ufficiale per la visita di una persona di alto rango, spec[ialmente] di re e imperatori che visitavano una provincia”. In Mt 24:3, come anche in altri versetti quali 1Ts 3:13 e 2Ts 2:1, la parola parousìa si riferisce alla presenza regale di Gesù Cristo da che avvenne la sua intronizzazione come Re negli ultimi giorni di questo sistema di cose.
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5C “Palo di tortura”Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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5C “Palo di tortura”
Gr. σταυρός (stauròs); lat. crux
“Palo di tortura” è usato in Mt 27:40 in relazione all’esecuzione capitale di Gesù sul Calvario, o Luogo del Teschio. Non c’è nessuna prova che qui la parola greca stauròs significasse una croce come quella che i pagani usavano come simbolo religioso già molti secoli avanti Cristo.
Nel greco classico la parola stauròs significava semplicemente un palo verticale, come quelli usati per le fondamenta. Il verbo stauròo significava recintare con pali, o fare una palizzata. Gli ispirati scrittori delle Scritture Greche Cristiane scrissero nel greco comune (koinè) e usarono la parola stauròs con lo stesso significato del greco classico, quello cioè di palo semplice, senza alcuna specie di braccio trasversale incrociato in alcun modo. Non c’è nessuna prova del contrario. Gli apostoli Pietro e Paolo usarono anche la parola xỳlon per riferirsi allo strumento di tortura sul quale fu inchiodato Gesù, e ciò dimostra che era un palo verticale senza braccio trasversale, poiché questo è ciò che significa xỳlon in questa particolare accezione. (At 5:30; 10:39; 13:29; Gal 3:13; 1Pt 2:24) Nei LXX troviamo xỳlon in Esd 6:11 (2 Esdra 6:11), dove se ne parla come di una trave a cui il violatore della legge doveva essere appeso, come in At 5:30; 10:39.
Riguardo al significato di stauròs, W. E. Vine, nella sua opera An Expository Dictionary of New Testament Words (ristampa del 1966), vol. I, p. 256, dichiara: “STAUROS (σταυρός) indica principalmente un’asta o palo diritto, sul quale i malfattori venivano inchiodati per l’esecuzione. Sia il sostantivo che il verbo stauroō, fissare a un’asta o palo, in origine vanno distinti dalla forma ecclesiastica di una croce a due bracci. La forma di quest’ultima ebbe origine nell’antica Caldea, ed era usata come simbolo del dio Tammuz (essendo a forma del mistico Tau, iniziale del suo nome) in quel paese e nei paesi limitrofi, incluso l’Egitto. Verso la metà del III secolo d.C. le chiese si erano ormai dipartite da certe dottrine della fede cristiana o le avevano travisate. Per accrescere il prestigio dei sistemi ecclesiastici apostati, i pagani erano ricevuti nelle chiese indipendentemente dalla rigenerazione per mezzo della fede ed era largamente permesso loro di ritenere i loro segni e simboli pagani. Perciò il Tau o T, nella sua forma più frequente, con il pezzo in croce abbassato, fu adottato come simbolo della croce di Cristo”.
Il dizionario latino di Lewis e Short dà come significato basilare di crux “albero, forca o altro strumento di legno per l’esecuzione capitale, su cui erano messi al palo o appesi i criminali”. Negli scritti di Livio, storico romano del I secolo a.E.V., crux significa un palo semplice. “Croce” è solo un significato posteriore di crux. Un palo semplice per mettere al palo un criminale era chiamato in latino crux simplex. Un simile strumento di tortura è illustrato da Giusto Lipsio (1547-1606) nel suo libro De cruce libri tres, Anversa, 1629, p. 19. La fotografia della crux simplex in questa pagina è stata riprodotta dal suo libro.
Il libro Das Kreuz und die Kreuzigung (La croce e la crocifissione), di H. Fulda, Breslavia, 1878, p. 109, dice: “Gli alberi non erano disponibili dappertutto nei luoghi scelti per l’esecuzione capitale pubblica. Perciò si conficcava nel terreno un semplice palo. Su questo i fuorilegge venivano legati o inchiodati con le mani levate verso l’alto, e spesso venivano loro inchiodati anche i piedi”. Dopo aver presentato molte prove, Fulda conclude alle pp. 219, 220: “Gesù morì su un semplice palo di tortura: A sostegno di ciò testimoniano (a) l’uso allora consueto di questo mezzo di esecuzione capitale in Oriente, (b) indirettamente la storia stessa delle sofferenze di Gesù e (c) molte espressioni dei padri della chiesa primitiva”.
P. W. Schmidt, che fu docente presso l’Università di Basilea, nella sua opera Die Geschichte Jesu (La storia di Gesù), vol. 2, Tubinga e Lipsia, 1904, pp. 386-394, fece uno studio dettagliato della parola greca stauròs. A p. 386 della sua opera disse: “σταυρός [stauròs] significa ogni palo o tronco d’albero in posizione eretta”. Riguardo all’esecuzione della pena inflitta a Gesù, P. W. Schmidt scrisse alle pp. 387-389: “Oltre alla flagellazione, secondo i racconti evangelici, per quanto riguarda la pena inflitta a Gesù va presa in considerazione solo la più semplice forma di crocifissione romana: l’appendere il corpo svestito ad un palo, il quale, fra l’altro, Gesù dovette trasportare o trascinare fino al luogo dell’esecuzione per intensificare l’infamante pena. . . . Qualsiasi cosa diversa dall’essere semplicemente appesi è esclusa dal fatto che spesso si trattava di esecuzioni capitali in massa: 2.000 in una volta da Varo (G. Flavio, Antichità giudaiche XVII 10. 10), da Quadrato (Guerra giudaica II 12. 6), dal procuratore Felice (Guerra giudaica II 15. 2 [13. 2]), da Tito (Guerra giudaica VII 1 [V 11. 1])”.
Perciò manca completamente la prova che Gesù Cristo sia stato crocifisso su due pezzi di legno incrociati. Noi non vogliamo aggiungere nulla alla Parola scritta di Dio inserendo nelle Scritture ispirate il concetto pagano della croce, ma rendiamo stauròs e xỳlon secondo i significati più semplici. Poiché Gesù usò stauròs per rappresentare la sofferenza e la vergogna o la tortura dei suoi seguaci (Mt 16:24), abbiamo tradotto stauròs “palo di tortura”, per distinguerlo da xỳlon, che abbiamo tradotto “palo” o, nelle note in calce, “legno” o “albero”, come in At 5:30.
[Illustrazione a pagina 1580]
Esempio di crux simplex
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5D La liberazione per essere con CristoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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5D La liberazione per essere con Cristo
Flp 1:23 — “liberazione”. Gr. analỳsai; lat. dissolvi
Il verbo analỳsai è qui usato come verbo sostantivato. Lo si trova solo un’altra volta nelle Scritture Greche Cristiane, in Lu 12:36, dove si riferisce al ritorno di Cristo. Il relativo nome anàlysis è usato una sola volta, in 2Tm 4:6, dove l’apostolo dice: “Il tempo stabilito della mia liberazione è imminente”. In Lu 12:36 abbiamo reso il verbo “torna” perché si riferisce al fatto che il signore dei servitori si accomiata, se ne va dalla festa nuziale, sciogliendo così la festa. Ma qui in Flp 1:23 non abbiamo reso il verbo come “ritorno” o “partenza” bensì come “liberazione”. La ragione è che la parola può trasmettere due pensieri: la liberazione dell’apostolo per essere con Cristo al suo ritorno e la liberazione del Signore dai vincoli celesti per tornare come promesso.
In nessun modo l’apostolo dice qui che alla propria morte sarebbe stato immediatamente mutato in uno spirito per essere eternamente con Cristo. Non sarebbe stato possibile essere con Cristo, il Signore, prima del suo ritorno, quando i morti in Cristo sarebbero risorti per primi, conforme alla dichiarazione ispirata dello stesso apostolo in 1Ts 4:15-17. È a questo ritorno di Cristo e alla liberazione dell’apostolo per essere sempre col Signore che Paolo si riferisce in Flp 1:23. Qui egli dice di avere due possibilità immediate, cioè (1) continuare a vivere nella carne e (2) morire. A causa delle circostanze da considerare, si espresse come essendo messo alle strette da queste due cose, non facendo sapere quale avrebbe scelto. Quindi ne presenta una terza, che realmente desidera. Non c’è dubbio che preferisca più di ogni altra questa, cioè “la liberazione”, poiché significa per lui essere con Cristo.
Perciò l’espressione to analỳsai, “la liberazione”, non si può applicare alla morte dell’apostolo come creatura umana e alla sua dipartita da questa vita. Si deve riferire agli avvenimenti relativi al tempo del ritorno e della presenza di Cristo (vedi App. 5B) e alla risurrezione di tutti quelli morti in Cristo affinché siano eternamente con lui.
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6A Gesù — Uno simile a Dio; divinoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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6A Gesù — Uno simile a Dio; divino
Gv 1:1 — “e la Parola era un dio (simile a Dio; divina)”
Gr. καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος (kai theòs en ho lògos)
1808
“e la parola era un dio”
aThe New Testament, in An Improved Version, Upon the Basis of Archbishop Newcome’s New Translation: With a Corrected Text, Londra.
1864
“e un dio era la Parola”
bThe Emphatic Diaglott (J21, lezione interlineare), di Benjamin Wilson, New York e Londra.
1879
“e la Parola era un dio”
cLa Sainte Bible, Segond-Oltramare, Ginevra e Parigi.
1928
“e la Parola era un essere divino”
dLa Bible du Centenaire, Société Biblique de Paris.
1935
“e la Parola era divina”
eThe Bible—An American Translation, di J. M. P. Smith ed E. J. Goodspeed, Chicago.
1950
“e la Parola era un dio”
fNew World Translation of the Christian Greek Scriptures (Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane), Brooklyn (New York).
1975
“e un dio (o, di specie divina) era la Parola”
gDas Evangelium nach Johannes, di Siegfried Schulz, Gottinga (Germania).
1978
“e di una sorta simile a Dio era il Logos”
hDas Evangelium nach Johannes, di Johannes Schneider, Berlino.
1979
“e un dio era il Logos”
iDas Evangelium nach Johannes, di Jürgen Becker, Würzburg (Germania).
Alcune traduzioni usano qui espressioni come “un dio”, “divina” o “simile a Dio” perché la parola greca θεός (theòs) è un predicato nominale singolare che compare davanti al verbo e non è preceduto dall’articolo determinativo. Il Dio con cui la Parola o Logos era in origine è qui designato con l’espressione greca ὁ θεός, cioè theòs preceduto dall’articolo determinativo ho. La costruzione del nome con l’articolo indica un’identità, una personalità, mentre un predicato nominale singolare privo di articolo che precede il verbo indica una qualità di qualcuno. Perciò la dichiarazione di Giovanni che la Parola o Logos era “un dio” o “divina” o “simile a Dio” non significa che questi fosse il Dio con cui era. Semplicemente esprime una certa qualità circa la Parola, o Logos, ma non lo identifica come Dio stesso.
Nel testo greco ci sono molti casi di predicato nominale singolare privo di articolo che precede il verbo, come in Mr 6:49; 11:32; Gv 4:19; 6:70; 8:44; 9:17; 10:1, 13, 33; 12:6. In questi luoghi i traduttori inseriscono di solito l’articolo indeterminativo “un” prima del predicato per indicare la qualità o caratteristica del soggetto. Dal momento che in tali versetti prima del predicato può essere inserito l’articolo indeterminativo, si è altrettanto giustificati a inserire l’articolo indeterminativo “un” prima del θεός privo di articolo nel predicato di Giovanni 1:1 perché legga “un dio”. Le Sacre Scritture confermano la correttezza di questa versione.
Nel suo articolo “Predicati nominali qualitativi privi di articolo: Marco 15:39 e Giovanni 1:1”, pubblicato nel Journal of Biblical Literature, vol. 92, Filadelfia, 1973, Philip B. Harner afferma, a p. 85, che proposizioni come quella di Gv 1:1, “con un predicato privo di articolo che precede il verbo, hanno primariamente significato qualitativo. Indicano che il logos ha la natura di theos. Non c’è alcuna base per considerare determinato il predicato theos”. A p. 87 del suo articolo Harner conclude: “In Giovanni 1:1 penso che la forza qualitativa del predicato sia così notevole che il nome non può essere considerato determinato”.
Segue un elenco di casi nei vangeli di Marco e Giovanni in cui vari traduttori hanno reso predicati nominali singolari privi di articolo, posti prima del verbo, con l’articolo indeterminativo o senza articolo per indicare il valore indeterminato e qualitativo dei sostantivi:
Versetto biblico
Traduzione del Nuovo Mondo
La Sacra Bibbia, ed. ufficiale della CEI
La Sacra Bibbia, a cura di L. Moraldi
Il Nuovo Testamento e i Salmi, Versione Riveduta, 1982
La Sacra Bibbia, a cura di B. Mariani
La Bibbia Concordata
un’apparizione
un fantasma
un fantasma
un fantasma
un fantasma
un fantasma
un profeta
un vero profeta
un profeta
profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un calunniatore
un diavolo
un diavolo
un diavolo
un diavolo
un nemico
un omicida
omicida
omicida
omicida
omicida
omicida
un bugiardo
menzognero
bugiardo
bugiardo
un falso
mendace
un profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un profeta
un ladro
un ladro
un ladro
un ladro
ladro
un rapinatore
un salariato
un mercenario
mercenario
mercenario
un mercenario
mercenario
un uomo
uomo
un uomo
uomo
uomo
uomo
un ladro
ladro
ladro
ladro
ladro
ladro
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6B ‘Tre che rendono testimonianza’Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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6B ‘Tre che rendono testimonianza’
“Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza, lo spirito e l’acqua e il sangue, e i tre sono concordi”.
— 1Gv 5:7, 8.Questa versione concorda con i testi greci di C. Tischendorf (VIII ed., 1872); Westcott e Hort (1881); Augustinus Merk (IX ed., 1964); José María Bover (V ed., 1968); UBS; Nestle-Aland.
Dopo “che rendono testimonianza” i mss. corsivi n. 61 (XVI secolo) e n. 629 (in latino e greco, XIV-XV secolo) e la Vgc aggiungono le parole: “in cielo, il Padre, la Parola e lo spirito santo; e questi tre sono uno. (8) E tre sono quelli che rendono testimonianza sulla terra”. Ma queste parole sono omesse da אABVgSyh,p.
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6C “Col sangue del suo proprio [Figlio]”Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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6C “Col sangue del suo proprio [Figlio]”
At 20:28 — Gr. διὰ τοῦ αῗματος τοῦ ἰδίου
(dià tou hàimatos tou idìou)
1950
“col sangue del suo proprio [Figlio]”
New World Translation of the Christian Greek Scriptures (Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane), Brooklyn (New York).
1964
“col sangue del suo unigenito”
La Sacra Bibbia, a cura di B. Mariani, Milano.
1966
“col sangue del proprio Figlio”
La Sacra Bibbia, a cura di S. Garofalo, Torino.
1983
“con il sangue del suo proprio Figlio”
La Bibbia, nuovissima versione dai testi originali, Ed. Paoline, Roma.
Dal punto di vista grammaticale, questo passo si potrebbe tradurre come nella versione della CEI, “con il suo sangue”, o come nella Versione Riveduta, “col proprio sangue”. Questo pensiero presenta delle difficoltà per molti. Senza dubbio questa è la ragione per cui ACDSyh (margine) (seguiti, ad esempio, dalla traduzione di F. Nardoni) leggono “Chiesa del Signore”, anziché “chiesa (congregazione) di Dio”. In tal caso non ci sono difficoltà a leggere: “col suo proprio sangue”. Comunque אBVg leggono “Dio” (con l’articolo), e la traduzione usuale sarebbe ‘sangue di Dio’.
Le parole greche τοῦ ἰδίου (tou idìou) seguono le parole “col sangue”. L’intera espressione potrebbe essere tradotta “col sangue del suo proprio”. Dopo “suo proprio” andrebbe sottinteso un sostantivo singolare, con tutta probabilità il più stretto parente di Dio, il suo unigenito Figlio Gesù Cristo. Su questo punto J. H. Moulton, in A Grammar of New Testament Greek, vol. 1 (Prolegomena), ed. del 1930, p. 90, dice: “Prima di lasciare ἴδιος [ìdios] si dovrebbe dire qualcosa sull’uso di ὁ ἴδιος [ho ìdios] senza un nome espresso. Questo ricorre in Gv 111 131, At 423 2423. Così nei papiri troviamo il singolare usato come un termine affettuoso rivolto a parenti stretti. . . . In Expos. VI. iii. 277 mi sono permesso di citare questo come un possibile incoraggiamento per coloro (incluso B. Weiss) che tradurrebbero Atti 2028 ‘il sangue di uno che era suo proprio’”.
D’altra parte, in The New Testament in the Original Greek, di Westcott e Hort, vol. 2, Londra, 1881, pp. 99, 100 dell’Appendice, Hort dichiara: “Non è affatto impossibile che ΥΙΟΥ [huioù, “del Figlio”] sia stato omesso dopo ΤΟΥΙΔΙΟΥ [tou idìou, “del suo proprio”] in qualche trascrizione molto antica, influendo su tutti i documenti esistenti. Inserendolo si elimina qualsiasi difficoltà dall’intero passo”.
La Traduzione del Nuovo Mondo rende il passo letteralmente, aggiungendo “Figlio” fra parentesi quadre dopo ἰδίου, così da leggere: “col sangue del suo proprio [Figlio]”.
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6D “Dio, che è sopra tutti”Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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6D “Dio, che è sopra tutti”
Ro 9:5 — Gr. καὶ ἐξ ὧν ὁ χριστὸς τὸ κατὰ σάρκα, ὁ ὢν ἐπὶ πάντων, θεὸς εὐλογητὸς εἰς τοὺς αἰῶνας· ἀμήν
(kai ex hon ho christòs to katà sàrka, ho on epì pànton, Theòs eulogetòs eis tous aiònas; amèn)
1934
“e dai quali per discendenza fisica venne il Cristo. Dio che è sopra tutti sia benedetto per i secoli dei secoli! Amen”.
aThe Riverside New Testament, Boston e New York.
1935
“e pure loro (per quanto riguarda la discendenza naturale) è il Cristo. (Benedetto per sempre sia il Dio che è sopra tutti! Amen.)”.
bA New Translation of the Bible, di James Moffatt, New York e Londra.
1950
“e dai quali sorse Cristo secondo la carne: Dio, che è sopra tutti, sia benedetto per sempre. Amen”.
New World Translation of the Christian Greek Scriptures (Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane), Brooklyn (New York).
1952
“e della loro razza, secondo la carne, è il Cristo. Dio che è sopra tutti sia benedetto per sempre. Amen”.
cRevised Standard Version, New York.
1961
“e da loro, per discendenza naturale, sorse il Messia. Dio, supremo sopra tutti, sia benedetto per sempre! Amen”.
dThe New English Bible, Oxford e Cambridge.
1966
“e Cristo, come essere umano, appartiene alla loro razza. Dio, che governa sopra tutti, sia lodato per sempre! Amen”.
eToday’s English Version, American Bible Society, New York.
1970
“e da essi venne il Messia (parlo delle sue origini umane). Benedetto per sempre sia Dio che è sopra tutti! Amen”.
fThe New American Bible, New York e Londra.
Queste traduzioni considerano ὁ ὤν (ho on) come il principio di una proposizione indipendente che si riferisce a Dio e pronuncia una benedizione su di lui per i provvedimenti che ha preso. Qui e in Sl 67:19 (LXX) il predicato εὐλογητός (eulogetòs, “benedetto”) si trova dopo il soggetto θεός (Theòs, “Dio”). — Vedi nt. a Sl 68:19.
Nella sua opera A Grammar of the Idiom of the New Testament, 7ª ed., Andover, 1897, p. 551, G. B. Winer dice che “quando il soggetto costituisce l’idea principale, specialmente quando è antitetico rispetto a un altro soggetto, il predicato può e deve porsi dopo di esso, cfr. Sl. lxvii. 20 Sett [Sl 67:19 LXX]. E così in Rom. ix. 5, se le parole ὁ ὤν ἐπὶ πάντων θεὸς εὐλογητὸς ecc. [ho on epì pànton Theòs eulogetòs ecc.] si riferiscono a Dio, la posizione delle parole è del tutto appropriata e addirittura indispensabile”.
Uno studio dettagliato della costruzione di Ro 9:5 si trova in The Authorship of the Fourth Gospel and Other Critical Essays, di Ezra Abbot, Boston, 1888, pp. 332-438. Alle pp. 345, 346 e 432 egli dice: “Ma qui ὁ ὤν [ho on] è separato da ὁ χριστός [ho christòs] da τὸ κατὰ σάρκα [to katà sàrka], che nella lettura deve essere seguito da una pausa, una pausa che è allungata dalla speciale enfasi data a κατὰ σάρκα [katà sàrka] dal τὸ [to]; e il periodo che precede è grammaticalmente completo in se stesso e, dal punto di vista logico, non richiede null’altro; infatti fu solo rispetto alla carne che Cristo venne dai giudei. D’altra parte, come abbiamo visto (p. 334), l’enumerazione delle benedizioni che immediatamente precede, cui si aggiunge l’inestimabile benedizione dell’avvento di Cristo, suggerisce naturalmente un’attribuzione di lode e grazie a Dio come l’Essere che domina su tutti; mentre una dossologia è anche suggerita dall’᾿Αμήν [Amèn] alla fine del periodo. Da tutti i punti di vista, perciò, la costruzione dossologica sembra facile e naturale. . . . La naturalezza di una pausa dopo σάρκα [sàrka] è ulteriormente indicata dal fatto che troviamo un punto dopo questa parola in tutti i nostri mss. più antichi che fanno testo in questo caso, cioè A, B, C, L . . . Posso ora nominare, oltre agli onciali A, B, C, L, . . . almeno ventisei corsivi che hanno un segno di punteggiatura dopo σάρκα, lo stesso che hanno in genere dopo αἰῶνας [aiònas] o ᾿Αμήν [Amèn]”.
Perciò Ro 9:5 attribuisce lode e grazie a Dio. Questa scrittura non indica che Geova Dio e Gesù Cristo siano la stessa persona.
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6E “Del grande Dio e del Salvatore nostro Cristo Gesù”Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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6E “Del grande Dio e del Salvatore nostro Cristo Gesù”
Tit 2:13 — Gr. τοῦ μεγάλου θεοῦ καὶ σωτῆρος ἡμῶν Χριστοῦ Ἰησοῦ
(tou megàlou Theoù kai sotèros hemòn Christoù Iesoù)
1934
“del grande Dio e del nostro Salvatore Cristo Gesù”
aThe Riverside New Testament, Boston e New York.
1935
“del grande Dio e del nostro Salvatore Cristo Gesù”
bA New Translation of the Bible, di James Moffatt, New York e Londra.
1950
“del grande Dio e del Salvatore nostro Cristo Gesù”
New World Translation of the Christian Greek Scriptures (Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane), Brooklyn (New York).
1957
“del grande Dio e del nostro Salvatore Gesù Cristo”
cLa Sainte Bible, di Louis Segond, Parigi.
1960
“del grande Iddio e del Salvatore nostro Gesù Cristo”
La Bibbia, di Fulvio Nardoni, Firenze.
1970
“del grande Dio e del nostro Salvatore Cristo Gesù”
dThe New American Bible, New York e Londra.
1972
“del grande Dio e di Cristo Gesù nostro salvatore”
eThe New Testament in Modern English, di J. B. Phillips, New York.
Qui troviamo due sostantivi uniti da καὶ (kai, “e”), il primo preceduto dall’articolo determinativo τοῦ (tou, “del”) e il secondo senza l’articolo determinativo. Una costruzione simile si trova in 2Pt 1:1, 2, dove, nel v. 2, si fa una chiara distinzione fra Dio e Gesù. Questo indica che quando due persone distinte sono unite da καὶ, se la prima è preceduta dall’articolo determinativo non è necessario ripetere l’articolo determinativo davanti alla seconda. Esempi di questa costruzione nel testo greco si trovano in At 13:50; 15:22; Ef 5:5; 2Ts 1:12; 1Tm 5:21; 6:13; 2Tm 4:1. Questa costruzione si trova anche nei LXX. (Vedi nt. a Pr 24:21). Secondo An Idiom Book of New Testament Greek, di C. F. D. Moule, Cambridge (Inghilterra) 1971, p. 109, il senso “del grande Dio e del nostro Salvatore Gesù Cristo . . . è possibile nella κοινή [koinè] greca anche senza la ripetizione [dell’articolo determinativo]”.
Uno studio dettagliato della costruzione di Tit 2:13 si trova in The Authorship of the Fourth Gospel and Other Critical Essays, di Ezra Abbot, Boston, 1888, pp. 439-457. A p. 452 di quest’opera si trovano i seguenti commenti: “Prendete un esempio dal Nuovo Testamento. In Matt. xxi. 12 leggiamo che Gesù ‘scacciò tutti quelli che vendevano e compravano nel tempio’, τοὺς πωλοῦντας καὶ ἀγοράζοντας [tous poloùntas kai agoràzontas]. Nessuno può ragionevolmente supporre che qui siano descritte le stesse persone nell’atto di vendere e di comprare contemporaneamente. In Marco le due categorie sono distinte dall’inserzione di τούς davanti ad ἀγοράζοντας; qui è tranquillamente lasciato all’intelligenza del lettore distinguerle. Nel caso in questione [Tit 2:13], l’omissione dell’articolo davanti a σωτῆρος [sotèros] mi sembra non presenti difficoltà, non perché σωτῆρος sia sufficientemente determinato dall’aggiunta di ἡμῶν [hemòn] (Winer), poiché, dal momento che sia Dio che Cristo sono spesso chiamati “nostro Salvatore”, ἡ δόξα τοῦ μεγάλου θεοῦ καὶ σωτῆρος ἡμῶν [he dòxa tou megàlou Theoù kai sotèros hemòn], se stesse da solo, si intenderebbe nel modo più naturale come riferito a un solo soggetto, cioè Dio, il Padre; ma l’aggiunta di ’Ιησοῦ Χριστοῦ [Iesoù Christoù] a σωτῆρος ἡμῶν [sotèros hemòn] cambia interamente la cosa, limitando σωτῆρος ἡμῶν a una persona o essere che, secondo il consueto uso della lingua che fa Paolo, è distinto dalla persona o essere che egli designa come ὁ θεός [ho Theòs], di modo che non c’era bisogno della ripetizione dell’articolo per evitare ambiguità. Così in 2 Tess. i. 12, l’espressione κατὰ τὴν χάριν τοῦ θεοῦ ἡμῶν καὶ κυρίου [katà ten chàrin tou Theoù hemòn kai kyrìou] sarebbe naturalmente intesa come riferita a un solo soggetto, e ci vorrebbe l’articolo davanti a κυρίου se se ne intendessero due; ma la semplice aggiunta di ’Ιησοῦ Χριστοῦ [Iesoù Christoù] a κυρίου [kyrìou] rende chiaro il riferimento ai due distinti soggetti senza l’inserzione dell’articolo”.
Perciò, in Tit 2:13, si parla di due persone distinte, Geova Dio e Gesù Cristo. In tutte le Sacre Scritture non è possibile identificare Geova e Gesù come se fossero la stessa persona.
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6F Gesù — In esistenza prima di AbraamoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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6F Gesù — In esistenza prima di Abraamo
Gv 8:58 — “Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero”
Gr. πρὶν ᾿Αβραὰμ γενέσθαι ἐγὼ εἰμί
(prin Abraàm genèsthai egò eimì)
IV-V secolo
“prima che Abraamo fosse, io sono stato”
Siriaca curetoniana, ed. The Curetonian Version of the Four Gospels, a cura di F. Crawford Burkitt, vol. 1, Cambridge (Inghilterra), 1904.
V secolo
“prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero”
Siriaca, ed. A Translation of the Four Gospels from the Syriac of the Sinaitic Palimpsest, di Agnes Smith Lewis, Londra, 1894.
V secolo
“prima che Abraamo esistesse, io ero”
Pescitta siriaca, ed. The Syriac New Testament Translated into English from the Peshitto Version, di James Murdock, VII ed., Boston e Londra, 1896.
V secolo
“prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero”
Georgiana, ed. The Old Georgian Version of the Gospel of John, di Robert P. Blake e Maurice Brière, pubblicato in “Patrologia Orientalis”, vol. XXVI, fascicolo 4, Parigi, 1950.
VI secolo
“prima che Abraamo nascesse, io ero”
Etiopica, ed. Novum Testamentum . . . Æthiopice, di Thomas Pell Platt, riveduto da F. Praetorius, Lipsia, 1899.
L’azione espressa in Gv 8:58 iniziò “prima che Abraamo venisse all’esistenza” ed è ancora in corso. In tale contesto εἰμί (eimì), prima persona singolare del presente indicativo, si può correttamente tradurre con un tempo passato come l’imperfetto indicativo o il passato prossimo. Esempi della stessa costruzione sintattica si trovano in Lu 2:48; Gv 5:6; 14:9; 15:27; At 15:21; 2Co 12:19; 1Gv 3:8.
Riguardo a questa costruzione A Grammar of the Idiom of the New Testament, di G. B. Winer, VII ed., Andover, 1897, p. 267, dice: “Alcune volte il Presente include anche un tempo passato (Mdv. 108), come quando il verbo esprime uno stato iniziato in precedenza ma che continua ancora, uno stato nella sua durata; come Gv. xv. 27 ἀπ’ ἀρχῆς μετ’ ἐμοῦ ἐστέ [apʼ archès metʼ emoù estè], viii. 58 πρὶν ᾿Αβραὰμ γενέσθαι ἐγὼ εἰμι [prin Abraàm genèsthai egò eimi]”.
Similmente, A Grammar of New Testament Greek, di J. H. Moulton, vol. III, a cura di Nigel Turner, Edimburgo, 1963, p. 62, dice: “Il Presente che indica la continuazione di un’azione nel passato e fino al momento in cui si parla ha praticamente valore perfettivo, e la sola differenza è che l’azione è concepita come ancora in corso . . . È frequente nel NT [Nuovo Testamento]: Lc 248 . . . Gv 56 858 . . .”.
Tentando di identificare Gesù con Geova, alcuni dicono che ἐγὼ εἰμί (egò eimì) sia l’equivalente dell’espressione ebraica ʼanì huʼ, “io sono lui”, che viene usata da Dio. Comunque, è da notare che questa espressione ebraica è usata anche dall’uomo. — Vedi nt. a 1Cr 21:17.
Inoltre, sempre tentando di identificare Gesù con Geova, alcuni cercano di usare Eso 3:14 (LXX), che dice: ’Εγώ εἰμι ὁ ὤν (Egò eimi ho on), ovvero “Io sono l’Essere”, o “Io sono Colui che esiste”. Questa ipotesi non è sostenibile perché l’espressione di Eso 3:14 è diversa da quella di Gv 8:58. (Vedi nt. a Eso 3:14). In tutte le Scritture Greche Cristiane non è possibile identificare Gesù con Geova come se fossero la stessa persona. — Vedi nt. a 1Pt 2:3; App. 6A, 6E.
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7A I cobra reagiscono al suonoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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7A I cobra reagiscono al suono
Sl 58:4b, 5a — “Sordi come il cobra che si chiude l’orecchio, che non ascolterà la voce degli incantatori”.
Nel New York Times del 10 gennaio 1954, sez. 4, p. 9, sotto l’intestazione “I serpenti sono ‘incantati’ dalla musica?” si trova la seguente relazione su Sl 58:4, 5: “David I. Macht, dottore in farmacologia dell’ospedale Mount Sinai di Baltimora [USA], è un’autorità di fama mondiale in fatto di veleno di cobra. (Il veleno di cobra è un medicamento comunemente usato, per esempio, nelle malattie del sangue). Il dottor Macht ha riferito che lavorando sui cobra e sul veleno di cobra ha conosciuto diversi medici indù, molto colti, e provenienti da varie parti dell’India. Tutti concordano che i cobra rispondono a certe tonalità musicali, di flauti o pifferi. Certe forme musicali eccitano gli animali più di altre, riferiscono i medici. I bambini indiani, che giocano al buio in campagna, sono ammoniti di non cantare per non attirare i cobra. Il dottor Macht ha osservato che Shakespeare, dicendo più volte che i serpenti sono sordi . . . non fece che ripetere un errore comune. Invece, ha detto il dottor Macht, il salmista aveva ragione di dire, nel Salmo 58, versetto 5, che i serpenti ci sentono . . . Contrariamente alle affermazioni di alcuni naturalisti, conclude il dottor Macht, i serpenti sono ‘incantati’ dai suoni, non dai movimenti dell’incantatore”.
Similmente, in un articolo pubblicato nella rivista zoologica tedesca Grzimeks Tier, Sielmanns Tierwelt, luglio 1981, pp. 34, 35, l’autore riferisce di un cobra che viveva in un termitaio nella sua proprietà nello Sri Lanka. Egli chiese a un incantatore di serpenti di catturare il serpente e di farlo danzare. L’autore racconta: “Dopo che gli ebbi assicurato che là viveva realmente un cobra, il mio ospite si mise a sedere di fronte al termitaio e cominciò a suonare il suo flauto. Dopo un bel po’ di tempo — non credevo più che sarebbe accaduto qualcosa — il cobra alzò la testa parecchi centimetri fuori di un foro. Prima che il serpente potesse aprire la bocca, l’incantatore gli afferrò rapidamente la testa tra il pollice e due dita”. Dopo di che l’indiano fece danzare effettivamente il serpente.
C’è quindi la prova che il cobra in realtà ‘ascolta la voce degli incantatori’.
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7B Domande che rivelano avversione o obiezioneTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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7B Domande che rivelano avversione o obiezione
Mt 8:29 — “Che abbiamo a che fare con te, Figlio di Dio?”
Questa domanda che i demoni fecero a Gesù è un’antica forma idiomatica di domanda che si trova in otto luoghi delle Scritture Ebraiche, cioè in Gsè 22:24; Gdc 11:12; 2Sa 16:10; 19:22; 1Re 17:18; 2Re 3:13; 2Cr 35:21; Os 14:8. Sia nelle Scritture Greche Cristiane che nella versione siriaca viene fatta una traduzione letterale dell’antica espressione ebraica, per sei volte, cioè in Mt 8:29; Mr 1:24; 5:7; Lu 4:34; 8:28; Gv 2:4. Tradotta letteralmente, la domanda di Mt 8:29 dice: “Che c’è a noi e a te?” e significa: “Che c’è fra noi e te?” “Che cosa abbiamo in comune noi e te?” O, com’è reso sopra: “Che abbiamo a che fare con te?”
In ogni caso delle Scritture Ebraiche e Greche, si tratta di una forma di domanda che rivela avversione o obiezione alla cosa suggerita, proposta o sospettata. Questo è sostenuto dalla forma enunciativa usata in Esd 4:3 (2 Esdra 4:3, LXX): “Voi non avete nulla a che fare con noi nell’edificare una casa al nostro Dio”; oppure: “Non spetta a voi e a noi edificare una casa al nostro Dio”. Lo stesso tipo di espressione, all’imperativo, si ritrova in Mt 27:19 nella richiesta fatta a Pilato da sua moglie riguardo a Gesù, che era dinanzi a suo marito per essere processato: “Non aver nulla a che fare con quel giusto”. Letteralmente: “Non ci sia nulla fra te e quel giusto”.
Espressa in quella forma molto comune, la domanda che Gesù fece a sua madre in Gv 2:4 non può essere esclusa dalla categoria. Ha tutte le caratteristiche della ripulsa o resistenza alla madre che gli proponeva cosa fare. Nel suo caso abbiamo dunque reso la domanda come in tutti gli altri casi simili: “Che ho a che fare con te, donna? La mia ora non è ancora venuta”. Altri traduttori la rendono più vigorosamente: “Non cercare di dirigermi. Non è ancora tempo che io agisca”. (An American Translation) “Non infastidirmi, donna; la mia ora non è ancora venuta”. — The Four Gospels, di C. C. Torrey, basato sull’aramaico.
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7C Gesù risuscitato il giorno “dopo il sabato”Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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7C Gesù risuscitato il giorno “dopo il sabato”
Mt 28:1 — “Dopo il sabato”
Gr. Ὀψὲ . . . σαββάτων (opsè . . . sabbàton)
J. H. Thayer, in A Greek-English Lexicon of the New Testament, 4ª ed., Edimburgo (1901), p. 471, dice: “ὀψὲ σαββάτων, essendo appena passato il sabato, dopo il sabato, cioè all’alba del primo giorno della settimana: (interpretazione assolutamente richiesta dalla specificazione aggiunta τῇ ἐπιφωσκ. κτλ. [tei epifosk(oùsei) ktl. “quando cominciava a sorgere la luce” ecc.]), Mt. xxviii. 1”. Inoltre ZorellGr, col. 969, dice: “post [dopo]: ὀψὲ σαββάτων Mt 28:1 ‘post sabbatum’ [‘dopo il sabato’]”. E Bauer, p. 601, dice alla voce ὀψέ: “dopo ὀψὲ σαββάτων dopo il Sabato Mt 28:1”.
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7D “Patto” secondo il suo antico significato ebraicoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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7D “Patto” secondo il suo antico significato ebraico
Eb 9:16 — Gr. διαθήκη (diathèke)
1887
“poiché dove c’è un patto, è necessario che avvenga la morte della vittima del patto”.
aThe Holy Bible, di Robert Young, Edimburgo.
1897
“Poiché dove c’è un patto è necessario che intervenga la morte di colui che ha fatto il patto”.
bThe Emphasised Bible, di J. B. Rotherham, Cincinnati (USA).
1950
“Poiché dove c’è un patto, è necessario che abbia luogo la morte dell’[uomo] che ha fatto il patto”.
New World Translation of the Christian Greek Scriptures (Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane), Brooklyn (New York).
La parola diathèke ricorre 33 volte nel testo greco, cioè in Mt 26:28; Mr 14:24; Lu 1:72; 22:20; At 3:25; 7:8; Ro 9:4; 11:27; 1Co 11:25; 2Co 3:6, 14; Gal 3:15, 17; 4:24; Ef 2:12; Eb 7:22; 8:6, 8, 9, 9, 10; 9:4, 4, 15, 15, 16, 17, 20; 10:16, 29; 12:24; 13:20; Ri 11:19. La Traduzione del Nuovo Mondo rende la parola greca diathèke “patto” in questi 33 luoghi.
La parola diathèke ricorre sette volte in citazioni tratte dalle Scritture Ebraiche, cioè in Ro 11:27 (da Isa 59:21); Eb 8:8 (da Ger 31:31), 9 (due volte, da Ger 31:32), 10 (da Ger 31:33); 9:20 (da Eso 24:8); 10:16 (da Ger 31:33). In questi versetti citati la parola ebraica nel M è ברית (berìth, “patto”), e la parola greca nei LXX è διαθήκη (diathèke).
Benché l’ovvio significato di diathèke nelle Scritture Greche Cristiane sia quello antico ebraico di “patto”, molti traduttori moderni rendono diathèke in Eb 9:16, 17 con “testamento”. Essi indicano così che lo scrittore del libro di Ebrei intese dare un significato diverso a questa parola greca.
Comunque, la Cyclopedia of Biblical, Theological, and Ecclesiastical Literature, di John McClintock e James Strong, Grand Rapids, Michigan, ristampa del 1981, vol. II, p. 544, dichiara: “Avendo i Sett. reso בְּרִית (che non significa mai testamento, ma sempre patto o accordo) con διαθήκη tutte le volte che ricorre nel V. T., si può naturalmente supporre che gli scrittori del N. T., nell’adottare tale parola, intendessero trasmettere la stessa idea ai loro lettori, la maggioranza dei quali conoscevano bene il V. T. in greco. . . . Nel passo, indubbiamente difficile, di Eb ix, 16, 17, la parola διαθήκη secondo molti commentatori deve assolutamente significare testamento. D’altra parte, però, si può far notare che, oltre a ciò che è stato appena detto circa il consueto significato della parola nel N. T., la parola ricorre due volte nel contesto, in casi in cui il suo significato deve necessariamente essere uguale alla traduzione di בְּרִית, e nell’incontestabile senso di patto (cfr. διαθήκη καινή [diathèke kainè, “nuovo patto”], Ebr. ix, 15, con la stessa espressione in viii, 8; e διαθήκη, ix, 16, 17, col vers. 20, ed Eso. xxiv, 8)”.
Similmente, B. F. Westcott, coeditore del testo greco di Westcott e Hort, nella sua opera The Epistle to the Hebrews, Londra, 1892, p. 300, scrisse quanto segue:
“La testimonianza biblica dunque, fin dove si può vedere, è interamente a favore del significato di ‘patto’, con la necessaria limitazione del senso della parola a un patto divino. Quando passiamo a trattare il senso di διαθήκη nel cap. ix. 15 e segg. va fatta un’osservazione preliminare. La relazione tra i vv. da 15 a 18 è strettissima: v. 16 ὅπου γάρ [hòpou gar, “Poiché dove”] . . . : v. 18 ὅθεν οὐδέ [hòthen oudè, “Di conseguenza nemmeno”]. . . .
“Questa relazione rende assai arduo supporre che la parola chiave διαθήκη sia usata con significati diversi nel corso dei versetti, e specialmente che al v. 16 si debba chiamare in causa la caratteristica di un particolare genere di διαθήκη essenzialmente diverso dal πρώτη διαθήκη [pròte diathèke, “patto precedente”] dei vv. 15, 18. È infatti impossibile sostenere che i sacrifici con cui fu inaugurato il Vecchio Patto si potessero spiegare con la supposizione che quello fosse un ‘Testamento’. Né sembra che lo si potesse definire un ‘Testamento’ in alcun senso.
“È quindi più che ragionevole concludere che διαθήκη ha lo stesso senso da per tutto, e che il senso è quello altrimenti universale di ‘patto’, a meno che non ci siano argomenti schiaccianti contro tale opinione”.
Perciò in Eb 9:16, 17 la parola greca diathèke ha lo stesso significato che ha nei versetti circostanti, cioè quello di “patto”, corrispondente alla parola ebraica berìth. Questi versetti sono inclusi nella trattazione che l’apostolo fa del patto della Legge mosaica in paragone col suo antitipo, il nuovo patto. Paolo parla della necessità della morte del mediatore (‘colui che ha fatto il patto’) perché il patto divenga legale e vincolante. Nel caso del patto della Legge, le vittime animali presero il posto di Mosè, il mediatore del patto della Legge, e il loro sangue sostituì il suo, legalizzando il patto e rendendolo operante. In maniera corrispondente, nel caso del nuovo patto, Gesù Cristo, il mediatore del nuovo patto, diede realmente la sua perfetta vita umana in sacrificio. Come risultato del versamento del suo sangue, il nuovo patto fu convalidato. — Eb 9:17.
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7E Le espressioni “Vecchio Testamento” e “Nuovo Testamento”Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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7E Le espressioni “Vecchio Testamento” e “Nuovo Testamento”
2Co 3:14 — Gr. ἐπὶ τῇ ἀναγνώσει τῆς παλαιᾶς διαθήκης (epì tei anagnòsei tes palaiàs diathèkes);
lat. in lectione veteris testamenti
1607
“nella lettura del vecchio testamento”
La Sacra Bibbia, di Giovanni Diodati.
1769
“nella lettura del Vecchio Testamento”
La Bibbia, di Antonio Martini.
1950
“alla lettura del vecchio patto”
New World Translation of the Christian Greek Scriptures (Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane), Brooklyn (New York).
Oggi è abitudine comune riferirsi a quella parte delle Scritture che fu scritta in ebraico e aramaico come al “Vecchio Testamento”. Questo si basa sulla lezione di 2Co 3:14 nella Vulgata latina e nelle versioni successive. Le Scritture Greche Cristiane sono comunemente chiamate “Nuovo Testamento”. È da notare che in 2Co 3:14 la parola diathèkes significa “patto”, come negli altri 32 luoghi in cui ricorre nel testo greco. — Vedi App. 7D.
Riguardo al significato della parola latina testamentum (genitivo: testamenti), Edwin Hatch, nella sua opera Essays in Biblical Greek, Oxford, 1889, p. 48, dichiarò che “per ignoranza della filologia del latino più tardo e volgare, una volta si supponeva che ‘testamentum’, con cui la parola [diathèke] è resa sia nelle prime versioni latine che nella Vulgata, significasse ‘testamento’, mentre in realtà significa anche, se non esclusivamente, ‘patto’”. In modo simile, in A Bible Commentary for English Readers by Various Writers, a cura di Charles Ellicott, New York, vol. VIII, p. 309, W. F. Moulton scrisse che “nell’antica traduzione latina delle Scritture testamentum divenne la comune versione della parola [diathèke]. Poiché comunque questa versione si trova molto spesso dove è impossibile pensare al significato di testamento (per esempio, in Sl. lxxxiii, 5, dove nessuno supporrà che il salmista dica che i nemici di Dio ‘hanno fatto un testamento contro di Lui’), è chiaro che il termine latino testamentum fu usato con un significato esteso, che corrisponde all’ampia applicazione della parola greca”. — Vedi ntt. a Sl 25:10 e 83:5.
In vista di quanto sopra, la traduzione “vecchio testamento” in 2Co 3:14 nelle versioni di Diodati, Martini e altri è inesatta. In questo punto varie traduzioni moderne leggono correttamente “vecchio patto”. Qui l’apostolo Paolo non si riferisce alle Scritture Ebraiche e Aramaiche nella loro interezza. Né vuol dire che gli ispirati scritti cristiani costituiscano un “nuovo testamento (patto)”. L’apostolo sta parlando del vecchio patto della Legge, che fu messo per iscritto da Mosè nel Pentateuco e che costituisce solo una parte delle Scritture precristiane. Per questa ragione nel versetto seguente egli dice: “ogni volta che si legge Mosè”.
Non c’è quindi nessuna base valida per chiamare le Scritture Ebraiche e Aramaiche “Vecchio Testamento” e le Scritture Greche Cristiane “Nuovo Testamento”. Gesù Cristo stesso si riferì alla collezione degli scritti sacri come alle “Scritture”. (Mt 21:42; Mr 14:49; Gv 5:39) L’apostolo Paolo vi si riferì come alle “sacre Scritture”, le “Scritture” e gli “scritti sacri”. (Ro 1:2; 15:4; 2Tm 3:15) In armonia con l’espressione ispirata di Ro 1:2, la Traduzione del Nuovo Mondo contiene nel suo titolo l’espressione “Sacre Scritture”.
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8A Monete, pesi, misureTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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8A Monete, pesi, misure
I seguenti sono valori medi basati sulle testimonianze bibliche e sulle scoperte archeologiche. Tutti gli equivalenti moderni indicati devono considerarsi approssimativi.
Per calcolare il valore attuale dell’oro e dell’argento, determinate il più recente valore per grammo e moltiplicate per il numero dei grammi.
TAVOLA DELLE MONETE A PESO NELLE SCRITTURE EBRAICHE
1 ghera
= 1/20 di siclo
= 0,57 g
1 bèqaʽ (mezzo siclo)
= 10 ghera
= 5,7 g
1 siclo
= 2 bèqaʽ
= 11,4 g
1 mina (manèh)
= 50 sicli
= 570 g
1 talento
= 60 mine
= 34,2 kg
1 darico (persiano, d’oro)
= 8,4 g
1 darico (persiano, d’argento) (chiamato anche siclo)
= 5,60 g
TAVOLA DELLE MONETE GRECHE E ROMANE A PESO NELLE SCRITTURE GRECHE
1 lepton (giudaico, di rame o bronzo)
= 1/2 quadrante
1 quadrante (romano, di rame o bronzo)
= 2 lepton
1 asse (romano e provinciale, di rame o bronzo)
= 4 quadranti
1 denaro (romano, d’argento)
= 16 assi
= 3,85 g
1 dramma (greca, d’argento)
= 3,40 g
1 didramma (greco, d’argento)
= 2 dramme
= 6,80 g
1 tetradramma (uno statere d’argento)
= 4 dramme
= 13,6 g
1 mina
= 100 dramme
= 340 g
1 talento (d’oro o d’argento)
= 60 mine
= 20,4 kg
MISURE PER LIQUIDI
1 log
= 1/4 di cab
= 0,31 l
1 cab
= 4 log
= 1,22 l
1 hin
= 3 cab
= 3,67 l
1 bat
= 6 hin
= 22 l
1 cora
= 10 bat
= 220 l
MISURE PER ARIDI
1 cab
= 4 log
= 1,22 l
1 omer
= 1 cab e 4/5
= 2,2 l
1 sea
= 3 omer e 1/3
= 7,33 l
1 efa
= 3 sea
= 22 l
1 homer (cor)
= 10 efa
= 220 l
MISURE LINEARI
1 dito
= 1/4 di palmo
= 1,85 cm
1 palmo
= 4 dita
= 7,4 cm
1 spanna
= 3 palmi
= 22,2 cm
1 cubito
= 2 spanne
= 44,5 cm
1 cubito lungob
= 7 palmi
= 51,8 cm
1 canna
= 6 cubiti
= 2,67 m
1 canna lunga
= 6 cubiti lunghi
= 3,11 m
1 braccio
= 1,8 m
“Miglio”. Gr. mìlion. (Mt 5:41) Probabilmente il miglio romano (5.000 piedi romani; 1.479,5 m). Nel testo gr. di Lu 24:13; Gv 6:19; 11:18 le cifre delle distanze sono date in stadi. (Uno stadio romano = 1/8 di miglio romano o 625 piedi romani; 185 m). Nella Traduzione del Nuovo Mondo le cifre degli stadi in Lu 24:13; Gv 6:19; 11:18 sono state convertite in chilometri. Per esempio, in Lu 24:13 “sessanta stadi” sono dati come “circa undici chilometri” (7,5 miglia romane).
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8B I mesi del calendario biblicoTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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8B I mesi del calendario biblico
I mesi ebraici andavano da luna nuova a luna nuova. (Isa 66:23) Una parola ebraica, chòdhesh, “mese” (Ge 7:11), deriva da una radice che significa “nuovo”, mentre un’altra parola per mese, yèrach, significa “lunazione”.
MESI Sacri
MESI Secolari
CLIMA
ATTIVITÀ AGRICOLE
1º
7º
Il Giordano si ingrossa per le piogge e il disgelo.
Comincia la raccolta dell’orzo e del lino. Greggi al pascolo.
2º
8º
Comincia la stagione asciutta; cielo prevalentemente sereno.
Raccolta dell’orzo; raccolta del frumento nelle zone basse.
3º
9º
Temperatura estiva. Atmosfera limpida.
Raccolta del frumento. Primi fichi, mele.
4º
10º
Il caldo aumenta. Rugiada abbondante in certe zone.
Prima uva. Vegetazione e sorgenti si seccano.
5º
11º
Il caldo raggiunge il massimo.
Comincia la vendemmia.
6º
12º
Il caldo continua.
Raccolta dei datteri e dei fichi estivi.
7º
1º
L’estate volge al termine. Cadono le prime piogge.
Termina la raccolta. Comincia l’aratura.
8º
2º
Leggere piogge.
Semina del frumento. I greggi rientrano dai campi per l’inverno. Raccolta delle olive.
9º
3º
Aumenta la pioggia. Brina. Neve sui monti.
Cresce l’erba.
10º
4º
Il freddo raggiunge il massimo. Pioggia. Neve sui monti.
Bassopiani verdi. Crescono grano e fiori.
11º
5º
Il freddo si attenua. La pioggia continua.
Fioriscono i mandorli. I fichi mettono le gemme.
12º
6º
Frequenti temporali e grandine.
Fioriscono i carrubi. Raccolta degli agrumi.
13º
Sette volte nell’arco di 19 anni si aggiungeva un mese intercalare, generalmente come secondo adar (veadar).
[Diagramma a pagina 1589]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
1º NISAN (ABIB) Marzo-Aprile
14 Pasqua
15-21 Pani non fermentati
16 Offerta delle primizie
Orzo
2º IYYAR (ZIV) Aprile-Maggio
14 Celebrazione supplementare della Pasqua (Nu 9:10-13)
Frumento
3º SIVAN Maggio-Giugno
6 Festa delle settimane (Pentecoste)
4º TAMMUZ Giugno-Luglio
Uva
5º AB Luglio-Agosto
Frutti estivi
6º ELUL Agosto-Settembre
Datteri, fichi
7º TISHRI (ETANIM) Settembre-Ottobre
1 Squillo di tromba
10 Giorno di espiazione
15-21 Festa delle capanne o della raccolta
22 Assemblea solenne
Datteri, fichi
8º HESHVAN (BUL) Ottobre-Novembre
Olive
9º CHISLEV Novembre-Dicembre
25 Festa della dedicazione
I greggi rientrano per l’inverno
10º TEBET Dicembre-Gennaio
Sviluppo della vegetazione
11º SEBAT Gennaio-Febbraio
Fioriscono i mandorli
12º ADAR Febbraio-Marzo
14, 15 Purim
Agrumi
13º VEADAR Marzo
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9A Territorio delle Tribù d’IsraeleTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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9A Territorio delle Tribù d’Israele
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
DAN
Ioppe
GIUDA
Ascalon
Gaza
Asdod
Ecron
Gat
Adullam
Chiriat-Iearim
Gerusalemme
Betleem
Ebron
En-Ghedi
(SIMEONE)
Ziclag
Beer-Seba
ASER
Sidone
Zarefat
Tiro
MANASSE
Dotan
Tirza
Samaria
Sichem
EFRAIM
Rama
Betel
Ai
Silo
NEFTALI
Chedes
ZABULON
ISSACAR
Meghiddo
En-Dor
Sunem
Izreel
BENIAMINO
Gabaon
Ghibea
Ghilgal
Gerico
(DAN)
Dan
MANASSE
Golan
GAD
Ramot
Rabba
RUBEN
Bezer
[Altri luoghi]
Damasco
EDOM
MOAB
AMMON
[Monti]
M. CARMELO
M. EBAL
M. GHERIZIM
M. TABOR
M. GHILBOA
M. ERMON
M. LIBANO
M. NEBO
[Specchi d’acqua]
MAR GRANDE
Mar Salato
Mare di Cinneret
[Fiumi]
Valle del torrente d’Egitto
Fiume Giordano
V. del t. Iabboc
V. del t. Arnon
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9B Carta per Genesi — Area di CanaanTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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9B Carta per Genesi — Area di Canaan
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
Sidone
Damasco
Dan
GHIRGASEI
REFAIM
Asterot-Carnaim
ZUZIM
Ham
Dotan
La Torre di Guardia, Galeed
Maanaim
CANANEI
IVVEI
Sichem
Grossi alberi di More
Succot
Penuel
GALAAD
FEREZEI
Silo
DISTRETTO DEL GIORDANO
Betel, Luz
Ai
Atad, Abel-Mizraim
Bassopiano di Save
Moria Geova-Gire
Salem
GEBUSEI
Betleem, Efrat
Timna
Enaim
Adullam
Aczib
Torre di Eder
Zeret-Saar
AMMON
Save-Chiriataim
Gaza
ITTITI
Mamre
Ebron, Chiriat-Arba
Caverna di Macpela
Gherar
CHENITI
Beer-Seba
Siba
AMORREI
EMIM
Bassopiano di Siddim
Gomorra?
Zeboiim?
Adma?
Sodoma?
Zoar, Bela?
NEGHEB
Reobot
CHENIZEI
MOAB
OREI
AMALECHITI
Azazon-Tamar?
Bered
Beer-Laai-Roi
Cades, En-Mispat
ARABA
SEIR
EDOM
TEMANITI
SUR
[Specchi d’acqua]
MAR GRANDE
Mar Salato
[Fiumi]
Fiume Giordano
V. del t. Iabboc
V. del t. di Gherar
Valle del torrente d’Egitto
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9C Il tabernacolo, con planimetriaTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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9C Il tabernacolo, con planimetria
[Diagramma a pagina 1592]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
NORD
MERARITI
NEFTALI
DAN
ASER
EST
AARONNE
ZABULON
GIUDA
ISSACAR
SUD
CHEATITI
GAD
RUBEN
SIMEONE
OVEST
GHERSONITI
BENIAMINO
EFRAIM
MANASSE
Cortile
Porta
Altare degli olocausti
Bacino
SANTO
Portiera
Tavola
Candelabro
Altare dell’incenso
SANTISSIMO
Cortina
Arca
[Illustrazione a pagina 1592]
(In basso: ricostruzione dell’interno del tabernacolo)
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9D Il tempio all’epoca di Salomone, con planimetriaTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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9D Il tempio all’epoca di Salomone, con planimetria
2 Camere superiori — 1Cr 28:11
3 Santo — 2Cr 5:9
5 Iachin — 1Re 7:21
6 Boaz — 2Cr 3:17
7 Stanze da pranzo — 1Cr 28:12
8 Altare di rame — 2Cr 4:1
9 Palco di rame — 2Cr 6:13
10 Cortile interno — 1Re 6:36
11 Mare di metallo fuso — 1Re 7:23
12 Carrelli — 1Re 7:27
13 Ingresso laterale — 1Re 6:8
14 Camere laterali — 1Re 6:5, 6, 10
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9E Gerusalemme ai giorni di Salomone, con planimetriaTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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9E Gerusalemme ai giorni di Salomone, con planimetria
1 Il tempio — 1Re 6:37, 38; 2Cr 3:1-4
2 Grande cortile — 1Re 7:12
3 Portico del Trono — 1Re 7:7
4 Portico delle Colonne — 1Re 7:6
5 Casa della Foresta del Libano — 1Re 7:2
6 Palazzo di Salomone — 1Re 7:1, 8
7 Casa della figlia di Faraone — 2Cr 8:11
8 Scalinata
9 Ofel (Zona di) — 2Cr 27:3; 33:14
10 Torre di Davide — Ca 4:4
11 Palazzo di Davide — 2Sa 5:11; 7:2
12 Tenda per l’Arca — 2Sa 6:17
13 M. Sion — 2Sa 5:7
14 Luoghi di sepoltura dei re — 1Re 2:10; 2Cr 21:20
15 Porta della Fonte — Ne 3:15
16 Valle del Tiropeon
17 Valle di Innom — 2Re 23:10
18 Bastione — Sl 48:13
19 Torri di dimora — Sl 48:3, 13
20 Valle del Chidron — 2Sa 15:23; 1Re 2:37
21 Porta delle Acque — Ne 3:26
22 Ghihon (Sorgente di) — 1Re 1:33
23 Porta dei Cavalli — Ne 3:28
24 Porta dell’Ispezione — Ne 3:31
25 Porta delle Pecore — Ne 3:32
26 M. Moria — 2Cr 3:1
[Diagramma a pagina 1595]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
Valle del Tiropeon
M. SION
OFEL
M. MORIA
Valle del Chidron
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9F Tempio riedificato da Erode, con planimetriaTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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9F Tempio riedificato da Erode, con planimetria
[Diagramma a pagina 1596]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
Valle del Tiropeon
Porta
Ponte
Porta
Torre (Fortezza) Antonia
Porta
Porta
Porta
Valle del Chidron
M. DEGLI ULIVI
Porta
Porta
Colonnato di Salomone
Colonnato reale
Barriera (Soreg)
Cortile dei gentili
Cortile delle donne
Cortile di Israele
Cortile dei sacerdoti
Altare degli olocausti
Mare di metallo fuso
Tempio
Santissimo
Santo
[Illustrazione a pagina 1596]
Veduta da sud-est
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9G Gerusalemme e le sue mura dopo l’esilio babiloneseTraduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
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9G Gerusalemme e le sue mura dopo l’esilio babilonese (Vedi nt. a Ne 13:19)
1 Porta della Valle — Ne 2:13
2 Porta dei Mucchi di Cenere — Ne 3:13
3 Valle di Innom — Ne 11:30; Ger 19:2, 6
4 En-Roghel — Gsè 18:16
5 Giardino del Re — Ne 3:15
6 Porta della Fonte — Ne 2:14; 12:37
7 Luoghi di Sepoltura di Davide — Ne 3:16
8 Città di Davide — 2Sa 5:7; Ne 3:15
9 Valle del torrente Chidron — Ger 31:40
10 Porta delle Acque — Ne 3:26; 12:37
11 Pubblica piazza — Ne 8:16
12 Sorgente di Ghihon — 2Cr 32:30
13 Ofel — 2Cr 33:14; Ne 11:21
14 Porta dei Cavalli — Ne 3:28
15 Mura di Manasse — 2Cr 33:13, 14
16 Porta dell’Ispezione — Ne 3:31
17 Porta della Guardia — Ne 12:39
18 Porta delle Pecore — Ne 3:1, 32
19 Torre di Mea — Ne 12:39
21 Torre di Ananel — Ger 31:38; Zac 14:10
22 Porta dei Pesci — Ne 3:3
23 Mura di Ezechia — 2Cr 32:2, 5
24 Secondo quartiere — Sof 1:10
25 Porta della Città Vecchia — Ne 3:6; 12:39
26 Porta di Efraim — 2Re 14:13; Ne 12:39
27 Pubblica piazza — Ne 8:16
29 Torre dei Forni — Ne 3:11
30 Porta dell’Angolo — 2Cr 25:23; 26:9; Zac 14:10
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